La cancellazione del protesto per avvenuta riabilitazione (art. 17 l. 108/1996)
avvenuta riabilitazione (art. 17 l. 108/1996)
La cancellazione del protesto per avvenuta riabilitazione (art. 17 l. 108/1996)
Ai sensi dell’art. 17 l. 108/1996, Disposizioni in materia di usura, il debitore che ha adempiuto all’obbligazione per la quale il protesto è stato levato e non ne abbia subiti altri trascorso un anno dal suddetto protesto, ha diritto alla riabilitazione ad opera del Presidente del Tribunale (Carbone 1996, 321; Ntuk 1998, I, 480; Carrato 2002, 583).
La ratio della disposizione è correttamente colta dalla Suprema Corte: «la nuova legge sull’usura 7 marzo 1996 n. 108 agli artt. 17 e 18 ha introdotto una nuova disciplina del protesto proprio per modificare la prassi bancaria, concedendo, anche nel caso di protesto legittimo, una riabilitazione, su richiesta del debitore che abbia sbagliato…
…subendo il protesto, una sola volta nell’anno, e tuttavia corrisposto l’importo dovuto. In questo caso, su domanda, il monoprotestato ha diritto alla riabilitazione in modo da riottenere l’accesso al credito ed ai conti correnti, con annullamento della pubblicazione ed in definitiva dello stesso protesto, considerato “a tutti gli effetti, come mai avvenuto” (art. 17, 6° co.). (…) La ricordata legge considera il debitore come persona, al di fuori del circuito imprenditoriale-commerciale, dove i soggetti sono al contempo oggetto e consumatori delle informazioni che li riguardano, sotto il profilo della reputazione economica, cioè della capacità e dell’affidamento nel campo commerciale e produttivo, dove sussistono anche interessi della collettività al buon funzionamento del sistema economico e del mercato» (Cass. 5.11.1998, n. 11103, GI, 1999, I, 772).
Schematizzando, i presupposti – necessari e sufficienti – della riabilitazione sono:
a) il pagamento del titolo protestato;
b) non aver subito un ulteriore protesto nel corso dell’anno successivo a quello del protesto levato (o dell’ultimo, in caso di più protesti).
Tali requisiti «debbono sussistere simultaneamente, avuto riguardo, quanto al secondo, al decorso dell’anno dall’ultimo protesto, in caso di più protesti avvenuti» (App. Torino, decr., 23.4.1997, GI, 1998, I, 481) e devono essere documentalmente comprovati; il «documento giustificativo» (art. 17, 2o co., l. 108/1996) si identifica (v. anche appresso) «con la quietanza (…) ovvero con documento equipollente proveniente dal creditore, non potendosi però dare la prova dell’adempimento attraverso altri mezzi di prova, né testimoniale né per presunzioni ex art. 2729, 2° co., c.c.» (App. Torino, decr., 23.4.1997, GI, 1998, I, 481).
Anche in questa sede giova ribadire (v. supra § 4.3.1., anche in riferimento all’ammissibilità di forme di estinzione diverse dal pagamento) che il mero possesso del titolo, per quanto potenzialmente sintomatico dell’avvenuto pagamento, non costituisce ai presenti fini prova documentale dell’adempimento:
«[il possesso dei titoli] non fornisce la prova documentale dell’adempimento, [bensì] costituisce solo una presunzione semplice di pagamento, che neppure vale ad integrare una prova per presunzioni, dal momento che, al fine, l’art. 2729, 1° co., c.c. richiede che le presunzioni siano più di una, oltrechè univoche, gravi e concordanti; (…) la presunzione predetta non è neppure univoca nel senso desiderato dal ricorrente, posto che il possesso può essere derivato anche da altri negozi diversi da quello solutorio, e così – ad esempio – dal rilascio di altre cambiali od altri titoli, senza adempimento dell’obbligazione» (App. Torino, decr., 23.4.1997, GI, 1998, I, 481).
La questione relativa ai documenti giustificativi che il debitore deve produrre a corredo della domanda è affrontata da una circolare del Ministero della Giustizia del 5 marzo 1998, che evidenzia che tali documenti «sono unicamente quelli idonei a provare il fatto obiettivo dell’avvenuto adempimento dell’obbligazione relativa al titolo (o ai titoli) in protesto. Pertanto tali documenti non devono necessariamente comprendere i titoli originali protestati, i quali, per i motivi più svariati, possono anche non essere più in possesso dei debitori che li hanno sia pure tardivamente onorati. È sufficiente invece che gli atti esibiti dimostrino l’adempimento della obbligazione di riferimento perché quest’ultimo è l’unico presupposto richiesto dalla legge per la concessione della riabilitazione al debitore protestato che abbia successivamente effettuato il pagamento del debito» (Circolare Ministero della Giustizia-Direzione Generale Affari Civili e Libere Professioni, Prot. n. 1/32-FG-9(97)3327-Ufficio I, del 5 marzo 1998, www.difesa.it, voce protesti cambiari’).
In merito alla problematica sopra accennata della pluralità di protesti entro il termine annuale, la Corte di appello di Catanzaro (31.1.2005, decr., GM, 2005, I, 1529) ha affermato che «ove più protesti si siano succeduti a distanza infrannuale, il debitore non può ottenere la riabilitazione, anche se è decorso un anno dall’ultimo di essi». Tale orientamento non è condivisibile, poiché palesemente contrario allo scopo perseguito dal legislatore con la disposizione in commento, ossia affrancare in modo definitivo il debitore ‘ravveduto’ dagli effetti pregiudizievoli di un protesto, facilitandone il reingresso nell’economia legale (altri approfondimenti infra § 4.5.1.).
La previsione dell’art. 17 l. 108/1996, per dottrina e giurisprudenza (da ultimo Trib. Verbania 25.7.2008, www.ilcaso.it) prevalenti si applica, condivisibilmente, alle tratte accettate, ai vaglia cambiari e agli assegni (Carbone 1996, 323; Ntuk 1998, 480; Carrato 2002, 584), con obbligo del protestato, rispetto a questi ultimi, di pagamento della penale prevista dall’art. 3 della l. 386/1990 (in tal senso Pellizzi e Partesotti 2004, 431):
«la riabilitazione, prevista dall’art. 17 legge 108/1996, può trovare applicazione ad ogni ipotesi di protesto o di atto equivalente, quale che sia la natura del titolo di credito (cambiale, vaglia cambiario od assegno bancario), non ponendo la norma alcuna limitazione» (Trib. Roma, decr., 19.8.1998, GI, 1999, I, 2085);
«il pagamento dell’obbligazione per cui fu levato il protesto e la decorrenza del termine di un anno dall’ultimo protesto sono condizione necessaria e sufficiente per la riabilitazione ai sensi dell’art. 17 l. 7 marzo 1996, n. 108» (Trib. Venezia, 23.4.1998, GM, 1998, 617).
La stessa Corte costituzionale ha al riguardo evidenziato che la scelta di escludere dal campo di applicazione dell’art. 4 l. 77/1955 il protesto dell’assegno bancario è giustificata solo nella misura in cui si ritenga applicabile la riabilitazione in discorso, per cui il protrarsi – nonostante il successivo adempimento nel termine di grazia – dell’iscrizione nel registro informatico dei protesti appare legittima per il tempo necessario per la riabilitazione di cui all’art. 17 l. 108/1996, costituisce una scelta del legislatore non irrazionale (nei termini Corte cost. 14.3.2003, n. 70, www.cortecostituzionale.it).
La norma deve altresì intendersi riferita a qualsiasi debitore protestato, non necessariamente implicato in fatti d’usura; in tal senso depone la generica espressione utilizzata dal legislatore nell’articolo in esame, «debitore protestato», nonché la circostanza che, nella stessa legge 108/1996, « le norme da applicare esclusivamente alle vittime dell’usura sono espressamente indicate. È il caso dell’art. 18 che fa espresso riferimento “al debitore che sia parte offesa nel delitto di usura” » (Vitullo 2003, 1188).
Invero non avrebbe molto senso circoscrivere la riabilitazione ex art. 17 l. 108/1996 al debitore usurato, al quale in effetti l’ordinamento appresta già i rimedi della sospensione e della cancellazione del protesto previsti nel successivo art. 18. Conforme l’orientamento manifestato da ultimo da Trib. Verbania 25.7.2008 (www.ilcaso.it), secondo cui la riabilitazione disciplinata dall’art. 17 l. 108/1996 è rimedio generale, applicabile all’assegno bancario protestato quando il debitore abbia adempiuto all’obbligazione per la quale il protesto è stato levato e non abbia subito ulteriore protesto, a prescindere dalla sussistenza o meno di un reato di usura subito dal debitore medesimo.
Di avverso avviso è comunque un minoritario orientamento giurisprudenziale, secondo cui
«la previsione dell’art. 17 legge 7 marzo 1996 n. 108, in tema di riabilitazione a favore di chi abbia subito protesto, presuppone che il debitore protestato sia stato soggetto passivo di usura» (Trib. Venezia 12.2.1998, GM, 1998, 775; conf. Trib. Busto Arsizio 27.1.2003, GM, 2003, 849).
Aspetti procedurali
Legislazione: l. camb., artt. 50, 51 – l. ass., artt. 45, 46 – l. 7.3.1996, n. 108, Disposizioni in materia di usura, art. 17.
Bibliografia: Carbone 1996 – Ntuk 1998 – De Marzo 2000 – Segreto-Carrato 2000 – Carrato 2002 – Oliva 2003 – Laudonio 2005.
Disputata è la circostanza se il debitore ha diritto ad ottenere la riabilitazione, in unica soluzione, di più protesti, anche levati ad intervalli inferiori ad un anno tra l’uno e l’altro, ferma restando la necessità che non ne abbia più subiti trascorsi dodici mesi dall’ultimo (in arg. Laudonio 2005, 1529). A voler interpretare la disciplina in discussione come espressione dell’intento del legislatore di consentire al soggetto protestato (anche più volte), e poi ‘ravvedutosi’, di reinserirsi nel circuito del credito ordinario in luogo di quello illegale (come parrebbe attestare l’inclusione della norma nella legge antiusura), il debitore ha diritto ad ottenere la riabilitazione anche in presenza di più protesti, come sembra preferibile ritenere; a favore di siffatta impostazione gioca anche il rilievo che la norma è precipuamente focalizzata sul debitore protestato piuttosto che sui titoli cambiari.
In tal senso si è orientata, soprattutto per condivisibili ragioni di economia dei procedimenti giudiziali — dovendosi altrimenti attivare il procedimento di riabilitazione tante volte quanti sono i protesti levati — la giurisprudenza di merito, la quale ha ritenuto che
«la riabilitazione debba essere accordata al debitore che la richieda con unica istanza anche per più protesti quando dimostri (…) di avere adempiuto tutte le obbligazioni per le quali i protesti stessi furono levati e di non averne subito di ulteriori nell’ultimo anno» (Trib. Vibo Valentia, ord., 20.3.1997, GC, 1997, I, 1961; conf. App. Firenze, decr., 2.10.2001, BBTC, 2003, II, 375, con nota di Oliva; contra Trib. Pisa, decr., 14.6.2001, BBTC, 2003, II, 375, con nota di Oliva).
«Nel caso in cui la riabilitazione venga chiesta (come nella specie) dal debitore che abbia subito più protesti per obbligazioni che siano state da lui successivamente adempiute, la relativa domanda può essere contenuta in una sola istanza; e in tal caso dalla stessa prende vita un unico procedimento. Ciò perchè la presentazione contestuale di più domande rivolte allo stesso giudice è da ritenere consentita in linea di principio. Inoltre la riabilitazione è espressamente riferita dalla legge in questione al debitore e non ai titoli. Essa quindi può essere richiesta in via cumulativa e può essere concessa con un solo decreto per i diversi protesti elevati in epoca antecedente l’ultimo anno.
Se, infatti, la finalità dell’art. 17 L. n. 108/1996 è quella di evitare che il debitore protestato in condizioni di difficoltà economica ricorra ad usurai poiché non ha altrimenti accesso al mercato del credito, allora è corretto affermare che il termine annuale in caso di debitore pluriprotestato decorre dalla levata dell’ultimo protesto e che sia possibile con un’unica istanza ottenere la riabilitazione per tutti i protesti subiti laddove si riscontri – ovviamente e come nella specie – anche l’adempimento delle varie obbligazioni “veicolate” nei titoli.
(…) La norma, inoltre, sembra essere del tutto neutra rispetto alla circostanza che il debitore abbia emesso più titoli cartolari in relazione ad un’unica obbligazione sottostante, oppure a fronte di più obbligazioni (…).
Peraltro non sarebbe né logico né coerente con il predetto spirito della legge riconoscere meritevole di riabilitazione soltanto chi in ipotesi abbia emesso sì un solo assegno scoperto ma di rilevantissimo importo (poi “saldato” ex art. 17 L. Usura) e non anche chi abbia emesso in ipotesi due assegni scoperti di modestissimo importo (in ipotesi ad un unico creditore ed a saldo di una unica obbligazione) poi prontamente “onorati”» (Trib. Pescara 24.9.2007, www.ilcaso.it; conf. Trib. Verbania 25.7.2008, www.ilcaso.it).
La dottrina occupatasi della questione, per quanto non ostile all’impostazione predetta, ha ritenuto più fedele al dettato letterale dell’art. 17 l. 108/1996 (« … non abbia subito ulteriore protesto », « … il protesto si considera, a tutti gli effetti, come mai avvenuto », « trascorso un anno dal levato protesto… ») l’avversa interpretazione, in base alla quale il decreto di riabilitazione può essere emesso in relazione ad un solo protesto per volta; pertanto, in caso di più protesti, non sarebbe possibile ottenerne la riabilitazione con una sola istanza (Ntuk 1998, 481; di riabilitazione « del debitore nell’ipotesi di unico protesto legittimo » parla anche Carbone 1996, 324; contra Laudonio 2005, 1529), con evidente pregiudizio del debitore pluriprotestato adempiente.
Al fine di dirimere i contrasti operativi cui la predetta formulazione ha dato luogo è intervenuto il Ministero della Giustizia con una lettera circolare esplicativa; il documento chiarisce, persuasivamente, che
«nel caso in cui la riabilitazione venga chiesta dal debitore che abbia subìto più protesti per obbligazioni che siano state da lui successivamente adempiute, la relativa domanda può essere contenuta in una sola istanza; e in tal caso dalla stessa prende vita un unico procedimento. Ciò perché la presentazione contestuale di più domande rivolte allo stesso giudice è da ritenere consentita in linea di principio. Inoltre la riabilitazione è espressamente riferita dalla legge in questione al debitore e non ai titoli. Essa, quindi, può essere richiesta in via cumulativa e può essere concessa con un solo decreto per i diversi protesti elevati in epoca antecedente l’ultimo anno» (Circolare Ministero della Giustizia – Direzione Generale Affari Civili e Libere Professioni, Prot. n. 1/32-FG-9(97)3327 – Ufficio I, del 5 marzo 1998, www.difesa.it, voce protesti cambiari’).
Competente ad accordare la più volte richiamata riabilitazione — qualificata «civile speciale» (Carrato) o «cambiaria» (Ntuk) — è il Presidente del Tribunale, il quale provvede con decreto, su istanza dell’interessato corredata dai necessari documenti giustificativi (art. 17, 2o co., l. 108/1996), senza alcun contraddittorio e senza intervento del P.M. (cfr. Carbone 1996, 323). Per il procedimento di cui trattasi non è, opportunamente, richiesto il ministero di un avvocato:
«vertendosi in uno di quei casi in cui “la legge dispone altrimenti”: è plausibile intendere la norma nel senso che il legislatore ha voluto consentire al debitore di sottoscrivere personalmente l’istanza di riabilitazione, senza il bisogno del patrocinio di un professionista legale » (Trib. Roma 19.8.1998, decr., GI, 1999, I, 2085: conf. Trib. Roma 27.8.1997, decr., inedito; contra Trib. Roma 3.9.1996, Fa, 1997, 218).
Territorialmente competente, nel silenzio della legge, deve ritenersi il Tribunale del luogo in cui risiede il soggetto protestato (di norma corrispondente col luogo ove è stato levato il protesto), in analogia con quanto previsto dall’art. 4, 4° co., l. 235/2000, nonostante sia anche stato argomentato che a decidere sull’istanza di riabilitazione sia il Presidente del Tribunale del luogo in cui ha sede la Camera di commercio che ha pubblicato la notizia del protesto (cfr. Fedeli, Berti e Balestri 2005, 134 ss.).
La Corte di cassazione si è comunque espressa in favore della prima della due possibilità, statuendo che nei procedimenti da svolgersi in camera di consiglio (c.d. rito camerale), quale quello di volontaria giurisdizione previsto dall’art. 17 l. 108/1996 riguardante i provvedimenti di riabilitazione protesti, ove non sia prevista dalla legislazione particolare una determinata competenza territoriale dell’autorità giudiziaria procedente (come nel caso dell’art. 17 l. 108/1996), il giudice competente deve intendersi quello del luogo in cui risiede l’stante protestato (Cass., ord., 6.7.2005, n. 18639, CED Cassazione).
L’istanza di riabilitazione al Presidente del Tribunale competente è, nella prassi, abitualmente corredata da una visura della Camera di commercio attestante che non si sono subiti protesti nell’ultimo anno nonché dai titoli quietanzati e dalla dimostrazione dell’avvenuto regolamento dei diritti di segreteria al Tribunale. Verificata la sussistenza dei presupposti per ottenere il provvedimento richiesto, il Tribunale emette il decreto di riabilitazione, di regola successivamente trasmesso alla Camera di commercio competente.
Il decreto di riabilitazione è pubblicato nel registro informatico per 10 giorni (art. 17, 4o co., l. 108/1996), trascorsi i quali, se non si sono verificati reclami, il debitore protestato e riabilitato può avanzare domanda alla Camera di commercio di definitiva cancellazione dei dati relativi al protesto dal registro informatico. Tra i soggetti che potrebbero avere interesse ad impugnare il decreto di riabilitazione emesso del Tribunale è stato escluso dalla giurisprudenza possa esservi la Camera di commercio, non potendo « essere riconosciuta al presidente della camera di commercio la titolarità di un interesse sostanziale tale da ricomprenderlo in quella categoria di soggetti legittimati dal richiamato art. 17 l. 108/96 a reclamare il provvedimento di riabilitazione del debitore protestato » (App. Trieste, ord., 11.7.2001, citata da Fedeli, Berti e Balestri 2005, 142)
In caso di diniego della riabilitazione, il debitore protestato può proporre reclamo, nei dieci giorni successivi alla comunicazione, alla Corte di Appello, che deciderà in camera di consiglio (art. 17, 3o co., l. 108/1996) con apposito decreto, non assoggettabile all’impugnazione per cassazione con il ricorso straordinario ex art. 111, 7° co., Cost. (non essendo il procedimento di riabilitazione destinato a risolvere alcun conflitto tra diritti contrapposti e non avendo, di conseguenza, attitudine alcuna al giudicato, cfr. Cass. 24.9.2004 n. 19235 e Cass. 6.12.2004, n. 22789, DeJure Giuffrè); in tale sede non è esclusa l’eventualità che il giudice di appello possa concedere la riabilitazione « all’esito del reclamo per il caso di diniego in prima istanza » (Segreto-Carrato 2000, 467). Per effetto dell’intervenuta riabilitazione il protesto si considera come mai avvenuto (art. 17, 6o co., l. 108/1996) e il debitore protestato e riabilitato ha diritto di ottenere la cancellazione definitiva della notizia del protesto dal registro informatico, che « è disposta dal responsabile dirigente dell’ufficio protesti competente per territorio non oltre il termine di venti giorni dalla data di presentazione della relativa istanza, corredata dal provvedimento di riabilitazione » (art. 17, 6o-bis co., l. 108/1996).
È stato sostenuto che anche nella fattispecie la appena menzionata fase amministrativa sia prodromica all’esercizio di eventuali azioni, anche cautelari, dinanzi all’autorità giudiziaria finalizzate all’ottenimento della cancellazione (De Marzo 2000, 1415). Per effetto dell’intervenuta riabilitazione, infine, devono ritenersi improcedibili le azioni di regresso (ex artt. 50-51 l. camb. e artt. 45-46 l. ass.), che hanno nel protesto del titolo il loro necessario presupposto (Ntuk 1998, 481; v. anche Carbone 1996, 323).
Conclusivamente, la riabilitazione cambiaria consente di assicurare una più intensa tutela in favore di chi abbia subito un protesto, realizzando un equilibrato compromesso tra l’interesse pubblico alla diffusione di notizie utili alla correttezza dei traffici commerciali e l’interesse privato del soggetto protestato che sia disponibile a riparare. Per una interessante ricostruzione della normativa in oggetto in termini di difesa della reputazione personale del soggetto protestato v. infra § 6.6.1.
Legislazione: l. 7.3.1996, n. 108, Disposizioni in materia di usura, art. 17.
Bibliografia: Carbone 1996 – Ntuk 1998 – Carrato 2002 – Vitullo 2003 – Pellizzi e Partesotti 2004
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