Aemilia, la difesa tira in ballo politici e sindacati

Aemilia, la difesa tira in ballo politici e sindacati

 

REGGIO EMILIA – “Se questa fosse stata un’indagine seria, gli oltre 100 imputati sono pochi. Dove sono gli amministratori che hanno permesso loro di lavorare? Che hanno fatto un gemellaggio con Cutro? Che si sono sentiti in dovere di intitolare una strada a Cutro a Reggio Emilia? E i sindacati che hanno avuto a che fare con la ‘ndrangheta?”.

Sono gli interrogativi sollevati oggi, nell’ultima udienza del processo Aemilia contro la ‘ndrangheta di Reggio Emilia prima della pausa estiva, dall’avvocato Francesco Miraglia. Nell’arringa in difesa degli imputati Luigi Silipo e Vincenzo Mancuso, il legale prende anche di mira i pentiti e definisce il dibattimento, in corso ormai da quasi tre anni, “il processo dei collaboratori di giustizia dell’ultima ora”.

In  particolare “Giuseppe Giglio si e’ pentito dopo 13 mesi dagli arresti e una condanna a 18 anni”, mentre Salvatore Muto lo ha fatto “dopo che i verbali di Antonio Valerio (terzo collaboratore di giustizia, ndr) erano gia’ stati depositati”. Per Miraglia “in questo processo, se fosse di mafia, dovremmo parlare di droga, estorsione e armi”. Invece si parla “solo di lavoro, di gente che comunque si alzava alle 5 di mattina per andare sul cantiere”.

Inoltre, “la ‘ndrangheta e’ fatta di regole e subordinazione assoluta, mentre qui ognuno faceva il suo interesse alle spalle degli altri”. Nel merito delle posizioni dei suoi assistiti Luigi Silipo “e’ stato indagato solo perche’ fratello di Antonio Silipo, con cui ha avuto una sola telefonata di 57 secondi”. Per Miraglia mancano poi le prove della colpevolezza di Vincenzo Mancuso, che nella tesi dell’accusa trasportava pacchi di denaro illecito su pullman in servizio sulla tratta Parma Crotone. Dunque, la richiesta del difensore, e’ per entrambi di una sentenza assolutoria.

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