il 96 % delle denunce sono false.

il 96 % delle denunce sono false.

Roma, 27 mag (Velino) – “Un tempo si diceva che l’Italia fosse un paese di
santi, eroi e navigatori. Adesso sembra che tutti quanti abbiano lasciato il
posto ai pedofili”. Così Marco Casonato, docente di Psicologia dinamica all’
università di Milano-Bicocca, commenta con il VELINO il dato dal quale risulta
che il 96 per cento circa dei casi registrati ogni anno in Italia, relativi a
denunce di minori che sostengono di aver subito una violenza sessuale, è falso.
Un dato che rafforza l’allarme lanciato da tempo da psicanalisti e psicologi:
attorno al drammatico fenomeno della pedofilia si sta scatenando una vera e
propria psicosi altrettanto pericolosa. Casonato, che è stato tra gli
organizzatori del convegno “Abusi, falsi abusi e scienze forensi” tenutosi nell’
ateneo milanese dal 20 al 22 maggio, dichiara: “Dai dati diffusi dalla
magistratura all’inaugurazione dell’anno giudiziario, si scopre che solo una
bassissima percentuale di persone processate per abusi su minori viene
condannata. Questo non perché vengano fatti pochi sforzi, ma perché è molto
facile essere accusati ingiustamente. Basti pensare che in diversi asili,
piscine o teatri per bambini non è più possibile scattare una foto, pena l’
essere guardati con sospetto. I genitori alle recite dei propri figli
proibiscono ad altri genitori di riprendere lo spettacolo con le telecamere per
paura che tra loro si nasconda un pedofilo che diffonderà le immagini. Nonni e
zii girano fuori da scuola con fogli in tasca nei quali è attestato per
iscritto che sono parenti del bambino. Si è scatenata una psicosi, insomma, che
è grave quanto la pedofilia stessa e che causa danni non certo inferiori”.
Casonato individua il periodo in cui è esplosa questa psicosi collettiva .
“Dal 1993-94 è stato un crescendo – dichiara lo psicologo -. In Italia si è
ripetuto quanto era accaduto negli anni Ottanta in America. Vicende simili a
quelle di Rignano Flaminio e Brescia sono già successe negli Usa. Si può dire
che il fenomeno ha investito un po’ tutti i paesi occidentali, chi prima e chi
dopo, ma è successo dappertutto. In Italia, forse, ci abbiamo poi messo del
nostro”. E cita il famoso caso di Gino Girolimoni, il “mostro” di Roma degli
anni Venti, accusato ingiustamente di stupri e omicidi di bambine e poi
scagionato. “Il povero Girolimoni fu prosciolto completamente da un tribunale
dopo nove mesi – sottolinea Casonato -. Oggi, in Italia se si è fortunati il
proscioglimento arriva dopo dieci anni. Se qualcuno è colpevole mi sta anche
bene la durata della pena. Ma se si è innocenti, dieci anni della vita vengono
distrutti”.
Qual è stata la causa scatenante del dilagare di questa paranoia? “Sarebbe
bello se ci fosse un motivo ben individuabile –risponde Casonato -. È una sorta
di ‘tempesta perfetta’ che ha bisogno di tanti elementi per erompere. Ne posso
citare alcuni individuati da diversi studiosi internazionali. Ad esempio la
fine della paura nei paesi occidentali del comunismo sovietico, del terrore
della guerra atomica, delle spie e dei sabotaggi. Non è un caso che negli Stati
Uniti è stato rilevato come la paura degli abusi sia parecchio diminuita dopo l’
attentato dell’11 settembre, sostituita dall’angoscia per il terrorismo
islamico. Del resto in ogni epoca storica le società hanno bisogno di un babau.
Un tempo ci si scatenava contro le streghe e gli eretici”. Tra gli altri
fattori, Casonato cita un certo tipo di cultura femminista. “Premetto che non
ho niente contro il femminismo, del quale esistono diverse versioni –
dichiaralo psicologo -. Un certo modello di cultura femminista, però, vede l’
uomo come un essere intrinsecamente pericoloso per le donne e i bambini”. E
ancora, ad alimentare la psicosi concorre anche lo sfascio della giustizia
italiana. “Parlare della situazione della giustizia nel nostro Paese è come
sparare sulla Croce Rossa – afferma Casonato -: ci sono pochi uomini, scarsi
mezzi e tante cose non funzionano. Come dicevo prima, un iter processuale che
dura dieci anni non fa che generare e alimentare il clima velenoso dei
sospetti”.
Non inferiore la responsabilità delle famiglie. “Preferiscono credere al
babau piuttosto che stare dietro ai propri figli – rileva Casonato -. Adesso
sul banco degli accusati finisce internet. Ma internet è come una bicicletta:
ci devono essere un papà e una mamma che insegnino ai bambini come si usa.
Chiaro che se il figlio viene lasciato solo davanti al computer, davanti la
televisione o in mezzo alla strada le probabilità che gli succeda qualcosa sono
più elevate”. E quali le responsabilità della stampa in questa crescente
psicosi della pedofilia? “Se c’è un ‘mostro’ da sparare in prima pagina si
usano i titoloni – risponde lo psicologo -. Poi quando il ‘mostro’ si scopre
che non è più tale, perché magari c’è stato uno sbaglio o le cose sono state
chiarite, non ne parla più nessuno. Fino a che non ne verrà fuori un altro a
rimpiazzarlo – conclude Casonato -, quello della pedofilia continuerà a essere
il babau dominante nella società italiana”.
 
(gat) 27 mag 2009 18:57