Francesco Miraglia – Il ruolo delle Relazioni degli Operatori Sociali e la Funzione del Magistrato
– Dr. Miraglia, parliamo di un tema piuttosto delicato, quello delle Relazioni e delle valutazioni che vengono portate all’attenzione di un Giudice in un’aula di Tribunale, concernenti perizie che poi possono determinare sentenze di allontanamento familiare. Quali sono le principali zone d’ombra di questo settore?
“Mi occupo di diritto di famiglia e dei minori da ormai più di venti anni; nel tempo ho incontrato centinaia e centinaia di genitori e la domanda più comune, spesso rivolta con paura e timore, è sempre la stessa: ‘Ma non è che poi i Servizi Sociali mi portano via mio figlio?’. I casi di cronaca che a vario titolo coinvolgono i minori allontanati dalle famiglie, di frequente vengono raccontati come episodi isolati, talvolta addirittura strumentalizzati per semplici interessi politici, ma non sono altro – secondo il mio parere – che la rappresentazione di un vero e proprio sistema caratterizzato da poteri politici ed economici. Bisognerebbe che nessuno dimenticasse che quel sacrosanto principio del diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia, costituisce uno dei capisaldi del nostro ordinamento; basti tener conto dell’Art. 1 della Legge 184/83 dedicata all’adozione. Solo in casi particolari ed eccezionali, quali bambini maltrattati o vittime di abusi, sono giustificabili percorsi di protezione offerti addirittura da una famiglia diversa da quella naturale. Seppur consolidato il principio secondo il quale l’allontanamento deve essere di carattere eccezionale, è diventato di moda l’allontanamento di un bambino anche per futili motivi. E a decidere dell’allontanamento di un minore dalla sua famiglia e, quindi, del suo collocamento in ambito etero-familiare, non sono, però, i Servizi Sociali, bensì l’Autorità giudiziaria”.
– Nella Sua esperienza, com’è possibile garantire che perizie e consulenze si ispirino a principi etici, e dunque contribuiscano a salvaguardare non solo legalità e verità, ma soprattutto i Diritti stessi del bambino? E qual è in tutto questo il ruolo del Magistrato?
“Il diritto del minore alla sua famiglia deve essere centrale, diversamente la situazione va accertata in concreto, caso per caso, rinunciando alla presunzione di dedurlo da principi o teorie astratte. Bisogna capire, insomma, come sta quel minore dentro a quella specifica famiglia, quali sono le risorse in gioco, i limiti invalicabili e quelli che, all’opposto, con interventi mirati, possono benissimo essere rimossi. I Servizi non possono affatto ‘portare via i bambini alle famiglie’: di fatto però determinano la decisione del Tribunale in tal senso. E nella maggior parte dei casi i minori rimangono vittime di un sistema lento ed inefficiente, che invece dovrebbe tutelarli. È chiaro allora il ruolo cardine del Giudice, anche nella Giustizia minorile: il Giudice è colui al quale, piaccia o no, è affidato lo specialissimo compito di applicare le leggi in piena autonomia e indipendenza da ogni potere politico ed economico. Non è accettabile che un provvedimento di un Tribunale o di un ricorso della Procura della Repubblica non sia altro che il riportare il contenuto di una relazione o addirittura le argomentazioni di una consulenza tecnica”.
– Effettivamente spesso Lei nel parlare di Consulenti e CTP ha sottolineato alcune questioni centrali legate al tema della responsabilità e della necessità di evitare eventuali conflitti d’interesse. Cosa c’è che non va? Secondo Lei il sistema ha bisogno di riforme?
“Le questioni sono tante, e in questo senso il titolo di questo Convegno è emblematico: conflitti d’interesse, superficialità, pressapochismo, poteri politici ed economici spesso determinano non solo la giustizia dei grandi, ma soprattutto dei bambini. Case-famiglie, affidamenti illeciti, soldi – tanti soldi! – relazioni soggettive, consulenti di fiducia di questo o di quel giudice, adozioni mascherate. Ecco perché, lo ribadisco, è quanto mai essenziale l’indipendenza del magistrato: un’indipendenza che non è solo nella propria coscienza, nella libertà morale e nella fedeltà ai principi, ma anche nella trasparenza della propria condotta anche fuori dal suo ufficio. Il giudice, infatti, una volta adempiuto con coscienza e scrupolo ai propri doveri professionali, deve offrire di se stesso l’immagine di una persona seria, equilibrata e responsabile; l’immagine di un uomo capace di decidere e di capire. Solo così può essere accettato dalla società. Questo e solo questo è il giudice che in ogni tempo, se apparirà sempre libero e indipendente, si mostrerà degno della sua funzione: se si manterrà integro ed imparziale non tradirà mai il suo mandato”.
– La formazione dei professionisti del settore è dunque un aspetto quanto mai essenziale. L’INPEF propone dei percorsi mirati rivolti a tutti coloro che vogliono intraprendere la professione di Perito, Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) e Consulente Tecnico di Parte (CTP): a Suo avviso, quali sono gli elementi da non trascurare per preparare gli allievi in maniera esperta e competente, e come si traducono nell’esperienza dei Master e dei Corsi dell’Istituto?
“L’aggiornamento professionale è un elemento di fondamentale importanza per tutte le professioni. La formazione, la preparazione, la conoscenza, sono presupposti imprescindibili non solo per essere in grado di affrontare con sicurezza i tanti e diversi problemi derivanti da dinamiche familiari e rapporti interpersonali sempre più complessi, ma soprattutto per contribuire ad evitare casi – come continuo a chiamarli – di mala giustizia, caratterizzati da superficialità, pressapochismo e tanta approssimazione. Penso che oggi l’INPEF sia oramai un’eccellenza nel nostro panorama nazionale della formazione, della cultura e delle competenze, che garantisce – mediante i suoi percorsi formativi altamente strutturati e completi – la capacità di apprendere nuove conoscenze e di aggiornare costantemente le competenze, riuscendo a trasmettere quel sapere in tutti quei contesti in cui il professionista è chiamato ad intervenire. Secondo il mio punto di vista, non bisogna assolutamente mai trascurare l’aspetto pratico della formazione, la metodologia e la specificità: è un valore non solo per il professionista, ma anche per tutte le persone assistite”.
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