Abusi sessuali dentro la Cooperativa sociale Laboratorio Lesignola ? Il processo va avanti
Se pur con un rinvio al 16 gennaio 2013 davanti al Tribunale collegiale penale di Reggio Emilia, il processo a carico del Presidente della Cooperativa sociale Laboratorio Lesignola continua. Su di lui pesano gli abusi che furono commessi all’interno della sua comunità tra la fine del 2007 e all’inizio del 2008 ai danni di un bambino che all’epoca aveva 10 anni. Nel procedimento, il minore e i suoi genitori sono rappresentati e difesi dall’avv. Francesco Miraglia di Modena, mentre l’accusa e rappresentata dalla dott.ssa Maria Rita Pantani della Procura della Repubblica di Reggio Emilia.
“Laboratorio Lesignola” di Canossa (RE) è altro capitolo di conduzione irresponsabile in una struttura per minori allontanati dal nucleo familiare. Come tutte le case famiglia, questo comunità viene designata dal servizio sociale, e diligenti operatori dovrebbero provvedere all’educazione dei minori affinchè crescano in un luogo sano, avviarli allo studio ed insegnargli ad affrontare la vita, sostituendo la famiglia in tutto e per tutto quando questa viene giudicata inidonea.
Nella vicenda oggetto del processo, seri professionisti della psicologia ed efficienti operatori sociali hanno sottratto due minori a causa dell’indigenza del loro nucleo familiare, decidendo che questi ragazzi dovevano crescere senza genitori in ambiente sicuramente più idoneo. I due ragazzi, che all’epoca avevano 10 e 6 anni, furono collocati in questa struttura dove subirono vessazioni, violenze fisiche ed attenzioni sessualidi da parte di un altro ospite 17enne. I giovani decisero di non voler più subire, e denunciarono tutto all’assistente sociale referente, ma minimizzò l’accaduto e “archiviò” il caso come frutto di “ragazzate”, non approfondendo i fatti e soprattutto non dando il minimo credito al racconto dei ragazzi.
Dovettero intervenire i genitori, solo in seguito ad un colloquio con i propri figli, per esporre nei confronti di coloro che avrebbero dovuto provvedere alla sorveglianza, e che invece omisero e colpevolmente sottovalutato fatti di questa gravità.
L’avvocato Francesco Miraglia del foro di Modena, presidente del comitato scientifico dell’associazione Pronto Soccorso Famiglia, ha assunto la difesa dei minori ed oggi alla sbarra c’è il responsabile della comunità che in primis avrebbe dovuto provvedere alla sorveglianza sugli ospiti della struttura. Questi, nonostante l’accaduto, ancora oggi ricopre il suo ruolo all’interno della struttura, ma ciò che sorprende ancora più è il fatto che sia l’assistente sociale del comune di Scandiano (che glissò sul racconto dei ragazzi) non sia stata ancora rimossa dalla posizione che attualmente occupa, continuando ad assumersi l’onere di decidere cosa è meglio per i figli degli altri, ed a fronte di una così grave omissione sia ancora la referente del servizio tutela minori.
Poiché i fatti si riferiscono ad alcuni anni orsono, qualcuno potrebbe pensare che i ragazzi siano felicemente tornati a casa… Non è così. Allontanati dal nucleo familiare a causa dell’indigenza dei genitori, il solerte servizio sociale ha preferito affidare i ragazzi ad altra famiglia (a cui attribuisce mensilmente un assegno di sostegno economico) piuttosto che versare la stessa somma ai genitori e permettere a questi ragazzi di crescere in seno alla propria famiglia.
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