«Basta una telefonata per allontanare il figlio»
La denuncia del legale di una mamma il cui bimbo è affidato a un’altra famiglia «La donna non sapeva la motivazione e dopo mesi non è ancora stata sentita
È un sistema che distrugge, basta la segnalazione di uno qualsiasi, un vicino di casa, per far sì che un figlio sia staccato al genitore e quando chiedi risponde nessuno te le dà». Parole dure quelle di Francesco Miraglia, avvocato modenese che si sta occupando della triste vicenda di un minore (appena 3 anni) della nostra provincia, affidato ad un’altra famiglia ormai da cinque mesi e che al momento non può vedere alcun familiare.
I genitori sono separati, il minore in un primo momento stava con la madre e la famiglia di questa. Poi a far scoppiare il caso la telefonata del nuovo compagno ai carabinieri, secondo il quale la donna al telefono avrebbe minacciato il suicidio. «Una questione di gelosia, cose che poi l’uomo (querelato dalla madre, ndr) ha ritrattato, eppure secondo l’articolo 403 (intervento urgente della pubblica autorità per affidare un minore, ndr) il figlio è stato tolto alla madre, senza alcuna motivazione. Pensate che uno denunciato per furto viene processato per direttissima il giorno dopo, in questo caso la motivazione ci è stata data a distanza di mesi. Il Tribunale dei minori di Bologna – prosegue Miraglia – ha accolto le motivazioni dei servizi sociali basate su fatti travisati e non corrispondenti al vero, senza accertare la verità e affidando il minore ad un’altra famiglia».
Nel frattempo, i giorni (i mesi ormai) passano, l’avvocato scrive più volte al Tribunale di Bologna, motivando il fatto che il minore, data anche l’età, possa intanto stare con i nonni e la zia, quella che è sempre stata la sua famiglia, il suo mondo, i suoi affetti. Ma la situazione non cambia: «Inverosimile che un Tribunale dopo tutti questi mesi non si senta in dovere di fissare un’udienza per ascoltare la madre. Il piccolo non può tornare da lei, la psicologa ritiene che abbia una disfunzione di attaccamento verso la mamma, perché dopo gli incontri con lei, quando torna nella famiglia affidataria risponde male ai nuovi “genitori”: la psicologa lo ritiene legato al rapporto compromesso con la madre, ma non le è venuto in mente che forse è proprio il contrario? Che il piccolo soffre a doversi staccarsi dalla mamma e a tornare a casa da estranei? E sulla base di queste supposizioni pregiudizievoli e superficiali, non suffragate da alcun test, ha sospeso gli incontri tra la mia assistita e suo figlio».
E come – purtroppo – accade spesso in questi casi le persone coinvolte dall’altra parte trovano un muro di gomma: «Abbiamo chiesto udienza in Tribunale, abbiamo chiesto di cambiare psicologa, abbiamo chiesto un percorso alternativo che riavvicini madre e figlio, senza ottenere però alcuna risposta da nessuno. Ancor più grave il silenzio del direttore generale dell’Asl di Ferrara, del responsabile del servizio sociale referente, dell’assessore alle politiche sociale del Comune di residenza e di tutte le figure politiche coinvolte…», conclude l’avvocato. (d.b.)
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