Principale home

Ferrara: intervento alla commissione d’inchiesta affidi.

Buongiorno,
prima di iniziare il tema che ci occupa, ringrazio prima di tutto il Presidente e i vari componenti della commissione che mi hanno dato l’opportunità di intervenire oggi.

Purtroppo, in generale tanti, troppi sono i temi che riguardano i minori e nello specifico l’operato dei servizi sociali, gli allentamenti, gli affidamenti sine die, la gestione delle strutture dirette all’accoglienza dei stessi minori e per ultimo, non per importanza il problema della giustizia minorile.

Uno dei temi che merita sicuramente un’attenta e profonda riflessione è l’applicazione dell’art. 403 cc  da parte dei servizi sociali.

L’articolo 403 cc. Dispone  che 2quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato  o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all’educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione2..

Il ricorso a tale articolo deve avvenire solo quando sia esclusa la possibilità di altre soluzioni e sia accertata la condizione di assoluta urgenza e di grave rischio per il minore, che richieda un intervento immediato di protezione; dell’allontanamento deve darsi tempestiva comunicazione alla competente Procura minorile per le iniziative del caso.

Primo problema: bisogna chiedersi se queste decisioni vengono prese nella piena consapevolezza della Tutela dei diritti dei minori e della salute dei stessi, tenendo o conto dei probabili futuri gravi danni conseguenti all’allentamento della famiglia di origine.

 

Infatti, una errata applicazione di tale procedura comporta delle situazioni disastrose e dannose  per il minore, per i genitori o/e ancor peggio per l’intera famiglia.

Tempo fa mi sono occupato di un caso nel ferrarese ove è bastata una semplice telefonata di un ex fidanzato che dopo essere stato lasciato dalla compagna ha telefonato ai carabinieri sostenendo che la stessa volesse suicidarsi con il figlio per fa scattare questa tremenda procedura.

Ebbene, doposoli due giorni si sono presentati 4 assistenti sociali, ed una pattuglia dei Carabinieri, l’ambulanza per all’montanare il bambino di appena 4 anni.

Solo dopo cinque o sei mesi sono iniziati gli incontri protetti tra la madre e il figlio e solo dopo 4 mesi, a seguito di continue istanze,  è stata fissata l’udienza.

Si comprende che un potere così, non può e non deve essere esercitato con superficialità, pressapochismo e spesso con incompetenza.

Ad ogni modo, un potere così autoritativo non può essere lasciato a libero arbitrio della pubblica amministrazione, ma deve essere riconosciuto esclusivamente al potere Giurisdizionale.

Purtroppo i problemi non riguardano solo il servizio sociale e le sue iniziative.

Occorre sottolineare anche l’inefficienza della Procura Minorile che spesso omette qualsiasi accertamento concreto sulle motivazioni degli allontanamenti ex art. 403 cc, che tra l’altro pochissime  volte vengono  argomentate da parte del servizio sociale.

Non voglio assolutamente in questa sede soffermarmi sul problema della giustizia minorile,  ma non si può fare a meno di sottolineare  che spesso manca una vera e propria istruttoria e che i ricorsi della Procura sono spesso dei meri dei copia incolla con le segnalazioni; nel  procedimento minorile  viene completamente dimenticato il diritto di difesa e le regole del giusto processo che dovrebbero caratterizzare ogni processo

Purtroppo, nell’affrontare queste tematiche si corre il rischio di essere addirittura banali.

E’ mai possibile che al peggior delinquente colto in flagranza di reato debbano essere garantiti, come giusto che sia, tutti i diritti previsti dal nostro ordinamento, e mi riferisco a titolo esemplificativo, alla notifica della notizia di reato, alla convalida del fermo entro dei termini stabiliti, il diritto di rispondere alle domande o di avvalersi della possibilità di non rispondere ed altro, mentre , diversamente ad un bambino viene negato ogni diritto?

Nel caso a cui ho fatto riferimento il bambino era stato portato via senza nessun concreto, di pericolo o di urgenza.

Tutto sommato ,sarebbe quanto meno normale, se accertata l’infondatezza delle motivazioni, il bambino potesse ritornare nella propria famiglia …e invece no questo non accade!!

Occorrono sempre valutazioni, percorsi (con le conseguenti lungaggini), che spesso vengono demandati agli stessi operatori che hanno attuato l’allentamento attraverso il  403 c.c..

Vi chiederete, “ammetteranno mai di aver sbagliato??? “…

La risposta è no, ed anzi l’eventuale contestazione dei genitori all’operato degli assistenti sociali verrà considerato come incapacità genitoriale.

E’ possibile ciò?

Ma è capitato ancora peggio: ad una dottoressa di Bologna è stata portata via la bambina con un 403 cc addirittura prima che nascesse.

Il problema era perché la mamma medico regolarmente sposata, il nonno materno chirurgo e la nonna materna insegnate, risultava in carico al Centro di Salute Mentale per una pregressa e datata depressione.

Incredibilmente, almeno dalle date degli atti risulta che la bambina è nata il 25 luglio, la segnalazione dell’assistente sociale avveniva in data 4 luglio, ed il decreto del TM che disponeva l’allentamento datato 10 luglio, mentre il ricorso del PM risulta del 2 agosto.

La cosa più incredibile è che tutto ciò è passato sotto il completo silenzio di tutti, ma ancora più incredibile è che la bambina è stata dichiara adottabile.

Tutto questo è normale?

Tutto questo può essere accettato?

Questi due casi sono l’esempio di un sistema malato.

Dovrebbe essere pacifico ,per quanto riguarda l’esecuzione (alquanto delicata ed invasiva) dell’art.403c.c., che lo stesso non possa essere eseguito, ogni qual volta manchino i presupposti dello stato di abbandono morale o materiale del minore, che deve essere accertato o ben evidente; quando manca l’esposizione del minore a grave pericolo per il suo benessere fisico e psichico a causa delle condizioni in cui è allevato, non può e non deve essere eseguito un all’adontamento ai sensi dell’art. 403 cc .

Il Tribunale ha l’obbligo di motivare il ratifica della richiesta del 403 cc e non appiattirsi sul ricorso del MPM o peggio accora consideralo un semplice atto amministrativo.

Ad ogni modo, in caso di allontanamento del minore, deve essere data priorità al collocamento presso parenti entro il quarto grado, piuttosto che presso estranei o istituti. Ai parenti entro il quarto grado la legge sulle adozioni riconosce un ruolo nell’ambito del procedimento che conduce alla dichiarazione di adottabilità, dovendo essere avvertiti dell’apertura del procedimento (art. 10) e potendo, con la loro presenza, escludere che il minore sia dichiarato definitivamente in stato di abbandono (artt. 11 e 12).

Altro tema che merita attenzione è la gestione delle strutture di accoglienza e delle case famiglie.

Appare surreale ma ad oggi non sappiamo con certezza nè quanti minori sono affidati ai servizi sociali, nè quanti siano collocati nelle strutture e ancora peggio quante case famiglie ci siano nel nostro territorio.

Tuttavia, la cosa grave è la quasi totale mancanza di sorveglianza, di ispezione e controllo sia sulla gestione che sullo stato dei minori collocati.

Mi sembra inverosimile che con semplici auto-certificazioni si possano aprire strutture così particolari e delicate che inevitabilmente incidono sulla vita delle persone.

Pertanto, non possiamo meravigliarci, se qualche struttura nella nostra regione, come anni fa ho denunciato pubblicamente, era gestita da un esponente delle BR che a suo tempo si era dichiarato prigioniero politico, o peggio ancora da soggetti magari imputati per maltrattamenti o addossatura per abusi sessuali.

Io ho sentito vari interventi dove molti hanno sostenuto la necessità di nuove leggi, di riforme epocali. Ebbene, io non sono tanto d’accordo su questo, viste anche le migliaia di leggi che ci sono nel nostro ordinamento.

Semplicemente, bisogna far rispettare le leggi che ci sono e soprattutto far valere il principio secondo il quale “chi sbaglia va a casa”.

E’ incredibile, che queste strutture spesso siano abbandonate a sè stesse come fossero la terra di nessuno.

La Procura dei Minori, gli assistenti sociali, il garante dell’infanzia (figura anonima a mio parere), i politici, i componenti della commissione infanzia, possono e dovrebbero fare le ispezioni, controllare la gestione, come vivono i minori.

Ebbene, per capire come anche questa situazione non funzioni per nulla, basta chiedere in primis alla Procura ed agli altri soggetti sopra indicati quante ispezioni hanno fatto in un anno, quante volte sono andati a controllare gli ambienti e la quotidianità vissuta dai minori.

Anche per quanto riguarda questo tema, mi sembra opportuno fare riferimento ad un caso concreto accaduto nella provincia di Ferrara.

Poco tempo ho depositato un esposto alla Procura di Ferrara, circostanziata e soprattutto corredata da fotografie dove si dimostrava, come si dice in Tribunale, “oltre ogni ragionevole dubbio”, la presenza di: soppalco pericolante, scarafaggi, ruggine dappertutto, muffa, docce rotte, cibi scaduti.

Se fossimo in paese normale questa struttura sarebbe stata chiusa  immediatamente ed il responsabile denunciato.

Siccome nel nostro paese il vero scandalo è paradossalmente che “nulla fa scandalo”, questa casa famiglia è aperta regolarmente e gestita sempre dalla stessa persona.

Il lato positivo è che, grazie alla mia denuncia sono stati fatti tutti i lavori di ripristino.

La cosa incredibile è che non solo a nome della mia assistita ma anche a nome di tutti gli altri ospiti ho depositato un’istanza con le foto anche presso il tribunale per i Minorenni, chiedendo che il fascicolo fosse trasmesso alla Procura per gli opportuni accertamenti, ma un giudice onorario (che fortunatamente è poi stato allontanato dal suo incarico per conflitti d’interessi),  riferiva nell’occasione che “con la questione processuale queste circostanze nulla avevano a che vedere”.

Ma ancora peggio è che i controlli da parte dei Nas, a cui mi ero rivolto, sono “casualmente” avvenuti quando i lavori di ristrutturazione erano conclusi.

Quindi tutto è passato come normale amministrazione.

Voglio precisare, che a distanza di due anni, la Procura della Repubblica di Ferrara nulla ha comunicato, quando addirittura, oltre alle foto, ho altresì depositato il preventivo lasciato in giro dai muratori che stavano effettuando i lavori dei lavori.

Sapete cosa mi hanno risposto i NAS di Bologna alle mie sollecitazioni: “noi quando siamo andati era tutto in regola…” forse bastava andarci prima, anzi bastava andarci mentre facevano i lavori, considerato che io stesso avevo provveduto a comunicarlo  agli stessi Nas.

Vado a concludere, auspicando che il tema dei minori e degli affidamenti venga affrontato seriamente da tutti senza farne una battaglia di colori odi fazioni; questo tema condizionato da conflitti di interessi, potere e tanti tanti soldi,  deve diventare per tutti una battaglia di giustizia e di vera civiltà.

Grazie a tutti.

L’avvocato Francesco Miraglia interverrà alla commissione consiliare di Ferrara sugli affidi sui i minori

L’incontro venerdì 11 dicembre 2020, alle 15, in diretta Youtube. FERRARA (10 dicembre 2020). La Commissione consiliare del Comune di Ferrara sugli affidi dei minori ha richiesto l’audizione dell’avvocato Francesco Miraglia, in qualità di esperto di Diritto di Famiglia e Diritto Minorile. La Commissione si riunirà venerdì 11 dicembre, alle ore 15: l’incontro sarà trasmesso in diretta (visibile successivamente in differita) sul canale Youtube del Comune di Ferrara.

Istituita nel novembre 2019, la Commissione consiliare sugli affidi ha il compito di approfondire la gestione e il supporto attivati dai Servizi sociali del Comune di Ferrara nei confronti delle famiglie con minori oggetto di segnalazione. Suo è anche il compito di analizzare le procedure utilizzate per la valutazione dei casi e le modalità degli affidi e dei collocamenti nelle strutture, disposti da un provvedimento del Tribunale dei Minorenni. Oltre a rilevare gli aspetti economici correlati al sistema dei minori allontanati, individua eventuali nodi critici nel sistema applicativo delle procedure previste dalla legge.

«Il sistema degli affidi e degli allontanamenti dalle famiglie in Italia è tutt’altro che perfetto» commenta l’avvocato Francesco Miraglia, cassazionista-penalista del Foro di Roma «e per un caso eclatante come quello di Bibbiano, ci sono stati altri “piccoli” casi sparsi in ogni Regione. Storie di allontanamenti illegittimi, perizie costruite ad hoc, cooperative e altre realtà sociali nate esclusivamente per lucrare sulla pelle dei più deboli, sulla pelle di famiglie fragili, che spesso non avrebbero la forza, gli strumenti per mettere in luce l’ingiustizia patita. Attraverso il mio impegno, il mio lavoro cerco, per quanto possibile, di dare voce a questi casi di allontanamenti illegittimi, che a volte si traducono in vere e proprie adozioni mascherate».

Forte di così tanta esperienza e per metterla al servizio dei più deboli, l’avvocato Miraglia ha da poco dato alle stampe l’opuscolo “Servizi sociali, affidi e genitorialità”, scritto con il contributo degli avvocati Katia Cristofori, Carmen Pino e Marina Poppi e in collaborazione con la onlus Peribimbi.it. Il vademecum si prefigge lo scopo di aiutare le famiglie, e in particolare i genitori, a conoscere l’attuale ordinamento giuridico in materia di affidi.

Con la dottoressa Vincenza Palmieri e la prefazione di Mario Giordano, l’avvocato Miraglia ha da poco pubblicato anche un libro, “Bambini prigionieri” (Armando editore): il caso Bibbiano e le conseguenze dell’inchiesta a livello mediatico e giudiziario hanno portato la luce trame lungamente taciute, allontanamenti legittimi con l’unico scopo di profittare della fragilità dei più deboli. «I responsabili di tale sistema cumulano cariche, voti, finanziamenti pubblici» prosegue l’avvocato Miraglia, «mentre numerosi imputati fronteggiano 108 capi d’accusa nell’ambito della nota inchiesta in Emilia Romagna, ma soprattutto mentre 500.000 bambini aspettano di riabbracciare i propri genitori. Il volume ricostruisce gli angoli giuridici applicativi, in cui hanno trovato spazio ingiustizie e malaffare, raccontando le storie di madri e padri che si sono visti sottrarre i propri figli a causa di una presunta inidoneità genitoriale».

Torino: bimbo iperattivo cacciato da scuola e collocato in comunità

Avvocato Miraglia: «Ma è una moda, a Torino, allontanare da casa i bambini?» TORINO  (Novembre 2020). «Da anni sostengo che Torino sia peggio di Bibbiano e il nuovo caso di cui mi sto occupando ne è l’ennesima dimostrazione». Parole dell’avvocato Francesco Miraglia, esperto in diritto minorile, che da anni si batte contro il sistema dei Servizi socialie dei Tribunali dei minorenni che hanno come sistema quello dell’“allontanamento facile”. L’avvocato Miraglia porta alla luce un nuovo caso emblematico di un sistemadeputato a tutelare l’infanzia, ma che invece tutto fa tranne quello diproteggere e salvaguardare i bambini.

Succede in provincia di Torino, dove alcuni mesi fa una madre si è sentita dire dalla scuola frequentata dal figlio che doveva tenerlo a casa, a scuola non ci doveva più tornare, perché iperattivo e disturbava. Circostanza già difficile da accettare per un qualunque genitore, a maggior ragione per questa donna, che, ben consapevole dei problemi del figlio, da cinque anni lo porta a psicomotricità e logopedia, appunto per migliorare il suo comportamento e il suo linguaggio. Rivoltasi quindi per un aiuto ai Servizi sociali, non ha risolto nulla, tutt’altro: di colpo, dallo scorso gennaio, il Tribunale dei minorenni del Piemonte e Valle d’Aosta le ha tolto il figlio, lo ha collocato in comunità e per sei mesi non glielo ha fatto vedere, con la scusa che non si occupava abbastanza di lui. «Chissà quale choc può rivelarsi non vedere la mamma per mesi e abitare con estranei per un bambino fragile, che ha la madre come unico punto di riferimento della sua giovanissima vita» dichiara l’avvocato Miraglia. «Una mamma che oltre ad averlo sempre accudito, lo ha accompagnato alle visite mediche e alle terapie. La comunità, invece, si è resa colpevole di omissioni verso questo bambino, perché non lo ha mai accompagnato alle visite mediche che la mamma gli aveva prenotato». Quando finalmente la donna dopo mesi ha rivisto il suo bambino, si è accorta che camminava e respirava male e ha chiesto di portarlo al pronto soccorso. A questo punto è scattata una sorta di “ritorsione” da parte della comunità nei suoi confronti: all’ultimo incontro con il bambino, il piccolo è corso incontro alla madre per un abbraccio, ma gli operatori hanno impedito a mamma e figlio di toccarsi, strattonandoli violentemente, tanto che la donna ha riportato lesioni ed ecchimosi guaribili in cinque giorni. E come se non bastasse il tribunale ha sospeso gli incontri tra madre e figlio.

«Ma è possibileche una comunità si permetta di fare ciò che vuole» sottolinea l’avvocato Miraglia «e non operinell’unico interesse che invece deve perseguire ovvero quello del bambino? È poi incredibile come a Torino pare sia una moda quella di allontanare senza motivo i bambini ai genitori, tacciandolidi incapacità: possibile che nel Torinese ci sono così tanti genitori inadatti? C’èsicuramente qualcosa che non va e come prima cosa, per rimettere finalmente le cose a posto, questo bambino deve tornare dalla mamma che ha dimostrato, senza ombra di dubbio, di sapersi prendere cura del figlio: cosa che fino ad ora i Servizi sociali non hanno fatto, non occupandosi minimamente della salute di questo bambino. Appare del tutto evidente che l’attuale collocamento del minore non possa in alcun modo corrispondere al suo superiore interesse, che dovrebbe invece essere tutelato dall’Autorità giudiziaria ed altresì dal Servizio sociale».

Servizi sociali, affidi e genitorialità: qualcosa da chiarire» Un vademecum scritto dall’avvocato Francesco Miraglia, con l’associazione Peribimbi.it

Un opuscolo che si prefigge lo scopo di aiutare le famiglie e in particolare i genitori  a conoscere l’attuale, seppur imperfetto, ordinamento giuridico in materia di affidi, per  renderli maggiormente responsabili ed efficaci nella difesa del loro ruolo e nella protezione dei propri figli da potenziali abusi d’ufficio. Nasce con questo intento l’opuscolo «Servizi sociali, affidi e genitorialità: qualcosa da chiarire», scritto dall’avvocato Francesco Miraglia, con il contributo dell’avv. Katia Cristofori,  dell’Avv. Carmen Pino e dell’Avv. Marina Poppi e in collaborazione con la onlus Peribimbi.it, associazione di volontariato nata a Vignola (Modena) nel 2010, da allora impegnata nella difesa dei diritti dei bambini.

«I bambini sono in una posizione di svantaggio anagrafico rispetto all’adulto» spiega l’avvocato Miraglia «con apparente e minore abilità di tutelare il proprio campo d’azione e le proprie libertà. Ho imparato, a mie spese, che essere liberi, indipendenti e senza compromessi ha un prezzo da pagare, ma ne vale la pena. Non dobbiamo avere paura di essere liberi».

L’opuscolo illustra una panoramica degli articoli del Codice civile e del Codice penale che si occupano della tutela dei minori, insieme alle modalità e alle situazioni nei quali i Servizi sociali e il Tribunale intervengono in favore dei bambini.

Per rendere maggiormente comprensibile la materia giuridica, l’opuscolo è corredato da un glossario e dall’illustrazione di alcuni casi emblematici, di cui si è occupato lo stesso avvocato Miraglia.

« Ringrazio l’associazione Peribimbi.it, per aver collaborato alla stesura di questo opuscolo: esiste un solo bene, la conoscenza, e solo un male, l’ignoranza. Conoscere i propri diritti consente ad ognuno di sapersi difendere dalle ingiustizie: il diritto alla difesa è inviolabile, costituendo il fulcro di ogni sistema democratico».

 

Padre accusato di molestie; prosciolto: i figli però non gli vengono restituiti

Avvocato Miraglia: «Ennesimo caso di adozione mascherata?»

(16 Ottobre 2020). Bambini sottratti a genitori fragili o stranieri, per ingrossare i conti correnti di chi opera nel sistema dell’accoglienza dei minori oppure affidati a coppie prive di figli, come vere e proprie adozioni mascherate da affidamento. L’avvocato Francesco Miraglia, esperto di diritto minorile, da anni pone l’attenzione sul fenomeno, forte della casistica che lui stesso ha seguito nel corso degli anni, che fa pensare a come ci sia quasi un sistema dietro al ripetersi delle inspiegabili e immotivate decisioni adottate dai Servizi sociali e dai Tribunali dei minorenni, quando allontanano per anni dei bambini da famiglie senza problemi. L’ultimo caso accade a Modena ad una coppia di origine africana, alla quale non vengono restituiti i figli, pur non presentando problemi. «Tutto comincia quando alla figlia maggiore vengono riscontate delle irritazioni alle parti intime» racconta l’avvocato Miraglia, che segue la coppia, «pertanto parte la segnalazione e viene aperto un fascicolo contro il padre per presunti abusi sessuali. Viene svolto l’incidente probatorio, ma nel frattempo alla bambina viene diagnostico un problema esclusivamente di natura medica, che infatti si risolve rapidamente con una cura a base di antibiotico. La bambina era stata allontanata da casa e trasferita in una comunità, insieme – e qui non si capisce perché – al fratello, sul quale mai si erano riscontrati problemi, segni, abusi di sorta. Ammesso che sia stato fatto in maniera precauzionale, adesso che il padre è stato chiaramente e inconfutabilmente dimostrato essere innocente, perché i bambini non tornano a casa?». Ma cosa ancora più incredibile, questi genitori vengono giudicati come pessimi nei confronti dei primi due figli, mentre la più piccola continua ad abitare con loro e nessuno ha mai messo in discussione la loro capacità genitoriale con lei. Che cosa c’è sotto?  prosegue l‘avvocato Miraglia, «ma soprattutto mi chiedo perché i Tribunali, una volta aperti i fascicoli, non si prendano la briga di chiuderli. Restano aperti all’infinito, lasciando in un limbo le famiglie, ma soprattutto i bambini lontani da casa e dai loro genitori, con gli inevitabili traumi psicologici ai quali, pare, nessuno dia peso. Mi domando: i giudici si ricordano che, svolte le indagini, devono assumere una decisione, chiudere i fascicoli e concludere le vicende? Dobbiamo ricordarglielo noi come funziona il sistema?».

Visto che questa coppia, anche dalle relazioni degli assistenti sociali, non mostra particolari problemi, è ora che i due bambini tornino a casa al più presto, per evitare loro ulteriori traumi.

Pavia: bimbo allontanato da casa con la forza

Portato via allo zio da otto carabinieri armati, un’assistente sociale, con fuori ad attendere un mezzo dei vigili del fuoco e un’ambulanza.  L’avvocato Miraglia: «Un dispiegamento di forze così non si usa neanche con i criminali più pericolosi». (PAVIA, 16 Ottobre 2020). Che colpa potrà mai avere un bimbo di appena sei anni per venire prelevato a forza da casa dello zio, dove viveva dopo la morte della madre, da una “task force” composta da otto carabinieri armati, un’assistente sociale, con fuori ad attendere un mezzo dei vigili del fuoco e un’ambulanza. Quanto bisogna essere crudeli per spaventare e traumatizzare così un bambino, che ha già sofferto la perdita più grande, prelevato da un dispiegamento di forze che non si usa neanche con i criminali più pericolosi, allontanato da tutto ciò che conosce e che ama, senza nemmeno uno dei suoi peluche con cui fare la nanna. È questa la giustizia? È questa la tutela dei minori? «Se così fosse, ci sarebbe qualcosa da rivedere e molto su cui fare chiarezza» commenta l’avvocato Francesco Miraglia, al quale lo zio di “Lorenzo” si è rivolto, per riavere con sé il nipotino. Dal 29 luglio, da quando con la forza glielo hanno strappato letteralmente dalle braccia, non sa nemmeno che fine abbia fatto, dove lo abbiano portato, come stia. Quanto dovrà essere spaventato questo piccino? Era davvero necessario tutto questo?

Lorenzo ha sei anni e da un anno non ha più la mamma, morta a causa di una malattia. Il padre è sempre stato assente, pertanto viene affidato ai Servizi sociali, ma intanto abita con lo zio materno. È sereno, pulito ed educato, frequenta la scuola materna senza problemi. Ma un giorno i Servizi sociali decidono che lo zio non va bene, poco collaborativo lo definiscono. E si presentano alla porta di casa staccando innanzitutto la luce. Lorenzo sta guardando la televisione e trovandosi improvvisamente al buio si spaventa. La paura diventa terrore poco dopo, quando gli piombano in casa, oltre all’assistente sociale, pure otto carabinieri, armati e con addosso i giubbotti antiproiettile. Le sue urla disperate sono strazianti, li implora di non toccare lo zio, chiede loro per favore di non portarlo via. Invece gli fanno mettere due mutandine e un paio di pantaloni in un sacchetto di plastica e lo portano via da tutto il suo mondo, da tutti i suoi affetti. «Un episodio terribile» prosegue l’avvocato Miraglia, «che si profila come abuso di potere e violenza privata e di questo dovranno rispondere le assistenti sociali e il sindaco. Ma ci sono altri risvolti poco chiari in questa vicenda e di cui chiediamo conto. Uno dei giudici onorari che si occupano della vicenda pare faccia parte di un’associazione che forma i genitori: chiediamo se per caso non abbia formato la coppia che vorrebbe adottare Lorenzo. Un altro giudice onorario lavorerebbe, invece, in alcune cooperative che si occupano di bambini: ha mai avuto a che fare con la casa famiglia dove si trova il bambino?». Che partita si sta giocando sulla pelle di questo bambino? Serve urgentemente chiarezza e la verifica che non via sia alcun conflitto di interesse tra coloro che sono chiamati ad occuparsi al meglio di Lorenzo, ma che finora tutto hanno fatto tranne che il suo bene, traumatizzando inutilmente un bambino di appena sei anni, che solo pochi mesi fa ha subito la perdita della sua mamma

Morte di Michele Dinoi: la madre si oppone all’archiviazione

 Se fosse vittima di una delle sfide mortali che girano tra i giovani sui social?

TARANTO (16 Ottobre 2020). La morte di Michele Dinoi non può rimanere senza un colpevole: il quale sicuramente c’è, come risulta dalla stessa autopsia. Pertanto la madre del giovane, trovato con la testa infilata tra le sbarre della ringhiera di casa e morto nel 2018, dopo sei mesi di coma, si oppone all’archiviazione e chiede di proseguire le indagini. Qualcuno sa, anzi, forse persino molto più di qualcuno, ma nessuno di questi è mai stato sentito dagli inquirenti. Perché? Eppure stando a messaggi e intercettazioni pare che Michele avesse un debito con un tale, che dopo il ritrovamento del ragazzo si sarebbe allontanato dalla città. «Dove si trovava quel giorno? E nei giorni successivi? Perché nessuno lo ha mai sentito?» si interroga l’avvocato Francesco Miraglia, al quale la madre di Michele si è rivolta per ottenere giustizia per il proprio figlio. «Le indagini non sono state condotte in maniera approfondita eppure, guardando i referti, noi qualcosa che merita di essere approfondita l’abbiamo trovata, prima tra tutte la recente iscrizione di Michele ad un gioco su un canale social. Apparentemente innocuo, ma chi può dirlo se nessuno si è mai preso la briga di verificare? Sarebbe possibile che Michele sia stato vittima di una di quelle sfide mortali, purtroppo assai in voga tra i giovani, che circolano tramite social media. Se quella dell’asfissia fosse stata la prova di ingresso di un subdolo e violento gioco? Queste sono le domande che poniamo al Pubblico ministero richiedendo, su autorizzazione del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, l’integrazione delle indagini rivolte ad esaminare questi messaggi audio, i file, il gioco e i soggetti coinvolti».

Fermo restando che potrebbe trattarsi di omicidio: un nome spunta da più parti, per un debito che Michele avrebbe avuto con lui. È venuto il tempo di interrogare costui: Michele è morto a soli 18 anni, con tutta la vita davanti, e merita di avere giustizia

Mamma Veronese denuncia il cibo scaduto nella casa famiglia in cui vivono i suoi figli

Mamma Veronese denuncia il cibo scaduto nella casa di famiglia in cui vivono i suoi figli, dopo quasi un anno potrà riaverli con sé.
Verona (13 Agosto 2020). Aveva denunciato la presenza di cibo marcio e scaduto nella casa famiglia veronese in cui era alloggiata insieme ai suoi tre figli. E da allora i bambini sono stati allontanati da lei, quasi per ripicca o per vendetta, dai Servizi sociali di Verona e da nove mesi oramai vivono soli in comunità senza di lei. La donna non si era data per vinta e aveva combattuto per riaverli con sé e finalmente dopo mesi arriva una buona notizia: il Tribunale dei minorenni di Venezia ha concesso ai bambini di tornare a casa, anche se in maniera graduale.

Con la supervisione dei Servizi sociali, la piccina di due anni tornerà subito da mamma e papà, mentre i suoi fratellini più grandi torneranno dapprima per i fine settimana, poi, se le cose andranno bene, torneranno definitivamente a casa. Purtroppo i mesi in comunità, lontani dai genitori e dagli amici, hanno lasciato il segno: il bimbo più grande mostra un certo disagio psicologico, il fratello ha problemi di linguaggio, la piccolina necessita di sedute di psicomotricità.

«Perché infliggere tanta sofferenza a dei bambini, se poi lo stesso Tribunale dei minorenni ha ammesso che stanno meglio con i propri genitori e ha permesso il loro rientro a casa?» domanda l’avvocato Francesco Miraglia, legale dei genitori. «Questo è il classico caso in cui i genitori non devono essere giudicati dai Servizi sociali, bensì sostenuti e aiutati.

E lo dimostra questa famiglia: nel momento in cui i genitori sono stati sostenuti, e si sono sentiti supportati e non giudicati le cose sono migliorare, addirittura con il rientro dei bambini a casa.

Gli assistenti sociali che stanno seguendo la famiglia in questo momento hanno dimostrato la volontà di volerla aiutare veramente, mentre chi si occupava di loro prima, ha voluto punire la madre, allontanandole i bambini, solo per aver denunciato la presenza di cibo marcio e scaduto nella casa famiglia in cui alloggiavano. Felici ora di veder tornare questa famiglia alla normalità, ci si interroga, però, se quegli assistenti sociali, che hanno determinato l’allontanamento dei tre bambini, pagheranno mai per l’ingiustizia che hanno commesso e le sofferenze che hanno inflitto loro. Continueranno ad occuparsi di bambini e di casi così delicati o saranno magari trasferiti in un ufficio a timbrare documenti?».
La vicenda è seguita, in qualità di Consulente Tecnico Forense, anche dalla Prof.ssa Vincenza Palmieri, presidente dell’Istituto nazionale di pedagogia familiare, che ha dichiarato: « Le famiglie possono attraversare momenti difficili ma la soluzione non è mai la disgregazione, che produce, come ho dimostrato in tantissimi casi, danni a volte irreversibili, catastroficamente maggiori rispetto ai “rischi psicoevolutivi IPOTETICI” che si vorrebbero evitare. Servono invece: analisi oggettiva, difesa coraggiosa adeguata progettazione pedagogico-familiare personalizzata. I bambini e gli stessi genitori sono stati sottoposti ad uno stato di tortura continuata quando avrebbero potuto ricevere un vero sostegno genitoriale fatto di azioni e programma e non di “infiniti racconti”. L’idea corretta, per questa famiglia, avrebbe potuto essere “AIUTIAMOLI A CASA LORO”. Lo faremo, a partire da ora, nella ricomposizione  di questo bellissimo nucleo »

E chi ha sbagliato, è il caso che incominci a saldare i conti.