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Torino: bimbo iperattivo “sequestrato” dalla comunità terapeutica

Non va nemmeno a scuola. Avvocato Miraglia: «Non è degno di un sistema democratico quello che sta accadendo a questo bimbo»

TORINO (30 Novembre 2021). Un bambino di nove anni che abita nel Torinese vive “sequestrato” dalla comunità terapeutica nella quale è stato confinato due anni fa per una sorta di “ripicca” nei confronti della madre, che si era lamentata con la scuola che all’epoca il bimbo frequentava, incapace di gestire la sua iperattività. Invece di fornire un supporto alla famiglia, il Tribunale Per i Minorenni del Piemonte e Valle d’Aosta ha confinato il bimbo dentro la comunità terapeutica, da cui non esce nemmeno per andare a scuola. Non vede nessuno, nemmeno la mamma. E viene regolarmente sedato con i farmaci. «È un manicomio per bambini mascherato???» commenta l’avvocato Miraglia, al quale la madre del bimbo si è rivolta. Tra l’altro è stata denunciata perché protesta contro quella comunità lager che impedisce persino al professionista incaricato dal Tribunale di redigere una Ctu, valutando il bambino e il suo rapporto con la mamma. La psicologa responsabile della struttura terapeutica, infatti, impedisce al professionista di eseguire un esame obiettivo, dal momento che gli vieta perentoriamente di vedere il bimbo fuori dal contesto della comunità, dalla quale il ragazzino è fortemente condizionato.

«In pratica questo bambino vive sotto sequestro – prosegue l’avvocato Miraglia – . È sedato costantemente, è ingrassato, non sta frequentando alcuna scuola ed è regredito nel comportamento e nel linguaggio. Come lui stesso ammette, lì dentro si trova male ed è sempre triste. La madre non lo può incontrare da parecchi mesi ed è pure stata denunciata solo perché protesta contro la struttura e il trattamento riservato a suo figlio, che avrà certamente necessità di cure, ma soprattutto di avere vicino la sua mamma». A questo punto oltre all’abuso di potere, avendo assunto decisioni arbitrarie nei suoi confronti che esulano dai provvedimenti emanati dal Giudice, per la comunità potrebbe profilarsi pure il reato di sequestro di persona: sarà la Procura a valutarlo. «Nel frattempo – conclude l’avvocato Miraglia – invitiamo il Tribunale ad occuparsi di questo caso, dal momento che tutto questo sta accadendo nel silenzio più totale dell’istituzione giudiziaria».

 

 

 

 

Cittanova Marche: dopo circa un anno e mezzo madre e figlia si riabbracciano

Era il 10 agosto 2020, quando una bambina veniva tolta alla madre dal Tribunale e condotta in comunità. Oggi, finalmente, madre e figlia si sono riabbracciate.

Questo è  il risultato dell’amore di una madre e del buonsenso della professionista  del Consultorio di Macerata che si sta occupando del caso.

Questo è solo un primo passo.

La battaglia continua.

Reggio Emilia: Processo Angeli e Demoni

Tribunale di Reggio Emilia: condannato a 4 anni lo psicoterapeuta Foti; 17 imputati rinviati a giudizio. Orgoglioso di essere considerato il ” grande accusatore” del sistema degli affidi illeciti. Sarà ancora un raffreddore???

Reggio Emilia: dopo nove anni genitori riabbracciano il figlio a casa propria

Avvocato Miraglia: “Ennesima prova che a Bibbiano era stato orchestrato un vero sistema illecito per allontanare i bambini”

Reggio Emilia (9 Novembre 2021). Sono quasi nove anni che una famiglia, originaria della Val d’Enza, vive lontana dal proprio figlio, strappatole dai Servizi sociali quando non aveva nemmeno due anni. Un periodo lunghissimo durante il quale i Servizi sociali non hanno mai provveduto a rivalutare il caso e si sono ben guardati dall’avviare un percorso di sostegno genitoriale per il progressivo rientro del bambino in seno alla propria famiglia di origine, come prescrive la legge. L’affidamento etero-familiare, infatti, deve avere carattere temporaneo finché la famiglia di origine non si dimostra in grado di poter assolvere al proprio ruolo genitoriale. Quando i genitori di questo bimbo, dagli articoli sui media, hanno scoperto che una delle assistenti sociali che li aveva seguiti è coinvolta nell’indagine “Angeli e demoni”, hanno capito di essere vittime del medesimo, perverso sistema. Si sono affidati pertanto all’avvocato Miraglia e tre giorni fa hanno ottenuto dal Tribunale per i minorenni di Bologna di riavere con sé, per il momento nei fine settimana, il loro bambino e di avviare un percorso di osservazione al fine di farlo rientrare in famiglia. «Ennesima dimostrazione che a Bibbiano era stato orchestrato un sistema sulla pelle dei bambini per allontanarli dalle famiglie di origine» rivela l’avvocato Miraglia,

Come in decine di altri casi i Servizi sociali erano intervenuti quando la coppia aveva avuto dei problemi economici con conseguente sfratto dalla loro abitazione. Sulla base di un’unica relazione dei Servizi sociali il Tribunale per i minorenni di Bologna aveva stabilito l’affidamento del piccolo, che all’epoca non aveva nemmeno due anni, al Comune di Bibbiano e il suo collocamento presso un’altra famiglia, dove è rimasto tutti questi anni perché del suo caso non si è occupato più nessuno: nessuno infatti ha rivalutato i genitori, né ha avviato un percorso di riavvicinamento al figlio. Per tutto questo tempo genitori e figlio si sono potuti incontrare soltanto ogni due mesi nel corso di incontri protetti: di fatto questa coppia si è persa molte tappe fondamentali della vita e della crescita del loro bambino e tutto questo senza motivo, poiché è stato ora chiaramente stabilito che sono genitori amorevoli e economicamente indipendenti.

«E guarda caso le tre operatrici dei Servizi sociali che si sono occupate di questo caso sono coinvolte nell’inchiesta “Angeli e demoni”» prosegue l’avvocato Miraglia «e risultano imputate dinnanzi al Tribunale di Reggio Emilia per vari reati  È l’ennesima riprova che Bibbiano non è un semplice “raffreddore”, come qualcuno ha avuto modo di dire, ma una un’intera pandemia! È chiaro che sia stato orchestrato un vero e proprio sistema, che coinvolge molto più dei nove casi inseriti nell’inchiesta “Angeli e demoni”, come noi abbiamo sempre sostenuto, e sui quali continuiamo a ritenere sia necessario far luce. Questa decisione smentisce totalmente chi, per conto del Tribunale per i minorenni, ha affermato che tutti i casi giacenti fossero stati esaminati e non fossero emerse irregolarità: forse è stato troppo frettoloso nell’esprimersi oppure non sapeva di cosa stesse parlando, perché continuano ad emergere casi sempre nuovi. Noi continueremo la nostra battaglia a tutela dei bambini  e dei loro genitori senza alcun timore  e ringraziamo il Comitato “Angeli & Demoni  #unitiperibambini”, che ha sostenuto i genitori  di questo bimbo e tanti altri genitori finiti loro malgrado nella rete di questo sistema».

 

Reggio Calabria: servizi sociali disattendono le disposizioni del Tribunale

Da mesi un padre non vede il proprio figlio. Avvocato Miraglia: «Ma a chi deve rivolgersi quest’uomo se non all’autorità giudiziaria: a Papa Francesco?».
REGGIO CALABRIA (29 Ottobre 2021). «A Reggio Calabria siamo di fronte a un caso Bibbiano 2.0» dichiara l’avvocato  Miraglia. Il sistema “difettoso” degli allontanamenti dei minori dalle famiglie a Reggio Calabria ha assunto una piega particolare, quasi un’evoluzione di quanto recentemente emerso a Bibbiano, con episodi in tutto analoghi nel resto d’Italia: i Servizi sociali disattendono nel caso specifico da più di un anno, l’applicazione dei provvedimenti emanati dai tribunali – e questo purtroppo è un déjà vu  – ma qui siamo di fronte a un tribunale che nemmeno controlla, che passa tutto sotto silenzio nell’indifferenza più totale, che non si prende minimamente la briga di verificare se qualcuno applichi disposizioni e sentenze. A fare le spese di questo sistema è un uomo di Reggio Calabria, da mesi impossibilitato a vedere il suo bambino, nonostante il Tribunale per i minorenni abbia stabilito che possa incontrare il figlioletto.

La madre del piccolo si rifiuta di farglielo vedere, per tutta una serie di circostanze che comprendono anche la sua instabilità dovuta ad assunzione di sostanze alteranti: ma un comportamento conflittuale tra i genitori lo ci si può aspettare nelle separazioni e appunto per questo i Servizi sociali sono nominati e autorizzati ad intervenire, a verificare che i minori non soffrano e, laddove siano presenti dei provvedimenti emanati dal Tribunali, assicurarsi che questi vengano rispettati. «Non è così a Reggio Calabria» prosegue l’avvocato Miraglia, «dove non solo i Servizi sociali non applicano le disposizioni dei giudici, ma nemmeno il tribunale stesso si preoccupa di verificare se, una volta emanata una sentenza, questa venga o meno osservata. E a nulla serve presentare i ricorsi: restano immancabilmente lettera morta.  I Servizi sociali agiscono di propria iniziativa e nessuno controlla.  Ma a chi ci si dovrebbe rivolgere per ottenere giustizia, se non alla magistratura?  Forse al Papa? Se così fosse, ci appelleremo al Santo Padre. Intanto è stata presentata una denuncia-querela sia nei confronti del responsabile dei servizi sociali nonché della stessa assistente sociale referente del caso per mancata ottemperanza dell’ordine del giudice e lesioni personali.

“Dall’altro canto ci si auspica un intervento urgente del Presidente del Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabra per fare chiarezza sulla vicenda e ribadire che i provvedimenti dell’autorità giudiziaria nel nostro paese hanno un senso, conclude l’Avv. Miraglia.

 

Ancona: anziana benestante rinchiusa a forza in una RSA

Avvocato Miraglia: “Un altro caso Gilardi di Lecco”. ANCONA (27 Ottobre 2021). Siamo di fonte a un nuovo business: persone benestanti, soprattutto anziani, vengono rinchiusi a forza in case di riposo dai loro amministratori di sostegno affiancati ed appoggiati dal Sistema Tribunale Tutelare, con il benestare dell’Autorità Giudiziaria competente, che ne controllano il patrimonio, evitando di effettuare accertamenti e controlli.

Un caso era emerso l’anno scorso in provincia di Lecco, grazie a un servizio televisivo che aveva raccontato la vicenda accaduta al professore novantenne Carlo Gilardi, ricco benefattore che l’amministratore di sostegno ha rinchiuso in una casa di riposo, privandolo della propria libertà e della possibilità di ricevere visite da chiunque. Un caso che ha indignato il Paese, ma che purtroppo non è l’unico, tutt’altro: pare ormai diventato un business ed episodi analoghi stanno emergendo in tutta Italia. «Quello di Lecco non è il caso singolo» rivela l’avvocato Miraglia, «poiché conosciamo direttamente episodi analoghi avvenuti ad Ancona, Parma, Roma, Ferrara, e Perugia. Siamo di fronte a un nuovo business, che sostituirà, anzi si è da tempo sovrapposto ne siamo certi a quello legato alle case-famiglia e ai minori con l’unica differenza che mentre per presunzione di età i minori hanno ancora qualcuno che si preoccupi per loro gli anziani molte volte abbandonati o rimasti soli non hanno alcuno che li possa proteggere o che possa lottare per loro»

Un caso emblematico, è quanto sta accadendo a una donna di 84 anni che risiede in provincia di Ancona: problemi di natura psichiatrica, tenuti dalla stessa nascosti anni addietro, forse per vergogna, occultando le refertazioni mediche e prescrizioni farmaceutiche, che una volta ritrovati ed a conferma delle evidenze riscontrate, avevano convinto il figlio unico a chiedere per lei un amministratore di sostegno alla quale richiesta era sopraggiunta la dovuta nomina dello stesso figlio da parte del Giudice Tutelare.l

Qui entrano in gioco i servizi sociali, i quali, pur di dimostrare la loro “Operosità” iniziarono a promuovere una vera e propria battaglia diffamatoria allo scopo di demolire la figura del Figlio Amministratore  tanto che la stessa nomina veniva revocata dal Giudice Tutelare a favore di un professionista esterno-

Oggi le condizioni di questa signora  sono precarie, le sue facoltà mentali sono compromesse dall’inattività, dalla mancanza di cure e dai farmaci. Al figlio, che la voleva invece a casa con sé, non è nemmeno permesso di vederla, di andare a trovarla.  Allo stesso è vietato  in ogni modo  di controllare e verificare i conti bancari nonchè le proprietà della mamma, titolare di un patrimonio assai cospicuo,

E’ stato presentato un nuovo ricorso di revoca al giudice tutelare» prosegue l’avvocato Miraglia che da poco ha ricevuto il mandato dal figlio, «e a breve verrà depositata una querela correlata di foto, video e documenti che dimostrano quanto di grave sta succedendo sulla pelle di questa povera “nonna”:

Alla luce dei fatti informeremo anche il Consiglio superiore della magistratura e la Procura generale affinché venga, anche, valutata la condotta del giudice, visto che in precedenza le sono stati presentati varie richieste dal figlio senza avere riscontro come se la vicenda della signora fosse una cosa privata.

“A questo punto, informeremo anche  il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, affinché  si intervenga a porre fine a questo nuovo business, che priva le persone della propria libertà personale con il benestare dell’Autorità competenti, conclude l’avv. Miraglia

“L’avvocato dei bambini. Troppo potere senza controllo: ecco come si costruiscono i falsi abusi familiari e gli affidi illeciti”

L’avvocato dei bambini. Troppo potere senza controllo: ecco come si costruiscono i falsi abusi familiari e gli affidi illeciti” di Francesco Miraglia.
Con la Presentazione di Francesco Morcavallo, Prefazione di Vincenza Palmieri, Postfazione Raffaella Regoli a breve in tutte le librerie.

Francesco Miraglia, ci accompagna per mano in un viaggio, dentro la distorsione di un sistema che in nome dei “diritti inviolabili” dei bambini, ha partorito un mostro. “I casi in cui bisogna intervenire con urgenza per prelevare un minore dalla propria famiglia, devono essere l’extrema ratio. Oggi avviene esattamente il contrario violando i diritti dei bambini e delle loro famiglie. Tutto ciò con il tacito assenso delle Autorità preposte”

 

Francesco Miraglia – Il ruolo delle Relazioni degli Operatori Sociali e la Funzione del Magistrato

– Dr. Miraglia, parliamo di un tema piuttosto delicato, quello delle Relazioni e delle valutazioni che vengono portate all’attenzione di un Giudice in un’aula di Tribunale, concernenti perizie che poi possono determinare sentenze di allontanamento familiare. Quali sono le principali zone d’ombra di questo settore?

“Mi occupo di diritto di famiglia e dei minori da ormai più di venti anni; nel tempo ho incontrato centinaia e centinaia di genitori e la domanda più comune, spesso rivolta con paura e timore, è sempre la stessa: ‘Ma non è che poi i Servizi Sociali mi portano via mio figlio?’. I casi di cronaca che a vario titolo coinvolgono i minori allontanati dalle famiglie, di frequente vengono raccontati come episodi isolati, talvolta addirittura strumentalizzati per semplici interessi politici, ma non sono altro – secondo il mio parere – che la rappresentazione di un vero e proprio sistema caratterizzato da poteri politici ed economici. Bisognerebbe che nessuno dimenticasse che quel sacrosanto principio del diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia, costituisce uno dei capisaldi del nostro ordinamento; basti tener conto dell’Art. 1 della Legge 184/83 dedicata all’adozione. Solo in casi particolari ed eccezionali, quali bambini maltrattati o vittime di abusi, sono giustificabili percorsi di protezione offerti addirittura da una famiglia diversa da quella naturale. Seppur consolidato il principio secondo il quale l’allontanamento deve essere di carattere eccezionale, è diventato di moda l’allontanamento di un bambino anche per futili motivi. E a decidere dell’allontanamento di un minore dalla sua famiglia e, quindi, del suo collocamento in ambito etero-familiare, non sono, però, i Servizi Sociali, bensì l’Autorità giudiziaria”. 

– Nella Sua esperienza, com’è possibile garantire che perizie e consulenze si ispirino a principi etici, e dunque contribuiscano a salvaguardare non solo legalità e verità, ma soprattutto i Diritti stessi del bambino? E qual è in tutto questo il ruolo del Magistrato?

“Il diritto del minore alla sua famiglia deve essere centrale, diversamente la situazione va accertata in concreto, caso per caso, rinunciando alla presunzione di dedurlo da principi o teorie astratte. Bisogna capire, insomma, come sta quel minore dentro a quella specifica famiglia, quali sono le risorse in gioco, i limiti invalicabili e quelli che, all’opposto, con interventi mirati, possono benissimo essere rimossi. I Servizi non possono affatto ‘portare via i bambini alle famiglie’: di fatto però determinano la decisione del Tribunale in tal senso. E nella maggior parte dei casi i minori rimangono vittime di un sistema lento ed inefficiente, che invece dovrebbe tutelarli. È chiaro allora il ruolo cardine del Giudice, anche nella Giustizia minorile: il Giudice è colui al quale, piaccia o no, è affidato lo specialissimo compito di applicare le leggi in piena autonomia e indipendenza da ogni potere politico ed economico. Non è accettabile che un provvedimento di un Tribunale o di un ricorso della Procura della Repubblica non sia altro che il riportare il contenuto di una relazione o addirittura le argomentazioni di una consulenza tecnica”.

– Effettivamente spesso Lei nel parlare di Consulenti e CTP ha sottolineato alcune questioni centrali legate al tema della responsabilità e della necessità di evitare eventuali conflitti d’interesse. Cosa c’è che non va? Secondo Lei il sistema ha bisogno di riforme?

“Le questioni sono tante, e in questo senso il titolo di questo Convegno è emblematico: conflitti d’interesse, superficialità, pressapochismo, poteri politici ed economici spesso determinano non solo la giustizia dei grandi, ma soprattutto dei bambini. Case-famiglie, affidamenti illeciti, soldi – tanti soldi! – relazioni soggettive, consulenti di fiducia di questo o di quel giudice, adozioni mascherate. Ecco perché, lo ribadisco, è quanto mai essenziale l’indipendenza del magistrato: un’indipendenza che non è solo nella propria coscienza, nella libertà morale e nella fedeltà ai principi, ma anche nella trasparenza della propria condotta anche fuori dal suo ufficio. Il giudice, infatti, una volta adempiuto con coscienza e scrupolo ai propri doveri professionali, deve offrire di se stesso l’immagine di una persona seria, equilibrata e responsabile; l’immagine di un uomo capace di decidere e di capire. Solo così può essere accettato dalla società. Questo e solo questo è il giudice che in ogni tempo, se apparirà sempre libero e indipendente, si mostrerà degno della sua funzione: se si manterrà integro ed imparziale non tradirà mai il suo mandato”.

– La formazione dei professionisti del settore è dunque un aspetto quanto mai essenziale. L’INPEF propone dei percorsi mirati rivolti a tutti coloro che vogliono intraprendere la professione di Perito, Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) e Consulente Tecnico di Parte (CTP): a Suo avviso, quali sono gli elementi da non trascurare per preparare gli allievi in maniera esperta e competente, e come si traducono nell’esperienza dei Master e dei Corsi dell’Istituto?

“L’aggiornamento professionale è un elemento di fondamentale importanza per tutte le professioni. La formazione, la preparazione, la conoscenza, sono presupposti imprescindibili non solo per essere in grado di affrontare con sicurezza i tanti e diversi problemi derivanti da dinamiche familiari e rapporti interpersonali sempre più complessi, ma soprattutto per contribuire ad evitare casi – come continuo a chiamarli – di mala giustizia, caratterizzati da superficialità, pressapochismo e tanta approssimazione. Penso che oggi l’INPEF sia oramai un’eccellenza nel nostro panorama nazionale della formazione, della cultura e delle competenze, che garantisce – mediante i suoi percorsi formativi altamente strutturati e completi – la capacità di apprendere nuove conoscenze e di aggiornare costantemente le competenze, riuscendo a trasmettere quel sapere in tutti quei contesti in cui il professionista è chiamato ad intervenire. Secondo il mio punto di vista, non bisogna assolutamente mai trascurare l’aspetto pratico della formazione, la metodologia e la specificità: è un valore non solo per il professionista, ma anche per tutte le persone assistite”.

Bimba violentata in una comunità in provincia di Roma: il Giudice prende tempo

Intanto in comunità viene isolata e additata come “infame” per aver causato l’allontanamento del violentatore. (ROMA, 15 Settembre 2021). «Temiamo per la sua sicurezza: il giudice la tiri fuori da lì»: l’avvocato Miraglia, facendosi portavoce della madre della dodicenne violentata in una comunità romana, non usa mezzi termini e invita il Tribunale per i minorenni di Roma ad intervenire tempestivamente. Il giudice, invece, pare non nutrire la medesima preoccupazione: ha infatti convocato l’udienza per fare chiarezza sulla vicenda tra ben due mesi, il prossimo 10 novembre.
Nel frattempo la dodicenne, che ha avuto ripetuti rapporti con un quindicenne, ospite anch’egli della medesima comunità, si trova in un concreto stato di pericolo: mentre il giovane è stato allontanato, lei è rimasta nella struttura, dove è additata come “infame” e “spia”, e viene isolata dalle altre compagne.
«E’ in pericolo» prosegue l’avvocato Miraglia, «sia perché in comunità a quanto pare, non esiste il controllo stretto e può accadere che un quindicenne abusi ripetutamente di una bambina di 12 anni, ma anche perché, emersa la storia, il ragazzo è stato allontanato e le compagne della ragazzina la accusano di questo: l’hanno isolata trattandola da spia».

Ma perché il gruppo di amichetti oggi la disapprova perchè ha fatto venire alla luce questo fatto?

Perché, secondo le altre ragazzine, la piccola avrebbe dovuto tacere?

Come mai il gruppo ritiene che questa cosa dovesse rimanere nascosta?

“In genere gli omertosi colludono con il “reato” essendone complici, informati o attori” sostiene Il Consulente Tecnico della madre, Prof.ssa Vincenza Palmieri, presidente dell’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare, che segue con attenzione la vicenda e commenta:” Cosa altro potrebbe essere tenuto nascosto oltre all’abuso della piccola?

Se per le amichette, questo non si doveva sapere e si schierano con il quindicenne, è facile temere che per il gruppo delle bambine sia un fatto normale fare sesso in quel contesto e che questo debba rimanere nascosto. Ed è anche vero che se le indagini non sono più che celeri, le dinamiche interne, come in ogni Istituzione Totale, saranno così resettate che ogni verifica sarà prima passata attraverso una riprogrammazione, mediazione, condizionamento del gruppo, sia dei pari che degli adulti. Rendendo irrintracciabile la verità!”

Cosa succede quindi in quella comunità e perché il giudice, appresa la grave vicenda, temporeggia tanto? Perché nonostante le ripetute denunce nessuno interviene e l’unica ad essere punita è la madre, tenuta lontana dai figli? Mentre il padre pubblica su Facebook le foto recenti fatte con la bambina ed il fratellino, esponendoli a morbose curiosità?

La ragazzina viene lasciata chiaramente in una situazione di pericolo. Ci domandiamo come mai la tutrice, invece di preoccuparsi di mettere al sicuro la ragazzina che il tribunale le ha affidato, minimizza la vicenda poiché la bambina sarebbe stata “consenziente”.
«Eravamo già preoccupati e fin dal maggio del 2020 contestavamo la collocazione dei due fratelli in questa comunità» conclude l’avvocato Miraglia, «quando depositammo in tribunale prove corpose della fatiscenza della struttura, del cibo avariato, della sporcizia, dei bagni inadeguati. Qualcuno all’epoca era intervenuto? Perché in caso contrario qualcuno dovrà rispondere anche di questo. L’unico provvedimento certo è che da allora alla madre sono stati sospesi gli incontri con i figli».
Oltre ad intervenire tempestivamente, andrebbero indagati i rapporti che intercorrono tra tribunale, tutrice e operatori della comunità.

Velletri: bimbo strumentalizzato dal padre, rifiuta la madre

Il tribunale si disinteressa di lui

(VELLETRI, 10 Settembre 2021). C’è un bambino che rifiuta di vedere la mamma, separata dal padre: lei non gli ha fatto nulla eppure la rifiuta con astio. Ha soltanto 11 anni, ma non vuole stare con lei, la maltratta, se si vedono scappa dopo pochi minuti, al telefono le urla di sparire. È chiaro che il bambino, che vive con il padre per ordine del tribunale, non è arrivato da solo a scatenare questa forma di rifiuto verso di lei, ma è con tutta probabilità strumentalizzato dal genitore contro la mamma. Eppure, nonostante i comportamenti conclamati, che evidentemente dimostrano un disagio profondo di cui soffre questo bambino, il tribunale di Velletri, dove il ragazzino vive, non prende alcun provvedimento, non esamina il caso, non approfondisce le cause del suo malessere, non interviene in suo aiuto. Si limita ad ignorare il caso e a lasciare il bambino nell’angoscia.

Si tratta di un bambino di appena 11 anni, che esprime un’avversione nei confronti della madre del tutto incomprensibile ed ingiustificabile, attuando comportamenti intransigenti nei suoi confronti. Ha ingaggiato quasi una campagna denigratoria nei confronti della mamma, arrivando persino ad affermare “spero di non vederla più!”. «Manifestiamo pubblicamente la nostra preoccupazione» dichiara l’avvocato Miraglia, al quale la madre si è rivolta, temendo per la serenità del suo bambino, «perché è chiaro che questo ragazzino vive un disagio. Eppure, nonostante le prove, il tribunale non prende nessuna posizione. Anzi, poiché il ragazzino rifiuta di vedere la madre, il tribunale ha accettato la sua decisione, nonostante abbia solo 11 anni, e da un anno e mezzo ha sospeso gli incontri con lei. Troviamo vergognoso che il tribunale faccia finta di niente e faccia passare tutto sotto silenzio, che trovi normale che un bambino rifiuti la madre, senza indagare sulle motivazioni che lo spingono a respingerla con tanto astio, senza verificare come stia realmente questo ragazzino e cosa motivi questa ingiustificata opposizione, senza, tra l’altro, preoccuparsi di avviare un percorso di aiuto e sostegno per lui».

Sconcerta infatti che, anziché avviare un percorso che ricongiunga madre e figlio e rassereni i loro animi, il tribunale abbia di punto in bianco sospeso i loro incontri, peggiorando la situazione: la madre, infatti, non lo vede né lo sente da un anno e mezzo, non sa come stia, come vada a scuola. Nulla. «Ma siamo o no in uno Stato di diritto, che garantisca anche alla madre di vedere suo figlio?» prosegue l’avvocato Miraglia. «Abbiamo assistito in altre situazioni a bambini che vengono allontanati da genitori per motivazioni molto più blande e invece qui, dove è assai probabile che il padre stia strumentalizzando il bambino, si passa tutto sotto silenzio, fingendo di non sapere, ignorando le numerose prove depositate».

Chiamata in causa dalla madre, la Professoressa Vincenza Palmieri, nota Tecnico Forense, ha esaminato la documentazione relativa, ed ha rilevato oltre allo svolgimento della CTU e della testistica effettuati a ridosso del parto con minacce di aborto certificate e durante il puerpuerio, come sia anche in atto un condizionamento da parte del padre verso il bambino fino a farle percepire la madre negativamente e a rifiutarla. Quali sono le prove scientifiche per asserire questo? La Professoressa Palmieri sostiene che:

“La risposta è proprio nella PLATEALITA’ DEL RIFIUTO E NELLA DRAMMATIZZAZIONE che il bambino ha agito pubblicamente. Un bambino che rifiuta un genitore, verso cui l’altro comunque svolge un’azione educativa e di accettazione del genitore rifiutato, lo fa a bassa voce, a mono sillabe, quasi vergognandosi. In questo caso: se il padre avesse svolto un’azione educativa e non ostacolante l’accesso all’altro genitore, il bambino avrebbe mantenuto la sua relazione con la madre, non avrebbe utilizzato motivazioni adultizzate tipo “mia madre mi da troppe caramelle” o il rifiuto non sarebbe stato così teatrale.

Il piccolo invece ha bisogno – o è costretto ad adeguarsi mostrandolo a tutti – come se recitasse su un palcoscenico il suo rifiuto DRAMMATIZZANDOLO. Il piccolo dunque ha posto in essere comportamenti di tipo oppositivo dovuti all’alleanza con il padre, che non ha mai nascosto disprezzo ed ostilità verso la madre, che assume una portata ancora più negativa dopo l’impossibilità di vedere la madre per quasi un anno, disposto acriticamente dalle Autorità, contro ogni sapere scientifico. Ciò che è inconcepibile – commenta Palmieri – è come le istituzioni ma anche i tecnici abbiano omesso di occuparsene, oscurando aspetti così gravi e soprattutto privando il bambino della madre, esponendolo ad un grave serio disagio evolutivo. E’ pertanto urgente rivedere le scelte ed aiutare questo bambino che sta chiedendo aiuto, ben oltre l’apparente ed immotivato rifiuto.”

La madre, quindi, tramite l’avvocato Miraglia, ha così presentato istanza urgente al Tribunale ordinario di Velletri, chiedendo l’immediata ripresa degli incontri con il figlio, di poterlo sentire al telefono almeno due volte a settimana così da partecipare alla sua vita in modo costante e continuativo, e che il giudice valuti quale sia il miglior collocamento per questo ragazzino.