Denuncia il marito orco: finisce lei in “prigione” . Madre veronese di quattro figli da due anni vive segregata in una comunità senza motivo
VERONA (29 maggio 2019). Rientrare a casa e trovare il proprio marito, padre dei tuoi figli, che sta abusando della tua figlia maggiore, nata da una precedente relazione. Cosa può esserci di più tremendo per una madre? La donna ovviamente ha denunciato il marito, arrestato immediatamente e condannato: ma da quel momento, accaduto tre anni fa ormai, la vita sua e quella dei suoi figli è crollata in pezzi. Siccome non lavorava, all’epoca i Servizi sociali si presero carico di lei e dei quattro figli, ospitandoli temporaneamente in una comunità della città in cui vivevano, Verona. Ma il tempo è passato e la donna non ha ancora potuto fare ritorno a casa propria, addirittura è stata allontanata dalla figlia maggiore e trasferita con i tre più piccoli in un’altra struttura, fatiscente, in provincia di Venezia. Perché? «Non è dato sapere» commenta l’avvocato Francesco Miraglia, legale della donna. «Per questo motivo ho chiesto un incontro con il sindaco di Verona: perché questa donna e i suoi tre figli, senza motivo apparente, da due anni vivono rinchiusi in un’unica stanza, con quattro letti e vestiti, libri e giocattoli accatastati, in una comunità in cui non è possibile avere un po’ di privacy, impossibilitati persino a vedere i loro familiari (nonni e zii) e persino la figlia maggiore, che ha subito violenza dal proprio patrigno e che avrebbe bisogno di stare con la madre invece che in una comunità da sola, lontana da lei. Questa donna e i suoi figli sono vittime, eppure i “carcerati” sono loro».
Di fatto la donna e i suoi tre figli minori vivono ai domiciliari, a spese dei contribuenti, tra l’altro senza che vi sia un reale motivo per il quale debbano alloggiare in una comunità. Nell’immediatezza dell’arresto dell’ex marito della donna era evidente che necessitava mettere in salvo i bambini e offrire a lei una sistemazione che li allontanasse da quell’orco, successivamente condannato per la violenza cui ha costretto la ragazzina. «Ma adesso che sono passati tre anni, perché non fornire a questa donna e ai suoi figli la possibilità di tornare a una vita normale?» prosegue l’avvocato Miraglia. «Perché costringerli a vivere in un’altra città, lontano dalla loro rete familiare, in una stanza angusta e in una struttura vecchia e fatiscente? Tra l’altro, non essendo residente a Venezia, bensì a Verona, non possono venire nemmeno seguiti da un percorso psicologico. Se proprio l’assistente sociale, che ha deciso per questa strampalata oltre che vessatoria soluzione, trovasse assolutamente necessario che questa mamma viva in una comunità coi suoi bambini, almeno che li sposti a Verona, dove possono usufruire degli aiuti dei Servizi sociali. Siamo davvero di fronte all’ennesima situazione kafkiana, dove i provvedimenti dei Servizi sociali e dei tribunali vengono emessi senza pensare al reale benessere delle persone: come si può, infatti, immaginare che una mamma e tre bambini possano stare bene rinchiusi con tutte le loro cose ammassate dentro una stanza di pochi metri quadrati? Come si può pensare che una ragazzina adolescente, già vittima di traumi fisici e psicologici, possa stare bene lontana dalla sua mamma amorevole? Perché tutto si può dire, tranne che questa donna non ami e non si preoccupi dei suoi figli. Non ha esitato un solo istante a denunciare il marito orco, padre dei suoi figli, per il bene della figlia maggiore. Ma per tutta risposta ha ricevuto solo la restrizione della sua libertà, neanche avesse commesso un reato. Ci aspettiamo che il sindaco di Verona ci riceva per fornirci delle risposte esaustive».
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