“Il giorno dopo. Dalla parte dell’interesse supremo: quello del Minore”

“Il giorno dopo. Dalla parte dell’interesse supremo: quello del Minore”

Dopo la notizia delle violenze subite da bambini e ragazzi in una Casa Famiglia di Santa Marinella, in molti ci hanno chiesto una dichiarazione, un commento.
Ma noi, qui, non abbiamo bisogno delle prime pagine dei giornali, non scopriamo nulla che non sapessimo già.
Molti, oggi, si scandalizzano, cadono dalle nuvole.
E questo è uno degli elementi che ci colpiscono di più, dopo anni – anni – in cui abbiamo portato questi fatti all’attenzione dell’opinione pubblica, delle Istituzioni e dei cosiddetti “addetti ai lavori”.
 
L’elemento più assurdo, quando si affronta la questione del Sistema delle Case Famiglia, è la sensazione di trovarsi in mezzo ad uno scontro tra fazioni: quella dei “giustizialisti” e degli “innocentisti”.
Questo è, di certo, uno dei temi più caldi di cui ci stiamo occupando ormai da parecchio tempo, e ancora oggi ci scontriamo con una realtà in cui ci si chiede di schierarci da una parte o dall’altra “della barricata”.
 
La verità, ovviamente, non risiede in nessuna delle posizioni estreme: in Italia ci sono ottime strutture di accoglienza gestite da persone serie (come quelle che si occupano dei Minori che arrivano in massa sulle “carrette del mare”), ma esiste anche la realtà descritta da questo fatto di cronaca.
 
Vincenza Palmieri:
“La prima volta, a Montalto, in cui parlai di somministrazione di psicofarmaci ai bambini e maltrattamenti all’interno di alcune Case Famiglia, mi fu chiesto di documentare e testimoniare nel dettaglio, senza considerare quanto questo sia un ambito in cui spesso le confidenze vengono raccolte in privato, con fatica e dolore, e che debbano essere protette dal segreto professionale.
 
Ma non si può arrivare al fatto di cronaca per limitarsi a dire “ve l’avevo detto”. E’ triste. Anzi, quello che vorrei è non avere bisogno di questi fatti per dimostrare che quello che denunciamo da tempo sia vero; oggi vorrei che chi è deputato ad occuparsi delle Garanzie per i Minori, si sedesse ad un tavolo e riconoscesse onestamente che intorno a questa tematica ci sia un gran movimento. 
 
I famosi bambini “che saltano sul tetto” di cui abbiamo parlato nel volume “Mai più un bambino” (Armando Editore) sono i bambini che protestano, si oppongono e allora vengono sedati, a forza. Sono tantissimi i casi in cui abbiamo trovato bambini con piaghe da decubito; vengono sedati e buttati sui letti. Sono trasformati nel viso, nella postura e non ne escono più. Sono bambini resi zombie, resi disturbati psichici tramite la somministrazione di psicofarmaci mai prescritti da nessuno.
E poi si criminalizza e si mette alla berlina chi denuncia questi fatti.
 
Se io fossi un Garante, il Presidente di un ordine professionale, il Presidente della Commissione Diritti Umani, vorrei sentire parlare e parlare, invece di trincerarmi nel silenzio o chiedere di “denunciare singoli casi specifici”. Così, di fronte alla denuncia, si afferma che “il sistema regge” e si rimuove il problema”.
 
Francesco Miraglia:
“Purtroppo, l’ultima vicenda che coinvolge una comunità per minori è la punta dell’iceberg di un gravissimo problema che andiamo denunciando da tempo che coinvolge non solo i minori ospiti e le loro famiglia ma anche tutti noi. Spero che sul banco degli imputati ci siano anche tutti coloro che hanno il dovere di controllare e di ispezionare  le citate comunità e non lo fanno. Per fare nomi e cognomi, mi riferisco alle varie Amministrazioni che, pur elargendo soldi pubblici, rare volte effettuano controlli su chi gestisce le comunità e addirittura sulle stesse autorizzazioni amministrative che consentono l’apertura.
Mi riferisco, però, anche alle varie Procure della Repubblica presso i Tribunali minori che hanno il diritto e l’obbligo di vigilanza e di ispezione  sulle comunità che ospitano i minori e spesso, per pura negligenza, non lo fanno.
 
 
Noi non abbiamo alcun interesse connesso al Sistema delle Case Famiglia, a nessun titolo. Ecco perché possiamo affermare liberamente e con forza l’interesse dai bambini, che abbiamo a cuore. Fino a che le battaglie le conduce chi gestisce una Casa Famiglia, chi è portatore di interessi, è difficile che le cose cambino. Le battaglie vanno fatte con chi non ha interessi specifici, se non l’interesse dei Minori.
 
Allora è vero: “Papà portami via da qui!”, come supplicava la bambina di cui abbiamo raccontato nell’omonimo volume (Armando Editore, 2015).
Ma io – io bambino che non sono ascoltato – non dovrei avere bisogno di papà che mi porti via da lì; dovrebbe essere il sindaco, l’assistente sociale, tutti coloro che hanno il compito istituzionale di proteggere i bambini.
Quando arriva un padre a “doversi fare giustizia”, significa che il sistema è morto e le garanzie non sono state efficaci.
 
Per questa ragione, bisogna continuare a fare rete, sensibilizzare, diffondere dati e verità; costruire rapporti, monitorare,indagare, insistere. Affinché  2400 euro al mese – il costo pagato mensilmente alla casa famiglia per quel Minore che ha avuto la forza di denunciare – non servano mai più per drogare e violare i nostri bambini.
S.M
 

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