La contenzione: la vergogna del silenzio.
Modena 14 aprile 2010
Il tema della contenzione è tematica gravissima di cui non se ne parla e non se ne scrive ma la si utilizza in segreto, in sottovoce, quasi di contrabbando in Italia, in tutte le regioni, in molti reparti ospedalieri e nelle strutture geriatriche di lunga degenza, in particolare per gli anziani affetti da demenza o morbo di Alzheimer e per i pazienti psichiatrici over 70.
Difatti, la contenzione meccanica/fisica e farmacologica/chimica è pratica diffusa che supera secondo le poche statistiche anche recenti del ministero della salute il 50 % dei degenti.
L’aspetto più grave e paradossale, infatti, è che se pur esistano linee guida, protocolli, pubblicizzati soprattutto e negli accertamenti della qualità dell’ ospedalità pubblica e privata sono nella pratica spesso e volentieri completamente ignorati e spesso assolutamente disattesi.
Proprio in questi giorni la RAI ha mandato in onda un servizio riferito ad un paziente entrato per così dire normale in reparto psichiatrico, il quale dopo essere stato ininterrottamente legato, fissato a letto di contenzione per più di 100 ore consecutive è morto.
E’ risultato anche che in quell’ospedale esistevano protocolli e linee guide, ma il primo reato contestato agli psichiatri e a tutto, il personale è stato di falso ideologico.
Difatti, nella cartella clinica, documento medico/legale in cui è obbligatorio registrare interventi, (terapeutici e clinici) come la contenzione, non esisteva alcuna traccia di contenimento o altro.
Il dibattito che ne è seguito tra il direttore del dipartimento di salute mentale e gli avvocati è stato davvero desolante, si ha avuto la sensazione che la vittima non fosse il paziente deceduto ma bensì gli operatori e medici.
Tuttavia, sarebbe estremamente fuorviante colpevolizzare o criminalizzare gli operatori psichiatrici in queste situazioni, è indubbio che quest’ultimi sono le autentiche e vere cenerentole della sanità: con stipendi da fame, i più bassi d’Europa, con turni massacranti; spesso due infermieri in un turno si trovano a dover gestire più di 50/60 pazienti, senza gratificazione, senza carriera, tra frustrazione e demotivazione.
La contenzione è, infatti, il metro più autentico di valutazione della psichiatria.
Progetti, tipo porte aperte e senza camicie di forza chimiche o fisiche sono possibili dove c’è personale preparato e sufficiente che lavora in accordo con il territorio e che quando si trova di fronte ad un paziente pericoloso a se o ad altri (da legare!) si attivi immediatamente per utilizzare tutte le strategie, alternative per evitare che le corde possano essere scambiate anche per brevissimo tempo per uno strumento di cura.
Un capitolo del libro “La notte dell’Assistenza” curato 10 anni fa da Belloi/Valgimigli e anche dallo stesso prof. D’Autilia, recitava testualmente: le corde non curano mai, veniva, a tal proposito, presentata una vera e propria alternativa alla contenzione fisica e alla camicia di forza; la contenzione relazionale cioè.
La nota dolente è che ci riempiamo la bocca sulla chiusura dei manicomi ma abbiamo reparti psichiatrici a porte chiuse che la dicono lunga sulla effettiva cancellazione del concetto di pericolosità dei pazienti psichiatrici.
Purtroppo, il giudizio della pericolosità sociale è ben presente nella nostra mente e nelle azioni degli psichiatri e infermieri.
Si contano sulle punte delle dita, e sono davvero eccezionali i reparti di diagnosi cura e strutture psichiatriche che hanno in organico psicologi o educatori, i quali sono gli unici che possano davvero operare sulle relazioni, soprattutto nel rapporto con gli altri.
Gli psicologi, però, non fanno turni di guardia non sono presenti la notte sabato / domenica e le altre feste comandate.
Questo libro della Manicardi “Italiani da slegare contenzione la vergogna del silenzio deve fare aprire gli occhi su una situazione gravissima di un problema senza voce che non può essere circoscritto solo a Modena ma è un problema che riguarda tutta la nostra realtà italiana.
Credo di essere uno dei pochi avvocati a cui da circa 10 anni si rivolgono pazienti psichiatrici con condizioni socio economiche più svantaggiate e che sulla contenzione modenese dal 1998 ad oggi vanta un voluminoso dossier in cui spesso è volentieri il reato di falso ideologico è perfettamente consumato, la non registrazione in cartella clinica, il non controllo dei pazienti legati sono persistiti ininterrottamente per anni.
Purtroppo, dobbiamo anche constatare che poche, pochissime volte i nostri magistrati si adoperano per fare chiarezza su queste vicende, e quando ci scappa il morto la questione viene liquidata con la consueta motivazione: tragica fatalità.
Il cambiamento, quindi, di queste situazioni può avvenire solo attraverso un cambiamento di mentalità, di cultura degli operatori e con l’introduzione di nuove figure, le cui presenze nei reparti psichiatrici più che urgente è indispensabile.
Avv. Francesco Miraglia
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