La Psicologa coinvolta nell’inchiesta "Angeli e Demoni" la madre denuncia lei e il giudice per associazione a delinquere

La Psicologa coinvolta nell’inchiesta "Angeli e Demoni" la madre denuncia lei e il giudice per associazione a delinquere

REGGIO EMILIA (30 luglio 2019). Associazione per delinquere: questo uno dei reati per i quali una mamma marocchina, che dal 2006 non ha più con sé le sue figlie (che ora hanno 21 e 18 anni), ha denunciato l’assistente sociale che ha adottato una delle sue bambine, dopo avergliele sottratte con l’accusa infamante di averle molestate e fatte prostituire. Insieme a lei ha denunciato anche un’assistente sociale e una psicologa del Cab di Reggio Emilia, due operatrici del Servizio sociale del Comune di Reggio Emilia, e il giudice relatore del Tribunale per i minorenni di Bologna. Oltre che per associazione per delinquere, le professioniste sono state denunciate anche per falso ideologico in certificati, false dichiarazioni all’autorità giudiziaria, abuso d’ufficio, calunnia e circonvenzione di incapace.
«A parte la psicologa, già al centro dell’inchiesta “Angeli e demoni”, abbiamo denunciato alle Procure competenti anche le colleghe e persino il giudice relatore del Tribunale per i minorenni» annuncia l’avvocato Francesco Miraglia, che assiste la madre delle ragazze. «Il magistrato, a nostro avviso, non poteva non sapere cosa stesse accadendo, che delle bambine venivano strappate alla madre senza un riscontro oggettivo di prova, senza una perizia, con accuse mosse tre anni dopo l’allontanamento da casa. Ecco perché supponiamo che il loro operato profili una vera associazione a delinquere».
Questa vicenda ha origini ben lontane, risale infatti al 2006, allorché una donna di origine marocchina, sposata a un uomo italiano, arriva al pronto soccorso con le sue bambine (avute da un precedente matrimonio con un uomo tunisino) di 8 e 5 anni. Il marito le ha picchiate e i medici riscontano nella più grande dei segni sul collo, alla piccina delle ecchimosi alla fronte e a un ginocchio. Trattandosi di bambine maltrattate, i medici sono scrupolosi e controllano anche altro: la cartella clinica riporta per entrambe “genitali intatti”. Le figlie le vengono tolte e alloggiate la più grande presso una famiglia, la piccola nella comunità Cab Cenacolo francescano. La madre chiede di riaverle con sé e quando diventa insistente (siamo nel 2009) gli assistenti sociali bloccano tutto asserendo che le bambine affermano di essere state abusate dalla mamma, che le costringeva pure a prostituirsi. Per dare credito all’accusa, le psicologhe fanno redigere una perizia a un medico legale, che si basa esclusivamente sui racconti a posteriori delle ragazzine. La madre allora inscena delle proteste pubbliche per riavere con sé le figlie: per tutta risposta viene dichiarata “insana di mente”. E questa donna, oltre al dolore per l’allontanamento dalle sue bambine, deve subire l’infamia dell’accusa di aver molestato le figlie e il carcere.
La bambina più piccola viene adottata dalla psicologa che, dopo aver accusato la madre, ha pure gestito il caso; la maggiore sarebbe stata invece adottata da una coppia che le abita a poca distanza. Pur avendo un padre, questi non è mai stato informato della loro adottabilità e nel momento in cui ha chiesto di annullare le adozioni, la sua richiesta è stata respinta.
Una vicenda, oltre che dolorosa, dai plurimi risvolti penali.

 

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