L’esperto: “Migliaia di bambini iperattivi o ‘troppo amati’ vengono sottratti alle famiglie. Legalmente”
30 gennaio 2014 0 commenti di Barbara Gnisci
L’eccessiva o sproporzionata cura del minore, una casa disordinata, un bambino poco attento a scuola, i suoi commenti sui genitori che litigano sono tutte potenzialimotivazioni che potrebbero far allontanare il bambino dal nucleo familiare di origine. Con una modalità che lascia perplessi.
Come spiega Francesco Miraglia, avvocato modenese specializzato in casi di bambini tolti alle famiglie, è sufficiente una segnalazione dei Servizi Sociali arrivata alla Procura della Repubblica per far sì che una richiesta di allontanamento del bambino al Tribunale dei Minori si trasformi in un provvedimento: ”Manca tutta la parte dedicata a una giusta istruttoria – racconta il legale che ha anche un sito internet nel quale riepiloga i casi a lui sottoposti -. Dopo che arriva una segnalazione si dovrebbe indagare e verificare i fatti riportati. Si devono convocare le parti, far parlare l’assistente sociale, valutare il perché della sua segnalazione e confrontarla con la realtà in cui è inserito il bambino. Inoltre chiamare a colloquio gli avvocati, la famiglia e in caso in cui il bambino sia capace di intendere e di volere, richiedere anche la sua testimonianza”. L’avvocato Miraglia aggiunge anche che l’allontanamento debba essere immediato nei casi di violenza ma non in quelle situazioni in cui si parla di bambini iperattivi, di case disordinate o di genitori che litigano. In tutte queste situazioni si devono andare a verificare le reali condizioni in cui vive il minore.
Molto controversa e clamorosa la vicenda, seguita dallo stesso legale emiliano, di un bambino di Bolzano prelevato da scuola e trasferito in una comunità di Forlì senza vedere per mesi i genitori. La ‘colpa’ del piccolo è quella di essere iperattivo. Il punto critico del sistema sono i tribunali dei minori: “A mio parere – osserva Miraglia – quello di Bologna funziona male”. Se Sparta piange, Atene di sicuro non ride: “La situazione della nostra regione è perfettamente in linea con il resto dell’Italia, se non peggio”.
Oggi in Italia, fa sapere il giurista modenese, il giro economico dietro ai bambini dati in affido è di circa 170 milioni di euro. “Un vero e proprio mercato, che costa ogni giorno dai 100 ai 300 euro a caso – puntualizza -. Non considerando il fatto che i bambini nelle case-famiglia o nelle famiglie affidatarie non sono sempre soggetti a verifiche che attestino l’esistenza di un contesto adatto e di qualità per la crescita del bambino stesso”.
Nel momento in cui è in atto un provvedimento di questo tipo non si può ricorrere alla Corte di Appello, perché il provvedimento è definito provvisorio e quindi il ricorso è inammissibile: “Si tratta di ‘adozioni mascherate’, perché cinque o sei provvedimenti di questo tipo, uno dopo l’altro, vanno a immobilizzare la situazione e a far sì che questo bambino non torni più a vivere con la sua famiglia di origine”. Sono pochissimi infatti i minori che fanno ritorno in famiglia, la maggior parte rimangono nelle strutture apposite fino al raggiungimento della maggiore età. Bambini imprigionati dalle regole, trattati con una durezza che non di rado il sistema risparmia agli adulti.
“Di sicuro c’è un problema strutturale, poco personale, tanti casi da osservare, ma sono tante le cose che non quadrano – prosegue -. Come è possibile, ad esempio, che una bambina venga adottata dagli stessi educatori che l’hanno fatto allontanare dalla madre? Mi riferisco al caso forlivese. Quella mamma ha tutto il diritto di dire ‘chi mi ha giudicato adesso ha mia figlia!’”.
L’avvocato Miraglia intravede però un barlume di speranza grazie alla nuova presidenza del Tribunale dei Minori di Bologna, affidata al dottor Giuseppe Spadaro: “Speriamo che con questo cambiamento ci sia un’apertura in questo senso”.
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