Servizi sociali di Milano: operatore fa una videochiamata alla mamma seduto sul wc
La donna lo denuncia
MILANO (3 Febbraio 2022). La pandemia ha reso incontri da remoto e videochiamate strumenti di comunicazione, anche istituzionale, d’uso comune e lo smart working ha fatto sì che il lavoro spesso abbia invaso la sfera domestica delle persone. Ma quello che è capitato a una giovane donna milanese è a dir poco sconcertante: alcuni giorni orsono ha ricevuto una videochiamata dall’assistente sociale che si occupa del suo caso mentre questi se ne stava beatamente seduto sulla tazza del wc. Il tono della telefonata era poi alquanto imbarazzante: più che parlare dell’estensione degli orari di visita tra madre e figlio l’assistente sociale era più interessato a indagare sulle relazioni sentimentali della donna. Circostanza che non avrebbe nulla a che vedere con il rapporto con il figlio e con la richiesta di aumentare le visite inoltrata dalla donna. La giovane si è rivolta quindi ai carabinieri per denunciare l’assistente sociale, anche perché costui si è più volte ostinato a non aumentare gli incontri madre/figlio nonostante il tribunale abbia imposto l’aumento della frequenza degli incontri tra la donna e il suo bambino, che si trova in affidamento presso una famiglia. «E anche su questo aspetto nutriamo grossi, grossissimi dubbi – interviene l’avvocato Miraglia al quale la donna si è affidata – in quanto il Comune di Milano ha affidato a una cooperativa l’incarico di reclutare le famiglie alle quali affidare i minori che il tribunale ritiene di allontanare temporaneamente da casa propria. Ma sembrerebbe che la coppia che ospita il piccolo sia strettamente legata con la cooperativa in questione. Tant’è che questo bambino continua ad essere tenuto lontano dalla madre senza motivo e contro le disposizioni del tribunale. Non vorremmo si trattasse di un ennesimo caso di adozione mascherata».
A frapporsi tra lei e il figlioletto è appunto questo assistente sociale, che continua a disattendere le disposizioni del giudice, che ha stabilito un aumento degli incontri tra madre e figlio e ha pure sollecitato l’invio da parte di Servizi sociali della relazione sul bambino, che non è ancora pervenuta sul tavolo del giudice. Quando poi la madre del bimbo chiede spiegazioni, si sente immancabilmente rispondere dall’operatore che è lui a decidere le visite in base al caso e in una relazione ha persino scritto che è il bambino a non voler tonare a casa, mentre il bimbo chiede continuamente di poter stare con la madre. «Perché allontanare il bambino dalla sua mamma allora? – prosegue l’avvocato Miraglia. – Non si tratta forse di un affidamento “sine die”, che non vedrà mai la fine e che di fatto è un meccanismo per occultare una vera e propria adozione? Un sospetto alimentato ulteriormente dal fatto che questo bambino sin da subito è stato obbligato a chiamare mamma e papà la coppia affidataria. Che poi l’assistente sociale si permetta di assumere comportamenti disdicevoli nei confronti della madre del piccolo questo non fa che aggravare ancor di più una situazione già dubbia e sospetta di suo. Doppiamente irrispettoso quindi l’atteggiamento dell’assistente sociale: se da un lato tiene la donna separata ingiustificatamente dal proprio figlio, come si è permesso poi di effettuare una videochiamata di lavoro seduto in bagno? E di quel tenore, per di più! Chiediamo che il Comune indaghi bene sulle persone alle quali affida un servizio delicato come appunto sono i Servizi sociali».
Sul caso interviene anche la professoressa Vincenza Palmieri, consulente tecnico forense della mamma. «Le relazioni – false, falsificate o alterate – sono, purtroppo, all’origine di tale grande male – commenta la professoressa Palmieri. – E se poi queste sono il risultato di incontri e colloqui gestiti in maniera arbitraria e privi dell’applicazione anche dei più elementari principi deontologici, non se ne deve tener conto in Tribunale. I professionisti dell’aiuto, autorizzati dalla vigente normativa a tenere colloqui e consulenze anche on-line, devono comunque rispettare ogni altro criterio previsto dalla prassi e dalle norme proprie della professione, che possono e devono garantire serietà e verità. Queste relazioni, che non sono il risultato di un lavoro serio e scrupoloso, rappresentano il grimaldello diffamatorio per continuare a tenere i bambini lontani dai propri genitori».
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