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Frosinone: l’abrogazione del reato di d’ufficio “salva” tre assistenti sociali

 Avevano allontanato ingiustamente due bimbe dalla zia affidataria

FROSINONE (13 marzo 2025).  Tre assistenti sociali di un Comune in provincia di Frosinone sono stati ” salvati” dalla legge che ha abrogato il reato di abuso d’ufficio: nel 2022 avevano allontanato immotivatamente due bambine dalla zia, che le aveva in affido, per trasferirle in una casa famiglia.

Il Tribunale per i minorenni di Roma aveva stabilito che il provvedimento, oltre ad essere ingiusto, aveva cagionato un danno alla donna e alle due ragazzine che stavano con lei dal 2018 e che avevano creato con la zia un legame solido e sano.

Il Gip della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cassino, accogliendo la denuncia presentata dall’avvocato Miraglia, legale della donna, aveva disposto l’imputazione coatta per tre assistenti sociali per abuso d’ufficio in concorso.

«La legge Nordio nell’ agosto 2024 ha abrogato il reato di abuso d’ufficio– dichiara l’avvocato Miraglia – però, anche se da un punto di vista penale non pagheranno, ho già ricevuto mandato di procedere con un’azione civile nei confronti dei tre assistenti sociali e di presentare richiesta di risarcimento danni. È comunque una vittoria morale, per la mia assistita e le sue nipoti, ma anche per le altre famiglie che hanno avuto a che fare con questi signori e che magari non hanno avuto la possibilità e l’opportunità di opporsi alle decisioni assunte da questi assistenti sociali».

Nel 2021 le nipoti della donna erano state prese dai Servizi sociali, i quali senza preavviso né autorizzazione con uno stratagemma le avevano portate in una Casa famiglia, strappandole alla zia che le aveva in affidamento.

E non perché le maltrattasse, bensì per “eccesso di possesso”.

Si trattava invece di affetto e di cure amorevoli da parte di una zia premurosa.

Il Tribunale per i minorenni di Roma aveva ritenuto che il forzato allontanamento ha ulteriormente traumatizzato le ragazzine, già provate da una difficile storia familiare. E che la collocazione in casa famiglia non era né necessaria né opportuna, apparendo anzi dannosa visto il rapporto cretosi nel tempo tra zia e nipoti.

E le ha riaffidate alla zia.

Caso Stella: esposto all’Ordine sull’assistente sociale

Aveva registrato di nascosto le intimidazioni dell’assistente sociale che, a tutt’oggi, non ha ancora trasferito la pratica, impedendo così le visite con la bambina. ( Potete leggere qui gli articoli pubblicati dal nostro giornale )
Trento. Si sta complicando l’assurda vicenda di “Stella”, una bambina trentina di tredici anni che, di nascosto, aveva registrato il comportamento riprovevole dell’assistente sociale.
Dopo più di un mese, la richiesta ufficiale dell’avvocato della coppia, Francesco Miraglia, di trasferire la pratica a Trento, dove ora risiedono i genitori, non è ancora stata accolta. Questo impedisce ai genitori di essere adeguatamente assistiti nel recupero della “genitorialità” per accogliere la supplica incessante della bambina di tornare a casa.
Ma, cosa ancor più grave, ostacola di fatto le visite della bambina, dato che l’assistente sociale, nonostante tutto quello che è successo, pretende che, prima di organizzare l’incontro, la famiglia faccia la richiesta a lei per poter vedere la figlia. Di conseguenza la famiglia è stata costretta a presentare un esposto all’Ordine degli Assistenti Sociali, con tanto di registrazione, nei confronti dell’assistente sociale.
 
«Siamo amareggiati dell’accanimento di questa assistente contro la nostra famiglia. Noi volevamo solamente che la supplica di nostra figlia, che chiede disperatamente aiuto per tornare in famiglia, venisse ascoltata!», ha dichiarato la mamma di Stella.
Secondo il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU): «Dallo studio delle carte e dall’ascolto della registrazione appare evidente che la formazione dell’assistente sociale in questione è impregnata dei principi e concetti di una certa psichiatria istituzionale e coercitiva, e la pervicacia con cui sembra avvinghiarsi a questa vicenda è tipica di questo tipo di psichiatria che vede le persone più come “pazzi” o come “famiglie disagiate” da controllare e assoggettare, piuttosto che come esseri umani da ascoltare, comprendere e aiutare».
«A parere di questo assistente sociale – continua il Comitato – il fatto di “essere troppo preoccupati dei problemi personali per pensare alla figlia” è una motivazione per l’allontanamento di un bambino? Oppure il fatto che un bambino “stia in braccio un po’ a tutti” è un indicatore di abuso? Invece di fossilizzarci su queste stupidaggini, dovremmo chiederci: perché la bambina supplica di poter tornare in famiglia?».
«Ci auguriamo conclude il Comitato – che il Tribunale decida di tornare al buon senso e alla ragione. Ci auguriamo anche che le perizie e valutazioni psichiatriche e psicologiche siano rimosse dalle aule di giustizia: troppi bambini stanno soffrendo per colpa di queste psico-baggianate, è ora di capire che il re è nudo. Chiediamo altresì all’Ordine di verificare se, oltre al caso in questione, questa assistente sociale si comporti così anche con altre famiglie!».
Ma c’è una speranza. L’assessore alle Politiche Sociali di Trento, Mariachiara Franzoia, ha accolto la richiesta dei genitori di iniziare un percorso di rafforzamento della genitorialità che è già sul tavolo del polo sociale di riferimento. Della vicenda si sta occupando anche il Garante dei minori, ed è stata richiamata in due separate interrogazioni dai Consiglieri Provinciali Giacomo Bezzi di Forza Italia e Filippo Degasperi del Movimento 5 Stelle.