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Ferrara: bimbo costretto a distruggere una montagna di giornali per combattere l’ansia

Da quasi due anni non gli fanno vedere la mamma. Per i Servizi sociali è “sereno”

FERRARA (21 gennaio 2022). A volte le istituzioni si accaniscono in maniera crudele e sistematica contro le persone: a Ferrara questo accade nei confronti di un bambino che oggi ha 7 anni e che nella sua brevissima vita ha vissuto lunghissimi periodi lontano dalla mamma, è stato collocato presso famiglie affidatarie, parcheggiato in una comunità degli orrori, ha vissuto saltuariamente con lei. Un calvario iniziato quando il bimbo era piccolissimo ed era stato allontanato in quanto una psicologa e un’assistente sociale vedevano un eccessivo attaccamento tra mamma e bambino. All’inizio erano stati alloggiati in una comunità fatiscente, dove sui pavimenti scorrazzavano allegramente gli scarafaggi e senza che per mesi di loro i Servizi sociali si occupassero, nemmeno per un percorso di sostegno alla genitorialità che li facesse tornare a casa insieme. La donna era stata costretta a perdere il lavoro perché da quella comunità non le consentivano di allontanarsi. È solo per la caparbietà di questa donna e dell’avvocato Miraglia al quale si era rivolta che nel 2018 era riuscita ad uscire da quella comunità orribile e ad avere il figlio con sé. «Ma dopo un paio d’anni le istituzioni glielo hanno tolto nuovamente – commenta l’avvocato Miraglia – questa volta però affidandolo ad un’altra famiglia. Quello che sconcerta è che per quasi un anno i Servizi sociali non hanno fatto vedere questo bambino alla mamma e nel corso del 2021 si sono potuti vedere soltanto tre volte e solo perché il bambino aveva manifestato uno stato di disagio e agitazione tali da costringere le assistenti sociali ad organizzare degli incontri con la madre. A lasciare sgomenti ancora di più è sapere che questo bambino piange, soffre di insonnia, implora e supplica di tornare a casa dalla sua mamma che con lui è sempre stata più che amorevole e scoprire dai suoi racconti che distrugge montagne di giornali per sfogare la propria rabbia. Pare sia un metodo applicato dalla psicologa per superare gli stati di frustrazione, ma ci chiediamo: è possibile che un bambino di soli 7 anni abbia bisogno di metodi per sfogare l’ansia, la frustrazione e la rabbia? Un bambino di 7 anni dovrebbe stare a casa con la propria mamma e i nonni amorevoli. Un bambino di 7 anni dovrebbe stare con i suoi giocattoli, con i suoi cani a cui è affezionatissimo, con i suoi compagni di scuola. A questo bambino due anni fa è stato negato tutto ciò, è stato strappato dalla sua vita senza neanche fargli portare via da casa un effetto personale che gli desse sicurezza e lo rasserenasse nei momenti di sconforto. Sbattuto in una famiglia affidataria senza spiegazioni, senza motivo: è comprensibile che si senta perduto». E come per la volta precedente neanche questa volta i Servizi sociali si sono attivati per mettere in atto un percorso di sostegno alla genitorialità, al rapporto madre-figlio. Niente. Addirittura in due anni mamma e bimbo si sono visti soltanto tre volte, in aperta e chiara violazione della legge. «L’istituto dell’affidamento – continua l’avvocato Miraglia –è di per sé temporaneo e solo fino a quando non si vengono a creare le condizioni, attraverso un preciso percorso, per collocare il bambino presso la propria abitazione e la famiglia di origine. In questo caso è stato disatteso, ma è chiarissimo che il bambino stia soffrendo e non è certamente la situazione ideale per lui. Abbiamo presentato ricorso urgente affinché torni a casa, ma vorremmo sapere che fine ha fatto l’eventuale provvedimento che il Tribunale per i minorenni di Bologna dovrebbe aver emesso all’udienza di tre mesi fa. Vorremmo sapere che cosa stanno facendo i Servizi sociali per riavvicinare questo bambino alla mamma: l’unica cosa che intanto hanno risposto è che stanno lavorando in ottemperanza alle disposizione del Tribunale e soprattutto che i momenti di riavvicinamento alla mamma sono organizzati in base ai tempi e ai desideri del bambino. Come è possibile? Cosa deve fare questo bambino oltre a stracciare montagne di carta, non dormire, piangere e implorare per dimostrare che il suo reale desiderio è di tornare a casa con la sua mamma?».

 

 

 

«Basta una telefonata per allontanare il figlio»

La denuncia del legale di una mamma il cui bimbo è affidato a un’altra famiglia «La donna non sapeva la motivazione e dopo mesi non è ancora stata sentita
È un sistema che distrugge, basta la segnalazione di uno qualsiasi, un vicino di casa, per far sì che un figlio sia staccato al genitore e quando chiedi risponde nessuno te le dà». Parole dure quelle di Francesco Miraglia, avvocato modenese che si sta occupando della triste vicenda di un minore (appena 3 anni) della nostra provincia, affidato ad un’altra famiglia ormai da cinque mesi e che al momento non può vedere alcun familiare.
I genitori sono separati, il minore in un primo momento stava con la madre e la famiglia di questa. Poi a far scoppiare il caso la telefonata del nuovo compagno ai carabinieri, secondo il quale la donna al telefono avrebbe minacciato il suicidio. «Una questione di gelosia, cose che poi l’uomo (querelato dalla madre, ndr) ha ritrattato, eppure secondo l’articolo 403 (intervento urgente della pubblica autorità per affidare un minore, ndr) il figlio è stato tolto alla madre, senza alcuna motivazione. Pensate che uno denunciato per furto viene processato per direttissima il giorno dopo, in questo caso la motivazione ci è stata data a distanza di mesi. Il Tribunale dei minori di Bologna – prosegue Miraglia – ha accolto le motivazioni dei servizi sociali basate su fatti travisati e non corrispondenti al vero, senza accertare la verità e affidando il minore ad un’altra famiglia».
Nel frattempo, i giorni (i mesi ormai) passano, l’avvocato scrive più volte al Tribunale di Bologna, motivando il fatto che il minore, data anche l’età, possa intanto stare con i nonni e la zia, quella che è sempre stata la sua famiglia, il suo mondo, i suoi affetti. Ma la situazione non cambia: «Inverosimile che un Tribunale dopo tutti questi mesi non si senta in dovere di fissare un’udienza per ascoltare la madre. Il piccolo non può tornare da lei, la psicologa ritiene che abbia una disfunzione di attaccamento verso la mamma, perché dopo gli incontri con lei, quando torna nella famiglia affidataria risponde male ai nuovi “genitori”: la psicologa lo ritiene legato al rapporto compromesso con la madre, ma non le è venuto in mente che forse è proprio il contrario? Che il piccolo soffre a doversi staccarsi dalla mamma e a tornare a casa da estranei? E sulla base di queste supposizioni pregiudizievoli e superficiali, non suffragate da alcun test, ha sospeso gli incontri tra la mia assistita e suo figlio».
E come – purtroppo – accade spesso in questi casi le persone coinvolte dall’altra parte trovano un muro di gomma: «Abbiamo chiesto udienza in Tribunale, abbiamo chiesto di cambiare psicologa, abbiamo chiesto un percorso alternativo che riavvicini madre e figlio, senza ottenere però alcuna risposta da nessuno. Ancor più grave il silenzio del direttore generale dell’Asl di Ferrara, del responsabile del servizio sociale referente, dell’assessore alle politiche sociale del Comune di residenza e di tutte le figure politiche coinvolte…», conclude l’avvocato. (d.b.)