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Verona: fratellini allontanati dai genitori, il più grande scappa e torna a casa.

Il ragazzo ha detto: “Voglio stare con il mio papà e la mia mamma”, ma il piccolo è ancora lì.

Verona (29 luglio 2023). Ieri sera il più grande dei due fratellini di Verona è scappato dalla comunità ed è tornato a casa in treno: un ragazzino di soli 13 anni da solo sui mezzi pubblici. Per fortuna il viaggio è andato bene e verso le sei di sera ha suonato al campanello di casa dei genitori. La mamma lo ha accolto in casa e ha chiamato subito la comunità. Ha provato anche a chiamare la tutrice e i servizi sociali ma non ha trovato nessuno.

Ecco il racconto concitato della mamma: “Appena l’ho visto, l’ho abbracciato forte e ho cercato di parlare con lui. Lui non voleva dire nulla. Ho avvisato subito la comunità. Hanno parlato con lui dicendogli che se non tornava in comunità aggravava le cose e quando ha detto che non sarebbe tornato gli hanno detto che avrebbero chiamato le forze dell’ordine. Lui era molto scosso dopo la telefonata. Quindi ho provato a chiamare i servizi sociali ma con esito negativo e ho cercato anche di contattare la tutrice ma non c’è stato nulla da fare. A quel punto ho chiamato i Carabinieri. Si è presentato un brigadiere che ha parlato con mio figlio. Nel frattempo è arrivata anche l’educatrice della comunità che ha parlato con lui ma non ha voluto in nessun modo andarsene dicendo «voglio stare con il mio papà e la mia mamma». Alla fine vista la determinazione del bambino e constatato che era in una casa accogliente dove vivono serenamente i suoi due fratelli più piccoli sono andati via dicendo che avrebbe deciso il tribunale cosa fare.”.

Questa mattina il ragazzino ha colazionato felicemente con la mamma e il papà; dopo ben quattro anni di istituzionalizzazione era molto felice di questo momento di normalità. “Ora dobbiamo ridargli la serenità e la felicità che solo la sua famiglia può dargli. Ho provato più volte a contattare i i servizi e la tutrice anche per il fratellino più piccolo che ora si sentirà sperduto da solo in comunità senza il fratello a cui era molto legato. Visto che non rispondono lascerò che sia l’avvocato a contattarli”, ha concluso la mamma.

Secondo la prof.ssa Vincenza Palmieri, Consulente Tecnico della famiglia: “Il rocambolesco rientro a casa del ragazzino non ci stupisce. Aveva manifestato più volte il desiderio di rientrare in famiglia e la sua è la reazione di un essere umano esasperato dalla mancanza di ascolto da parte delle Istituzioni. Non si può ignorare o peggio sedare per sempre la naturale aspirazione di un bambino. Quello che preoccupa è la situazione del piccolino che è rimasto da solo in comunità, dato che da quattro anni a questa parte il fratellino maggiore era ormai diventato il suo punto di riferimento affettivo perché il calendario delle visite con i genitori, che non posso che definire disumano, prevedeva incontri di un’ora ogni due settimane in una situazione di cattività. Non posso nemmeno immaginare che cosa proverà adesso questo bambino. È urgente riportarlo a casa per permettere all’affetto dei genitori e del fratello di lenire e curare il trauma della lontananza dai suoi affetti e per prevenire qualunque altra reazione traumatica.
Il piccolino, in questa situazione è oggetto di una grave tortura fisica e mentale. E, a riguardo, sarà interessante sentire anche dal più grande, ora a casa, cosa accadeva in struttura…”.

Per l’avvocato Miraglia: “La vicenda dei fratellini è una delle tante situazioni che dimostrano ancora una volta come la giustizia minorile ha bisogno di una profonda riforma che riguardi soprattutto i giudici che devono mettere al centro delle loro decisioni il diritto del minore a vivere nella propria famiglia.
È inammissibile che il Tribunale, abbia fondato la sua decisione appiattendosi completamente alle relazioni dei servizi sociali.
Addirittura non considerando la volontà degli stessi minori che lo hanno gridato a tutti compreso il Giudice di voler tornare dalla loro mamma e dal loro papà.
Anni fa, dopo la vicenda del piccolo Marco, l’allora amministrazione si è preoccupata di difendere la propria immagine invece che attivare un processo di riforma. Oggi si vedono le conseguenze della loro latitanza oltre che nella storia di questi due fratellini anche per quanto riguarda il piccolo Luca. Lancio un appello al Sindaco per questa famiglia ma anche per tutte le altre famiglie e bambini di Verona che chiedono giustizia.”.

Nel frattempo in città stanno continuando ad essere appesi cartelli e selfie di sostegno per i due fratellini che sono poi postati nel gruppo Facebook Io sto con i fratellini veronesi. Le firme per la petizione online per i due fratellini strappati di Verona (indirizzate a: Presidente del Consiglio On. Giorgia Meloni, Presidente della Regione Veneto dott. Luca Zaia, Assessore alla Sanità e ai Servizi Sociali dott.ssa Manuela Lanzarin, Garante dell’Infanzia e Adolescenza avv. Mario Caramel e Sindaco di Verona dott. Damiano Tommasi) continuano ad aumentare con ben 500 sottoscrizioni. Siamo ancora in attesa della risposta del Sindaco alle 1.000 firme depositate alcuni giorni fa.

 

In considerazione della situazione del piccolo fratellino ancora rinchiuso in comunità e dell’inerzia dell’Amministrazione e dei Servizi Territoriali, oltre a continuare le azioni di supporto per questa famiglia, la manifestazione indetta sabato 2 settembre alle ore 11.00 in Piazza Brà non verrà cancellata.

Ancona: madre indagata per violenza sessuale nei confronti dei figli, ma vive ancora con loro

Avvocato Miraglia: “La cosa più incredibile sono gli incontri protetti per il padre”

ANCONA (23 maggio 2023). «Il mondo va alla rovescia» commenta l’avvocato Miraglia, riferendosi all’incredibile vicenda vissuta da un uomo di Ancona, padre di due bambini di 5 e 7 anni, che non può vederli se non nel corso di incontri protetti. Sono ospitati in una comunità educativa insieme alla madre, la quale però è indagata per reati abietti commessi nel loro confronti: atti sessuali con minorenne, sequestro di persona, maltrattamenti contro familiari. Nell’estate scorsa i bambini venivano prelevati con la forza, dall’abitazione del padre e dei nonni paterni, dagli Assistenti Sociali, con l’ausilio della forza pubblica ( in tutto almeno 10 persone), per essere collocati con la madre presso una comunità, protetta.  Il Tribunale per i Minorenni disponeva  che  “corrisponde alla necessità di superare gli ostacoli frapposti dal padre nell’esercizio della responsabilità genitoriale, ed assicurare il collocamento dei minori in contesto tutelante e di supporto al prosieguo del percorso avviato, nell’interesse dei minori medesimi, tiene conto di dare attuazione a tale obiettivo con modalità idonee a favorire il riavvicinamento alla madre in situazione di vita protetta, della necessità di verificare il pieno recupero di autonomia da parte della madre; la prescrizione di incontri protetti padre – figli.

A distanza di 10 mesi, la mamma risulta essere indagata per  atti sessuali con minorenne, sequestro di persona, maltrattamenti nei confronti dei propri figli.

Proprio in questi giorni, la Procura della Repubblica di Ancona ha chiesto l’incidente probatorio.

E’ quanto meno discutibile   – sostiene l’avv. Miraglia- che i bambini, nonostante tutto continuino a rimanere collocati in comunità con la madre,  e che il padre li continui ad incontrarli in ambiente protetto.

Ancora più incredibile è quanto risponde il Tribunale per i Minorenni alle varie istanze, di revoca del collocamento comunitario dei bambini presentate dal padre: “Visto, si valuterà ogni ulteriore provvedimento all’esisto dell’istruttoria”

In altre parole, per il Tribunale per i Minorenni il capo di imputazione provvisorio formulato dalla Procura della Repubblica di Ancona non ha nessun valore,  è semplicemente carta straccia.

E’ proprio vero nel nostro paese il vero scandalo è che nulla fa scandalo.

 

 

 

Milano: bimba di 9 anno si rifiuta di incontrare il padre., l’educatrice chiama la Forza Pubblica

È rimasta traumatizzata tanto da finire al pronto soccorso

MILANO (11 aprile 2023). Costretta dai Servizi sociali con la forza e con la violenza a vedere il padre. Una bambina che vive nella provincia di Milano è ormai talmente traumatizzata da avere delle crisi d’ansia ed essere finita al pronto soccorso. Per ottemperare alle disposizioni del tribunale gli assistenti sociali, infatti, non hanno trovato di meglio che presentarsi a casa sua con le forze dell’ordine oppure di caricarla di peso dentro l’auto.

«C’è modo e modo di far rispettare le disposizioni del tribunale – commenta l’avvocato Miraglia, al quale la mamma della bambina si è rivolta – e questo di certo non è il modo corretto. Si stanno tenendo conto più delle formalità burocratiche che del benessere di una bambina di appena 9 anni».

La bimba vive da sempre con la mamma, mentre il padre non è mai stato presente nella sua vita. Recentemente, per la terza volta,  però ha chiesto e ottenuto di poter incontrare la figlia, per la quale però lui è di fatto un estraneo. Ecco perché la piccola non capisce il motivo di doverlo vedere per forza e oppone un comprensibile rifiuto.

Ebbene, nelle scorse settimane l’educatrice incaricata di mediare gli incontri tra padre e figlia si è presentata a casa della bambina: al suo diniego a voler vedere il papà dapprima ha sbuffato, sostenendo di non aver voglia di tante storie visto che lei era stanca e che aveva già troppi pensieri per la testa cui badare. Poi ha preso la piccola e l’ha caricata a forza in auto, portandola a incontrare il padre.

La volta successiva è andata addirittura peggio: si è presentata a casa sostenendo che, non voleva avere problemi perché lei stessa sta vivendo  una situazione complicata con il marito per l’affidamento dei figli, pertanto, al diniego della bambina di scendere con lei, la stessa ha pensato bene di chiamare la forza pubblica. Effettivamente si sono presentate due pattuglie dei Vigili Urbani per una bambina di nove anni. La bimba a quel punto era letteralmente terrorizzata, tanto che la madre ha dovuto portarla al pronto soccorso, dove le è stata diagnosticata una forte crisi d’ansia. Tale situazione è la punta di un iceberg sull’inadeguatezza di alcuni operatori nel trattare vicende cosi delicate che non solo coinvolgono intere famiglie ma soprattutto dei bambini.

Ancora più grave è stata la risposta del educatrice sulla chiamate dei Vigili: abbiamo fatto una riunione e sono stata autorizzata dalla mia responsabile dell’assistente sociale.,

«A questo punto, per il bene di questa bambina – prosegue l’avvocato Miraglia – abbiamo chiesto la rimozione dell’assistente sociale dall’incarico, essendosi dimostrata alquanto incompetente, e invitiamo l’educatrice, priva di qualsiasi forma di empatia e di scarsa preparazione professionale, a cambiare mestiere».

Viterbo: anarchia nelle istituzioni

Sindaco, servizi sociali e tutore “stracciano” la sentenza del tribunale riguardo tre fratellini

VITERBO (13 Marzo 2023). C’è un tribunale che sentenzia e una serie di istituzioni pubbliche che invece di eseguire il provvedimento, agiscono in modo tutto diverso. A discapito della felicità di tre bambini e della sentenza di un Tribunale.

I genitori, rivoltisi all’avvocato Miraglia, sono ricorsi in Appello e hanno scritto al presidente del tribunale per i minorenni di Roma. In attesa dell’udienza prevista per maggio ci si interroga: ma in provincia di Viterbo le regole chi le fa?

I tre bambini hanno 12, 6 e 3 anni, abitano nel Viterbese e per alcune difficoltà familiari il Tribunale per i minorenni di Roma lo scorso aprile ha emesso un decreto di adottabilità, pur conservando la possibilità per i bimbi di continuare a vedere i genitori naturali, secondo un preciso calendario di incontri. Che però sono stati improvvisamente sospesi dai Servizi sociali. Il motivo? Non alterare l’equilibrio dei bambini e “capire meglio la situazione”. «Ma cosa c’è da capire? – sottolinea l’avvocato Miraglia –. I bambini sono affezionati ai genitori e un giudice ha stabilito che debbano continuare a frequentarsi. Non è che il vero “obiettivo” sia gettare le basi per rendere questi tre bambini “orfani di genitori vivi” attraverso la comp0leta inottemperanza di una sentenza?». Gli assistenti sociali avrebbero preso la decisione di sospendere gli incontri di comune accordo con il curatore dei bambini, la comunità in cui alloggiano e il sindaco del loro Comune di origine, dopo aver sentito il “giudice dell’adozione”, figura che nemmeno esiste dal punto di vista giuridico. Insomma, che si nasconde dietro a questa vicenda? Il proseguo è ancora più incredibile «Ci siamo rivolti allora al giudice tutelare – prosegue l’avvocato Miraglia – che tra i compiti ha di accertarsi che le sentenze vengano correttamente  rispettate. Ancora più incredibile è quanto è successo in udienza, una settimana fa,  davanti al Giudice Tutelare, lo stesso giudice  ha chiesto rivolgendosi al Sindaco e all’avv. del Tutore e dei servizi un appiglio per giustificare in mancato rispetto della sentenza del TM di Roma: ma che gli serve per agire? Deve solo limitarsi ad applicare la sentenza e ad assicurarsi che tutti la rispettino. “Non pensiate che io abbia paura di emettere un provvedimento” ci ha detto allora. E quindi cosa aspetta ad intervenire? Che i bambini si dimentichino dei genitori? Siamo all’anarchia totale!».

L’avvocato Miraglia ha scritto quindi al presidente del Tribunale per i minorenni, per appurare se effettivamente  se qualche Giudice ha autorizzato ad non rispettare il  provvedimento emesso della stessa autorità giudiziaria oppure se i servizi sociali nel caso hanno millantato una siffatta autorizzazione.

A questo punto penso che in entrambi i casi siamo difronte ad una gravità assoluta,  che merita attenzione da parte del Presidente del Tribunale per i minorenni ed eventualmente anche inviando gli atti alla Procura della Repubblica competente affinché si faccia chiarezza.

La famiglia ha intanto denunciato sindaco, assistenti sociali, curatori e responsabili della comunità per mancata ottemperanza ad un provvedimento di un giudice, abuso di ufficio e omissione di atti d’ufficio.

… ma tutto ciò a chi giova!!!

 

 

 

Trieste: assolto il marito della giovane mamma suicida

La donna lo aveva denunciato per maltrattamenti, ma si era tolta la vita nel 2019 alla vigilia del processo 

TRIESTE (7 dicembre 2022). Assolto con formula piena dalla Corte d’Appello di Trieste l’uomo, denunciato nel 2018 per maltrattamenti e lesioni dalla compagna, che si era tolta la vita alla vigilia del processo, nel febbraio del 2019. Lasciando due bimbi in tenera età. Condannato in primo grado, nell’udienza celebratasi lo scorso 5 dicembre la Corte d’Appello lo ha assolto. Per l’uomo termina così un doloroso calvario durato cinque anni, durante i quali agli occhi della famiglia della compagna e dell’opinione pubblica era stato ritratto come un violento, ma soprattutto quasi responsabile del suicido dell’ex compagna.

«La Corte, dopo una lunga camera di consiglio ha stabilito che il fatto non sussiste – sottolinea l’avvocato Miraglia, che ha assunto la difesa dell’uomo in secondo grado – pertanto è stato completamente scagionato da ogni accusa di maltrattamenti e lesioni nei confronti della madre dei suoi due bambini. Insieme alla soddisfazione per la chiusura del procedimento, resta il cordoglio per la scomparsa di una giovane mamma, che ha scelto in maniera volontaria di porre fine alla propria vita. Siamo profondamente dispiaciuti, ma è sbagliato pensare di attribuirne la responsabilità all’ex compagno: quando si giunge a gesti così estremi, significa che c’è un disagio profondo precedente, che va al di là del singolo episodio e soprattutto della strumentalizzazione che ne è stata fatta».

Un po’ troppo frettolosamente, infatti, si è gridato “al mostro”, additando quest’uomo come responsabile di maltrattamenti e quindi della morte della compagna, dipingendolo come colpevole senza attendere i gradi di giudizio.

«C’è poi da porre attenzione alla facilità con la quale agiscono alcune associazioni, che si dovrebbero occupare di protezione di donne e minori – prosegue l’avvocato Miraglia –. La denuncia contro il mio assistito fu sollecitata dall’ associazione alla quale la compagna si era rivolta e che, forse, forzando la mano, aveva avviato il procedimento contro di lui. La donna ad un certo punto voleva ritirare la denuncia, ma l’associazione non era d’accordo. E alla fine, i capi di imputazione si sono rivelati del tutto immotivati. Mi auguro che tutta questa dolorosa vicenda possa essere da monito per eventuali episodi a venire»

 

 

Roma: sei bimbi senegalesi tolti alla famiglia tornano a casa

Quella dei genitori non era incuria, ma solo diversità culturale

ROMA (6 Ottobre 2022). Il Tribunale per i minorenni di Roma ha riconosciuto la buona fede di tre genitori di origine senegalese: quello che per lo Stato italiano è considerata incuria dei minori, come lasciare i figli soli in casa seppure piccoli, per loro è culturalmente una cosa del tutto normale. Dopo un periodo di affiancamento, in cui hanno appreso la lingua e le leggi italiane, hanno collaborato attivamente con Servizi sociali e hanno potuto riabbracciare i loro figli, che progressivamente devono tornare a casa così come ha deciso il Tribunale per i Minorenni di Roma il 30 settembre.

«Giudici e assistenti sociali hanno capito la buona fede di questi genitori – commenta l’avvocato Miraglia, al quale questa famiglia si è rivolta – e ci hanno consentito di affiancare un nostro referente privato, la dott.ssa Marzia Pantanella.  E ha dato ai genitori il tempo di capire e imparare le leggi italiane e di adattarsi ad esse. Con la mediazione anche della comunità senegalese questi genitori hanno compreso che certi comportamenti in Italia sono considerati inadeguarti. La collaborazione tra istituzioni, che in questo caso ha portato a un risultato positivo, dovrebbe essere la prassi, per evitare ingiusti e dolorosi allontanamenti che durano anni, con inevitabili ripercussioni negative sui minori, incapaci di comprendere perché devono vivere improvvisamente lontani da mamma e papà. Ma purtroppo ancora non è così e spesso i tribunali decidono troppo frettolosamente per l’allontanamento dei bambini».

La vicenda trae inizio dalla denuncia presentata nel 2018 nei confronti del padre, un uomo senegalese che vive in un Comune della città metropolitana di Roma, che aveva lasciato in auto da solo uno dei suoi figli minori. I Servizi sociali avevano quindi avviato, insieme al Tribunale, un’indagine sulla situazione abitativa e famigliare: l’uomo ha due figli piccoli dall’attuale moglie e quattro da una compagna precedente, tutti minori.

Lo standard di pulizia della casa non era stato ritenuto idoneo e grave era stata considerata l’abitudine di lasciare i figli a casa da soli. Un comportamento del tutto usuale in Senegal, che però in Italia è considerato abbandono di minore. Tutti e sei i bambini erano stati quindi allontanati dalle mamme e dal padre e ospitati in strutture di accoglienza, mentre i tre genitori avevano perso la potestà genitoriale: ad occuparsi delle decisioni riguardanti i bambini erano stati nominati un tutore e un curatore.

«Dopo anni vissuti fuori casa – prosegue l’avvocato Miraglia – adesso progressivamente bambini e ragazzi, di età compresa oggi tra i 16 e i 4 anni, potranno tornare in seno alle loro famiglie. Una volta affiancati, infatti, i genitori hanno dimostrato sincero affetto per i figli e si sono impegnati a seguire quelle che sono le regole italiane, imparando anche bene l’italiano».

Questo è un caso emblematico, purtroppo non isolato, nel quale troppo sbrigativamente i Tribunali adottano provvedimenti severi e drastici, senza prima considerare le differenze culturali e affiancare in genitori in un percorso di informazione.

Si parla tato di integrazione ma puntualmente le diversità culturali vengono giudicate invece di essere considerate. Proprio per prevenire queste situazioni Francesco Miraglia del Foro di Madrid Miraglia, in collaborazione   con Moustapha Wagne, segretario generale del coordinamento migranti di Verona e consulente in materia di immigrazione, hanno avviato degli incontri dislocati nel territorio nazionale con le varie comunità senegalesi in una campagna d’informazione sul compito dei servizi sociali e sulle norme vigenti in materia minorile

 

Ancona: undicenne dopo anni potrà vedere la madre

Tre anni fa gli aveva inviato un regalo di Natale, mai consegnato dai Servizi sociali.

ANCONA (6 giugno 2022). Ci sono voluti anni di battaglie legali, la tenacia di una mamma di Macerata e la caparbietà del legale per far sì che il Tribunale per i Minorenni di Ancona decidesse di far riavvicinare un ragazzino, oggi undicenne, alla sua mamma biologica. Non la vede da anni, perché nessuno da quando era piccolino si è impegnato per far sì che rivedesse la sua mamma e tornasse a casa da lei. Vive da anni con una coppia di genitori affidatari, che sono ormai la sua famiglia ed è come se qualcuno avesse voluto cancellargli la memoria, affinché si abituasse prima e meglio alla nuova famiglia. Tre anni fa la madre  aveva provato a consegnargli un pacco contenente vestiti e giocattoli per Natale: al bambino quel pacco non è mai arrivato, perché i Servizi sociali non glielo hanno consegnato, rispedendolo al mittente. «A questo punto, oltre la soddisfazione per questo primo passo,  ci domandiamo se si tratti di un affidamento lecito o meno. – dichiara l’avvocato Miraglia, a fianco della madre nella lotta per rivedere il figlio – Non possiamo che essere contenti del fatto che il Tribunale per i Minorenni di Ancona alla fine abbia accolto le nostre istanze e abbia stabilito la ripresa degli incontri tra madre e figlio, con un supporto psicologico per il minore. Il ragazzino infatti non ricorda la madre e sta accettando di incontrarla più per farle un favore che per desiderio personale di riabbracciare la sua mamma. È lecito quindi domandarsi cosa avranno raccontato negli anni a questo ragazzino. Saprà che la mamma lotta da anni per riaverlo con sé oppure gli hanno fatto credere che non volesse più avere a che fare con lui e che avrebbe dovuto vivere per sempre con la nuova famiglia? Tutto questo si sarebbe potuto evitare se soltanto l’affidamento avesse avuto carattere temporaneo, come previsto per legge e nel rispetto del diritto dei minori a vivere con la famiglia di origine; e se qualcuno in tutto questo tempo avesse avviato un programma di sostegno e riavvicinamento tra madre e figlio, con il suo progressivo rientro a casa: ma il Tribunale per i minorenni di Ancona non ha fatto nulla, facendo scivolare la pratica nell’oblio. E il tempo è passato inesorabile. Se avessimo bisogno di una conferma che al Tribunale Per i Minorenni di Ancona le cose non funzionano, questa ne è l’ennesima riprova. Nel frattempo auspichiamo che madre e figlio riescano a ricucire il loro rapporto strappato, ma chi non ci assicura che tra un paio d’anni non ci troveremo di fonte a un ragazzo che non vorrà più avere nulla a che fare con la madre percependola come un’estranea? E a quel punto la colpa di chi sarà?».

 

Richiesta la nomina dell’amministratore di sostegno ad una mamma per aver chiesto gli alimenti per il figlio all’ex compagno

FERRARA (5 maggio 2022). Una vicenda particolare, per non dire assurda, ha come protagonista una donna di Ferrara: la quale si è rivolta al tribunale per ottenere le somme per il mantenimento del figlio che l’ex marito da tempo non versava. La felicità di aver vinto il procedimento si è spenta con la doccia fredda del provvedimento richiesto nei suoi confronti: il giudice e il pubblico ministero hanno chiesto che ad occuparsi di lei sia d’ora in poi un amministratore di sostegno, poiché «incapace di provvedere ai propri interessi di natura economica, si rende necessario provvedere alla nomina di un amministratore di sostegno che possa rappresentare la predetta nel compimento degli atti di quotidiana gestione». E a rincarare la dose, inspiegabilmente, il giudice dell’esecuzione avrebbe richiesto persino di sottoporre la donna a perizia medico-legale psichiatrica e alla sua segnalazione al centro di igiene mentale di Ferrara.

«Una vicenda allucinante – dichiara l’avvocato Miraglia – che vede questa donna colpita da un provvedimento inutile, che la priverebbe della possibilità di gestire il proprio denaro e di disporre della sua vita come meglio crede. E tutto sulla base del pronunciamento di un giudice che non ha mai incontrato né la signora, né noi che come studio legale la rappresentiamo. Una richiesta emessa sulla base di alcuni documenti presentati dall’ex compagno e che nulla hanno a che vedere con questa causa, intentata dalla signora per ottenere il pagamento della somma che l’ex marito non ha versato per il mantenimento di loro figlio. Causa per altro vinta proprio dalla signora stessa».

Come spesso succede la coppia, in grossa conflittualità, in sede di separazione si era denunciata a vicenda: tutte denunce che, nel caso della signora, sono cadute nel vuoto, tanto che la sua fedina penale è illibata. Ma a quanto pare il pubblico ministero avrebbe usato quelle vecchie denunce per screditare la signora agli occhi del giudice dell’esecuzione.

«In pratica la mia assistita – prosegue l’avvocato Miraglia – per aver avviato un procedimento di pignoramento verso l’ex marito che non corrispondeva il mantenimento a loro figlio, si è trovata a subire la richiesta di essere assistita da un amministratore di sostegno per gestire i suoi beni e considerata come malata psichiatrica. E senza che il giudice l’abbia mai vista in faccia e sulla base di documenti vecchi, non aggiornati e che nulla c’entrano con questo procedimento. Abbiamo scritto allora al Presidente del Tribunale di Ferrara, chiedendogli se la vicenda in questione si profili come un abuso, perpetrato ai danni di questa signora, oppure se si tratti di una prassi consolidata in tutti i procedimenti come questo. La signora, istruita e incensurata, è assolutamente in grado di intendere e volere e di provvedere a sé: in questo periodo si sta occupando a tempo pieno della madre invalida, a dimostrazione del fatto che le illazioni avanzate dal tribunale sul suo conto siano assolutamente prive di fondamento. Al Presidente del Tribunale di Ferrara chiediamo quindi di intervenire per capire su quali basi e con quali competenze il giudice dell’ esecuzione abbia ritenuto la signora passibile di procedimento psichiatrico e abbia quindi emanato un simile provvedimento, dal momento che la mia assistita non ha mai avuto un trattamento psichiatrico, non è in cura da nessun terapeuta né centro di salute mentale, ed è totalmente incensurata».

In tutta questa vicenda non si capiscono né il presupposto né la finalità di tale procedimento e ciò induce a pensare di essere davanti a un vero e proprio abuso, che si concretizza nell’esercizio anomalo da parte del giudice dell’esecuzione e del pubblico ministero del potere di incardinare un procedimento privo di fondamento e che limita in modo consistente i diritti di questa donna, senza alcuna ragione.