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Cassino: il Sindaco pubblica il decreto relativo alle due sorelline strappate alla zia, senza omettere i dati sensibili

Un atto gravissimo di violazione della privacy e della Carta di Treviso

Cassino (7 Maggio 2021). Un atto gravissimo è stato commesso dal sindaco di Cassino, Enzo Salera: per giustificare il suo operato e per “chiamarsi fuori” dal pasticcio commesso dai suoi Servizi sociali e sanato dal Tribunale per i minorenni di Roma, con una disposizione di due giorni fa, ebbene rilascia insieme a una dichiarazione anche il testo della sentenza del tribunale stesso, senza omettere i dati sensibili. Questo consente quindi a chiunque di risalire all’identità delle due sorelline di 8 e 11 anni, strappate un mese fa alla zia e rientrate finalmente a casa su disposizione, appunto, del tribunale.

«Oltre ad aver violato la privacy di queste due bambine e della loro zia» commenta l’avvocato Miraglia, «è stata violata anche la Carta di Treviso, che vieta di rendere note pubblicamente le generalità o i dati che possono far risalire all’identità dei minori coinvolti in situazioni che potrebbero comprometterne l’armonioso sviluppo psichico. Che danni rischia di causare tutto questo alle bambine, ora che tutti potranno essere a conoscenza della loro identità? Una volta di più questo sindaco dimostra di non essere adatto al ruolo che ricopre. Resto sbigottito, poiché in tanti anni mai avevo assistito ad un atto simile». Tra l’altro, per “lavarsi le mani” dall’intera vicenda, il sindaco afferma con convinzione di non essere più il tutore delle bambine dal 4 febbraio scorso, data in cui avrebbe trasferito la propria delega all’assistente sociale. «La tutela di un minore è un atto stabilito da un giudice» prosegue l’avvocato Miraglia, «pertanto deve essere solo e unicamente un magistrato a pronunciarsi sul trasferimento dell’incarico ad altra persona. Non è che uno possa alzarsi una mattina e decidere di passare il testimone a qualcun altro. A questo punto spero che tutte le forze politiche si attivino per rimuovere costui dal ruolo di primo cittadino: e non lo sto dicendo per fare della speculazione politica. Non lo ho mai fatto né mi interessa cominciare proprio ora. A muovermi è solo la preoccupazione per il benessere dei cento minori che il sindaco, per sua stessa ammissione, dice di avere in carico ai suoi Servizi sociali: se i bambini a Cassino vengono trattati come queste due sorelline, si salvi chi può».

Intanto lo studio legale Miraglia ha informato immediatamente il Tribunale per i Minorenni di Roma e  la  Procura minorile affinché trasmetta gli atti alla Procura della Repubblica: le violazioni commesse divulgando un provvedimento riferito a due minori  senza omettere i dati personali sono di una gravità inaudita, soprattutto da parte di un ex tutore e sindaco.

Sorelline di Cassino tornano dalla zia

Il Tribunale per i minorenni di Roma ne ha disposto il rientro a casa, togliendo al sindaco il ruolo di tutore. FROSINONE (7 Maggio 2021). Le sorelline di Cassino tornano a casa dalla zia: il Tribunale per i minorenni di Roma, riunitosi in Camera di Consiglio, ha stabilito che non vi erano motivi di grave pericolo tali da rendere necessario allontanare all’improvviso le due bambine, di 8 e 11 anni, da casa della zia materna, alla quale erano affidate, per farle alloggiare dallo scorso 6 aprile in una Casa famiglia. Ricusando, di fatto, quando asserito dal tutore e dai Servizi sociali di Cassino, i quali avevano motivato la decisione di allontanare le due minori ritenendo “potessero essere in pericolo per le reazioni  spropositate per eccesso di possesso manifestate dalla zia”. Pertanto il Tribunale ha revocato l’allontanamento delle minori dalla Casa famiglia e ne ha disposto il rientro presso la zia materna, che ne è attualmente affidataria.

Il Tribunale ha altresì sostituito il tutore provvisorio ovvero il sindaco di Cassino, nominando un avvocato al suo posto.

«Ogni commento sarebbe superfluo, abbiamo già detto tutto nel corso di questo mese» commenta l’avvocato Miraglia, al quale la zia si era affidata.

È  trascorso appunto un mese intero, per ritornare al punto di partenza: se i Servizi sociali avessero ben operato, avrebbero risparmiato alle bambine e alla loro zia tanto dolore.

Ferrara, ha meno lavoro causa covid: l’ex moglie non gli fa vedere i figli

«Se non li mantieni, non li vedi». L’uomo è ricorso in tribunale

FERRARA (06 Maggio 2021). Spesso, in caso di separazioni difficili, per lo più sono le donne ad essere in difficoltà, per i maltrattamenti subiti dagli ex, per le azioni di stalking da parte loro, per i problemi economici dovuti alla difficile ripresa del lavoro dopo anni di inoccupazione a badare ai figli. Ma esistono storie di uomini maltrattati, che devono assumere la medesima importanza ed attenzione: le violenze non sono una questione di genere e il diritto ad essere genitori è paritario per entrambi. E sicuramente essere un buon genitore non dipende dal conto in banca.

A Ferrara un uomo non può vedere i suoi tre figli da Febbraio 2020, in quanto l’ex moglie glielo impedisce e non perché sia un padre violento o disattento, ma solo perché economicamente non versa abbastanza denaro.

È un artigiano, che con il terremoto avvenuto in Emilia Romagna nove anni fa aveva già cominciato a vedere una flessione nel suo lavoro. Nell’anno 2018 è stato colpito da infarto e le sue condizioni di salute stanno peggiorando, non permettendogli di lavorare come prima. La situazione, si è acuita enormemente dall’anno scorso, a causa della pandemia da Covid-19 e delle ristrettezze ad essa collegate, che si è portata via, oltre a migliaia di vittime, anche un enorme numero di posti di lavoro. 

Difficile, pertanto, per quest’uomo versare all’ex moglie, per il mantenimento dei tre figli, la cifra che lei riterrebbe congrua per il suo standard di vita. Cifra che comunque non le è necessaria per garantirle la sopravvivenza, in quanto ha un buon lavoro ben remunerato e abita in una casa di proprietà della sua famiglia, per la quale non paga né mutuo né affitto.

Ma visto che l’ex marito non versa quanto lei si aspetta, da anni gli impedisce di vedere i suoi figli, in maniera totalmente arbitraria, senza che vi sia un provvedimento legale in tal senso.

«Se non paghi abbastanza, non vedi i tuoi figli» gli ripete di continuo. Un comportamento vessatorio, l’ultimo di una lunga serie patita dall’uomo nel corso degli anni. Durante la loro relazione la donna era solita sminuirlo con offese denigratorie. La sua gelosia nei suoi confronti l’aveva anche portata a “sequestrarlo” in casa, privandolo delle chiavi del suo furgone e dell’abitazione.

Dopo la separazione, oltre a non fargli vedere i figli, la donna gli nega la possibilità di essere un genitore e di partecipare alla loro crescita: se stanno male o vengono ricoverati non lo avverte. Non lo ha invitato nemmeno alle loro cresime e non permetteva a lui di accompagnarli a scuola o andarli a prendere all’uscita.  Nel maggio 2015, rientrando dal lavoro, ha trovato che l’ex moglie aveva lasciato i loro figli con il nonno materno e con il divieto di farli prendere al padre. Chiamati i carabinieri e sporta denuncia, l’uomo attende ancora giustizia. Rivendicando quindi il diritto alla bigenitorialità, ha fatto ricorso al tribunale di Ferrara.

«Non esiste solo il problema delle mamme, ma anche quello riferito ai papà, sebbene meno noto e diffuso» dichiara l’avvocato Miraglia, al quale quest’uomo si è rivolto per poter rivedere i suoi figli «ed hanno la medesima valenza, in quanto entrambi sono genitori, con i medesimi diritti. È sbagliato estremizzare le vicende, sbilanciandole tutte verso un genitore anziché un altro, perché ci sono sia madri che padri che vivono situazioni di disagio. E questo ne è un caso concreto. Cosa ha fatto quest’uomo per essere giudicato un pessimo padre? Nulla, se non fosse che ha dovuto, suo malgrado, provvedere in misura minore al mantenimento dei figli. Ma che colpa ne ha e soprattutto la capacità genitoriale si basa sulla capacità economica? Fintantoché pagava era un buon padre, adesso che ha meno possibilità improvvisamente è diventato un pessimo genitore? Ci auguriamo che il tribunale accolga il nostro ricorso e affidi i figli ad entrambi i genitori, disciplinando gli incontri tra i ragazzi e il loro padre, secondo un principio di equità e giustizia».

Verona: il piccolo Marco affidato definitivamente ai nonni

Dopo tre anni finisce l’odissea del piccolo che i Servizi sociali volevano far adottare ad altra famiglia

VERONA (25 Aprile 2021). Dopo tre anni finisce l’odissea del piccolo Marco, che i Servizi sociali volevano far adottare ad altra famiglia: il Tribunale per i minorenni di Venezia ha decretato che il bambino, che ora ha cinque anni e mezzo, venga affidato ai nonni materni, con i quali è tornato a vivere. Il tribunale ha anche stabilito che i Servizi sociali si attivino per riavvicinalo alla mamma.

«Finalmente dopo tre anni si conclude la tragica vicenda di questo bambino» dichiara l’avvocato Miraglia, al quale si erano affidati i nonni per riavere il piccolo con sé. «Non possiamo che essere soddisfatti del fatto che il Tribunale per i minorenni abbia accolto le nostre istanze e che abbia fatto tornare Marco nella sua casa, dai nonni, dove era accudito amorevolmente. Ci sono voluti però tre anni di sofferenze, per arrivare ad affermare quanto noi abbiamo sempre sostenuto fino dal primo giorno: Marco stava bene con i nonni materni. Tre anni persi, tre anni nei quali il bambino è vissuto lontano dall’affetto della sua famiglia, senza motivo, sballottato tra comunità e famiglie affidatarie. Abbiamo avuto mandato di valutare ora un’azione civile di risarcimento danni nei confronti dell’assistente sociale e soprattutto della psicologa che ha determinato l’allontanamento del bambino e questo lungo e doloroso iter giudiziario».

Il piccolo Marco era stato allontanato fin dalla nascita dalla madre, che aveva all’epoca problemi di tossicodipendenza: viveva con i nonni, ma gli assistenti sociali di Verona lo hanno allontanato da casa, affidandolo ad un’altra famiglia e chiedendo che venisse dichiara adottabile, sostenendo che la nonna, che era stata incapace di tenere lontana la propria figlia dalla droga, non poteva essere un’educatrice adeguata. Incuranti del fatto che una famiglia il bambino l’avesse, amorevole e in grado di occuparsi di lui.

Per il piccolo Marco c’era stata una grande mobilitazione: manifestazioni in piazza, volantini sulle vetrine dei negozi. Del caso si era interessato anche l’ex ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana.

«Adesso il tribunale ha ufficializzato l’affidamento alla nonna materna, che ne è la tutrice provvisoria» prosegue l’avvocato Miraglia, «incaricando i Servizi sociali di elaborare un percorso di sostegno in favore della madre, volto a favorire il possibile rapporto con il piccolo. Questo per noi è motivo di grande soddisfazione e ci auguriamo che per i Servizi sociali questa vicenda sia d’esempio a non giudicare preventivamente le persone, ma di valutarle e conoscerle, prima di allontanare un bambino dalla sua famiglia e di farlo dichiarare adottabile». Un ringraziamento va a tutta la citta di Verona che sin dall’inizio ha mostrato partecipazione, sostengo e sensibilità per il piccolo Marco e la sua famiglia. 

Bibbiano è un vero e proprio sistema e i casi ancora irrisolti sono centinaia

Intanto una coppia ha ottenuto la revoca dell’adottabilità della figlioletta e la ripresa delle visite con lei

Se qualcuno indagasse, decine di bambini tornerebbero finalmente nelle loro case

BIBBIANO (26 Marzo 2021). I casi riconducibili a un sistema Bibbiano sono centinaia, ma passano sotto silenzio, perché nessuno li indaga, nessuno li approfondisce, nessuno si impegna a fare chiarezza. Decine e decine di bambini vivono allontanati ingiustamente dalle loro famiglie, per essere affidati ad altri genitori. Finalmente in uno di questi casi si è aperto uno spiraglio di speranza e la Corte d’appello di Bologna ha riconosciuto l’ infondatezza del provvedimento del Tribunale per i Minorenni che con superficialità e approssimazione aveva disposto l’ adottabilità di questa bambina.

«I casi di Bibbiano non sono soltanto i sette di cui si parla» commenta l’ Avv. Miraglia, ai quali i genitori della bambina si sono affidati «e che il tribunale afferma di avere risolto con il ritorno dei minori alle loro famiglie. Come nel caso dei miei assistiti, sono decine e decine i casi che giacciono senza revisione: se non ci fossimo rivolti alla Corte d’Appello questa bambina sarebbe stata adottata da un’altra famiglia, invece di vivere con i genitori naturali, come è sacrosanto diritto di ogni bambino». La piccola è figlia di una giovane coppia, che aveva avuto in passato problemi di tossicodipendenza, ma al momento della nascita della loro figlioletta nel 2016 aveva cambiato vita: la mamma ha seguito un percorso di recupero, anche psicologico, mentre il padre si è totalmente disintossicato e ha trovato un lavoro stabile. Attorno alla coppia c’è una rete familiare disposta ad aiutare i genitori e la loro figlioletta. Invece la bimba è stata loro strappata e dichiarata adottabile, sebbene non ce ne fossero le condizioni.

Anche in questo caso il “modus operandi” e i protagonisti sono sempre gli stessi, già coinvolti come imputati nell’inchiesta denominata “Angeli e Demoni”.

“E pensare che c’è chi ha liquidato la vicenda di Bibbiano etichettandola come “un piccolo raffreddore”: ma qui, se qualcuno si prendesse l’ impegno di andare a fondo e di analizzare tutti i casi sommersi, si troverebbe davanti a un’epidemia nazionale. Sono centinaia i casi ancora aperti, in tutta Italia e che debbono essere esaminati: ci auguriamo che adesso qualcuno si decida a verificare, caso per caso, su che presupposti si siano basati i provvedimenti di allontanamento dei minori».

Neonata di Torino strappata alla madre dopo il parto dai servizi sociali senza motivo

 I servizi sociali sospendono gli incontri coi genitori, si sostituiscono ai giudice. «Se la scelta non è legalmente motivata, hanno commesso un reato penale» dichiara il legale dei genitori. TORINO (25 Febbraio 2021). Non basta averla strappata alla mamma, ancora quasi con il cordone ombelicale attaccato a lei: la piccina di Torino, allontanata immotivatamente dai genitori subito dopo la nascita, adesso non può più vederli né incontrarli per un mese. Che per una bambina così piccola equivale a un’eternità. I Servizi sociali si sono arrogati il diritto di assumere tale decisione, sostenendo che sia la “norma” in caso di affidamento a una coppia idonea alla possibile adozione. Ma il Tribunale per i minorenni non ha emanato alcun provvedimento in tal senso e i Servizi sociali, di fatto, si sarebbero sostituiti all’Autorità giudiziaria. «Se non dimostreranno che la scelta è legalmente motivata, significa che hanno commesso un reato penale e agiremo di conseguenza» dichiara il legale dello Studio Miraglia, che si sta occupando del caso, cui si sono affidati i due giovani genitori.

La bambina è nata a dicembre, ma non ha mai conosciuto il calore della sua famiglia di origine e non perché l’abbiano rifiutata oppure maltrattata. Giudicati inadeguati a prescindere, i due giovani genitori della piccola non hanno potuto mai dimostrare il contrario, non avendo mai avuto la bambina con sé. Possono soltanto vederla periodicamente, in un luogo protetto, secondo un preciso calendario prestabilito. Ma nei giorni scorsi, come un fulmine a ciel sereno, i Servizi sociali hanno comunicato loro la sospensione degli incontri per un intero mese. Il motivo sarebbe che, testuali parole, “è usuale sospendere gli incontri in luogo protetto con i familiari per un periodo, solitamente un mese, al momento dell’abbinamento del minore con una coppia affidataria avente i requisiti per l’adozione, al fine di permettere al minore e alla coppia la conoscenza reciproca”. «I Servizi sociali avrebbero, per loro stessa ammissione, chiesto autorizzazione al Tribunale per i minorenni» prosegue il legale dello Studio Miraglia, «ma non hanno avuto riscontro: e invece di attenderlo o di sollecitarlo, lo hanno assunto come un “silenzio assenso”, sospendendo di propria iniziativa gli incontri sia con i genitori che con i nonni. Ciò che affermano i Servizi sociali su questa prassi non solo è abnorme, ma pure contrario ad ogni principio normativo diretto alla tutela del minore, in particolar modo della legge 184/83, che sancisce chiaramente e indiscutibilmente che “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia”. Chiedo quindi ai Servizi sociali di farci sapere a quale norma si riferiscono per sospendere cosi di punto in bianco

 

gli incontri con i genitori e con i nonni e per arrogarsi il diritto di sostituirsi all’Autorità Giudiziaria. Tra l’altro, chiunque eserciti attività che esula dai propri poteri, è perseguibile penalmente. In questa vicenda il Tribunale per i minorenni non interviene, e questo è inaccettabile, in quanto consente, di fatto, ai Servizi sociali di fare il bello e il cattivo tempo, sulla pelle di una neonata che non può stare con la propria famiglia, ma è destinata invece, senza comprovato motivo, ad essere adottata da estranei».

Padre accusato di molestie; prosciolto: i figli però non gli vengono restituiti

Avvocato Miraglia: «Ennesimo caso di adozione mascherata?»

(16 Ottobre 2020). Bambini sottratti a genitori fragili o stranieri, per ingrossare i conti correnti di chi opera nel sistema dell’accoglienza dei minori oppure affidati a coppie prive di figli, come vere e proprie adozioni mascherate da affidamento. L’avvocato Francesco Miraglia, esperto di diritto minorile, da anni pone l’attenzione sul fenomeno, forte della casistica che lui stesso ha seguito nel corso degli anni, che fa pensare a come ci sia quasi un sistema dietro al ripetersi delle inspiegabili e immotivate decisioni adottate dai Servizi sociali e dai Tribunali dei minorenni, quando allontanano per anni dei bambini da famiglie senza problemi. L’ultimo caso accade a Modena ad una coppia di origine africana, alla quale non vengono restituiti i figli, pur non presentando problemi. «Tutto comincia quando alla figlia maggiore vengono riscontate delle irritazioni alle parti intime» racconta l’avvocato Miraglia, che segue la coppia, «pertanto parte la segnalazione e viene aperto un fascicolo contro il padre per presunti abusi sessuali. Viene svolto l’incidente probatorio, ma nel frattempo alla bambina viene diagnostico un problema esclusivamente di natura medica, che infatti si risolve rapidamente con una cura a base di antibiotico. La bambina era stata allontanata da casa e trasferita in una comunità, insieme – e qui non si capisce perché – al fratello, sul quale mai si erano riscontrati problemi, segni, abusi di sorta. Ammesso che sia stato fatto in maniera precauzionale, adesso che il padre è stato chiaramente e inconfutabilmente dimostrato essere innocente, perché i bambini non tornano a casa?». Ma cosa ancora più incredibile, questi genitori vengono giudicati come pessimi nei confronti dei primi due figli, mentre la più piccola continua ad abitare con loro e nessuno ha mai messo in discussione la loro capacità genitoriale con lei. Che cosa c’è sotto?  prosegue l‘avvocato Miraglia, «ma soprattutto mi chiedo perché i Tribunali, una volta aperti i fascicoli, non si prendano la briga di chiuderli. Restano aperti all’infinito, lasciando in un limbo le famiglie, ma soprattutto i bambini lontani da casa e dai loro genitori, con gli inevitabili traumi psicologici ai quali, pare, nessuno dia peso. Mi domando: i giudici si ricordano che, svolte le indagini, devono assumere una decisione, chiudere i fascicoli e concludere le vicende? Dobbiamo ricordarglielo noi come funziona il sistema?».

Visto che questa coppia, anche dalle relazioni degli assistenti sociali, non mostra particolari problemi, è ora che i due bambini tornino a casa al più presto, per evitare loro ulteriori traumi.

Io sto con la piccola Violetta

Mobilitazione nel Torinese per una bimba di dieci anni picchiata dalla mamma, ma inspiegabilmente allontanata dal padre e dalle sorelle e costretta in una comunità.
TORINO (13 agosto 2020).  È nato un gruppo Facebook “Io sto con la piccola Violetta” per aiutare una bambina torinese di dieci anni, che lo scorso febbraio è stata strappata al papà con cui viveva, portata via mentre la piccola si trovava a scuola. E senza un motivo valido, anzi: la piccola veniva picchiata dalla mamma (in attesa di processo per maltrattamenti) e non voleva stare con lei: viveva quindi con il padre e le due sorelle, ma la consulente del tribunale, nello redigere la relazione sulla base del quale il Tribunale dei minorenni del Piemonte e Valle d’Aosta ha assunto la sua decisione, ha ritenuto che la piccola provasse risentimento verso la madre solo perché manipolata dal padre, per la presunta Sindrome di Alienazione Parentale. «La bambina è stata quindi allontanata da casa» racconta l’avvocato Francesco Miraglia, al quale il padre di Violetta (nome di fantasia) si è rivolto, «ma non sta affatto meglio. Vive in uno stato di “infelicità cronica”, sentendosi la figlia “sbagliata” in quanto l’unica ad essere stata allontanata dal papà e dalle sorelle, alle quali è molto legata.
È stata poi costretta ad interrompere i corsi di danza che seguiva, il tutto senza alcuna plausibile spiegazione. Ha subito un netto calo nel rendimento scolastico dal momento in cui ha fatto il suo ingresso nella comunità, dove non è seguita a dovere dal punto di vista medico e sanitario».
Tutto è iniziato quando il padre di Violetta ha chiesto aiuto agli assistenti sociali, a causa dei problemi della figlia e della sua separazione. E i servizi sociali, invece di supportarlo, di punto in bianco sono andati a prelevare la bambina dalla scuola elementare, l’hanno tolta dall’affidamento paterno e costretta a vivere in una comunità, lontana da tutto ciò che le era familiare, dai suoi cari, dalle sue amicizie, dalla scuola e dalle sue abitudini. Da febbraio il papà ha potuto contattarla soltanto due volte e solo tramite messaggi.  «La decisione del tribunale» prosegue l’avvocato Miraglia «si basa, tra le altre cose, su fondamenti del tutto errati: innanzitutto la consulente tecnica di Ufficio, fiduciaria del Giudice, ha stilato la relazione fondando il tutto sull’accusa mossa al padre di essere un genitore alienante nei confronti della figura materna, ma è ormai scientificamente appurato, ed anche sconfessata dal Ministro della Salute e da numerose sentenze, che la Sindrome di Alienazione Parentale non esiste.  La metodologia utilizzata dal perito si pone quindi come una carenza e negligenza ingiustificabile, che altera qualsivoglia conclusione».
Il nuovo Consulente Tecnico Forense della Famiglia, la prof.ssa Vincenza Palmieri, subentrata, dopo lo studio degli Atti,  ha appurato “come drammaticamente la bambina sia stata allontanata mentre erano ancora in corso i lavori della CTU perchè proprio la stessa CTU aveva evidenziato un grave rischio e pregiudizio per la bambina se fosse rimasto nella famiglia paterna, senza avere mai incontrato padre e bambina insieme o la bambina con il suo nucleo familiare, in assenza oggettiva di alcun malessere o alcun disagio manifestato dalla bambina che invece stava benissimo: danzava, suonava, praticava ogni tipo di sport, era felice e brava a scuola. Quindi strappata dalla sua vita esclusivamente per un IPOTETICO FALSO PREGIUDIZIO della CTU, per essere invece scaraventata nel DOLORE REALE della solitudine, della somatizzazione e della regressione. ORA SI’ CHE C’E’ un danno valutato concretamente sulle risultanze: la bimba è seriamente “infelice”, adultizzata, ammalata e bisognosa di costanti cure, i voti a scuola sono peggiorati.  La sua situazione è urgente e preoccupante. La bambina deve essere salvata: curata, accudita ed amata da chi non le ha mai fatto del male, prima che sia troppo tardi.”
Pertanto l’uomo ha chiesto al tribunale dei minorenni di disporre la revoca del collocamento etero–familiare, per mancanza dei presupposti di legge e stante il grave pregiudizio arrecatole con l’allontanamento dalla casa paterna. E di disporre l’affidamento a lui e costanti incontri tra Violetta e le sorelle, in ottemperanza al diritto di fratellanza ora violato.
Nel frattempo è nata una mobilitazione sui social, con la creazione di un gruppo Facebook e tanti cartelli appesi ai negozi del Torinese che riportano la scritta “Io sto con la piccola Violetta”.

Ragazzina prigioniera da due anni di comunità terapeutica

La imbottiscono di farmaci e basta, senza un progetto di recupero.Blitz dei genitori per liberarla

PAVIA (5 Giugno 2020). Da due anni una diciassettenne di Pavia vive praticamente sequestrata nella comunità terapeutica, in provincia di Alessandria, dove viene imbottita di psicofarmaci, a tal punto da non riuscire più a parlare, se non balbettando o incespicando, e a tenersi pulita, in quanto non ha più controllo della sua vescica. Sviene spesso, non va più a scuola: eppure il tribunale dei minorenni di Milano l’ha costretta a stare lì per il “suo bene”. La ragazza era stata, purtroppo, vittima di molestie, ma non da parte dei genitori, persone amorevoli e per bene. Le erano sempre stati accanto, ma l’esperienza l’aveva traumatizzata così tanto da manifestare segni di disagio come nervosismo, ribellioni, disinteresse per la scuola. Preoccupati, i genitori si erano rivolti alla Questura, che li avevano consigliati di indirizzarsi ai Servizi sociali. «Ma invece di un aiuto, si sono visti “sequestrare” la figlia: hanno, infatti, ricevuto dal tribunale dei minorenni di Milano la sospensione della responsabilità genitoriale» rivela l’avvocato Francesco Miraglia, al quale i genitori della diciassettenne, disperati, si sono rivolti per ottenere giustizia. «La figlia, invece, è stata rinchiusa nella comunità terapeutica, dove però in due anni non ha ricevuto alcun aiuto. Anzi, la sua situazione è persino peggiorata».
La ragazza non frequenta più la scuola, a dire il vero non fa più nulla: in comunità si limitano a imbottirla di farmaci, senza una terapia comportamentale, senza un sostegno, senza un progetto di recupero.  Nulla. La comunità d’altronde, è piuttosto chiacchierata: sono tanti i ragazzi che sono scappati da lì, uno di loro è morto finendo sotto un treno. Costretti per mesi a stare lì dentro, senza progettualità, contro la loro volontà, veri zombie a causa degli psicofarmaci con i quali li imbottiscono. «Abbiamo depositato ieri un’istanza urgente al tribunale dei minorenni, chiedendo il ritorno della ragazza a casa» prosegue l’avvocato Miraglia, «pronti, se necessario, a presentare un esposto alla Procura affinché vada a vedere come funziona questa comunità, e perché, nonostante i gravi, ripetuti episodi, il tribunale dei minorenni di Milano continui ad affidare a questa struttura i ragazzi che poi, è chiaro, non vengono seguiti, ma “parcheggiati” e resi inoffensivi con le medicine. Ma il tribunale sa dove li manda quei giovani? Va mai a controllare come procedono le terapie, se questi ragazzi migliorano e possono finalmente ritornare a casa propria? Si interroga mai sugli esiti dei suoi provvedimenti? Se non lo fa, ebbene, è meglio che inizi a farlo, perché le cose, come dimostra questo ennesimo caso, non funzionano affatto bene».
Ieri pomeriggio, dopo l’ennesima videochiamata con la figlia, nel corso della quale i genitori hanno notato in lei l’impossibilità a sostenere una conversazione, tranne che per annunciare l’intenzione di togliersi la vita, sono corsi alla comunità per riprendersi la figlia e farla visitare al pronto soccorso. Qui ha rilasciato delle dichiarazioni sconcertanti, comprovate dalla visita medica: a parte le cicatrici di tagli che si provoca in maniera autolesionista, su una gamba aveva i segni di una bruciatura di sigaretta, inflittale da un altro ragazzo, e un taglio ad un polso, provocatole da un altro ospite con una lametta. La segnalazione in Procura di tutte queste violenze, ormai, è un atto necessario e urgente.

Monza: Bimbo in coma per incuria. Accolta la richiesta di ricusazione

Accolta la richiesta di  ricusazione del giudice che non ha tolto il bimbo al padre che lo trascurava

 

MONZA (8 Maggio 2020). Il tribunale di Monza ha accolto il ricorso con procedimento d’urgenza presentato dalla madre del bambino di 5 anni, semiparalizzato e cieco a causa dell’incuria paterna. Attraverso il suo legale, l’avvocato Francesco Miraglia, la donna ha chiesto la ricusazione del giudice, che in maniera superficiale non ha mai tenuto conto delle prove della trascuratezza e non ha mai voluto toglierlo dalla custodia paterna, nonostante fosse evidente che il padre fosse inadeguato e che la salute del bambino fosse a repentaglio. L‘udienza si svolgerà il 28 maggio.

«Delle sofferenze e delle gravissime condizioni in cui versa ormai questo bambino di soli cinque anni consideriamo responsabile il giudice del tribunale dei Minorenni di Monza, che si è occupato del caso» dichiara l’avvocato Miraglia. «Ringraziamo il tribunale che ha preso in considerazione la nostra istanza e ha fissato l’udienza di ricusazione. Non vorremmo però che questa nostra insistenza nel chiedere la rimozione del magistrato fosse ritenuta una questione personale, perché si tratta invece di correttezza. Comprendiamo che una persona possa sbagliare: nessuno è infallibile. Una volta capito l’errore ci saremmo aspettati un passo indietro da parte del giudice: invece con superficialità non ha tenuto conto delle nostre richieste, pur suffragate da prove concrete e gravi. E le ripercussioni, purtroppo, hanno reso invalido un bambino di soli 5 anni».

Il tribunale dei Minori di Monza aveva tolto il bambino alla madre per «rischio psico-evolutivo» e lo aveva affidato al padre, dimostratosi, però, inadeguato: il bambino era sporco e dimagriva vistosamente.

Con numerose prove fotografiche, a fine gennaio la madre aveva chiesto al giudice di riavere in affidamento il suo bambino: il piccolo versava in uno stato di incuria e malnutrizione da fare pena. Da quanto era sporco aveva le croste sul collo e aveva sviluppato infezioni da funghi alle mani e ai piedini; un vistoso eritema ai glutei era dovuto invece all’assenza di igiene anche della biancheria. Il bambino continuava, poi, a perdere peso per la malnutrizione. Il giudice sapeva tutto e non ha mosso un dito.

Il medico legale ha confermato il rapido deperimento del bambino «evidentissimo dalle immagini presenti agli atti» si legge nella sua relazione, «che presentano come il bambino, che appare in ottima salute, curato nella persona e di ottimo umore nelle immagini di maggio, luglio e ottobre 2019, sia invece dimagrito in modo ingravescente, triste e pallido in modo a dir poco preoccupante. Lo stato di denutrizione, la scarsa igiene non possono che aver favorito come concausa la diffusione dell’infezione che ha causato l’Encefalomielite acuta disseminata da cui è stato colpito il piccolo».

Le condizioni del bambino sono disperate: il piccolo ha lasciato l’ospedale di Bergamo, in cui era stato ricoverato il 10 febbraio con la febbre a 40 gradi. E’ stato trasferito in una clinica in cui lo sottopongono a riabilitazione agli arti, che non riesce a muovere. Nei giorni scorsi, inoltre, i medici hanno fornito alla madre una diagnosi drammatica: il piccolo è cieco ed è probabile che non tornerà a vedere mai più.