27 Ottobre 2017
Madre di Pordenone, vittima di un marito violento, si vede portare via i figli
PORDENONE. Che Stato di giustizia è quello in cui una donna, vittima di indicibili violenze da parte di un marito che non ha esitato a picchiarla a tal punto da romperle un timpano e la mandibola, si veda pure togliere i figli da un giudice che ravvisa nella vicenda una “conflittualità” tra la coppia? Si parla tanto di femminicidi, di violenza domestica in cui le vittime sono le donne: ma quando alcune di loro trovano la forza e il coraggio di denunciare gli abusi, si ritrovano a dover lottare contro le istituzioni, che le privano dei figli. Doppiamente vittime, quando mai riusciranno a rasserenarsi e a vivere la vita felice che meriterebbero? Ecco perché una di loro ha preso carta e penna e ha scritto direttamente alla presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, invocando un suo intervento, come rappresentante dello Stato in primis, ma anche come donna.
«A questo punto le donne perché dovrebbero continuare a denunciare i loro aguzzini» dichiara l’avocato Francesco Miraglia, cui la signora si è rivolta, disperata, per avere tutela legale, «se poi trovano giudici come Gaetano Appierto, che a questa madre, che porta addosso i segni della violenza di un marito già condannato, in virtù della “conflittualità” insorta con il coniuge, allontana i figli da lei e li confina in una casa famiglia, da cui non è dato sapere se e quando usciranno mai, né quando potrà rivederli».
Lo stesso magistrato si è reso protagonista di fatti alquanto discussi: a marzo, mentre discuteva di una causa di separazione, avendo disposto che la figlia della coppia dovesse frequentare la scuola scelta dal padre, la madre angosciata si è allontanata e si è tagliata i polsi in bagno. Mentre a settembre ha deliberato in favore di una ventiseienne, da anni fuori corso all’università, che pretendeva la “paghetta” di mantenimento da parte del padre.
«Si parla tanto di tutela delle donne» prosegue l’avvocato Miraglia, «ma tutto si traduce in mere chiacchiere, venendosi purtroppo ad innescare un circuito vizioso in cui alla denuncia contro un partner violento si applica il concetto di conflittualità in famiglia, cui consegue l’allontanamento dei figli da casa. Potrei raccontarne a decine di casi simili. E’ necessario un cambio di tendenza, un’inversione di rotta e che le istituzioni preposte diano un segnale e vigilino su casi come questi, che si profilano come abusi».
Di seguito la lettera scritta dalla madre di Pordenone alla Presidente della Camera.
«Gentile Presidente Laura Boldrini,
sento il bisogno di rivolgermi direttamente a Lei in quanto spesso si è presentata come paladina dei diritti fondamentali delle persone ma soprattutto dei diritti della donna di essere rispettata nella dignità di donna e di madre.
Mi dispiace che spesso e volentieri quando si parla di violenza sulla donna si predichi bene e si razzoli male.
Si preparano convegni, cerimonie, si consegnano premi e riconoscimenti, ma ogni giorno donne come me sono costrette a subire violenze, maltrattamenti e angherie dai propri compagni e per quanto mi riguarda da mio marito.
Devo constatare, purtroppo, che la più grande violenza che ho subito è proprio da quelle istituzioni preposte a far valere i propri diritti, fare giustizia ed a dare dignità.
Sono una dirigente sposata con un imprenditore, madre di due bambini di 11 e 2 anni.
Da più di tre anni subisco violenze fatte da schiaffi, pugni, calci, timpano rotto e mandibola fratturata e soprattutto violenza psicologica e stalking.
Lo stesso destino, purtroppo, è stato riservato da mio marito anche ai due nostri figli.
Ho cercato di poter difendere me stessa e difendere i miei figli prima personalmente e poi denunciando alle forze dell’ordine prima, alla Procura della Repubblica dopo, ma ancora una volta, come accade sempre più spesso nel nostro paese le istituzioni sono forti con i deboli e deboli con i forti.
Mi sono rivolta al Giudice dott. Appierto del Tribunale di Pordenone per essere tutelata e il risultato è stato che non sono state prese in considerazione né le mie denunce fatte, né la condanna subita da mio marito.
In altre parole, lo stesso Giudice, ha giustificato le botte di mio marito come se fosse normale che un marito possa mandare in ospedale la propria moglie.
Ancora più grave è che quel Giudice ha disposto anche l’allontanamento da me dei miei bambini che da due giorni si trovano in una Comunità e che ad oggi non so quando potrò vederli e abbracciarli.
Io sicuramente arriverò a farmene una ragione di questo stato, ma quando un giorno i miei figli mi chiederanno spiegazioni sul perché sono stati allontanati dalla propria casa e dalla propria mamma, cosa gli risponderò?
Chiedo a Lei Presidentessa, sempre in prima linea, di essere aiutata nel rispondere ai miei figli.
Con osservanza»