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Il giudice sono io! Bambino lasciato alla madre.

Ottimo e rivoluzionario decreto del Tribunale Ordinario di Torino Sezione Settima Civile – Famiglia
Le valutazioni psichiatriche non sono più un dogma in tribunale
Torino. “Il Tribunale non ignora la proposta di allontanamento del minore da entrambi i genitori da parte del Servizio di N.P.I. ma, allo stato, la ritiene poco praticabile e dagli esiti incerti, vuoi per le ragioni sopra indicate, vuoi per la considerazione che i principali aspetti di disagio del bambino paiono ricollegabili al conflitto separativo…” Con queste parole il Tribunale Ordinario di Torino, riunito in Camera di consiglio nelle persone del Presidente Dott. Cesare Castellani e dei giudici, Dott. Alberto La Manna e Dott.ssa Serafina Aceto, ha rigettato la proposta del Servizio di Neuropsichiatria infantile della ASL TO 2 di allontanare un bambino di soli sei anni dalla sua mamma e dal suo papà.
Come spiegheremo di seguito la notizia è molto importante e merita di essere pubblicata, anche se, per tutelare la privacy del bambino, preferiamo non entrare troppo nel merito. Diciamo solo che il decreto si colloca nell’ambito di una separazione molto conflittuale, per cui il Servizio di Neuropsichiatria infantile della ASL TO 2 era giunto a raccomandare l’allontanamento del bimbo da entrambi i genitori.
La Professoressa Vincenza Palmieri, Consulente Tecnico di Parte della madre, ha sottolineato l’importanza di fondare le valutazioni su basi oggettive: “Quando si fa una consulenza è importante, come tecnico, tenere conto della situazione oggettiva e difenderla, come abbiamo fatto in questo caso. L’atto peritale, come nella mia professione, deve avere un fondamento scientifico e basarsi su fatti e prove accertate e non su ipotesi o considerazioni soggettive dei vari operatori. Quando le conclusioni sono fondate su riscontri concreti, è possibile addivenire ad una decisione condivisibile e giusta che risolva la situazione.”
“Siamo molto soddisfatti della decisione del Tribunale.” Ha dichiarato l’avvocato della mamma Francesco Miraglia. “Per quanto concerne la giustizia minorile, ho sottolineato spesso nei Tribunali le criticità derivanti dall’appiattirsi sulle perizie degli psichiatri senza effettuare un’adeguata istruttoria, limitandosi ad un semplice copia incolla delle decisioni del consulente. Nel caso di specie i giudici hanno deciso di riprendersi il loro ruolo di Periti dei Periti e di fare un’istruttoria appropriata che li ha portati a rigettare la valutazione del Servizio di Neuropsichiatria infantile.”
Un altro aspetto molto positivo del decreto è il riconoscimento dei legami e degli affetti familiari. Infatti il Tribunale, pur disapprovando severamente alcuni comportamenti dei genitori, ha ritenuto opportuno mantenere i rapporti intra-familiari, in particolare con la madre: “… è verosimile, oltretutto, che un distacco dalla madre, con cui il rapporto, pur non equilibrato, rimane stretto, verrebbe dal minore vissuto in modo traumatico …”
Anche Paolo Roat, Responsabile Nazionale Tutela Minori per il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, esprime soddisfazione per questa decisione: “A volte, in conformità con alcune teorie psichiatriche astratte di inadeguatezza genitoriale, si finiva per punire il minore per presunti difetti dei grandi. In questo caso il Tribunale ha deciso di mettere al primo posto il bene del minore. È un passo avanti molto importante e significativo.”

Aemilia, niente sequestro per l’imputato Valerio

La Corte d’Appello rigetta il ricorso della Direzione distrettuale antimafia che dopo aver ottenuto la sorveglianza speciale puntava alla confisca dei beni
REGGIO EMILIA. La Corte di Appello di Bologna ha rigettato il ricorso della Procura antimafia di Bologna riguardo alla richiesta di una misura di prevenzione patrimoniale a carico di Antonio Valerio, imputato nel processo Aemilia in corso a Reggio. A dare notizia dell’ordinanza è il difensore, l’avvocato Francesco Miraglia, il cui assistito è infatti considerato un associato alla consorteria criminale di matrice ’ndranghetistica attiva a Reggio. Valerio, noto alle cronache anche per essere sopravvissuto all’agguato del killer Paolo Bellini, ha già una misura personale che prevede la sorveglianza speciale per due anni. La Dda, ricorda però Miraglia, con richiesta del 28 luglio 2015 chiedeva l’applicazione – oltre che della misura di prevenzione personale- anche di quella patrimoniale, vale a dire di sequestro e confisca di beni riconducibili a Valerio e ai suoi familiari, residenti a Reggio Emilia.
Fin da subito il tribunale reggiano lo scorso aprile rigettò nel merito l’istanza di sequestro «ritenendo non provati i diversi presupposti dell’adozione stessa, ovvero quello dell’attribuibilità al preposto dei beni intestati ai suoi familiari, quella della provenienza da reato dei beni intestati a Valerio, quello della sproporzione tra i beni a lui intestati e ai suoi proventi leciti, quello, ancora, della pericolosità sociale del preposto all’epoca, i cui beni erano stati acquistati».
In altre parole, conclude l’avvocato – che bolla Aemilia come «un processo mediatico dove tutti sono ’ndranghetisti e tutti sono già “colpevoli” a prescindere» – tribunale e Corte d’Appello «non hanno fatto altro che confermare che nessuna attività illecita e proventi illeciti possono essere riferiti al mio assistito proprio negli anni in cui viene contestato a Valerio una supposta partecipazione ad un associazione criminale».
Antonio Valerio, 49 anni, imprenditore edile di origine cutrese, è uno dei tanti imputati che sono ora nel mirino della procura antmafia, decisa a chiedere le misure di prevenzione per gli imputati di più elevato profilo criminale. Valerio, come detto, ha diversi precedenti ma è soprattutto noto per l’agguato che subì la sera del primo maggio del 1999 nel quale rimase ferito davanti alla casa dove abitava, in via Samoggia. Ad autoaccusarsi, in seguito, fu il killer Paolo Bellini. Questione ritirata in ballo da Bellini stesso durante una delle udienze di Aemilia, in cui il killer ipotizzò una guerra di mafia a Reggio negli anni ’90. Una testimonianza a tutto campo che aveva provocato la reazione di Valerio. Diversi i punti della deposizione contestati dall’avvocato Miraglia, quando il killer ha specificato «che per Valerio

dovevo fare un servizio, l’uccisione di un signore che sarebbe stato responsabile della morte di suo padre». Invece per il difensore: «Come mandante dell’omicidio a cui fa riferimento Belllini, Valerio è stato assolto dal tribunale di Catanzaro per non aver commesso il fatto». (e.l.t.) 
http://gazzettadireggio.gelocal.it/reggio/cronaca/2017/01/24/news/aemilia-niente-sequestro-per-l-imputato-valerio-1.14769070?ref=search

Processo Aemilia: in dibattimento solo prove indiziarie

Francesco Miraglia, legale di alcuni imputati: «Si sta Facendo un Processo sui” non so “»
 
In un Paese venire Il Nostro, in cui si vale per la presunzione di innocenza Fino al terzo Grado di Giudizio, STIAMO assistendo in QUESTE un minerale delle Nazioni Unite Processo mediatico che Dipinge Già venire colpevoli Gli imputati in un procedimento giunto soltanto alla fase dibattimentale, tutt’ora in corso, ben lontana da Una sentenza.
Parlo del Processo Aemilia, il Che si sta celebrando a Reggio Emilia e il Che sto seguendo in qualità di avvocato di Fiducia di ALCUNI imputati. Lungi da me Mettere in Discussione La Bontà delle Indagini, l’operato delle Forze dell’Ordine e del Pubblico Ministero titolare dell’inchiesta o dei Giudici, i Quali Stanno Facendo Notevoli Sforzi per garantire alle parti i propri Diritti. Ma Il processo E, appunto, Ancora in corso e C’è invece chi ha Già condannato Pubblicamente Gli imputati. Ed e pertanto per correttezza ed onestà Intellettuale Che mi sento in dovere di ricondurre a verità le informazioni Per do Quanto sta accadendo in aula.
In ABBIAMO sentito numerosi testi Mesi Quattro, Citati Dalla Procura, Rispondere con “Non so”, “ABBIAMO supposto”, “Non ABBIAMO Verificato, lo ABBIAMO desunto noi, lo ABBIAMO capito delle intercettazioni telefoniche, Sono calabresi, Sicuramente E così”.
Venite Ho Detto prima non è mia intenzione proporre Una Difesa d’ufficio per i miei assistiti o per gli Altri imputati, MA e fuori di Dubbio Che i testimoni dell’accusa, sentiti dal mese di maggio ad Oggi, Hanno Risposto all’incalzare delle Domande con Risposte impreciso, a tempo indeterminato e per sentito dire. Che si Tratti di Affiliati alla ‘ndrangheta e di operazioni legato alle Attività criminose E quindi tutto Ancora da dimostrare e mi pare pertanto il Che SI SIA Divisori da un presupposto di territorialità, il Che Faccia dei Calabresi dei delinquenti una Prescindere, senza giungere un Processo con dimostrare Certe che giustifichino i capi di imputazione. Un Pregiudizio Gravissimo.
I fatti distorti e non Completi, Che vengono riportati Dalle Cronache, Partono da un errato presupposto di colpevolezza a Prescindere: si rischia di Celebrare un Processo politico-sociale prima Ancora Che Si accertati se effettivamente esista un’organizzazione mafiosa, venire SOSTIENE l’accusa , radicata nel Nostro territorio.
Il mio invito pertanto Quello di riportare Pubblicamente la verità dibattimentale, in attesa della sentenza, qualunque ESSA Sarà.
 
 
 
 

Rivela gli abusi subiti nella famiglia addottante: ragazzina spedita in casa famiglia

Il Giudice onorario del Tribunale di Cagliari non crede al suo drammatico racconto e l’allontana dal fratellino e dalla sorella maggiore
 
CAGLIARI. Una ragazza sta lottando contro le istituzioni per riavere con sé i due fratellini minori, di 13 e 12 anni, dichiarati adottabili e spediti lontanissimi dalla casa di Cagliari – città in cui hanno sempre vissuto – per mandarli in Emilia Romagna. Dove per altro non stanno bene e dove i loro appelli disperati e i racconti drammatici rimangono inascoltati. Anzi, dopo che la ragazzina tredicenne ha raccontato le angherie subite alla sorella maggiore, i Servizi sociali l’hanno tolta alla famiglia adottante e l’hanno spedita da sola in una casa famiglia, senza il fratellino che finora era sempre stato con lei, unico legame rassicurante che la ragazzina aveva così lontano dalla sua casa e dalla sua terra d’origine.
«Ma cosa muove le istituzioni? La ricerca del benessere dei bambini o qualcosa di sotterraneo e poco chiaro, che nulla ha a che vedere con la salute psicofisica dei minori?». L’avvocato Francesco Miraglia, esperto in Diritto minorile, torna ad affrontare un caso, purtroppo l’ennesimo, di minori tolti alle famiglie e affidati altrove, senza un minimo di criterio che tenga conto del bene dei bambini. In questo caso si tratta di una ragazza di 13 e del fratello dodicenne, che i Servizi sociali e il Tribunale dei Minori di Cagliari hanno allontanato dai genitori e mandato a Bologna. Per giunta in una famiglia in cui non si trovano per nulla bene e che è quella che è stata scelta per la loro adozione. A nulla sono valsi finora i loro appelli disperati: le istituzioni, sorde, non li hanno ascoltati.
«Anzi, il giudice onorario che ha seguito la vicenda» prosegue Miraglia «si è perfino preso la briga di volare a Bologna a parlare con i due minori, solo che al suo rientro ha riferito che i due ragazzi han detto di stare bene. Molto diverso da quello che invece la ragazzina ha scritto più volte alla sorella maggiore».
A preoccuparsi della sorte dei due ragazzini, infatti, c’è una sorella più grande, la quale ha detto più volte di essere ben contenta di tenerli con sé, ma che nessuno, né il Tribunale e nemmeno i Servizi sociali, hanno tenuto in considerazione.
«Lo stato di adottabilità sussiste nel momento in cui non esistano parenti prossimi in grado di occuparsi dei minori» spiega il legale, «ma in questo caso i due adolescenti hanno una sorella amorevole che può prendersi cura di loro. Per questo abbiamo presentato un ricorso chiedendo la revoca dell’adottabilità, anche in virtù del fatto che la sorellina ha più volte espresso il desiderio di tornare in Sardegna. Ha trovato il modo di comunicare con la sorella più grande e di raccontarle del difficile rapporto con la nuova famiglia bolognese, in cui non si trova bene, a differenza della famiglia di Cagliari che per tre anni si era occupata di lei e del fratellino e che sarebbe ben disposta, eventualmente, ad accoglierli nuovamente. E ancora peggio, non siamo riusciti a capire (i Servizi sociali cagliaritani non ci hanno ancora risposto) come mai, una volta che la ragazzina ha palesato alla sorella maggiore la sua disperazione, sia stata allontanata dalla famiglia adottante, e pertanto anche dal fratello, e inviata in una casa famiglia. Una situazione incredibile, dove si perde di vista che lo scopo di ogni provvedimento debba essere il benessere dei minori, che in questo caso è palese che non stiano benne e rischiano di stare ancora più male, se non si darà il giusto ascolto ai loro disagi».

Figli tolti ai genitori denunciati tre medici

Famiglia all’attacco. Nel mirino i dirigenti Bernardi, Calucci e il dottor Reali L’avvocato Miraglia: «Troppi punti oscuri e dichiarazioni contradditorie» di Francesco Fain
Figli tolti ai genitori: la famiglia passa al contrattacco. E denuncia due dirigenti e un neuropsichiatra dell’Azienda sanitaria Bassa Friulana-Isontina. Si tratta, nella fattispecie, di Marcella Bernardi, Fulvio Calucci e Serafino Reali (quest’ultimo non più in servizio nella nostra Aas). Si ipotizzano false informazioni al pubblico ministero (articolo 371 bis del Codice penale); false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria (articolo 374 bis) e diffamazione (art.595).
Ad annunciare quest’ultimo, clamoroso sviluppo è Francesco Miraglia, il legale del Foro di Roma che tutela i genitori dei due bimbi goriziani, oggi affidati a una casa-famiglia di Vigevano.
L’altra mattina, l’avvocato era a Gorizia proprio per depositare alla Procura della Repubblica la denuncia-querela, corredata da una decina di allegati. «Cosa imputiamo ai tre dirigenti? La faccio semplice in maniera da essere comprensibile a tutti. In sostanza, quando vennero convocati dal Tribunale dei minori sostennero che i bambini erano “ben curati” da mamma e papà. Quando sono stati chiamati a deporre alla Procura della Repubblica, hanno cambiato totalmente versione», spiega Miraglia.
Che aggiunge: «Su questa vicenda registro una spaccatura netta all’interno dell’Azienda sanitaria. Le affermazioni che hanno determinato l’allontanamento dei bambini dai propri genitori, peraltro, vanno contro le relazioni dell’attuale direttore sanitario facente funzioni Cavallini che certificò la disabilità dei due minori. Proprio per questo, chiediamo con forza che il direttore generale Giovanni Pilati ci convochi: vogliamo capire i motivi per cui ci sono parecchi punti che giudichiamo oscuri, poco chiari».
Peraltro, nel testo della querela, si evidenzia anche come «Reali e Calucci sono stati gli unici a paventare ipercura, medical shopping, chemical abuse (Reali) o sindrome di Munchehausen per procura (Calucci): invece, si tratta di patologie diverse. Insomma, non c’è identità di vedute neppure fra loro», sottolinea ancora Miraglia.
«La vicenda – aggiunge ancora l’avvocato – si dipana a partire dal 2012: sono stati riempiti cinque faldoni di documenti, con innumerevoli casi di sequestri di farmaci utilizzati per le cure dei bambini».
A scatenare la querelle sarebbe stato, secondo l’avvocato della famiglia, il mancato riscontro dei Servizi sociali, che per i genitori non avevano risposto in maniera efficace alle necessità dei due bimbi. «Per eccesso di cure – torna a ripetere Miraglia, esperto in Diritto minorile – hanno tolto loro i figli per “maltrattamento”, che non significa percosse, ingiurie, abusi, ma per troppe cure, per una patologia che la Procura però non riconosce e che il Tribunale dei Minori ha deciso di accertare ora tramite una perizia tecnica. Cure prescritte dagli specialisti delle strutture pubbliche che li avevano in carico ed erogate direttamente dall’ospedale e che peraltro continuano ad essere somministrate ai due piccini nella stessa misura e con le medesime modalità
di quando si trovavano nella tranquillità di casa propria».
Miraglia ha evidenziato più volte che la patologia genetica è stata certificata da strutture sanitarie di eccellenza come il Besta di Milano e il Centro regionale per le malattie rare di Udine.

L’avvocato di famiglia: «Mando tutte le carte al Csm»

 
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2016/04/23/news/salvati-dall-ossessione-della-madre-1.13352332
sabato 23 aprile 2016

«Salvati dall’ossessione della madre»

di Domenico Diaco
La Procura: «Un caso di sindrome di Münchausen. Avremmo potuto adottare un provvedimento restrittivo»
sabato 23
sabato 23 aprile 2016

L’avvocato di famiglia: «Mando tutte le carte al Csm»

di Francesco Fain
Miraglia: «Mi chiedo per quali ragioni dopo tre anni di indagini non si sia arrivati a una conclusione. Mai fatte perizie
DIFESA
 
«Porteremo il caso a conoscenza del Consiglio superiore della Magistratura (Csm). Non è possibile che ci sia un simile accanimento nei confronti di una famiglia». Francesco Miraglia, l’avvocato che tutela gli interessi della famiglia goriziana a cui sono stati tolti i due figli, confuta energicamente la versione fornita dalla Procura di Gorizia.
«Intanto dico che è inverosimile che la Procura stia indagando dal 2005 sui mie assistiti, visto che gli stessi sono residenti a Gorizia dal 2010 per esigenze lavorative ma soprattutto mi preme sottolineare che se fosse vero, quanto sostiene il Procuratore c’e qualcosa che non funziona. I bambini hanno 7 e 12 anni, quindi per uno si indagava prima che nascesse per l’altro si indagava da quando il bambino aveva quasi un anno», incalza i legale.
«Ad ogni modo, se dopo 11 anni d’indagini non si è ancora arrivati a una chiusura dell’inchiesta o a un processo, c’è poco da contestare ai miei assistiti. Se invece i tempi d’indagine della Procura di Gorizia sono di 11 anni bisogna cambiare sicuramente l’organizzazione e i modi di lavorare della stessa Procura». Ma non è finita, Miraglia rincara la dose. «Il Procuratore sostiene che i fratellini sono stati sottoposti a perizia, ebbene anche su questo punto devo sottolineare, mio malgrado, che è poco informato sul caso. Difatti, i fratellini non sono mai stati sottoposti a perizia da parte di qualsivoglia Autorità Giudiziaria. A ben vedere, solo nel mese di ottobre 2015, veniva disposta una ctu dal Tribunale per i minorenni di Trieste con il seguente quesito: valutare le condizioni psicofisiche dei minori. Elenchi di eventuali malattie, disturbi, patologie, deficit presentati dai predetti, indicandone le origini e le cure terapie necessarie in relazione agli stessi. Si voleva stabilire se le cure e i trattamenti anche farmacologici ai quali in passato e attualmente sono sottoposti sono congrui».
Miraglia è un fiume in piena. «Sempre per estrema chiarezza mi corre l’obbligo sottolineare che la terapia farmacologia è basata prevalentemente su vitamine (e qui l’avvocato fa l’elenco di una dozzina di farmaci ndr.) tra l’altro prescritte dai professionisti che hanno in cura i bambini. Per quanto riguarda la diagnosi il Procuratore ben dovrebbe sapere che si tratta di una patologia certificata dal Centro regionale delle Malattie rare dell’Ospedale di Udine e da vari altri ospedali. A questo punto auspico che il Procuratore Capo – prosegue l’avvocato Miraglia – prenda cognizione dell’intera vicenda dei miei assistiti e dei figli, di come realmente sono state condotte le indagini».
Miraglia ha una raffica di interrogativi da porre alla Procura. «Perché dopo 3 anni d’indagini non si è ancora arrivati a una conclusione se la responsabilità è cosi chiara? Perché i genitori non sono stati mai ascoltati? Perché si mette in dubbio
quanto sostenuto dal Centro Regionale delle Malattie Rare, dal Besta di Milano dalle vari commissioni mediche, e soprattutto in base quel presupposto scientifico e giuridico si afferma che la terapia farmacologica prescritta dai dottori che si occupano dei bambini sono dannose e pericolose?».
 
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2016/04/23/news/l-avvocato-di-famiglia-mando-tutte-le-carte-al-csm-1.13352318
23 aprile 2016

La giovane ballerina sarà ascolatata dal giudice

Dopo mesi di richieste il Tribunale di Roma ha acconsentito a darle ascolto
Si accende la speranza di archiviare il suo trasferimento a Roma e di poter studiare danza a Milano
 
 
FERRARA. Occhi puntati sull’esito dell’audizione che il Tribunale di Roma ha stabilito per il 19 dicembre, durante la quale sarà ascoltata la giovane promessa della danza ferrarese, che il giudice vuol trasferire in una casa famiglia della Capitale, allontanandola da una madre che secondo i vari consulenti del Tribunale la condizionerebbe in maniera eccessiva e un padre quasi mai presente nella vita della giovane.
La ragazzina quattordicenne, che si presenterà accompagnata dall’avvocato Francesco Miraglia, ha più volte detto e ribadito – anche lo scorso 25 novembre in questura a Ferrara – che non intende lasciare la madre né trasferirsi a Roma, ma semmai proseguire gli studi di danza classica in una scuola di Milano nella quale era già stata ammessa: è una ballerina promettente e sogna di danzare alla Scala e la formazione in quella scuola le fornirebbe la possibilità di diventare professionista, trampolino di lancio per scuole internazionali. Aveva pianificato di conseguire contemporaneamente il diploma in un liceo linguistico, appunto per essere pronta a un eventuale trasferimento all’estero.
Per ora invece sta chiusa in casa e non può proseguire gli studi, a causa della disposizione del Tribunale di Roma, che impedisce a ogni altra scuola di accettare la sua eventuale iscrizione. Il suo caso ha suscitato un grande interesse mediatico e la costituzione di un gruppo Facebook sostenuto da oltre cinquemila iscritti; lo scorso  21 novembre il Comitato Cittadini per i Diritti Umani (Ccdu) ha organizzato in piazza del Municipio a Ferrara una manifestazione in suo favore e contro le perizie psichiatriche nei tribunali.
L’avvocato Miraglia ha inoltre scritto anche al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al ministro della Giustizia Andrea Orlandi, chiedendo un loro interessamento e un intervento diretto e magari anche di incontrare la giovane ballerina.
Intanto la incontrerà sabato prossimo il giudice del Tribunale di Roma. Nel frattempo la giovane ha ottenuto che la questura di Ferrara, dopo averla sentita per ben quattro ore a novembre, stabilisse che il decreto di allontanamento non possa essere eseguito.
 

Unicef: l'avv. Miraglia e la Prof. Palmeri alla giornata universale dell'infanzia.

L’AVVOCATO FRANCESCO MIRAGLIA E LA PROF.SSA VINCENZA PALMIERI, RECENTEMENTE INSIGNITI DEL RICONOSCIMENTO “LIFE WITNESS”, SARANNO A GENOVA IL 20 NOVEMBRE 2015 ALLA GIORNATA UNIVERSALE DELL’INFANZIA PROMOSSA DALL’UNICEF
Lo scorso 19 settembre, in occasione della seconda edizione di “Life Gates”, tenutosi a Roma nel complesso monumentale di San Salvatore in Lauro, l’Avvocato Francesco Miraglia e la Prof.ssa Vincenza Palmieri, fondatrice e Presidente dell’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare, sono stati insigniti del premio “Life Witness 2015”, accomunati da una sinergica battaglia – non solo impegno – in difesa dei Diritti dei Bambini, ognuno con le proprie professionalità e con ogni mezzo possibile, in Italia e con le Comunità Internazionali.
Miraglia: “Un grande onore, che riconosce anni di impegno e di battaglie per la salvaguardia dei diritti dei bambini”.
Palmieri: “Genova e la Liguria tutta sono una terra meravigliosa, carica di coraggio e di bellezza. Se a ciò abbiniamo un sinergico impegno in difesa e a tutela dei bambini, potremmo essere meravigliati dal risultato!”
Esperto di Diritto di Famiglia e dei minori, Francesco Miraglia ha ricevuto l’onorificenza per la sua attività svolta in qualità di avvocato, per la passione nel suo lavoro e per il suo impegno della difesa dei Diritti dei bambini. Nel suo studio si avvicendano le persone più disparate, tutte accomunate dalla medesima impellente necessità di ricevere un’assistenza legale, ma anche e soprattutto un conforto morale, una vicinanza esistenziale che aiuti, prima ancora che a non perdere la causa, a non perdere la fiducia nei propri diritti e nella propria dignità di esseri umani.
Vincenza Palmieri, Testimonial dei Diritti Umani e dei Bambini, Consulente Tecnico di Parte e fondatrice, tra le altre cose, del Programma Vivere Senza Psicofarmaci, restituisce vita e dignità quotidianamente – anche contro l’accanimento diagnostico e terapeutico – a tanti bambini, offrendo sostegno e aiuto anche alle loro famiglie. Ha ispirato e collaborato alla stesura di norme in difesa del Diritto all’Apprendimento e contro i facili allontanamenti, aiutando centinaia di bambini a ritornare nelle proprie famiglie. Questa la motivazione con cui è stata insignita della medesima onorificenza.
Palmieri e Miraglia, vincitori –  tra l’altro – anche del Premio Internazionale “Medaglia d’oro per l’impegno sociale” hanno firmato insieme numerose pubblicazioni, ormai best sellers, edite dalla Armando Editore, su temi umanitari che riguardano sempre l’Infanzia e l’Adolescenza: “Mai più un Bambino”, “I Malamente”, “Papà portami via da qui”.
Proprio come riconoscimento per il grande impegno e le numerose battaglie, tali illustri professionisti sono stati invitati il prossimo 20 novembre presso la prestigiosa Sala del Consiglio della Città Metropolitana di Genova, in occasione della Giornata Universale dell’Infanzia e dell’Adolescenza promossa dall’Unicef.
“E’ un grande onore – dichiarano all’unisono – per  chi, quotidianamente, mette la propria professionalità a servizio della salvaguardia dei diritti dei bambini, in condizioni a volte anche scomode, senza timore di sfidare – come accaduto in passato – i maggiori poteri, in quella commistione che è spesso rappresentato dal potere psichiatrico e da quello giudiziario, perché il grido di aiuto dei bambini spesso non viene nemmeno udito da chi sarebbe invece chiamato a tutelare i loro interessi . Ed è straordinario per noi essere con l’UNICEF, proprio qui a Genova, dove, in contratto con il Governo dell’Ecuador, per il tramite della sua rappresentanza diplomatica in Italia, maggiormente si svolge il nostro lavoro a “Tutela dei Bambini dell’Ecuador”.
Perché non esistono bambini e razze, Paesi e fili spinati, norme e divieti, ma solo bambini!”
 
 
 
Comitato Provinciale di Genova per l’UNICEF
Mercato Orientale
Via XX Settembre, 75r
16121 Genova
Tel/Fax 010/532550
www.unicef.it/genova
email: mailto:comitato.genova@unicef.it
____________________________________
Uniti per i bambini
5×1000 all’UNICEF: 01561920586
 

Riconosce una figlia avuta con una donna romena, il Tribunale per i minori gliela toglie.

Sentenza annullata dalla Corte d’Appello: il Tribunale dei Minori non aveva nemmeno titolo per intervenire
  
MODENA. Una bimba allontanata da casa senza motivo. Una coppia di genitori che ha vissuto due anni di angosce perché il Tribunale dei Minori voleva sottrarle la piccina che vive con loro, senza che vi fosse un maltrattamento, uno stato di indigenza, una qualunque forma di abuso o sofferenza. Soltanto perché la piccola è stata riconosciuta dall’uomo, italiano, in seguito a una relazione avuta in Romania con una donna che non è sua moglie.
L’ha cresciuta per sei anni credendola sua, scoprendo di non essere in realtà il padre naturale solo nel momento in cui il Tribunale dei Minori, all’interno del pretestuoso provvedimento di allontanamento della piccola da casa richiesto dai Servizi sociali, ha chiesto l’esecuzione del test di paternità. L’uomo però non vuole abbandonare la piccina, cresciuta con lui e con la moglie come se fosse figlia loro, tanto che la moglie stessa ne ha richiesto l’adozione.
Il fatto più inconcepibile è che questa vicenda il Tribunale dei Minori non avrebbe nemmeno dovuto trattarla, in quanto di competenza del Tribunale Ordinario. Il provvedimento, infatti, è stato annullato dalla Corte di Appello di Bologna. Se il Tribunale dei Minori non avesse mai avviato il procedimento, questa famiglia si sarebbe risparmiata le sofferenze e il continuo stato d’ansia e di tensione per la paura di vedersi strappare la bambina, scioltosi solo al momento dell’annullamento della sentenza.
«Ecco l’ennesimo caso in cui i Servizi sociali intervengono per ideologia, non per reale necessità o tutela del minore e della sua famiglia» dichiara l’avvocato Miraglia del Foro di Modena, legale della coppia che ha cresciuto la piccola. «Mi auguro che almeno chi di dovere chieda quanto meno scusa alla bambina e alla sua famiglia. Per quanto riguarda il Tribunale dei Minori risulta incredibile come dei giudici possano non conoscere le norme, visto che hanno giudicato su materia che appartiene di competenza al Tribunale Ordinario, disponendo addirittura l’allontanamento della bambina.
Spero che il nuovo Presidente, che ha già dimostrato sensibilità e competenza diversa rispetto alla precedente gestione, prenda posizione di fronte ad uno sbaglio così grossolano da parte dei suoi sottoposti».

La vicenda, alquanto ingarbugliata, è un intreccio di affetti sinceri e fredda burocrazia. Inizia con un uomo e la relazione che questo intesse con una donna romena, la quale a un certo punto gli comunica di aspettare una figlia da lui. L’uomo non ci pensa nemmeno a porsi dei dubbi sulla reale paternità della piccina e, quando nasce, la riconosce immediatamente come figlia sua. Visto che la madre non intende occuparsene, la porta con sé in Italia e la cresce con sua moglie proprio come se fosse figlia loro.
Per regolarizzare la posizione della famiglia, la moglie chiede quindi di poterla adottare per diventarne madre a tutti gli effetti, mettendo in moto però una disastrosa reazione a catena, che vede infine i Servizi Sociali chiedere l’allontanamento della piccola e segnalare la vicenda alla Procura e alla Procura dei Minori. Che ci fa questa bimba in casa loro? Da dove l’hanno presa? sono i dubbi che sorgono alle assistenti sociali, sulla base dei quali presentano la segnalazione. Il Tribunale dei Minori prende in esame la questione e acconsente alla richiesta di allontanamento della piccola, disponendo il provvedimento e stabilendo che venga affidata altrove. Stabilisce inoltre che l’uomo si sottoponga al test di paternità. Che a sorpresa dimostra, in realtà, come lui non sia il padre biologico della bimba, ma solo quello legale, in quanto il Tribunale romeno ha accettato nel frattempo il suo riconoscimento di paternità.
«Abbiamo immediatamente presentato ricorso» prosegue l’avvocato Miraglia «e la Corte d’Appello di Bologna ha accolto la nostra tesi difensiva, revocando il provvedimento di allontanamento e riconoscendo pure la non competenza in materia del Tribunale dei Minori. La piccola ora può continuare a vivere serena con quelli che fin dalla nascita ha considerato i suoi genitori, ma mi auguro sinceramente che qualcuno chieda scusa a questa famiglia per i quasi due anni di angoscia che il provvedimento di allontanamento ha fatto vivere loro».
La redazione

Padre rinviato a giudizio per pedofilia

padre rinviato a giudizio per pedofiliaSi complica la situazione del padre, ma anche dell’assistente sociale e della psicologa di Piazzola sul Brenta che stanno costringendo un bambino di Padova a incontrare il padre
Si complica la situazione del padre, ma anche dell’assistente sociale e della psicologa di Piazzola sul Brenta che stanno costringendo un bambino di Padova a incontrare il padre
 
Comunicato Stampa
Dopo l’udienza preliminare del 24 ottobre 2013, il tribunale ha rinviato a giudizio il padre accusato di pedofilia fissando l’udienza per il 12 marzo 2014 collegio C. La vicenda era salita all’onore delle cronache perché una psicologa e un’assistente sociale del Consultorio di Piazzola sul Brenta avevano costretto il bambino a continuare a vedere il padre, malgrado le accuse di abusi. E avevano persino prospettato alla madre che “se il figlio non avesse incontrato il padre l’alternativa sarebbe stata l’allontanamento dalla famiglia”. Dopo il recente rinvio a giudizio la situazione delle due professioniste, che il 9 giugno erano state querelate dell’avvocato Francesco Miraglia del foro di Modena “a causa del loro comportamento lesivo, pregiudizievole e dannoso” verso il figlio della sua assistita, si complica ulteriormente.
In seguito alla decisione del tribunale, Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, che da anni si batte contro gli abusi giudiziari nei confronti dei minori generate dalla discrezionalità delle perizie psichiatriche e delle valutazioni psicologiche, ha annunciato che si presenterà come parte civile nell’eventuale procedimento contro le due professioniste. “Questa è l’ennesima dimostrazione che l’incontro tra psicologia/psichiatria e giustizia può causare dei danni indicibili, come nel caso di questo bambino costretto a vedere il suo presunto carnefice sulla base di astratte teorie psicologiche. È nostro dovere riportare la giustizia sui binari corretti!” ha affermato Silvio De Fanti, Vicepresidente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani. “Nel recente convegno di Milano ‘Psichiatria e distorsione della Giustizia’, organizzato dal CCDU e dalla sezione italiana della LIDU – Lega Internazionale per i Diritti dell’Uomo, infatti, il prof. Morris Ghezzi, ordinario di Filosofia e Sociologia del Diritto all’Università degli Studi di Milano, ha sostenuto che il giudice non è più peritus peritorium – esperto degli esperti, che ascolta i pareri dei periti ma poi si riserva di fare una valutazione indipendente – ma ha ceduto la funzione di controllo sociale alla medicina, e alla psichiatria in particolare.”
“Mi auguro che questo contribuisca a chiarire la situazione affinché a questo bambino venga restituita un po’ di serenità visto che fino adesso per le decisioni del Tribunale per i Minorenni di Venezia e del servizio sociale di Piazzola, ha dovuto incontrare quel papà rinviato a giudizio per abusi sessuali come se niente fosse. Certo che ci riserveremo in tutte le sedi di denunciare quei giudici che nonostante tutto hanno contribuito ad aggravare la situazione psicofisica di questo bambino.” ha commentato l’avvocato Francesco Miraglia, legale della mamma