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Vuole la mamma in dono

Trento. “Caro Signor Giudice vorrei chiederle per Santa Lucia o per Natale, al posto dei regali, ci potrebbe portare un aumento delle ore con la mamma  e di poter stare metà tempo con la mmma e metà con il papa. Ci piacerebbe avere dei giorni normali come tutti senza dover stare sempre negli orari”-Inizia così la lettera che una bambina ha rivolto al giudice per chiedere di essere ascolatatadal Magistrato.La storia di  Maria (nome di fantasia), una bambina di dodici anni, al termine della visita con la mamma ha “imposto” il suo diritto di essere ascoltata, il suo diritto a una vera bigenitorialità e il suo diritto a una normale vita familiare, rifiutandosi di interrompere la visita e rimanendo a dormire dalla mamma, nonostante il parere contrario dell’educatrice. La sorellina più piccola invece ha deciso di andare con il papà.
La Vicenda di Maria e di sua sorella di circa 8 anni, nasce 3 anni fa quando il giudice della separazione affidava ad una psichiatra il compito di valutare le capacità genitoriali della loro madre. Ancora una volta le valutazioni soggettive di una consulenza hanno deciso di fatto che Maria e sua sorella incontrassero la loro madre 6 ore alla settimana in presenza di un educatore, in quanto non affidabile, priva delle capacità genitoriali e addirittura “pericolosa” per le sue stesse figlie. Varie sono state le richieste al Giudice di “normalizzare” gli incontri tra madre e figlia ma tutto è rimasto senza riscontro in nome di una presunta patologia della madre e di quanto volta in volta il servizio sociale referente relazionava.
 Inoltre recentemente si è anche denunciato un conflitto di interesse tra la consulente d’ufficio e l’avvocato del padre di Maria in quanto entrambi componenti della stessa associazione a tutela dei minori. Nonostante tutto queste bambine non possono incontrare liberamente la loro madre.
 Maria e la sorella più piccola manifestavano da anni il desiderio di una vera bigenitorialità e di avere dei rapporti familiari normali come tutti i loro amici. Ma solo recentemente Maria aveva maturato la decisione di esigere i propri diritti grazie alle informazioni ricevute sul caso di Cittadella nel corso della trasmissione Pomeriggio Cinque condotta da Barbara D’Urso. Si parla tanto male della televisione generalista ma per fortuna ci sono ancora dei programmi che fanno buona informazione. Per di più, proprio in quel periodo la scuola frequentata Maria ha iniziato un progetto di “maturazione” in cui gli studenti dovevano scoprire e prendersi la responsabilità di realizzare concretamente i loro desideri più intimi e sinceri. Dobbiamo quindi dare merito alla scuola, spesso ingiustamente criticata, per il suo continuo lavoro di educazione e formazione dei cittadini di domani.
 Maria ha quindi iniziato ad informarsi consultando le leggi in materia di affidamento, e ha scoperto che secondo la convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, un minore ha il diritto di essere ascoltato. Ha quindi manifestato la sua intenzione allo psicologo che le ha promesso che avrebbe sentito il giudice, e in seguito ha persino scritto una lettera al giudice manifestandogli questo suo desiderio. Ed è proprio qui che ci ha dimostrato come spesso i bambini sono più intelligenti e maturi degli adulti. Nella sua lettera, scritta assieme all’educatrice e alla sorellina, ha chiesto la vera applicazione dell’affidamento condiviso. “Caro signor Giudice, […] vorrei chiederle se per Santa Lucia o per Natale, al posto dei regali, ci potrebbe portare un aumento delle ore con la mamma e di poter stare metà tempo con la mamma e metà con il papà. […] Ci piacerebbe avere dei giorni normali come tutti senza dover stare sempre negli orari.”
 Purtroppo in una giustizia minorile non a misura di bambino, né il giudice né l’assistente sociale hanno chiamato le bambine per ascoltarle. A questo punto Maria ha deciso di prendere in mano la situazione e di “imporre” la sua decisione. Alla fine l’educatrice, di fronte alla maturità e alla determinazione dimostrate da Maria, ha accettato di lasciarla dalla mamma sebbene il decreto (di almeno 2 anni fa) le avrebbe imposto di comportarsi diversamente. Finalmente una decisione sensata, diremmo noi.
 L’avvocato della madre Francesco Miraglia del Foro di Modena si augura, a questo punto, che il giudice e i servizi sociali prendano atto della reale volontà del minore e adeguino velocemente le loro decisioni per il reale benessere del minore. E che facciano un vero regale di Natale alle bambine permettendo loro di vivere una vita normale con entrambi i genitori. Prosegue Miraglia: “I giudici spesso non hanno voglia di sentire i bambini ma ancora di più non sono, né loro né i CTU preparati ad ascoltare i minori, i quali rischiano di mettere nel sacco tutte le teorie, tutte le diagnosi e tutte le perizie fatte sui genitori e sui bambini stessi

 
.”
 

Papà accusato di abusi ma mamma è sotto accusa

Coinvolte due corti: la donna accusa l’ex compagno di violenza sul figlio di 9 anni Ma per il Tribunale dei minori potrebbe essere lei ad aver manipolato il piccolo
Bambini contesi, strapazzati, abusati nel cuore e nella mente, quando non anche nel corpo. Sono tanti e silenziosi. Ormai è evidente: la vicenda del minore di Cittadella è solo la punta di una realtà fatta di liti laceranti e infinite.
Strappato il velo della vergogna, ora i casi vengono alla luce, l’uno più sconvolgente dell’altro, perché il peggio sembra non avere mai fine. Oggi è la storia di un bambino di 9 anni, che la madre, M. 39 anni, padovana, corre il rischio di vedersi strappare per affidarlo a una casa-famiglia, qualora il bambino non iniziasse un percorso di avvicinamento al padre. Che però è indagato per pedofilia. Proprio nei confronti del figlioletto: gli abusi sarebbero iniziati quando questi aveva poco più di tre anni.
Un caso dell’alienazione genitoriale su cui nell’ultima settimana siamo stati così dettagliatamente informati e di cui, anche in questo caso, parla il consulente del Tribunale dei minori? Forse. Eppure il bimbo non è l’unico ad accusare il padre di molestie. Come lui, prima di lui, la sorellastra del piccolo che sostiene di essere stata costretta a guardare film porno e a fare la doccia davanti al patrigno (accusa archiviata) proprio quando accompagnava il fratello a trovare il genitore. E ancora, la cuginetta, figlia del fratello del padre e di cui lo stesso genitore riferisce in più occasioni, molestata sessualmente quando era piccola. Tutti plagiati?
In questo quadro si colloca anche il rinvio a giudizio della nonna paterna che tra qualche mese dovrà rispondere di minacce ai danni della ex nuora.
Nella vicenda coinvolto, necessariamente, anche il Tribunale dei minori: dopo la denuncia della madre, nel 2008, e lo stop repentino delle visite, nel 2010 il giudice, su ricorso del padre, incarica l’Usl di attuare un percorso di graduale ripresa dei rapporti padre-figlio, tenendo conto delle problematiche psicorelazionali evidenziate dalla terapeuta del bimbo e attivando un percorso di sostegno alla genitorialità per il padre che lo accompagni verso l’acquisizione di una responsabilità genitoriale. Il Tribunale dispone, inoltre, che il servizio offra a entrambi i genitori un percorso di revisione della loro vicenda tale da rapportarsi nell’interesse del figlio. Gli incontri protetti hanno inizio contro il volere del bambino che appare turbato: ci sono registrazioni audio in cui lo si sente piagnucolare e rifiutarsi di scendere dalla macchina, mentre la madre lo sollecita, rincuorandolo. Al terzo appuntamento, il piccolo si sblocca e “vomita” addosso al padre le accuse di violenza, scrivendole su fogli di carta: allucinanti, qualora in sede penale trovassero conferma. Addebiti che il piccolo ripeterà successivamente nel corso di un lungo incidente probatorio: «Si tratta di accuse precise e circostanziate» conferma l’avvocato Francesco Miraglia, che rappresenta la mamma.
A giorni, si attende la formulazione delle richieste del pubblico ministero. Tuttavia, se possibile, c’è una sentenza che preoccupa ancora di più la madre del bambino, ed è quella del Tribunale dei minori che, spiega il legale della donna, tra le possibili soluzioni – che non potendo prescindere dalla pronuncia del Tribunale penale – prospettano per il bambino otto mesi in carico ai servizi sociali per il riavvicinamento al padre, con l’ulteriore possibilità di una collocazione in una casa-famiglia: «È vergognoso che di fronte a un quadro di questo tipo si prospettino questo tipo di soluzioni senza valutare il necessario approfondimento» attacca l’avvocato.
 
 

Disabile prigioniero in casa scrive al presidente Napolitano

  • LA STORIA

Il Comune di Ozzano negava la costruzione di una rampa, il geometra indagato. Il Consiglio di Stato ha ribaltato tutto

di ROSARIO DI RAIMONDO

 
 “Da tre anni mio figlio disabile è prigioniero in casa, ma ho vinto la mia battaglia”. La guerra di Mara Valdrè è cominciata in una piccola casa a Ozzano Emilia. E la sua storia è arrivata fino ai piani alti del Quirinale. “Nel 2009 chiesi al Comune di poter costruire una rampa per disabili che dal parcheggio, di mia proprietà, arrivasse fino a casa. Mi hanno negato il permesso per occupazione di suolo pubblico”.

Ma il Consiglio di Stato ha ribaltato tutto, le ha dato ragione e oggi il geometra del Comune che non diede il permesso è indagato per abuso d’ufficio. Una storia fatta di burocrazia, carte bollate e ordinanze. Che sembrava esser partita col piede giusto: “La prima volta ho chiesto di fare una piccola rampa per mio figlio, e col Comune c’era stato un tacito consenso – racconta Mara – Poi, però, da alcuni operatori sanitari mi è stato consigliato di fare una rampa più grande, in modo che potesse passare anche una barella. Ma in questo caso i tecnici comunali non hanno accolto la mia richiesta, contestando l’uso privato di uno spazio pubblico. Ma quel parcheggio è di mia proprietà!”.
Il progetto non è stato autorizzato. La signora Valdrè però non si è arresa, e i suoi avvocati hanno lavorato su due fronti, uno civile e l’altro penale. Il legale Maura Nicolì ha presentato ricorso al Consiglio di Stato, che proprio in questi giorni ha bocciato l’ordinanza del Comune. Mara, dal canto suo, nell’attesa della decisione,

 

si era rivolta persino al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “Ho scritto che questi sono stati tre anni d’inferno, che mio figlio è prigioniero in casa. Mi hanno risposto dalla segreteria del Presidente, dicendomi che la mia pratica era appunto al Consiglio di Stato. Poi per fortuna è arrivata questa sentenza. Già nel 2010 dimostrai che il parcheggio era di mia proprietà”.
Ma c’è anche l’aspetto penale, su cui ha aperto un fascicolo il pm Antonello Gustapane. “Le indagini sono ancora in corso – dice l’avvocato di Mara, Francesco Miraglia – Al momento è indagato per abuso d’ufficio il geometra del Comune, e il pm ha in mano una relazione che dimostra come quella proprietà è privata”. “Io ho denunciato anche l’ingegnere dell’amministrazione e il sindaco Loretta Masotti – conclude Mara – Proprio il sindaco disse che quel parcheggio era pubblico, nonostante avessi dimostrato il contrario”.

(09 maggio 2012)