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Biella: educatrice denunciata per manipolazione di due minori contro la madre

(Biella 23 dicembre 2024) – Emergono preoccupazioni riguardo ai servizi sociali affidati alle cooperative, evidenziando la mancanza di controlli da parte delle istituzioni e i conseguenti abusi e ingiustizie che colpiscono i più vulnerabili.

Questa è la situazione in cui si è trovata una madre biellese, coinvolta insieme alle sue due figlie di dieci e quattro anni.

L’avvocato Miraglia, legale della donna, descrive una situazione allarmante. “A causa di compagni violenti, la mia assistita si è dovuta rivolgere a un centro antiviolenza. Di conseguenza, il caso è stato preso in carico dai servizi sociali e affidato a una cooperativa esterna”.

Ciò che doveva essere un percorso di protezione si è trasformato in un incubo.

Durante un incontro protetto, la figlia maggiore ha riferito di essere stata picchiata dalla madre. Senza un’indagine approfondita, l’educatrice della cooperativa ha redatto una relazione accusatoria, dipingendo la donna come una madre inadeguata e proponendo l’affidamento delle bambine ai rispettivi padri, entrambi con precedenti episodi di violenza.

Uno dei padri, inoltre, ha un passato segnato dalla tossicodipendenza ed è stato coinvolto in operazioni giudiziarie, con un arresto legato al traffico di droga insieme ad altre 36 persone.

Non si tratta di alimentare conflitti tra i genitori, ma di sottolineare la necessità di un approccio più attento e imparziale nella gestione di situazioni familiari complesse, evitando manipolazioni e condizionamenti.

Invece di mantenere un approccio neutrale, l’educatrice avrebbe cercato di manipolare le dichiarazioni della bambina. Una registrazione audio agli atti mostra frasi come: “Allora sono successe delle cose che ti hanno fatto stare molto male, ok?” e “Ne parliamo un’altra volta così hai tempo di pensarci”. Queste parole lasciano intendere un tentativo deliberato di influenzare la testimonianza.

Mentre i servizi sociali si sono basati esclusivamente sulle relazioni della cooperativa, le valutazioni degli psicologi descrivono la madre come una figura premurosa e attenta, smentendo l’immagine di donna violenta dipinta dall’educatrice.

L’educatrice è stata denunciata alla Procura della Repubblica di Biella per falsità ideologica in atti pubblici e circonvenzione di incapaci.

“L’esternalizzazione dei servizi sociali alle cooperative – conclude l’avvocato Miraglia – ha eliminato di fatto il controllo diretto degli enti pubblici. Le famiglie si ritrovano così in balia di decisioni arbitrarie e incontrollate, spesso motivate più dal profitto che dal reale interesse per il benessere dei minori”.

Questa vicenda solleva interrogativi urgenti sulla gestione e sul monitoraggio dei servizi sociali affidati a terzi. Occorre una seria riflessione sull’introduzione di strumenti di controllo più efficaci per tutelare i diritti dei bambini e delle famiglie coinvolte.

Sarebbe preferibile che i servizi sociali fossero gestiti direttamente dall’amministrazione comunale anziché essere appaltati a cooperative esterne. Un controllo diretto garantirebbe maggiore trasparenza e tutela, evitando situazioni di abuso e decisioni arbitrarie.

Questa vicenda dimostra l’urgenza di un intervento legislativo volto a regolamentare e monitorare con maggiore attenzione il lavoro delle cooperative e degli operatori sociali. È fondamentale che le autorità preposte introducano norme più stringenti e strumenti di verifica efficaci per prevenire situazioni simili, garantendo così la protezione dei diritti fondamentali delle famiglie e dei bambini coinvolti.

 

“Ridateci i nostri figli!”

Sit-in di protesta davanti la casa famiglia: dopo dieci anni due genitori rivogliono con sé i loro figli
I bambini hanno chiesto di tornare a casa, ma il Tribunale non si è ancora espresso
 
BIELLA (2 agosto 2017). Maria Dolores e Gerolamo Rotta stamattina sono davanti alla casa famiglia in cui è ospitato uno dei loro figli, in un sit-in di protesta. Chiedono di poter finalmente riavere con sé i due figli minori, dopo dieci anni di allontanamento coatto stabilito dal Tribunale dei minori di Milano, che nel 2007 ha sottratto alla loro custodia i loro quattro bambini, dislocandoli in diverse strutture. Qualche anno fa i due figli maggiori sono scappati e adesso, maggiorenni, vivono con i genitori in Lombardia. I due più piccoli no, sono uno nella casa famiglia piemontese, davanti alla quale i genitori da stamattina protestano. L’altro, invece, il più piccolo, vive presso una famiglia affidataria. Separati, quindi. A marzo, dopo dieci anni, il Tribunale dei minori di Milano li ha finalmente ascoltati: i due ragazzini hanno espresso la volontà di rivedere maggiormente i genitori e di rientrare nella famiglia da cui sanno di provenire, ma di cui ricordano poco o niente. Quando sono stati allontanati dalla casa di Cernusco sul Naviglio, in provincia di Milano, in cui vivevano, non avevano nemmeno 5 e 3 anni. Ed è appunto la casa il motivo principale per il quale sono stati allontanati: i coniugi Rotta hanno “osato” chiedere al Comune un sopralluogo nell’appartamento pubblico che è stato loro assegnato, per la presenza di muffa e amianto. Ma dopo il sopralluogo, gli hanno tolto i figli. “Per “incuria e ipostimolazione” dirà il Tribunale. Ma i coniugi Rotta sostengono che vi sia una quantomeno “strana” coincidenza nel fatto che l’allora sindaco fosse l’amministratore della cooperativa che gestiva quelli alloggi pubblici.
«In Italia dieci anni di carcere non lo danno quasi nemmeno a chi commette un omicidio» sostiene l’avvocato Francesco Miraglia, cui i coniugi Rotta, ormai esasperati e disperati, si sono rivolti per un aiuto. «Che delitto possono avere mai commesso questi ragazzini? O forse è un reato nascere poveri? Non sarebbe stato meglio aiutare la famiglia a gestirli invece di strapparglieli per dieci anni: quanto è costato tutto questo, in termini di sofferenza, soprattutto ai minori, ma anche alle istituzioni, che ne hanno mantenuto l’istituzionalizzazione per un decennio?».
A questi bambini è stato negato di crescere e giocare come fratelli, di svegliarsi la mattina di Natale e di andare ad aprire i regali sotto l’albero tutti insieme. E’ stato negato loro il bacio della buonanotte della mamma. E’ stato persino impedito loro di vedere la nonna malata, sul letto di morte. Se ne è andata senza poter dare loro un ultimo bacio. Persino quando la figlia è stata operata, alla madre non è stato concesso di sederle accanto, nel letto d’ospedale, in un momento delicato in cui avere la mamma accanto per un bambino è davvero importante. Sono ragazzini istituzionalizzati, che nemmeno ricordano come si stava in famiglia, sebbene vogliano molto bene ai genitori e ai fratelli. «Non so chi sono, sono sconosciuto a me stesso, non so nemmeno se sono i miei veri genitori» ha detto uno di loro al Tribunale, che finalmente a marzo di quest’anno (i bambini sono stati allontanati da casa a luglio del 2007) ha disposto di ascoltarli. Ma che ancora non ha emanato alcun provvedimento. Quanto ancora dovranno soffrire?
«Credo sia il caso di disinteresse da parte delle istituzioni peggiore in cui mi sia imbattuto in tanti anni di lavoro» prosegue l’avvocato Miraglia. «Chiederemo un’accelerazione delle pratiche, di riportare a casa questi ragazzini. Ma soprattutto cercheremo di capire chi sia il responsabile di una situazione simile, che ha causato così tanto dolore. Come è stato possibile sentire i minori soltanto dieci anni dopo l’emissione del provvedimento? Certo, i ragazzi in questi anni sono stati curati e seguiti, ma non hanno vissuto come una famiglia e la solitudine, il dolore e la rabbia che si portano dentro, potevano essere evitati. Non è escluso che richiederemo un risarcimento per questo ingiusto allontanamento durato un decennio».