Aemilia, niente sequestro per l’imputato Valerio
La Corte d’Appello rigetta il ricorso della Direzione distrettuale antimafia che dopo aver ottenuto la sorveglianza speciale puntava alla confisca dei beni
REGGIO EMILIA. La Corte di Appello di Bologna ha rigettato il ricorso della Procura antimafia di Bologna riguardo alla richiesta di una misura di prevenzione patrimoniale a carico di Antonio Valerio, imputato nel processo Aemilia in corso a Reggio. A dare notizia dell’ordinanza è il difensore, l’avvocato Francesco Miraglia, il cui assistito è infatti considerato un associato alla consorteria criminale di matrice ’ndranghetistica attiva a Reggio. Valerio, noto alle cronache anche per essere sopravvissuto all’agguato del killer Paolo Bellini, ha già una misura personale che prevede la sorveglianza speciale per due anni. La Dda, ricorda però Miraglia, con richiesta del 28 luglio 2015 chiedeva l’applicazione – oltre che della misura di prevenzione personale- anche di quella patrimoniale, vale a dire di sequestro e confisca di beni riconducibili a Valerio e ai suoi familiari, residenti a Reggio Emilia.
Fin da subito il tribunale reggiano lo scorso aprile rigettò nel merito l’istanza di sequestro «ritenendo non provati i diversi presupposti dell’adozione stessa, ovvero quello dell’attribuibilità al preposto dei beni intestati ai suoi familiari, quella della provenienza da reato dei beni intestati a Valerio, quello della sproporzione tra i beni a lui intestati e ai suoi proventi leciti, quello, ancora, della pericolosità sociale del preposto all’epoca, i cui beni erano stati acquistati».
In altre parole, conclude l’avvocato – che bolla Aemilia come «un processo mediatico dove tutti sono ’ndranghetisti e tutti sono già “colpevoli” a prescindere» – tribunale e Corte d’Appello «non hanno fatto altro che confermare che nessuna attività illecita e proventi illeciti possono essere riferiti al mio assistito proprio negli anni in cui viene contestato a Valerio una supposta partecipazione ad un associazione criminale».
Antonio Valerio, 49 anni, imprenditore edile di origine cutrese, è uno dei tanti imputati che sono ora nel mirino della procura antmafia, decisa a chiedere le misure di prevenzione per gli imputati di più elevato profilo criminale. Valerio, come detto, ha diversi precedenti ma è soprattutto noto per l’agguato che subì la sera del primo maggio del 1999 nel quale rimase ferito davanti alla casa dove abitava, in via Samoggia. Ad autoaccusarsi, in seguito, fu il killer Paolo Bellini. Questione ritirata in ballo da Bellini stesso durante una delle udienze di Aemilia, in cui il killer ipotizzò una guerra di mafia a Reggio negli anni ’90. Una testimonianza a tutto campo che aveva provocato la reazione di Valerio. Diversi i punti della deposizione contestati dall’avvocato Miraglia, quando il killer ha specificato «che per Valerio
dovevo fare un servizio, l’uccisione di un signore che sarebbe stato responsabile della morte di suo padre». Invece per il difensore: «Come mandante dell’omicidio a cui fa riferimento Belllini, Valerio è stato assolto dal tribunale di Catanzaro per non aver commesso il fatto». (e.l.t.)
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