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Fidenza – Gestisce una casa famiglia: accusato di maltrattamenti. E' un ex Br

Fidenza – Gestisce una casa famiglia: accusato di maltrattamenti. E’ un ex Br
Una comunità familiare che accoglie minori in difficoltà. Una «casa famiglia» dove bambini e adolescenti, allontanati da genitori giudicati inadeguati ad occuparsi di loro, dovrebbero ritrovare un ambiente sereno per ricostruire il loro equilibrio. Proprio in una di queste strutture, nata nel 2004 nella periferia di Fidenza, sarebbero avvenuti i fatti di cui è accusato Flavio Amico, che gestisce insieme alla moglie Margherita Fortisi la comunità legata all’associazione onlus «We are here – Noi siamo qui». Flavio Amico, nato a Caltanissetta nel ’55, è imputato dei reati di maltrattamento di minori e abuso di mezzi di correzione in un processo in corso nel Tribunale di Parma sede distaccata di Fidenza. La denuncia, sporta da un educatore che all’epoca dei fatti lavorava nella struttura fidentina, si riferisce a due episodi, uno avvenuto nel 2008 e uno nel 2009, ai danni di due ragazzi allora ospiti dalla comunità gestita dai coniugi Amico. Le prossima udienza del processo, la quarta, è prevista per venerdì prossimo. Nel frattempo Flavio Amico continua a gestire la comunità familiare a Fidenza e inoltre lavora come educatore anche nella comunità educativa per minori Cà degli Angeli di Tabiano, aperta nel 2009 e recentemente trasferita all’interno di una struttura di accoglienza più ampia, Casa Viburno, nata lo scorso anno sempre per mano dell’associazione «Noi siamo qui», di cui la moglie di Amico, Emanuela Fortisi, è presidente. Ma ora si aggiunge un’altra notizia inquietante sulla figura di Flavio Amico: un passato da brigatista. L’educatore di minori in difficoltà sarebbe infatti stato coinvolto nel sequestro Moro e per questo condannato a 18 anni di carcere per associazione sovversiva. Lo segnala in una lettera molto dettagliata (indirizzata, oltre che alla Gazzetta e al diretto interessato Flavio Amico, al Garante per l’infanzia, all’assessore regionale alle Politiche sociali, al presidente della Regione e al ministro Elsa Fornero) l’avvocato Francesco Miraglia, autore del libro sui diritti violati dell’infanzia «Mai più un bambino» e legale rappresentante dei genitori di un ragazzino ospitato nel 2010 nella comunità Cà degli Angeli di Tabiano. Nella lettera si afferma che «nel ’78 Flavio Amico era stato arrestato insieme ad altri esponenti delle Brigate Rosse in via Montenevoso 8, a Milano, nella cosiddetta “prigione del popolo”. Al momento dell’arresto Amico si dichiarava “combattente comunista” e, in un’altra occasione, “prigioniero di guerra”. Risulta inoltre che per il suo coinvolgimento nel sequestro Moro Flavio Amico, appartenente alla colonna «Walter Alasia», che si autodefiniva “irriducibile”, fu condannato a 18 anni di carcere per associazione sovversiva». «Dal ’78 al ’98 Flavio Amico risulta inoltre aver collezionato numerose condanne – continua la lettera – anche per reati contro la persona, e ora sta subendo un processo a Fidenza (Pr) dove figura imputato con l’accusa di maltrattamenti di minori». Dopo questa premessa, l’avvocato Miraglia si rivolge agli organi e agli enti preposti a vigilare sul buon funzionamento delle strutture di accoglienza per minori, dichiarando che «sia io che il mio assistito auspichiamo si tratti di un caso di omonimia. In caso contrario sarebbe gravissimo che un ex brigatista, oltre ad usufruire di fondi pubblici, si occupi, come educatore, di minori già provati da situazioni famigliari particolari». Anche durante la presentazione del suo libro al Senato della Repubblica il 31 gennaio scorso, Miraglia aveva citato la singolare vicenda della comunità come caso emblematico del cattivo funzionamento degli enti controllori. La richiesta di fare chiarezza su questa complessa vicenda è approdata dunque anche sul tavolo del dottor Luigi Fadiga, Garante per l’infanzia e l’adolescenza, organo istituito nel 2011 presso la Regione Emilia Romagna con il compito di individuare e attivare tutte le competenze che riguardano i minori e che devono garantirne i diritti. Ed è quello che il dottor Fadiga si appresta a fare, come ci ha confermato al telefono, con l’apertura di un fascicolo sul caso.