Un raggio di speranza per il bambino che sorrideva sempre
Ci sono sviluppi sulla vicenda della famiglia di Predazzo a cui più di un anno fa è stato sottratto il figlio, quando aveva solo 2 anni, dal Tribunale dei Minori di Trento, affidandolo a una comunità e in seguito a una famiglia, perché secondo lo psicologo, poi denunciato, la madre “poteva avere delle ricadute (per problemi di più di venti anni fa) e non perché al bambino sia mai successo di subire comportamenti violenti”, come si legge in questo articolo.
Ieri, infatti, i genitori del bambino sono stati ricevuti dall’Assessore Alberto Casal, competente per i Servizi Socio-Sanitari Assistenziali della Comunità di Valle, insieme all’avvocato Francesco Miraglia e al responsabile per l’area dei minori del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, Paolo Roat.
Come raccontato dalla stessa madre «l’incontro ci lascia ben sperare poiché l’Assessore è stato molto disponibile per quanto riguarda il cambio del Servizio Sociale di competenza da noi richiesto ed ha promesso che assumerà anche tutte le informazione sulla procedura da adottare per l’effettuazione di questo passaggio presso altri Enti che hanno già seguito questa strada. Siamo certi che l’Assessore ci aiuterà e gliene siamo grati».
C’è stato anche l’incontro con l’assistente sociale e le figure professionali coinvolti nella gestione dell’affidamento familiare del figlio della coppia.
Sempre la madre racconta che «purtroppo, in questo senso, la situazione è bloccata ed ho la netta sensazione che si tratti di una rappresaglia del Servizio Sociale nei nostri confronti inaspritasi dopo le azioni che siamo stati costretti ad intraprendere al fine di ottenere giustizia.
Purtroppo l’Assistente continua a definire “polemiche” le mie richieste di chiarimenti – continua la donna – che da oltre un anno non ottengono risposta, ed è mia opinione che anche nell’incontro di ieri si sia data da fare di più a divulgare la mia presunta polemicità ai presenti che non a concentrarsi su quello che è meglio per il bambino». La donna, infatti, dal 26 maggio scorso raccoglie firme a Cavalese, nei pressi della sede della Comunità della Valle per avere un sostegno popolare alla richiesta di cambiare il Servizio Sociale a cui potersi riferire nell’ambito della sua vicenda. «Difatti – prosegue la madre – nemmeno un piccolo passo è stato fatto nella direzione di progredire nel concederci un minimo in più di tempo e di spazio con nostro figlio nonostante la nostra ineccepibile collaborazione con tutti i servizi coinvolti, da loro medesimi riconosciuta
Più che dell’ingiustizia che stiamo subendo siamo però preoccupati per la sofferenza di nostro figlio, la vera vittima di questa situazione, che se solo ci fosse un minimo di disponibilità da parte del Servizio Sociale, sarebbe paradossalmente sbloccata in pochi minuti di accertamento di fatti reali, cosa che sempre ci è stata rifiutata». Ma la donna non si perde d’animo: «è proprio per questo che confidiamo tanto nell’operato dell’Assessore. Tutto quello che vogliamo è il bene di nostro figlio e allo stato attuale l’unica via per ottenere ciò è avvalerci di un Servizio Sociale imparziale e competente che ci segua nel rispetto di tutte le leggi, le buone prassi e le indicazioni dei professionisti, ma soprattutto nel rispetto della verità». Sull’incontro ha detto la sua anche Paolo Roat, del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani: «I segnali di apertura dell’Assessore che finalmente sembra aver deciso di vederci chiaro e di risolvere la faccenda sono molto incoraggianti. A nostro avviso la vicenda presenta molte irregolarità, a cominciare dalla perizia dello psicologo, anche in considerazione della recentissima interrogazione del Consigliere Provinciale Bezzi sul possibile conflitto di interesse dello psicologo che ha redatto la perizia. Siamo però molto fiduciosi dopo le promesse fatte dall’Assessore che pare aver capito che la vicenda presenta delle ombre. La vicenda è seguita da vicino anche da Adiantum nella persona di Gabriella Maffioletti». Inoltre, anche l’avvocato della coppia, Francesco Miraglia, si augura che l’Assessore abbia ben compreso che la mancanza di fiducia tra utente e operatore è fondamentale in vicende così complesse: «è fuori di dubbio – ha affermato il legale – che tra i miei assistiti e l’assistente sociale il rapporto è logorato viste le varie valutazioni puramente personali riportate nelle varie relazioni che di fatto hanno condizionato la decisione del Tribunale di allontanare il bambino dai propri genitori». «Ancor più grave – continua l’avvocato Miraglia – è l’ultima decisione dell’assistente sociale comunicata ai genitori dopo l’incontro con l’Assessore: vista la mancanza di collaborazione da parte vostra gli incontri tra figlio/genitori non verranno aumentati. Mi chiedo è mai possibile che un assistente sociale abbia un potere così ampio di decidere la vita di un bambino e della sua famiglia senza alcun controllo? Penso che sia arrivato il momento di una vera riforma dei servizi affinché valutazioni personali, risentimenti e altro non possano prendere il posto delle competenze e delle conoscenze scientifiche che ogni operatore che si occupi di minori deve avere». La donna, comunque, ha annunciato che continuerà a raccogliere firme, anche se non stazionerà più davanti alla Comunità di Valle, «poiché credo che finalmente si sia deciso di ascoltare il nostro dolore e quello di nostro figlio di soli tre anni che soffre lontano dalla sua famiglia».
Gian Piero Robbi – giampi.robbi@gmail.com Questa email proveniente dal sito (lavocedeltrentino.it)
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