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"Sull'autismo #metticilcuore perché #civorrebbeunamico"

– La Prof.ssa Vincenza Palmieri e l’Avv. Francesco Miraglia lanciano una Campagna virale che raccolga testimonianze, denunce, ma anche percorsi virtuosi e buone pratiche legate all’Autismo” –
“Ci sono mamme e mamme. Mamme che al mattino corrono già, tra il lavoro e i figli che devono essere accompagnati a scuola, i compiti ancora da finire, la merenda… e “mamme NO”, mamme che vengono guardate ed ignorate, non conosciute, spaventate, a volte sole. Per loro non c’è il pensiero del dopo di noi. Perché non c’è il noi. Non c’è un dopo perché non c’è l’oggi.
Sono tragedie che si articolano in uno “Spettro”: lo spettro autistico. Mi chiedo se invece di spettro avremmo potuto chiamarlo “range”, o “forchetta” o “campo”. Mai definizione fu più paradossale, restimolativa, diabolicamente evocativa.
Certo, lo spettro fa più impressione perché non se ne capisce la ragione originaria, il senso. E ci si chiede cosa sia successo, quando sia cominciato. E, soprattutto, se mai finirà.” Queste le parole della Prof.ssa Vincenza Palmieri, Presidente dell’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare, che, insieme all’Avv. Francesco Miraglia  – a proposito di un caso importante a lui affidato a Modena, hanno deciso di affrontare, in maniera integrata, un tema oggi ancora molto dibattuto: quello dell’Autismo.
 
Poco si sa con certezza delle cause e della natura profonda di tale disturbo ma, certamente, lo si può definire come “un giardino della diversità” che, in quanto tale, necessita di tutele altrettanto particolari.
Nel nostro Paese, invece, si assiste a numerosi casi in cui si riscontra un vuoto di assistenza e di cura che, di fatto, configura una situazione profondamente discriminatoria: molti bambini, ragazzi e poi adulti, vengono lasciati indietro, tenuti da parte, per l’inadeguatezza e l’assenza di misure che dovrebbero, invece, essere costituzionalmente garantite.
E’ il caso denunciato da A.G., una mamma modenese, che si è rivolta all’Avvocato Francesco Miraglia raccontando proprio di questo vuoto colpevole: “Un progetto di vita, per mia figlia, non è mai stato fatto. E’ stata abbandonata. Perché esistono autistici di serie A e di serie B?”. A.G. si è accorta della patologia della propria bambina molto presto e ha tentato, in linea con la normativa vigente, di accedere al Programma regionale integrato per l’assistenza alle persone con disturbo dello spettro autistico. Eppure, anche a causa di un sostegno scolastico discontinuo ed insufficiente, non ha visto alcun miglioramento nel tempo.
“Nel corso dei cinque anni delle elementari – racconta – mia figlia ha avuto sempre un’insegnante di sostegno diversa, senza alcuna continuità didattica. Ho chiesto all’Amministrazione che mi venisse fornito personale per seguirla nel doposcuola ma non sono stata mai richiamata”. Non solo: A.G. non usufruisce nemmeno degli assegni di cura che in alcune città viene erogato ai familiari di minori con disabilità gravi, visto che la scelta da parte dei singoli Enti è discrezionale. “Di fatto – spiega l’Avv. Miraglia – si ignora il richiamo dettato dal Garante Regionale che invita il Comune a considerare in maniera preminente l’interesse del fanciullo e un livello di vita adeguato per lui e per la sua famiglia. Si configura, così, una forma di discriminazione indiretta ed una disparità di trattamento rispetto ad altri minori, con problematiche affini, risiedenti in territori limitrofi”.
Il dibattito sul sostegno scolastico è, in questi giorni, particolarmente vivo. La stessa Palmieri – in un recente articolo – denuncia l’inadeguatezza del sistema, ravvisando come si assista a casi in cui il sostegno viene imposto a ragazzi che non avrebbero bisogno di “alcuna stampellina” perché in grado di camminare con le proprie gambe,  mentre invece spesso si procede con un sostegno che non serve e, anzi, crea esso stesso quel ritardo e quella difficoltà presunti che si dovrebbero andare a risolvere.
Di contro, in casi in cui l’educatore di sostegno rappresenterebbe quella cura e quella tutela fondamentali per il minore, questo invece non sempre risulta disponibile.
Viene, dunque, negata l’assistenza domiciliare e quel sostegno a scuola, fondamentale, che garantirebbe il Diritto all’Apprendimento – e non il ‘semplice’ Diritto allo Studio, ma soprattutto il Diritto alle relazioni sociali! Relazioni sociali ed integrazione che nell’attuale organizzazione della didattica, più che servire al cosiddetto disabile, in effetti dovrebbero servire ai cosiddetti “abili”, che così vanno a misurarsi con l’incomprensibile, la diversità, la paura della differenza inguaribile e riescono così forse a sviluppare buoni sentimenti e sensibilità.
Ci vorrebbe un amico, si! Un bambino disabile a scuola ci sta 4 ore. È il resto del tempo? Come può recuperare, riabilitarsi, integrare ed integrarsi se non c’è nessuno, oltre la mamma, nelle altre 20 ore? A volte c’è la famiglia allargata che si struttura intorno al bisogno, ma quando non c’è nessun altro?
Dal punto di vista numerico e di competenza, la figura di un educatore – che sia presente a scuola così come nell’ambiente domestico – è ancora profondamente insufficiente, a tal punto che non si riesce ad offrire, nonostante la presenza spesso anche di provvedimenti emessi dalle Autorità locali di Garanzia, quel Diritto ai Livelli di Vita Adeguati propri di ogni Cittadino.
Come è possibile, dunque, che in molti casi specifici tali dettati rimangano lettera morta e che pochissimi Cittadini siano a conoscenza dei propri diritti in tal senso? Uno degli incubi ricorrenti, all’interno delle famiglie con figli autistici, è la domanda costante dei genitori: “cosa accadrà, dopo di noi?”, perché questi bambini nascono, crescono ed invecchiano discriminati.
“Sono discriminati – incalzano Miraglia e Palmieri, che hanno preso in carico e a cuore la storia di A.G. come quella di molte altre famiglie con la stessa angoscia – perché fin dall’inizio manca un perché chiaro alla loro condizione: nascono sani e poi ad un certo punto non comunicano più. Sono discriminati perché inseriti in uno “spettro” con sfumature incerte, che diventano un lager, più che un giardino. Discriminati perché considerati ‘migliorati’ quando ‘obbediscono’. Discriminati perché anche quando il sostegno c’è, è a macchia di leopardo, insufficiente e precario. Avrebbero bisogno di altissime professionalità, in grado di cogliere le loro sfumature, e invece sono pochissime le persone formate e gli spazi d’offerta di tale ascolto e sostegno.
Avrebbero bisogno di un amico, dunque. Anche di quel dio minore, fuggito da Modena, passato per Eboli, che ha accompagnato Cristo un po’ più lontano”.
Per questo, la Prof.ssa Palmieri e l’Avv. Miraglia, lanciano oggi insieme ed in rete una Campagna.
L’idea è quella di rendere virale un hashtag, utilizzando gli strumenti che ci mette a disposizione la tecnologia oggi, al servizio delle persone; un hashtag che raccolga in pagine e pagine le parole, le denunce, ma anche le azioni positive e le buone pratiche legate e dedicate all’autismo: per rendere “questo spettro meno spettro”, per fare rete e per divenire, tutti insieme, un dio maggiore:   #metticilcuore   perché   #civorrebbeunamico
 
Leggi Cronaca Sociale.itRivista culturale sui Diritti Umani e le Riforme Sociali

Si può fare in maniera diversa

manifesto Si pu+¦ fare-page-001 I malati psichiatrici e le nuove prospettive di cura affrontate nella conferenza “Si può fare in maniera diversa, Franco Basaglia”
Tra i relatori anche l’avvocato Francesco Miraglia del Foro di Modena che da anni si occupa di queste problematiche.
I servizi psichiatrici per adulti e per bambini, le leggi e le nuove prospettive nel sostegno delle persone con disturbi psichici. Questi alcuni degli argomenti che verranno trattati il prossimo 25 febbraio in occasione della conferenza dal titolo “Si può fare in maniera diversa, Franco Basaglia”, che si terrà a partire dalle ore 9 fino alle 18 presso il Chiostro della Chiesa di San Giuliano Martire, in via San Giuliano, 16 a Rimini.
Una giornata di riflessione dedicata a un argomento delicato e molto attuale che vedrà la partecipazione di numerosi esperti che quotidianamente vivono questa esperienza tra cui l’avvocato Francesco Miraglia, del Foro di Modena che, da ormai diversi anni, sostiene i bambini e le famiglie che si trovano a subire in questo ambito gli interventi non sempre “consoni” dei servizi sociali e dei tribunali per i minorenni contro i quali, più volte, ha manifestato il proprio dissenso a favore della genitorialità, dell’importanza per il bambino di avere accanto alla propria famiglia in presenza di tali circostanze.
Un intervento quello dell’avvocato Miraglia, coautore dei libri “Mai più un bambino, famiglia, istituti, case famiglia, diritti dei bambini” (2013, Armando Editore) e “Italiani da Slegare, Contenzione la vergogna del silenzio” (2010, Koinè Nuove Edizioni) che rintraccerà brevemente  la storia della Legge Basaglia (n. 180, del 13 maggio 1978 che prevedeva la chiusura  dei manicomi  e che regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici) sottolineando quali sono stati gli aspetti “rivoluzionari” che essa ha comportato e come poi in realtà, oggi, essa venga spesso disattesa. Una riflessione che lo porterà poi ad affrontare le problematiche legate alla contenzione, al ruolo e sulle condizioni in cui lavorano gli operatori psichiatrici per poi, a livello legale, concentrarsi sul reato di falso ideologico in ambito sanitario. “Credo di essere uno dei pochi avvocati – spiega Miraglia – a cui, da circa 10 anni, si rivolgono pazienti psichiatrici con condizioni socio economiche più svantaggiate e che sulla contenzione modenese dal 1998 ad oggi  vanta un voluminoso dossier in cui falso ideologico, la non registrazione in cartella clinica, il non controllo dei pazienti legati sono persistiti ininterrottamente per anni”.
Una giornata ricca di interventi che vedrà, durante la mattinata, dopo l’apertura del vicesindaco ed assessore alle Politiche sociali del Comune di Rimini Gloria Lisi, gli interventi rispettivamente dello psichiatra Riccardo Sabatelli (I dati della Salute mentale a Rimini. Quali progetti di riabilitazione e gli interventi socio-sanitari nel territorio), Stefania Guerra Lisi, esperta in riabilitazione handicap sensoriale, motorio e psichico (Il corpo nella Globalità dei Linguaggi. Comunicare la diversità), della psicologa Vincenza Palmieri fondatrice del programma “Vivere senza psicofarmaci” (Si può fare, si può vincere, si può liberare: dalla schiavitù, dal businness, dai poteri. La guerra e le opportunità), della giornalista Nunzia Manicardi (Viaggio negli SPDC: italiani da slegare), dell’avvocato Francesco Miraglia (Le corde non curano mai!) ed infine di Maria Rosaria D’Oronzo, psicologa, fondatrice e responsabile del Centro Relazioni Umane di Bologna, del Telefono Viola (Creatività e gioia di vivere). Nel pomeriggio, a partire dalle ore 15 prenderanno la parola Marisa Golinucci, responsabile dell’associazione Penelope (Gli allontanamenti in Italia ed in Emilia Romagna, dati ministeriali. Come intervenire in caso di sofferenza psichica, minori, Alzheimer. Il ruolo delle Istituzioni, dell’Associazione Penelope, del Volontariato) Mariano Loiacono, psichiatra e psicoterapeuta, presidente della Fondazione Nuova Specie (La “diversità” del Gruppi alla Salute nell’approccio al Disagio Diffuso) ed infine Roberta Casadio, responsabile del progetto Recovery house di Faenza (Percorsi di guarigione: testimonianze dal progetto di Recovery house di Faenza). Un’iniziativa va ricordato realizzata con il patrocinio del Comune e della Provincia di Rimini, con il sostegno del Centro di Servizio del Volontariato della Provincia di Rimini,oltre alle diverse associazioni, sempre di volontariato, facenti parte del progetto sociale “Avanti tutti”.