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“Come regalo di Natale vogliamo stare più tempo con la mamma”.

Trento, 24 dicembre 2012. – di Nadia Milliery Ognibene
“Come regalo di Natale vogliamo stare più tempo con la mamma”. Questa la richiesta al Giudice di due bambine di Trento affidate ai Servizi sociali. “Non abbiamo mai capito il motivo del poco tempo che possiamo passare con la mamma.” Anche le parole di un minore hanno il loro peso, andrebbero comprese e ascoltate. Non è così, ormai, da tempo, per due bambine di Levico Terme, in provincia di Trento “contese” dai genitori e che, da marzo 2010, sono state affidate ai Servizi sociali della “Comunità Valsugana e Tesino” e “collocate” presso la residenza del padre.
Una situazione che con il tempo è andata peggiorando e che lo scorso 14 dicembre ha portato la madre, C.D.,a depositare una querela presso la Procura di Trento, nei confronti di R.A., l’assistente sociale che segue il loro caso, per minacce, violenza privata e diffamazione, dopo che una delle figlie, che chiameremo Maria, di 12 anni, si era rifiutata di tornare a casa dal padre.
Ma veniamo ai fatti. Lo scorso 7 dicembre, Maria chiede alla madre di poter rimanere a casa con lei. A nulla servono le insistenze dei genitori stessi e dell’educatrice presente per farle cambiare idea; così la bambina, in accordo con i servizi sociali, riamane a casa della madre.
Dopo 3 giorni, la donna si presenta presso i Servizi sociali ma l’assistente sociale di riferimento, R.A. è in ferie. La sostituta stabilisce che malgrado l’accaduto, tutto sia regolare e che entrambe le bambine possono continuare ad incontrare la madre, per 7 ore a settimana, come erano solite fare. Ma dopo poche ore, arriva, inaspettato, il contrordine. R.A., infatti, decide non solo di sospendere gli incontri ma anche le telefonate tra la madre e le figlie.
Una decisione non condivisa dalla piccola Maria che si impunta e vuole essere ascoltata. Richiesta, che pochi giorni prima aveva espresso anche per scritto, mandando una lettera al Giudice che segue la vicenda, e nella quale diceva: “Caro Signor Giudice, è da tanto tempo che diciamo a papà, mamma, psicologi, assistenti sociali, educatori…che vorremmo stare più tempo con la mamma. Così visto che dopo tre anni le cose sono cambiate ben poco e non nella maniera desiderata vorrei chiederle se per Santa Lucia o per Natale al posto dei regali ci potrebbe portare un aumento delle ore con la mamma e di poter stare metà tempo con la mamma e metà con il papà. Speriamo che accolga la nostra richiesta anche perché non abbiamo mai capito il motivo del poco tempo che possiamo passare con la mamma. Con lei ci divertiamo tanto e facciamo belle attività (découpage, lavoretti…)”.
Parole cadute nel vuoto ma che Maria ha voluto ribadire il 10 settembre quando, seguendo le istruzioni dei Servizi sociali, il padre è andato a riprenderla a casa della mamma, con metodi, a detta di quest’ultima “autoritari e ricattatori” e che, pertanto, hanno condotto D.C. a chiamare le forze dell’ordine,”per cercare di risolvere la situazione” visto che Maria, che già in mattinata aveva avuto un leggero malore, si stava nuovamente sentendo male.
Alla presenza delle Autorità, davanti al padre e alla madre, Maria ha chiamato l’assistente sociale R.A che in quel frangente, inconsapevole che il telefono fosse in viva voce, l’avrebbe minacciata con le seguenti parole: “O torni a casa con il papà o io devo prendere la decisione di metterti in collegio. Il giudice sapendo questa cosa fa del male a te, alla Giulia e alla mamma. …Allora vuoi andare in un istituto che sarebbe un luogo alternativo al carcere e non vedere più la mamma…” oltre a offendere la madre stessa.
“Invece di aiutare una bambina che chiede semplicemente di essere ascoltata – sottolinea il legale della madre, l’avvocato Francesco Miraglia del Foro di Modena – assistiamo increduli ad una presa di posizione di un adulto, in questo caso l’assistente sociale, che invece di aiutare questa bambina, la minaccia, la mette in difficoltà, non svolgendo quindi il compito che invece dovrebbe avere cioè quello di aiutarla, sostenerla. E’ evidente che Maria richiedeva semplicemente di vivere in un clima sereno come d’altronde ribadiva nella lettera inviata al giudice nella quale affermava: “Ci manca tanto la mamma anche se stiamo bene con il papà, ci piacerebbe avere dei genitori normali come tutti senza dover stare sempre negli orari. Ogni tanto ci arrabbiamo con l’assistente sociale, lei, perché non ci sembra di essere ascoltate. Per questi motivi vorremmo chiedere di incontrarla e di poter parlarne a voce. Grazie, per aver letto questa lettera a presto””.

Vuole la mamma in dono

Trento. “Caro Signor Giudice vorrei chiederle per Santa Lucia o per Natale, al posto dei regali, ci potrebbe portare un aumento delle ore con la mamma  e di poter stare metà tempo con la mmma e metà con il papa. Ci piacerebbe avere dei giorni normali come tutti senza dover stare sempre negli orari”-Inizia così la lettera che una bambina ha rivolto al giudice per chiedere di essere ascolatatadal Magistrato.La storia di  Maria (nome di fantasia), una bambina di dodici anni, al termine della visita con la mamma ha “imposto” il suo diritto di essere ascoltata, il suo diritto a una vera bigenitorialità e il suo diritto a una normale vita familiare, rifiutandosi di interrompere la visita e rimanendo a dormire dalla mamma, nonostante il parere contrario dell’educatrice. La sorellina più piccola invece ha deciso di andare con il papà.
La Vicenda di Maria e di sua sorella di circa 8 anni, nasce 3 anni fa quando il giudice della separazione affidava ad una psichiatra il compito di valutare le capacità genitoriali della loro madre. Ancora una volta le valutazioni soggettive di una consulenza hanno deciso di fatto che Maria e sua sorella incontrassero la loro madre 6 ore alla settimana in presenza di un educatore, in quanto non affidabile, priva delle capacità genitoriali e addirittura “pericolosa” per le sue stesse figlie. Varie sono state le richieste al Giudice di “normalizzare” gli incontri tra madre e figlia ma tutto è rimasto senza riscontro in nome di una presunta patologia della madre e di quanto volta in volta il servizio sociale referente relazionava.
 Inoltre recentemente si è anche denunciato un conflitto di interesse tra la consulente d’ufficio e l’avvocato del padre di Maria in quanto entrambi componenti della stessa associazione a tutela dei minori. Nonostante tutto queste bambine non possono incontrare liberamente la loro madre.
 Maria e la sorella più piccola manifestavano da anni il desiderio di una vera bigenitorialità e di avere dei rapporti familiari normali come tutti i loro amici. Ma solo recentemente Maria aveva maturato la decisione di esigere i propri diritti grazie alle informazioni ricevute sul caso di Cittadella nel corso della trasmissione Pomeriggio Cinque condotta da Barbara D’Urso. Si parla tanto male della televisione generalista ma per fortuna ci sono ancora dei programmi che fanno buona informazione. Per di più, proprio in quel periodo la scuola frequentata Maria ha iniziato un progetto di “maturazione” in cui gli studenti dovevano scoprire e prendersi la responsabilità di realizzare concretamente i loro desideri più intimi e sinceri. Dobbiamo quindi dare merito alla scuola, spesso ingiustamente criticata, per il suo continuo lavoro di educazione e formazione dei cittadini di domani.
 Maria ha quindi iniziato ad informarsi consultando le leggi in materia di affidamento, e ha scoperto che secondo la convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, un minore ha il diritto di essere ascoltato. Ha quindi manifestato la sua intenzione allo psicologo che le ha promesso che avrebbe sentito il giudice, e in seguito ha persino scritto una lettera al giudice manifestandogli questo suo desiderio. Ed è proprio qui che ci ha dimostrato come spesso i bambini sono più intelligenti e maturi degli adulti. Nella sua lettera, scritta assieme all’educatrice e alla sorellina, ha chiesto la vera applicazione dell’affidamento condiviso. “Caro signor Giudice, […] vorrei chiederle se per Santa Lucia o per Natale, al posto dei regali, ci potrebbe portare un aumento delle ore con la mamma e di poter stare metà tempo con la mamma e metà con il papà. […] Ci piacerebbe avere dei giorni normali come tutti senza dover stare sempre negli orari.”
 Purtroppo in una giustizia minorile non a misura di bambino, né il giudice né l’assistente sociale hanno chiamato le bambine per ascoltarle. A questo punto Maria ha deciso di prendere in mano la situazione e di “imporre” la sua decisione. Alla fine l’educatrice, di fronte alla maturità e alla determinazione dimostrate da Maria, ha accettato di lasciarla dalla mamma sebbene il decreto (di almeno 2 anni fa) le avrebbe imposto di comportarsi diversamente. Finalmente una decisione sensata, diremmo noi.
 L’avvocato della madre Francesco Miraglia del Foro di Modena si augura, a questo punto, che il giudice e i servizi sociali prendano atto della reale volontà del minore e adeguino velocemente le loro decisioni per il reale benessere del minore. E che facciano un vero regale di Natale alle bambine permettendo loro di vivere una vita normale con entrambi i genitori. Prosegue Miraglia: “I giudici spesso non hanno voglia di sentire i bambini ma ancora di più non sono, né loro né i CTU preparati ad ascoltare i minori, i quali rischiano di mettere nel sacco tutte le teorie, tutte le diagnosi e tutte le perizie fatte sui genitori e sui bambini stessi

 
.”
 

MIRAGLIA e KWASNICKA- Incontro del 15 settembre 2012 "Ridateci i nostri figli"

INCONTRO del 15 settembre 2012
“ridateci i nostri figli
 -Storie di bambini sottratti alla famiglia raccontate dal loro avvocato”
Relatori: dott.ssa Emilia Kwasnicka e avv. Francesco Miraglia
Nell’odierno incontro la nostra Associazione ha avuto l’opportunità di ospitare due Relatori dei quali è ben noto l’impegno  e la dedizione posta nell’affrontare  i problemi attinenti la tutela dei minori: la dott.ssa  Emilia Kwasnicka, attivo membro del Comitato dei Cittadini  per i Diritti Umani (CCDU-ONLUS)  e   l’avv. Francesco Miraglia del Foro di Modena.
Nell’occasione i due Relatori hanno presentato il libro /inchiesta nel quale la scrittrice, docente e giornalista Nunzia Manicardi ha raccontato i casi giudiziari più significativi di sottrazione ingiustificata  di minori alle loro famiglie patrocinati dall’avv. Miraglia.
Nell’intervento d’apertura la dott.ssa Emilia, dopo aver sottolineato il carattere informativo dell’incontro, ha evidenziato i guasti che frequentemente  provoca la prassi seguita dai Tribunali nei casi di sottrazione dei minori dalle loro famiglie. Provvedimenti troppo spesso decisi sulla base di perizie inficiate da  interpretazioni “soggettive” e di motivazioni prive di valenza scientifica e talora assolutamente non definibili nel concreto quali “situazioni pregiudiziali, incapacità genitoriale, rete genitoriale inadeguata ecc. ” .
A sua volta l’avv. Miraglia,  entrando nel vivo dell’incontro, ha illustrato l’articolazione del libro oggetto di presentazione  per poi passare  all’esame  di alcuni dei casi più significativi che in esso sono raccontati, soffermandosi in particolare  sul quello (avviato nel 2007 ed ancora non chiuso)  riguardante la piccola Anna Giulia Camparini. Una bimba sottratta ai propri genitori all’età di 4 anni nonostante  i ripetuti pareri sfavorevoli di assistenti sociali e consulenti. Provvedimento che ha indotto  gli stessi genitori   a rapire  per ben due volte la propria figlia  per tentare di sensibilizzare l’opinione pubblica dell’ “ingiustizia sofferta” anche a prezzo di incorrere consapevolmente  nei rigori della legge.
Un caso questo davvero emblematico – ha sottolineato l’avvocato – nel quale si ritrovano  gran parte delle disfunzioni che caratterizzano la giustizia minorile, quali:
–        i minori considerati  “soggetti incapaci” da proteggere e non “titolari  di diritti“;
–        giudici minorili più portati ad assumere  la veste di difensori dei minori  che di “terzi super partes”;
–        sottrazioni eseguite ancor prima dell’accertamento del reato attribuito ai genitori come previsto dall’art. 30 (commi 1 e 2) della nostra Costituzione;
–        relazioni caratterizzate da giudizi soggettivi  non sorretti da dati o fattori certi e documentati, quali ad esempio “l’incapacità (di una madre) di gestire  sé  ed il proprio spazio o   l’eccessivo affetto nei confronti del proprio figlio”.
Avviandosi alla conclusione del suo dettagliato intervento, l’avv. Miraglia  ha accennato ai vari tentativi  in corso  per modificare la normativa vigente (vds. Disegno di legge  del sen. Cardiello) e agli interessi economici  connessi agli allontanamenti che talora si manifestano con intrecci professionali che lasciano “ampio spazio a dubbi”.
Successivamente ha invitato la signora Fabiola (presente occasionalmente tra il pubblico)  ad esporre  la sua personale esperienza nel contesto della quale è transitata  da “chiedente aiuto alle istituzioni  a vittima” con relativo affidamento del figlio  al  padre dalle intemperanze del quale avrebbe dovuto essere invece protetto.
 
Un vivo ringraziamento ai nostri Relatori per la disponibilità  con la quale hanno risposto all’invito della nostra Associazione  e per la coinvolgente relazione svolta. 
Ai soci e simpatizzanti che hanno partecipato all’incontro l’invito a completare le informazioni acquisite  con una attenta e meditata lettura del libro presentato.
 
                                                                          Il Segretario
                                                                      Pierluigi saladini

Miraglia denuncia 'In comunità circolano droga e alcol'

Trento, 30 luglio 2012.  – Nella comunità in cui sono ospitati anche giovani trentini circolano droga e alcol e gli educatori portano i ragazzi a comprare la droga, per questo, oggi l’avvocato Francesco Miraglia del foro di Modena ha presentato due esposti alla procura di Chieti per le gravi irregolarità segnalate da alcuni adolescenti che erano stati ospitati presso la cooperativa Lilium, un centro di cura per minori con gravi disturbi psichiatrici di S. Giovanni Teatino, Chieti, che ospita anche minori trentini.
Secondo la denuncia dell’avvocato le segnalazioni ricevute in merito alla circolazione di droghe e alcool nella comunità sono state purtroppo confermate da un ragazzo di Padova. Nella relazione del dott. Paolo Cioni si afferma che il ragazzo ha dei ricordi e dei vissuti estremamente negativi sulla comunità terapeutica di Chieti: “In particolare riferisce che «circolavano droga e alcool. Gli educatori ci portavano a comprarla al Parco Florida, vicino a Pescara». In particolare cita un educatore […] che sarebbe stato il referente di questo meccanismo.”
Recentemente la comunità era salita all’onore delle cronache per il caso di una ragazza di Trento trattenuta in struttura contro la sua volontà nonostante avesse subito un assalto sessuale da parte di un infermiere della struttura. La vicenda, assieme ad altre segnalazioni, era stata presentata alla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza presieduta dall’onorevole Alessandra Mussolini. In seguito la ragazza era stata liberata, ma la comunità invece di ammettere le proprie responsabilità aveva diffuso una nota giustificativa (pubblicata anche su Internet) che i genitori avevano poi pubblicamente smentito. Ma in questa nota la comunità stessa ammetteva di non aver sporto una formale denuncia affermando di “aver svolto repentinamente indagini interne, per appurare quello che realmente era accaduto, coinvolgendo anche i carabinieri e invitando la ragazza stessa a sporgere denuncia, cosa che, però, la minore si è rifiutata di fare”.
E purtroppo queste non sono le uniche irregolarità segnalate sulla struttura di Chieti. La minore stessa e altri ospiti hanno scritto di ragazzi e ragazze legati ai letti e chiusi in stanza per ore, di una prassi secondo la quale nei primi tre mesi si vieta agli ospiti qualsiasi contatto con l’esterno, di problemi di sicurezza con ragazzi che si scambiano gli psicofarmaci, di condizioni insopportabili che spingono i ragazzi a tentare la fuga con parecchie fughe occorse anche nel periodo di permanenza della minore (lei stessa è fuggita ed è stata ripresa più volte) e di droghe circolanti nella struttura. Queste segnalazioni sono state confermate con messaggi email, commenti su Facebook e dichiarazioni scritte raccolte dalla mamma della minore, dal Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani e dall’associazione Pronto Soccorso Famiglia.
La Lilium non è la prima comunità a finire nell’occhio del ciclone. Ricordiamo la comunità alloggio per minori «Dina Sergiacomi» di Montalto nelle Marche, la comunità «Cavanà» di Pellegrino Parmense, la casa famiglia «Il Forteto» in Toscana. Il denominatore comune di queste comunità, oltre alla “impostazione manicomiale”, è la mancanza di reali controlli esterni e indipendenti che impediscano queste violazioni. Purtroppo ci giungono segnalazioni di madri preoccupate perché una specifica psichiatra del centro di neuropsichiatria infantile di Trento (che recentemente è stata segnalata all’ordine) sta premendo per mandare i loro figli in questa comunità e persino dei ragazzi che sono fuggiti dalla comunità stanno ricevendo pressioni per tornarci. Il proverbio dice: “Quando il gatto non c’è i topi ballano”. Riteniamo sia indispensabile che l’assessorato competente investighi approfonditamente per verificare le accuse e se necessario riportare i nostri ragazzi a casa per impedire che subiscano altri danni.
 

Vivere senza psicofarmaci: è nato il comitato etico multidisciplinare

 

VIVERE SENZA PSICOFARMACI E’ POSSIBILE

 
Vivere senza psicofarmaci è possibile. Questo quanto sostengono un gruppo di professori e ricercatori italiani, guidati dalla Professoressa Vincenza Palmieri, presidente dell’Istituto Nazionale di Pedagogia familiare, che dal 2004 ha applicato, prima a Catania poi a Roma, il programma “Vivere senza psicofarmaci”. Un progetto la cui validità ed efficacia è data dagli importanti risultati raggiunti nel corso degli anni su giovani pazienti e adulti provenienti dall’Italia, dal Nord Europa e dagli Stati Uniti.
Un programma quindi innovativo quello di “Vivere senza psicofarmaci” che segue un iter specifico come ci spiega la stessa Professoressa Palmieri:  “Si tratta di un progetto semplice nella sua applicazione in quanto la dismissione degli psicofarmaci è solo l’ultimo gradino di un percorso più ampio che si attua sul paziente, sulla sua famiglia e sul contesto ambientale nel quale la persona è inserita. Tra gli aspetti innovativi vanno sicuramente ricordati la possibilità per l’utente di poter essere ricoverato presso il proprio domicilio e di poter disporre di una formazione specifica che coinvolge i genitori e i parenti nella fase di svezzamento e di aiuto alla persona. Visti i traguardi raggiunti, ora puntiamo a far sì che il Programma esca dal nostro Istituto e si applichi, attraverso uno specifico protocollo, nella Sanità Pubblica e che i risultati ottenuti siano estesi alla comunità scientifica e sanitaria anche perché, ci tengo a sottolinearlo, questo progetto va nella direzione, intrapresa dal Governo, della standing review e della riduzione della spesa farmaceutica”.
Risultati che sono stati presentati lo scorso 7 luglio in concomitanza alla formalizzazione del Comitato Etico Multidisciplinare e che ha visto anche la partecipazione dell’onorevole Antonio Guidi che ha sottolineato: “Ritengo che un approccio senza psicofarmaci nell’infanzia sia una buona prassi di civiltà.  Si tratta di un metodo rivoluzionario quello proposto da questo Progetto ben consci di quanto spesso sia più facile ingoiare una pillola che mettersi  in discussione o prendere delle gocce piuttosto che creare delle dinamiche positive”.
Il Programma “Vivere senza psicofarmaci” si avvale di uno specifico Comitato Etico Multidisciplinare che rappresenta un vero e proprio organo di garanzia, di approccio scientifico e di multidisciplinarietà alla materia e il cui fine è anche quello di permettere l’estensione sociale del Progetto. Il gruppo di lavoro è costituito da  esperti quali:la Prof.ssa Vincenza Palmieri, l’On. Antonio Guidi, già Ministro della Famiglia e Sottosegretario alla Sanità,  il  Prof. Giuseppe Gulino, epidemiologo, Professore presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Torino e Direttore sanitario dell’azienda ospedaliera Als Torino4, il Dott. Giovanni Cozzula,  consulente igienico sanitario di Torino, la Dott.ssa Benedetta Massa, medico odontoiatra di Roma, il Dott. Antonio Spadaro, specialista in Neurologia e Neurochirurgia di Roma, il Dott. Massimo Lucchetti,cardiologo, Primario presso la  casa di Cura Villa Pia di Roma, l’Avvocato penalista e dei Minori  Eleonora Grimaldi, la Dott.ssa Tiziana Mandarino, medico di base di Roma – Testaccio,  l’avvocato penalista Francesco Miraglia esperto in diritto di famiglia e diritto minorile del Foro di Modena, il Dott. Pier Bonici, Formatore, il Dott. Gepi Prete, Medico Chirurgo.
Nei prossimi mesi il Comitato lavorerà attivamente per tutelare da una parte i bambini che sono sempre più oggetto di attenzione da parte delle case farmaceutiche e i giovani spesso vittime della doppia diagnosi psichiatrica, dall’altra per contrastare qualsiasi forma di abuso psichiatrico sui minori, compresi quelli ricoverati presso le Case Famiglia, sulle donne e su tutti coloro che sono vittime di informazioni sbagliate e di inganni terapeutici.Il tutto mentre pone in essere un intenso programma che vedrà la sua realizzazione sin dai primi giorni di settembre.
 
 
Ecco il link al video:
http://www.youtube.com/watch?v=SD5_gb_p3M0&feature=youtu.be
 
 

Roma; il salotto letterario; Ridateci i Nostri Figli.

 
Presentazione del libro”Ridateci i nostri figli” di Nunzia Manicardi e Francesco Miraglia.
  Ancora una volta Nunzia Manicardi affronta con grande tempismo e decisione uno dei temi di più scottante e cruda attualità: quello dei bambini sottratti “senza giusta causa” e “senza giusto motivo” alle proprie famiglie per decisione del Tribunale dei Minorenni.In “RIDATECI I NOSTRI FIGLI! Storie di bambini sottratti alle famiglie raccontate dal loro avvocato FRANCESCO MIRAGLIA” la scrittrice modenese analizza gli inquietanti motivi (o, meglio, “non motivi””) di scelte così devastanti e lo fa innanzitutto raccontando alcuni casi giudiziari trattati dall’avvocato Francesco Miraglia. Casi drammatici e ancora irrisolti che hanno tenuto impegnata per mesi e mesi la cronaca nazionale diventando lo specchio spietato di una situazione assurda. Primo fra tutti quello della piccola Anna Giulia Camparini di Reggio Emilia, che senza il suo intervento sarebbe stata già da tempo data in adozione dopo che i genitori disperati per ben due volte l’avevano “rapita” dall’istituto di religiose a cui era stata consegnata per volontà giudiziaria nonostante l’assoluta assenza di riscontri negativi a loro carico.“Situazioni pregiudizievoli”, “incapacità genitoriale”, “assenza di una rete genitoriale adeguata”, “problematiche sanitarie”, “altre situazioni pregiudizievoli per il minore”… Questi, come ben sintetizza la Manicardi, sono i “non motivi” contro i quali l’avvocato Miraglia si sta battendo in tutta Italia: una serie immensa di casistiche tutte definite da giudizi soggettivi, non sorretti da dati o fattori certi e documentati.
 
 

Case Famiglie: tutela o bussines?


Doveva essere un’occasione per approfondire una realtà dove troppo spesso dei bambini vengono strappati alle proprie famiglie per essere affidati a strutture educative che non sempre risultano adeguate al compito. E’ sembrato invece per gran parte un processo alla Comunità Educativa per minori “Don Giuseppe Barbizzi”. E, forse, non poteva essere altrimenti, date le premesse. Il convegno che si è tenuto ieri a Montalto su “Case Famiglia: tutela o business?” , ha infatti visto la partecipazione di Antonella Flati, presidente dell’Associazione Pronto Soccorso Famiglia, e dell’avvocato Francesco Miraglia, coloro che, attraverso un esposto alla Procura per presunte gravi irregolarità nella gestione delle strutture educative montaltesi e dopo la partecipazione ad un programma di Canale 5, avevano scatenato un vespaio di polemiche. In sala c’erano anche alcuni educatori della struttura, che fin da subito hanno contestato il tono accusatorio del convegno. In particolare, a scatenare le loro proteste è stato un documento letto dall’avvocato Miraglia, un decreto di allontanamento del Tribunale dei Minori di Ancona di appena due giorni fa che, rifacendosi ad una relazione della psicologa referente dei servizi sociali, sanciva l’allontanamento dalla struttura di una ragazzina di dodici anni perché, secondo la psicologa, determinati comportamenti della minorenne farebbero intravedere “il rischio di rimanere incinta” entro breve tempo. Una conclusione che gli educatori della struttura hanno bollato come “mostruosità”, minacciando azioni legali nei confronti della
psicologa. Al di là delle imputazioni mosse a chi gestisce e lavora in tali strutture educative (su quella montaltese sarà la Procura ad esprimersi), il quadro emerso è di un sistema che non funziona. Alcuni casi, illustrati dall’avvocato Rossella Monti, hanno evidenziato come troppo spesso le decisioni riguardanti casi di difficoltà familiari vengono gestiti con superficialità dagli organismi competenti, senza tenere conto delle possibili drammatiche conseguenze sui soggetti interessati. Per questo, l’onorevole Antonio Guidi ha lanciato un accorato appello: “Nella stragrande maggioranza dei casi i bambini non devono essere tolti alle famiglie. Dobbiamo tirare le orecchie al Tribunale dei minori, perché procedono con troppa facilità all’allontanamento di bambini dai loro genitori”.
Marco Ripani
 
 

Trento, 8 Giugno. Convegno: la crisi economica colpisce le famiglie, ma non le case famiglia

Trento 25maggio 2012
Trento. Il CCDU, il PSF (Pronto Soccorso Famiglie) e ADIANTUM hanno organizzato il convegno dal tema “Ridateci i nostri figli!” che si terrà venerdì 8 giugno alle ore 16.30 presso la Sala di Rappresentanza del Palazzo della Regione a Trento. “La crisi economica colpisce le famiglie ma non le case famiglia. Perché psichiatri, psicologi e assistenti sociali hanno il potere di portar via i nostri figli?”: è questo il leit-motiv dominante dell’evento, che tenterà di spiegare (e informare) gli intervenuti e la cirradinanza sulle problematiche del sistema e sulle possibili soluzioni.

Durante i lavori grande enfasi verrà data ai cambiamenti in atto. Primo tra tutti, quello che scaturisce dal Senato, che il 22 maggio 2012 ha approvato all’unanimità la richiesta di dichiarazione d’urgenzaper l’esame congiunto in Commissione giustizia dei DDL vertenti su materie relative all’istituzione di sezioni specializzate per le controversie in materia di persone e di famiglia e di soppressione dei tribunali per i minorenni.
Il convegno dell’8 Giugno trae spunto da un sistema giudiziario – per i più di chiaro stampo autoritario e fascista – che, negli ultimi due anni, ha messo in luce tutti i suoi problemi di arbitrarietà, incompetenza e anti-democraticità. Molti i cittadini che partecipano alle manifestazioni e segnalano nuovi casi, tantissimi quelli che vorrebbero cambiare questo stato di cose, e finalmente pare che anche il Senato si sia accorto della scandalo italiano delle case famiglia, dove migliaia di bambini soffrono lontani forzatamente dai propri affetti, e che è necessaria una riforma urgente.
Il Trentino da anni, grazie al lavoro di associazioni locali ben ramificate e all’attivismo di alcuni amministratori, non solo non è immune a questa tragedia, ma è secondo solo alla Liguria per percentuale di bambini sottratti alle famiglie, mentre si spendono più di 10 milioni e mezzo di euro per “tutelare” i bambini. A differenza del resto d’Italia, dove il dibattito sui cambiamenti è comunque presente nelle Istituzioni, il “sistema trentino” si oppone a qualsiasi tentativo di riforma. La mozione di riforma dei servizi sociali del consigliere comunale Gabriella Maffioletti non è stata approvata. Lo stesso per le misure di sostegno ai genitori separati. Anche i documenti e DDL presentati da Bruno Firmani e Pino Morandini sono stati bocciati. Nella nostra regione, pochi giorni fa, un bambino di tre anni è stato sottratto alla famiglia mentre la mamma partoriva un’altra bambina, sebbene avesse una forte rete famigliare di sostegno. Piange disperato in una casa famiglia e nessuno lo ascolta. Ci sono decine e decine di segnalazioni di bambini sottratti che vorrebbero tornare in famiglia e non vengono ascoltati. Le recenti fughe di bambini dalla comunità di Bedollo e dal villaggio SOS sono solo la punta dell’iceberg.
Finché non verrà cambiata la legge, nessuna famiglia potrà dirsi al sicuro in questo sistema malato. Gli organizzatori del convegno hanno messo a disposizione dei partecipanti un documento con informazioni utili su come difendere i propri figli proprio dal sistema di cui si parlerà. L’evento sarà moderato da Silvio De Fanti, Vice Presidente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, mentre i relatori saranno l’On. Antonio Guidi, Specialista in neurologia e neuropsichiatria infantile e medico neurologo, l’avv. Francesco Miraglia, Avvocato del foro di Modena e coautore del libro “Ridateci i nostri figli”, Antonella Flati, Presidente dell’Associazione Pronto Soccorso Famiglie e Gabriella Maffioletti, Consigliere del Comune di Trento e delegata Adiantum per il Trentino.

Disabile prigioniero in casa scrive al presidente Napolitano

  • LA STORIA

Il Comune di Ozzano negava la costruzione di una rampa, il geometra indagato. Il Consiglio di Stato ha ribaltato tutto

di ROSARIO DI RAIMONDO

 
 “Da tre anni mio figlio disabile è prigioniero in casa, ma ho vinto la mia battaglia”. La guerra di Mara Valdrè è cominciata in una piccola casa a Ozzano Emilia. E la sua storia è arrivata fino ai piani alti del Quirinale. “Nel 2009 chiesi al Comune di poter costruire una rampa per disabili che dal parcheggio, di mia proprietà, arrivasse fino a casa. Mi hanno negato il permesso per occupazione di suolo pubblico”.

Ma il Consiglio di Stato ha ribaltato tutto, le ha dato ragione e oggi il geometra del Comune che non diede il permesso è indagato per abuso d’ufficio. Una storia fatta di burocrazia, carte bollate e ordinanze. Che sembrava esser partita col piede giusto: “La prima volta ho chiesto di fare una piccola rampa per mio figlio, e col Comune c’era stato un tacito consenso – racconta Mara – Poi, però, da alcuni operatori sanitari mi è stato consigliato di fare una rampa più grande, in modo che potesse passare anche una barella. Ma in questo caso i tecnici comunali non hanno accolto la mia richiesta, contestando l’uso privato di uno spazio pubblico. Ma quel parcheggio è di mia proprietà!”.
Il progetto non è stato autorizzato. La signora Valdrè però non si è arresa, e i suoi avvocati hanno lavorato su due fronti, uno civile e l’altro penale. Il legale Maura Nicolì ha presentato ricorso al Consiglio di Stato, che proprio in questi giorni ha bocciato l’ordinanza del Comune. Mara, dal canto suo, nell’attesa della decisione,

 

si era rivolta persino al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “Ho scritto che questi sono stati tre anni d’inferno, che mio figlio è prigioniero in casa. Mi hanno risposto dalla segreteria del Presidente, dicendomi che la mia pratica era appunto al Consiglio di Stato. Poi per fortuna è arrivata questa sentenza. Già nel 2010 dimostrai che il parcheggio era di mia proprietà”.
Ma c’è anche l’aspetto penale, su cui ha aperto un fascicolo il pm Antonello Gustapane. “Le indagini sono ancora in corso – dice l’avvocato di Mara, Francesco Miraglia – Al momento è indagato per abuso d’ufficio il geometra del Comune, e il pm ha in mano una relazione che dimostra come quella proprietà è privata”. “Io ho denunciato anche l’ingegnere dell’amministrazione e il sindaco Loretta Masotti – conclude Mara – Proprio il sindaco disse che quel parcheggio era pubblico, nonostante avessi dimostrato il contrario”.

(09 maggio 2012)