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Lettera aperta al Presidente del Consiglio On.le Giorgia Meloni

Modena, lì 15 Dicembre 2023

Egregio Sig.
Presidente del Consiglio
Onorevole Giorgia Meloni
Sua sede

p.c. Preg.mo Sig.
Direttore
Sua sede

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO ONOREVOLE GIORGIA MELONI.

Signor Presidente del Consiglio,
le cronache di questi giorni ci hanno raccontato di fatti gravissimi che purtroppo, ancora una volta, hanno visto il triste coinvolgimento delle donne in quanto tali.
Tanti, anzi, tantissimi, sono stati gli interventi pubblici ad opera di politici, giornalisti e cittadini, fino a potersi delineare una sorta di smania a chi avrebbe detto di più.
Ad onor del vero, in tema, tanto si è fatto – basti pensare alle ultime modifiche apportate al Codice Rosso – ma ancora molto resta da fare.
Mi rivolgo a Lei, personalmente, perché un detto mi ha accompagnato fino ad ora e spero mi accompagnerà ancora per molti anni: “non bisogna predicare bene e razzolare male”, e a tal proposito sono a riportarLe la circostanza per cui una settimana fa, veniva pubblicato un articolo dal titolo “Sorpreso a fare sesso con la Prof. in carcere. Accusato di aver organizzato due pestaggi” su un noto quotidiano del territorio padovano.
In altre parole, il quotidiano in questione, al fine di dare la notizia del pestaggio, faceva riferimento ad una vicenda riguardante una Professoressa che ad oggi rimane ancora tutta da chiarire. L’articolo in questione, inoltre, non solo faceva riferimento ad un rapporto sessuale mai avvenuto, ma ancor più gravemente, riportava il nome ed il cognome della Professoressa suo malgrado coinvolta nella vicenda.
La medesima notizia è stata poi riportata dal Fatto Quotidiano, il quale – mi preme sottolineare per onestà – ha avuto la decenza di non fare esplicito riferimento alla ragazza quasi trentenne coinvolta, pur facendo esplicito riferimento ad una vicenda “connotata da tratti scabrosi”. A tal proposito, preme evidenziare, in primo luogo, che la mia Assistita non è ad oggi destinataria di alcuna condanna in relazione a qualsivoglia accadimento; in ogni caso, preme altresì evidenziare la necessità di muoversi alla luce del sacrosanto principio in forza del quale ogni persona è da ritenersi innocente fino a prova contraria.
Non rientra tra le intenzioni dello scrivente addentrarsi nel merito della vicenda processuale riguardante la mia Assistita, vicenda che sarà oggetto di argomentazione in altre e più opportune sedi, tuttavia, ciò che preme sottolineare è la circostanza per cui ad oggi, nessuno fra i più illustri politici, giornalisti o qualsivoglia altra figura, ha manifestato aperta indignazione dinanzi al tentativo di dare risalto ad un fatto di cronaca mediante il coinvolgimento di una ragazza, riportando il suo nome e cognome.
Colgo l’occasione al fine di esprimere una mia umile e personale opinione: anche dinanzi ad una morte psicologica della persona può parlarsi di femminicidio, e questo perché essere vittima di un omicidio e perdere la vita è un fatto connotato da una gravità eccezionale, ma essere costretti ad una condizione per cui si è impossibilitati ad allontanarsi dalla propria dimora, o ancora, di essere oggetto di scherno e derisione da parte di soggetti sconosciuti, rappresenta una circostanza grave.
Mi sarebbe piaciuto, non certo come professionista, ma in quanto cittadino di questo Paese, sapere che qualcuno fosse intervenuto in maniera aperta e pubblica al fine di richiamare l’attenzione in relazione a determinati comportamenti. A tal proposito, sento di poter pacificamente affermare che è proprio vero che il vero scandalo è che nulla ormai fa scandalo.
Gentile Presidente, ho sentito il forte bisogno di rivolgermi a Lei in maniera diretta e pubblica, non certo al fine di ottenere un “eventuale procedimento favorevole”, ma perché mosso dal desiderio di poter assistere ad un pronto e tempestivo intervento da parte Sua, mosso dall’ancora più grande desiderio di una Sua presa di posizione ove il rispetto dell’individuo è garantito in ogni momento, e a tal proposito, sono a chiederLe: se il protagonista di questa vicenda fosse stato un uomo, sarebbe stata pubblicata una notizia dal medesimo tenore?
L’auspicio dello scrivente è che il Ministro Roccella – a cui esprimo i miei più sinceri e modesti complimenti per il lavoro compiuto ai fini della Riforma del Codice Rosso – nel contesto di prossimi lavori di modifica, possa prevedere una pena esemplare da riservare a chi, al fine di vendere il maggior numero possibile di copie di un giornale, monetizzi sulla pelle di una donna, o come in questo caso, di una giovane ragazza, in sfregio a qualsivoglia rispetto per la persona in quanto singolo individuo, o della sua sofferenza.
Come previamente riportato, l’articolo pubblicato sul quotidiano padovano è stato ripreso e pubblicato anche da altre note testate giornalistiche, tra cui appunto, il Fatto Quotidiano, fornendo di fatto un giudizio non richiesto sulle persone protagoniste della vicenda, e dunque, anche sulla Professoressa.
Dalla data in cui l’articolo è stato pubblicato e poi tristemente riportato in più occasioni e in diversi quotidiani, la mia Assistita è costretta ad una vita connotata da uno stato di grande stress fisico e psicologico, senza considerare che la stessa, quale diretta conseguenza della pubblicazione dell’articolo sopramenzionato, non abbandona più la sua dimora per la gogna mediatica a cui è sottoposta; gogna mediatica la quale rischia di sortire i medesimi effetti di una violenza di genere, quale il femminicidio. Infatti, si discute tanto ed in profondità, al fine di delineare un sistema utile a porre fine ai fenomeni di violenza ai danni delle donne, un sistema che possa porsi a salvaguardia del rispetto nei confronti delle donne, le quali – come dimostrato nella vicenda in esame – possono perire per mano di un’offesa sferrata sul piano morale, psicologico, sociale.
Certo del fatto che quando questa comunicazione perverrà alla Sua attenzione, saprà esprimere al meglio la Sua vicinanza come persona, ma soprattutto come donna, alla mia Assistita, sono a chiudere questa lettera evidenziando come i veri cambiamenti avvengano a seguito di nuove leggi, nuove norme, ma soprattutto, i veri cambiamenti sono figli di sforzi culturali, sforzi governati da sentimenti di vicinanza e da forti e decise prese di posizione.
È proprio da tale presa di posizione che scaturisce l’obiettivo principale da tenere bene a mente: il rispetto reciproco, ad ogni livello, che sia destinato ad un uomo o ad una donna, indifferentemente.
In attesa di un Suo riscontro, cordiali saluti.

Ancona: undicenne dopo 5 anni ha rivisto la madre

Finora è stato rimpallato dai Servizi sociali e parcheggiato in affidamento

Avvocato Miraglia: «Giorgia Meloni non vuole più delle “Bibbiano”, ma questo accade nelle Marche, a guida FdI»

ANCONA ( 7 novembre 2022). Dopo cinque anni un ragazzino marchigiano di 11 anni rivedrà la madre: non si sono mai più visti in tutto questo tempo, nel quale lui è rimasto in affidamento a una famiglia. Cinque anni in cui è stato un “fantasma”, rimpallato tra i Servizi sociali di due diversi Comuni di Fermo e Macerata, che dopo averlo affidato a una famiglia non si sono più preoccupati di lui né hanno programmato le visite alla madre né tanto meno un ritorno a casa propria, nonostante la precisa indicazione stabilita dal Tribunale per i minorenni di Ancona. Volutamente o meno che sia, nessuno ha vigilato e questo bambino oramai è diventato parte di una famiglia non sua e la madre per lui è un’autentica estranea.

«Come purtroppo ho assistito in diversi casi – commenta l’avvocato Miraglia, cui si è rivolta la madre del ragazzino – è probabile che il bambino rifiuterà di vederla e di riallacciare i rapporti con lei. Lui non l’ha più vista, non è più stata parte della sua vita e chissà cosa pensa, forse di essere stato abbandonato. In realtà questa madre ha lottato strenuamente e con lei abbiamo presentato decine di esposti, caduto sempre nel vuoto».

Ci sono voluti infatti anni di battaglie legali, la tenacia e la caparbietà di questa mamma  per far sì che il Tribunale per i minorenni di Ancora decidesse dopo anni di farla riavvicinare a suo figlio, che sette anni fa le è stato tolto e affidato a un’altra famiglia, mentre da ben cinque le viene impedito di vederlo, quasi a voler cancellare il ricordo che il piccolo aveva di lei. Tre anni fa infatti aveva provato a consegnarli un pacco contenente vestiti e giocattoli per Natale: dono che non è mai arrivato al piccino, in quanto i Servizi sociali non glielo hanno consegnato, rispedendolo al mittente. E anche a chiedere dove fosse questo ragazzino non si è ottenuto fino ad ora alcuna risposta: i Servizi sociali si sono rimpallati la responsabilità e pareva che nessuno lo avesse in carico.

«Abbiamo infine presentato un esposto al Presidente della Corte di Appello – prosegue l’avvocato Miraglia – e a luglio e settembre abbiamo scritto per l’ennesima volta ai Servizi sociali del Comune, che per disposizione del tribunale avrebbe dovuto occuparsi di lui, per sentirci rispondere, incredibilmente, che “il minore non è in carico a questo servizio”. Invece secondo quanto affermato dal giudice relatore del procedimento, il minore era sicuramente in carico a loro. Solo dopo aver minacciato di rivolgerci all’Autorità giudiziaria per sporgere denuncia per sottrazione di minore “magicamente” il bambino è ricomparso ed è stato fissato un incontro con la mamma. Pur contenti, siamo molto preoccupati della reazione che avrà il ragazzino, che si troverà davanti quella che per lui di fatto è un’estranea. Ecco il nuovo modo portar via figli: lasciarli lontani anni dai genitori biologici, perché in caso di riavvicinamento è ovvio che siano i ragazzini stessi a non voler rivedere dei genitori che non conoscono e che magari nemmeno ricordano. E preferiscano rimanere con le famiglie affidatarie. Sono anni che lotto contro questo sistema di “adozioni mascherate”. Con sorpresa ho udito il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel suo discorso di insediamento affermare convintamente di non voler più altri “casi Bibbiano”: ebbene mi rivolgo al Presidente Meloni e al ministro della Giustizia Carlo Nordio: questo episodio accade nella bella regione delle Marche, amministrata da un presidente appartenente a Fratelli d’Italia».