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Il business degli amministratori di sostegno non si arresta

Dopo sette anni in comunità una giovane continua ad autolesionarsi e a mangiare le proprie feci, ma non le consentono di tornare a casa

Perugia-Roma (16 Dicembre 2021). Un nuovo business vede coinvolti gli amministratori di sostegno, nominati per difendere i diritti di persone fragili e incapaci di intendere e volere: ma emergono sempre nuovi casi nei quali queste persone vengono confinate all’interno di strutture e comunità, senza che qualcuno si occupi realmente di loro.

«Un caso era emerso l’anno scorso in provincia di Lecco, grazie a un programma televisivo, mentre più recentemente si è rivolto al mio studio il figlio di un’anziana di Ancona – racconta l’avvocato Miraglia. – E ora il padre di una giovane donna di Roma si è ritrovato a vivere il medesimo incubo: dopo sette anni trascorsi in una struttura di Perugia la figlia sta sempre male, senza contare che per per tutti gli anni nei quali la giovane, oggi 25enne, è stata ricoverata all’interno della struttura, la Regione Lazio ha speso quasi un milione di euro di soldi pubblici. A chi fa bene una situazione simile?».

La ragazza ha seri problemi psichiatrici e nel 2014 è stata inserita in una comunità terapeutica di Perugia: nel 2015 il giudice tutelare del Tribunale ha nominato per lei un amministratore di sostegno. Negli anni la ragazza ha rifiutato spesso di vedere il padre e i nonni paterni, senza che la struttura terapeutica abbia mai cercato di intervenire ad agevolare gli incontri, motivando il diniego come volontà della ragazza. Abbastanza inspiegabilmente se da un lato per lei è stato nominato un amministratore di sostegno perché incapace di provvedere per sé, dall’altro invece è lasciata libera di decidere se incontrare o meno i familiari.

Oltre a questo è certo che la permanenza in comunità non le stia portando alcun giovamento: continua a procurarsi delle lesioni ed è stata vista ingurgitare le proprie feci. «Se la finalità del trattamento è quella di un reinserimento all’interno della famiglia di origine – prosegue l’avvocato Miraglia – non si comprende come in oltre sette anni di ricovero questa giovane non sia ancora pronta, con le dovute precauzioni del caso, a tornare presso la dimora del padre, che sarebbe assolutamente capace di prendersi cura della figlia. Continua, poi, a rimanere ricoverata in provincia di Perugia, molto lontana dalla casa dei familiari, che faticano quindi ad andarla a trovare. Sul territorio romano esistono, invece, numerosi centri diurni che potrebbero occuparsi della ragazza di giorno, con rientro presso il domicilio alla sera e l’eventuale assistenza di operatori specializzati».

E guarda caso, dopo un lungo periodo in cui dichiarava di non voler sentire il padre, la giovane ha accettato di riprendere i contatti telefonici: emblematico che tale apertura si sia verificata subito dopo che il padre ha depositato richiesta di collocarla presso di sé. È comprensibile quindi che i familiari nutrano dei sospetti in ordine all’effettiva volontà della ragazza di non voler avere contatti con loro.

Ancora più incredibile è quanto hanno sostenuto gli operatori della struttura in cui si trova la ragazza. Gli stessi sottolineano di agire in trasparenza e di rispettare la volontà della paziente, ma vari sono stati gli episodi di autolesionismo da parte della giovane, che è arrivata a mangiare i propri esprimenti: a loro dire per dimostrare il suo disagio.

Alla luce di tutto questo risulta quindi incomprensibile la decisione del Tribunale di rigettare la richiesta di rientro a Roma, motivandola con il rifiuto della ragazza ad andare dal padre e dai nonni e perché, a detta dell’amministratore di sostegno, non sarebbe tutelante un trasferimento nella sua città d’origine. «Mi domando se a Roma non esistano strutture idonee e se solo gli operatori di Perugia sono più capaci di quelli romani» prosegue l’avvocato Miraglia. «Non vorrei che ancora una volta il dio danaro la facesse da padrone. Ancora più discutibile è il comportamento del Presidente della Regione Lazio, al quale il padre, attraverso il sottoscritto, si è rivolto per avere spiegazioni sul perché la figlia non potesse essere eventualmente collocata in una struttura a Roma, vicina alla famiglia, oppure direttamente a casa del padre: circostanza che farebbe risparmiare il pagamento della retta mensile. A questo punto, oltre ad auspicare un riscontro con il Presidente Nicola Zingaretti, ci chiediamo a chi giova tutto questo?».

Ancona: anziana benestante rinchiusa a forza in una RSA

Avvocato Miraglia: “Un altro caso Gilardi di Lecco”. ANCONA (27 Ottobre 2021). Siamo di fonte a un nuovo business: persone benestanti, soprattutto anziani, vengono rinchiusi a forza in case di riposo dai loro amministratori di sostegno affiancati ed appoggiati dal Sistema Tribunale Tutelare, con il benestare dell’Autorità Giudiziaria competente, che ne controllano il patrimonio, evitando di effettuare accertamenti e controlli.

Un caso era emerso l’anno scorso in provincia di Lecco, grazie a un servizio televisivo che aveva raccontato la vicenda accaduta al professore novantenne Carlo Gilardi, ricco benefattore che l’amministratore di sostegno ha rinchiuso in una casa di riposo, privandolo della propria libertà e della possibilità di ricevere visite da chiunque. Un caso che ha indignato il Paese, ma che purtroppo non è l’unico, tutt’altro: pare ormai diventato un business ed episodi analoghi stanno emergendo in tutta Italia. «Quello di Lecco non è il caso singolo» rivela l’avvocato Miraglia, «poiché conosciamo direttamente episodi analoghi avvenuti ad Ancona, Parma, Roma, Ferrara, e Perugia. Siamo di fronte a un nuovo business, che sostituirà, anzi si è da tempo sovrapposto ne siamo certi a quello legato alle case-famiglia e ai minori con l’unica differenza che mentre per presunzione di età i minori hanno ancora qualcuno che si preoccupi per loro gli anziani molte volte abbandonati o rimasti soli non hanno alcuno che li possa proteggere o che possa lottare per loro»

Un caso emblematico, è quanto sta accadendo a una donna di 84 anni che risiede in provincia di Ancona: problemi di natura psichiatrica, tenuti dalla stessa nascosti anni addietro, forse per vergogna, occultando le refertazioni mediche e prescrizioni farmaceutiche, che una volta ritrovati ed a conferma delle evidenze riscontrate, avevano convinto il figlio unico a chiedere per lei un amministratore di sostegno alla quale richiesta era sopraggiunta la dovuta nomina dello stesso figlio da parte del Giudice Tutelare.l

Qui entrano in gioco i servizi sociali, i quali, pur di dimostrare la loro “Operosità” iniziarono a promuovere una vera e propria battaglia diffamatoria allo scopo di demolire la figura del Figlio Amministratore  tanto che la stessa nomina veniva revocata dal Giudice Tutelare a favore di un professionista esterno-

Oggi le condizioni di questa signora  sono precarie, le sue facoltà mentali sono compromesse dall’inattività, dalla mancanza di cure e dai farmaci. Al figlio, che la voleva invece a casa con sé, non è nemmeno permesso di vederla, di andare a trovarla.  Allo stesso è vietato  in ogni modo  di controllare e verificare i conti bancari nonchè le proprietà della mamma, titolare di un patrimonio assai cospicuo,

E’ stato presentato un nuovo ricorso di revoca al giudice tutelare» prosegue l’avvocato Miraglia che da poco ha ricevuto il mandato dal figlio, «e a breve verrà depositata una querela correlata di foto, video e documenti che dimostrano quanto di grave sta succedendo sulla pelle di questa povera “nonna”:

Alla luce dei fatti informeremo anche il Consiglio superiore della magistratura e la Procura generale affinché venga, anche, valutata la condotta del giudice, visto che in precedenza le sono stati presentati varie richieste dal figlio senza avere riscontro come se la vicenda della signora fosse una cosa privata.

“A questo punto, informeremo anche  il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, affinché  si intervenga a porre fine a questo nuovo business, che priva le persone della propria libertà personale con il benestare dell’Autorità competenti, conclude l’avv. Miraglia