Novità Editoriale: L’avvocato dei bambini
“Il sussurro dell’uragano” – Presentazione di Francesco Morcavallo
Il presupposto del pensiero è la libertà. Sum ergo cogito: così qualcuno soleva sapientemente invertire la relazione cartesiana. E sottintendeva: non sum nisi liber.
Lungo il filo conduttore della libertà-dignità corrono le riflessioni dell’Autore, dell’Amico, del Giurista, dell’Uomo (le lettere maiuscole non si riguardino come vezzo celebrativo, ma come voluta differenziazione rispetto ai minuscoli che, di tempo in tempo, nella scelta tra giustizia e vassallaggio, hanno scelto la via più comoda).
L’Autore, dunque, ci indica che pensare il sistema della tutela dei deboli significa considerare i deboli come uomini, non come sottoposti a un potere (tantomeno se quel potere diventa occasione e fine di guadagno).
L’Amico ci onora di farci partecipare al suo impegno e alle sue battaglie, laddove porta il cimiero di Achille con la serenità d’un Aiace, con la lealtà di un Ettore.
Il Giurista ci descrive il sistema di tutele minorili e familiari per come è, per come dovrebbe essere, per le ragioni ostative a che sia come dovrebbe: e ci fa capire che quelle ragioni sono ingiuste –oltre che illegittime anche ad ordinamento invariato-, risiedono nella poca conoscenza dei principi e delle norme, nella meschinità di molti operatori, nella latenza –in buona o cattiva fede- del controllo giurisdizionale.
L’Uomo ha il coraggio di pensare, di razionalizzare e di comunicare ciò che vede, comprende e critica, quando invece molti, che da sempre dovrebbero prendere atto delle sue indicazioni e mutare la propria inerzia in attività e la propria disonestà in impegno, a turno tentano di persuaderlo a tacere, di intimidirlo, di offenderlo, di frenare l’effetto delle sue iniziative, mentre nutrono e nascondono (senza riuscirci) il moto di vergogna che in fondo provano per aver essi stessi, invece, taciuto o, peggio ancora, tenuto bordone alle violazioni e agli scempi: in definitiva, per non aver avuto il suo coraggio o, quantomeno, il coraggio di procedere in una direzione diversa da quella dettata dalla convenienza propria o dall’imposizione altrui. Ma, come è stato scritto, il coraggio lo si ha o non lo si ha, non ce lo si può dare.
Un coraggio, quello delle pagine che qui consideriamo, fatto però di pacatezza, di osservazione, di logica. Come quello che ci ha insegnato –e ogni giorno ci insegna- chi ha la pazienza di volerci bene e ci ricorda che la forza della critica, la sua capacità di cogliere il giusto segno, non è nella veemenza (l’invettiva può essere fraintesa come violenza; l’allusione confina con l’illazione; l’offesa, anche se meritata da colui al quale la si indirizza, fa perdere di vista la vera distribuzione dei torti e delle ragioni); quella forza è invece nel contenuto, nella verità e linearità di ciò che si dice, nella semplicità e coerenza con cui si smaschera il fumoso argomento che tende a coprire la malafede o l’abuso. Con il garbo del sussurro, un’equazione, un sillogismo, un’argomentazione tecnica possono diventare un’arma di giusta battaglia, possono acquisire l’effetto dirompente di un uragano.
Dotato di contenuti tecnicamente informati e corretti, di una vasta esperienza della realtà, il sussurro di queste pagine sbaraglia un intero sistema di malaffare, quello della vendita della libertà delle persone e dei loro figli, che si nutre soprattutto di non conoscenza e di silenzio. Parlare, informare, argomentare, ricondurre le norme e la loro applicazione ai principi della libertà e dell’uguaglianza –soprattutto dell’uguaglianza dei privati di fronte al potere pubblico- equivale a contrapporre un sistema di diritti e tutele ad un sistema di prevaricazione.
Dunque, l’opera prosegue e arricchisce, con il taglio di una riflessione complessiva e propositiva, il lungo percorso tracciato dalla vastissima esperienza professionale (oggetto, oltre tutto, di molte invidie e di molti falliti tentativi di intrusione) e dalla pubblicazione di significativi approfondimenti casistici. Particolarmente marcati anche in questa ultima riflessione -già anticipata in più sintetico compendio, apprezzato e diffuso- sono, oltre che il già ravvisato e peculiare intento di sistematizzazione, due importantissimi effetti sociali.
Il primo: viene ancora una volta squarciato il velo che ammantava gli abusi dell’amministrazione e della giustizia minorili sotto una parvenza di legittimità e liceità formali; invece, né l’ordinamento, né la scienza consentono e contemplano che l’autorità vincoli le relazioni familiari e vi instauri interventi perenni (e redditizi) sulla base di soggettive -e, dunque, potenzialmente arbitrarie- valutazioni, anziché alla stregua dell’accertamento e della qualificazione, con le garanzie del processo, di fatti e comportamenti comprovati. Ed è utile che ciò sia noto anche a chi sia incorso o si senta in pericolo di incorrere nel rischio di quegli interventi.
Il secondo: il risalente retroterra di esperienza e conoscenza, presupposto alla composizione dell’opera, ha contribuito in modo sostanziale a stimolare una virtuosa attivazione istituzionale che è mancata per gran tempo (e di cui talvolta si ascrive il merito chi, quando era il momento di cogliere e segnalare i problemi, era invece dormiente o connivente): così, per esempio, si sono istituite commissioni parlamentari di inchiesta sugli affidamenti illeciti, sono stati proposti disegni di legge per il riordino della normativa minorile sostanziale e processuale, ha preso corpo la proposta di svolgere e regolamentare dettagliatamente attività ispettive sull’operato dell’assistenza sociale e sull’attività delle strutture di ricovero minorile.
Intorno a questi temi sono cresciuti consenso e impegno, oggi giunti ad un livello considerevole.
Ma ciò non toglie che la mente corra a quei compagni di viaggio che erano già al primo imbarco e la cui vela è stata sempre tesa. Tenendo presente questo pensiero, chi legge mi perdonerà d’aver forse tralasciato il compito assegnato, sostituendolo con qualche trasognata divagazione: senza la quale, del resto, avrei potuto soltanto limitarmi a ripetere che non c’è bisogno di presentazioni.