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Il Tribunale di Pavia non tiene conto delle disperate richieste di una dodicenne, che vuole stare con la mamma

 
PAVIA- Vigevano. Quanto deve urlare una bambina il proprio dolore prima che il Tribunale l’ascolti? Quanto deve soffrire una bambina per la separazione forzata dalla madre, ritenuta pessima e malata, ma che nessuna perizia dichiara tale ed è costretta, pertanto, a stare con un padre padrone, che certo le vuole bene e si occupa di lei, ma fa di tutto per contrastare il rapporto madre-figlia? Una difficilissima separazione tra genitori, fatta di carte bollate, perizie di tribunali, intercettazioni telefoniche e pedinamenti da parte di investigatori privati, denunce e controdenunce sta, di fatto, mettendo a repentaglio la serenità di una ragazzina di 12 anni, che il Tribunale di Pavia ha affidato al padre, togliendola alla madre. Può vedere solo in alcuni fine settimana e in incontri protetti. «Assisto la madre di questa ragazzina» dice l’avvocato Francesco Miraglia, «la quale al momento della separazione, è vero, ha dimostrato il suo dolore in maniera eccessiva, ma è pur sempre una donna addolorata, abbandonata dal proprio compagno. Il Tribunale di Pavia ha ritenuto, però, che non fosse una buona madre e che soffrisse di patologie psichiatriche: ma lei, che si è sottoposta alle sedute di terapia, è stato appurato essere una donna sofferente per la separazione dal compagno prima e dalla figlia, poi, null’altro. La bambina è stata comunque affidata esclusivamente al padre. Ora, non riesco a capire come mai il Tribunale, nell’assumere tale, grave decisione, non abbia tenuto conto dei propri periti e che non abbia assolutamente messo in discussione le centinaia di telefonate registrate dal padre, decontestualizzate e prive di una trascrizione e di una certificazione autenticata da parte di un perito. Non vorrei pensare che in tutta questa vicenda ad aver compromesso la sentenza del giudice ci fosse da un lato una madre anche fragile e dall’altro un padre ricco, importante, conosciuto. In tutto questo si è perso di vista il vero obiettivo: il benessere della bambina, lacerata dal conflitto tra i genitori, che si è acuito con il suo affidamento esclusivo al padre e con l’allontanamento dalla madre, con la quale aveva sempre vissuto, in considerazione anche del fatto che il padre era spesso assente per impegni legati al suo lavoro».  La bambina, inoltre, non è nemmeno mai stata ascoltata dal Tribunale: se è vero che al momento dell’emissione della sentenza non aveva ancora 12 anni (solo per poche settimane, a dire il vero), si poteva comunque accogliere quanto certificato dal terapeuta, scelto super partes dai genitori, che si è occupato degli incontri protetti e che ne sottolinea la sofferenza. «Se di colpe si può parlare in questa vicenda» prosegue l’avvocato Miraglia «possono essere imputabili a genitori immaturi, certo, ma anche a un Tribunale sordo. Chi non ha assolutamente colpa è una ragazzina di 12 anni, che vorrebbe solo vivere una vita serena e tranquilla come tutte le ragazzine della sua età e che invece deve sottostare a una disposizione del Tribunale a nostro avviso ingiusta e parziale». Insiste l’ avvocato : “Ciò che mi sembra incredibile è che lo stesso  consulente del tre giudici : Per quanto ho potuto osservare nel corso di un anno mi pare che madre e figlia traggano maggiore giovamento da più di un incontro settimanale. Tale ritmo pare essere più contenitivo per il dolore che la signora manifesta quando non vede la figlia e per i bisogni della stesa figlia che chiede assertivamente una presenza più costante della madre.
A tal fine mi permetto di esprimere l’idea che vedere la mamma a intervalli più ravvicinati costituisca un desiderio profondo e sincero della bambina, così come avere uno spazio infrasettimanale per fare con la madre una merenda, prendere lezioni di piano.
Conclude lo stesso Miraglia: “Perché i tre Giudici di Pavia non hanno voluto ascoltare la bambina? Perché non vogliono ascoltare il loro stesso consulente? Forse  i  giudici non vogliono deludere un padre ricco, potente e famoso?
Redazione controvento

Prete nega frequenza della chiesa a parrocchiana per non farle incontrare la figlia sottrattap

29 apr – E.B. ha alle spalle una storia di litigi con l’ex marito, quindi il rapporto conflittuale secondo i canoni del servizio sociale va punito con l’allontanamento del minore, pertanto si trova a dover effettuare gli incontri con la propria bambina in spazi “protetti”.
Inconcepibilmente la persona che assiste a questi incontri non appartiene al servizio sociale locale, ma è membro di una associazione cattolica a scopo umanitario ed ancora più inconcepibilmente relaziona il servizio sociale sull’andamento degli incontri, fino al giorno in cui il tribunale dei minori sulla scorta delle relazioni del servizio pone la figlia di E.B. in stato di adottabilità.
Fino a qui la prassi adottata dal t.d.m. non sorprende più di tanto a detta di Antonella Flati, presidente dell’associazione Pronto Soccorso Famiglia poiché il meccanismo di decisione è ormai noto ai più. Quello che invece sorprende e sconcerta è che la persona che in seguito adotterà questa bambina, è la stessa che relazionava il servizio sociale sull’andamento degli incontri. La Flati quindi rimarca la palese incongruenza dell’operato del tribunale dove con chiaro conflitto d’interesse fa adottare un minore a chi ha relazionato (forse) contro la madre o che comunque è stato parte in causa nella relazione che ha portato il giudice a dichiarare l’adottabilità del minore. Ma ora veniamo, oltre al danno, alla beffa…
Il parroco, che per ovvi motivi è al corrente della situazione stante l’appartenenza dell’adottante ad ente cattolico, a seguito di un incontro tra le parti avvenuto durante l’officiazione della messa, a fine del rito e per fortuna in privato, si sia rivolto a E.B. imponendole di cambiare parrocchia in ottemperanza a suo dire alle disposizioni del giudice. E.B. si rivolge pertanto ad un famoso avvocato di Modena, Francesco Miraglia, membro anch’egli dell’associazione Pronto Soccorso Famiglia insieme ad Antonella Flati, affinchè contatti il parroco di cui sopra per chiedere contezza della imposizione a cui E.B. deve sottostare. Il parroco, con una missiva da parte del proprio legale, conferma la propria decisione e ribadisce l’ottemperanza alle disposizioni di legge.
Comunicato Stampa ASS. PRONTO SOCCORSO FAMIGLIA ONLUS