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Milano: il tribunale accoglie l’istanza. Un bimbo di solo un anno e mezzo rientra a Natale dai suoi genitori

Il Tribunale ha accettato l’istanza di riportare a casa un bambino di un solo anno e mezzo per le feste di Natale
Milano. (22 dicembre 2023) Giacomino (nome di fantasia) un bambino di un solo anno e mezzo potrà passare il Natale con i suoi cari. Il Tribunale per i minorenni di Milano ha emesso un decreto in cui ordina il rientro a casa del bambino per le feste natalizie.
La vicenda prende il via fin dalla nascita del bambino, a causa della superficialità e oseremmo dire cattiveria di alcuni psichiatri che, con le loro valutazioni e relazioni, hanno fatto sì che questo bambinello vivesse lontano dalla sua mamma e dal suo papà per più di un anno.
I genitori si sono quindi rivolti alla Professoressa Vincenza Palmieri e allo studio Miraglia per ottenere verità e giustizia per Giacomino e per la loro famiglia. Sebbene fosse stato chiaro fin da subito che il provvedimento di allontanamento era stato eccessivo, i genitori si sono messi in gioco per il bene del figlio seguendo scrupolosamente le indicazioni dei servizi e dei professionisti, tanto che gli stessi Servizi Sociali hanno evidenziato la loro progressiva e positiva evoluzione.
Alla luce di queste ed altre circostanze positive, come rilevato chiaramente nella perizia del consulente di parte, è apparso necessario il rientro di Giacomino presso i genitori. Il Tribunale ha quindi ritenuto necessario che rientrasse subito a casa per trascorrere le festività con la sua famiglia.
L’avvocato Miraglia oltre ad esprime una grandissima gioia per questo bambino e i suoi genitori non usa mezzi termini: “È una storia commovente che evidenzia l’importanza di una valutazione accurata nei casi di tutela minorile. Speriamo che esperienze simili portino a una riflessione sulla necessità di riforme nel sistema per garantire decisioni più ponderate e nel miglior interesse dei bambini e delle famiglie coinvolte. La nostra istanza è stata depositata in ottobre, in meno di due mesi il Tribunale ha richiesto le relazioni aggiornate e addirittura emesso un provvedimento, su questo non posso esimermi di fare un plauso al Tribunale per la celerità ed anche per l’umanità dimostrata nel permettere al bambino il rientro proprio il giorno di Natale.”
Secondo la Professoressa Vincenza Palmieri che segue la famiglia: “Sono contenta che proprio in questa felice ricorrenza anche Giacomino sia lì dove si trovava un altro bambinello duemila anni fa, cioè con la sua famiglia. Tuttavia il mio pensiero va a tutti quei bambini che anche quest’anno dovranno passare il Natale lontano dai loro cari.
In un libro ho scritto: «Soluzione alloggiativa, una grotta. Non una culla ma un giaciglio di paglia. Un bambino nudo, al freddo e al gelo, coperto solo da un panno bianco. Un bue ed un asino in camera da letto vicino al neonato. Di Giuseppe il Falegname dicono che abbia sposato sua madre Maria ma che non sia lui il vero padre. Quale sarebbe, oggi, il destino di Gesù Bambino?»
Ritengo che si possano aiutare le famiglie a casa loro come è successo a Betlemme e come è successo oggi a Milano. Credo che i miracoli possano diventare la normalità.”

Ci uniamo all’augurio di una riforma del sistema che riporti a casa tutti i bambini strappati e auspichiamo che ora questa famiglia e questo bambino possano avere una vita serena e felice.
FamiglieUnite.it

aggiornamenti sul caso della ragazzina scappata-dalla comunita di Milano

Milano 23 Novembre 2023, rifacendoci alla notizia uscita poche settimane fa, inerente al caso, di una minore, tolta alla famiglia, e rinchiusa in una casa famiglia, ed in seguito fuggita dalla struttura, per ricongiungersi alla sua famiglia, che è assistita dall’Avvocato Miraglia, in seguito all’ultima udienza, sono emersi nuovi aggiornamenti in merito a questo, di cui a breve daremo notizia.

Avvocato Miraglia : “Dopo tanta sofferenza, siamo molto soddisfatti, per questa grande vittoria, come stabilito dal Tribunale per i Minorenni di Milano, che non solo ha confermato, e disposto la collocazione della ragazzina presso la propria famiglia, ma ha anche “liberato” l’altra sorellina, (anch’essa rinchiusa in una comunità), che potrà godere, in un primo momento, d’incontri liberi, con la sorella e la famiglia, in presenza di un educatore, (incontri che prima non gli erano concessi in maniera libera), ed inoltre anche questa sorellina, in seguito potrà rientrare in famiglia”.
A breve tutti gli aggiornamenti.

Milano: bimba di 9 anno si rifiuta di incontrare il padre., l’educatrice chiama la Forza Pubblica

È rimasta traumatizzata tanto da finire al pronto soccorso

MILANO (11 aprile 2023). Costretta dai Servizi sociali con la forza e con la violenza a vedere il padre. Una bambina che vive nella provincia di Milano è ormai talmente traumatizzata da avere delle crisi d’ansia ed essere finita al pronto soccorso. Per ottemperare alle disposizioni del tribunale gli assistenti sociali, infatti, non hanno trovato di meglio che presentarsi a casa sua con le forze dell’ordine oppure di caricarla di peso dentro l’auto.

«C’è modo e modo di far rispettare le disposizioni del tribunale – commenta l’avvocato Miraglia, al quale la mamma della bambina si è rivolta – e questo di certo non è il modo corretto. Si stanno tenendo conto più delle formalità burocratiche che del benessere di una bambina di appena 9 anni».

La bimba vive da sempre con la mamma, mentre il padre non è mai stato presente nella sua vita. Recentemente, per la terza volta,  però ha chiesto e ottenuto di poter incontrare la figlia, per la quale però lui è di fatto un estraneo. Ecco perché la piccola non capisce il motivo di doverlo vedere per forza e oppone un comprensibile rifiuto.

Ebbene, nelle scorse settimane l’educatrice incaricata di mediare gli incontri tra padre e figlia si è presentata a casa della bambina: al suo diniego a voler vedere il papà dapprima ha sbuffato, sostenendo di non aver voglia di tante storie visto che lei era stanca e che aveva già troppi pensieri per la testa cui badare. Poi ha preso la piccola e l’ha caricata a forza in auto, portandola a incontrare il padre.

La volta successiva è andata addirittura peggio: si è presentata a casa sostenendo che, non voleva avere problemi perché lei stessa sta vivendo  una situazione complicata con il marito per l’affidamento dei figli, pertanto, al diniego della bambina di scendere con lei, la stessa ha pensato bene di chiamare la forza pubblica. Effettivamente si sono presentate due pattuglie dei Vigili Urbani per una bambina di nove anni. La bimba a quel punto era letteralmente terrorizzata, tanto che la madre ha dovuto portarla al pronto soccorso, dove le è stata diagnosticata una forte crisi d’ansia. Tale situazione è la punta di un iceberg sull’inadeguatezza di alcuni operatori nel trattare vicende cosi delicate che non solo coinvolgono intere famiglie ma soprattutto dei bambini.

Ancora più grave è stata la risposta del educatrice sulla chiamate dei Vigili: abbiamo fatto una riunione e sono stata autorizzata dalla mia responsabile dell’assistente sociale.,

«A questo punto, per il bene di questa bambina – prosegue l’avvocato Miraglia – abbiamo chiesto la rimozione dell’assistente sociale dall’incarico, essendosi dimostrata alquanto incompetente, e invitiamo l’educatrice, priva di qualsiasi forma di empatia e di scarsa preparazione professionale, a cambiare mestiere».

Milano: ragazzina scappa dalla comunità, la Corte di appello decide : deve rimanere con i genitori

MILANO (23 Settembre 2022). Una ragazzina di tredici anni è scappata dalla comunità in cui era costretta a vivere (la terza in tre anni) ed è tornata a casa dai genitori, nel Milanese. Senza gli psicofarmaci che era costretta ad assumere nella struttura ha raccontato con lucidità di anni di vessazioni e bugie. Soprattutto menzogne riferitele dai Servizi sociali e dagli operatori: ogniqualvolta chiedeva di vedere i genitori, le veniva risposto che non era possibile. Mentre ai genitori riferivano che fosse la ragazzina a non volerli incontrare, e se li vedeva o sentiva veniva colta da autentiche crisi psicotiche. Il suo tutore asserisce ora che la tredicenne non è credibile.

«Delle due l’una – commenta l’avocato Miraglia, che tutela gli interessi di questa famiglia – o era poco credibile quando affermava di essere impaurita e che non voleva vedere il padre oppure adesso che dichiara di non aver mai pronunciato tali parole. Qualcuno dovrà darci delle spiegazioni in merito. Noi intanto procederemo con un’integrazione della querela presentata l’anno scorso, quando denunciammo gli operatori per circonvenzione d’incapace e maltrattamenti: se la ragazzina da tre anni si trova in comunità e da due anni le viene impedito di vedere i genitori, è chiaro che non può essere incolpata la famiglia e che la responsabilità è in capo tutta ai Servizi sociali e alla comunità».

«Eravamo alla vigilia di un incontro tra la ragazzina e i genitori, che fino a qualche giorno prima era entusiasta di rivederli dopo tanto tempo. Ma è stata enorme la sorpresa nell’apprendere che la bambina si rifiutava improvvisamente di vedere il papà, insultandolo, raccontando di avere paura di lui, di ricordare episodi orribili».

Da allora sono trascorsi dei mesi e la situazione non è cambiata, tutt’altro. La ragazzina – non è dato sapere per quali motivi e su disposizione di chi – è stata costretta ad assumere una terapia farmacologica. Ma questo non le ha impedito di continuare a stare male, fino a decidere di scappare più volte. L’ultima, la settimana scorsa, è riuscita a raggiungere casa dei genitori.

Adesso che non assume farmaci è orientata, lucida e serena e in famiglia racconta di maltrattamenti e che mai ha detto di non voler vedere i genitori.

Alla luce di ciò la Corte d’Appello di Milano ha accolto il ricorso presentato dai genitori, stabilendo che la soluzione migliore per la sua serenità sia di lasciarla a casa con i genitori, facendole seguire un percorso di sostegno psicologico.

«Informeremo quindi la Procura – conclude l’avvocato Miraglia – anche attraverso l’integrazione della querela, sperando si faccia chiarezza su una vicenda che oltre ad aver tenuto ingiustamente e immotivatamente lontana una ragazzina da casa per tre anni, le ha cagionato sofferenze indicibili».

 

 

“Bibbiano è tutta Italia”: l’avvocato Miraglia del Foro di Madrid interviene sul sistema di abusi e affidi illeciti

Sabato 26 marzo, a Milano, presso Auditorum Gaber di P.zza Duca  Da Costa n° 3,  Francesco  Miraglia , anche autore del libro L’Avvocato dei Bambini, edito da Armando editori.  da poco in tutte le librerie. parteciperà al convegno “Bibbiano è tutta Italia”, un’occasione per riflettere sui fatti avvenuti nel Reggiano e sulla pervasività di un sistema corrotto e criminale, costruito sulla pelle dei bambini e dei loro genitori. Insieme a lui parteciperanno avvocati provenienti da tutta Italia, nonché rappresentanti di diverse associazioni e delle istituzioni. Il caso di Bibbiano, infatti, non è un “unicum”: affidi illeciti, abusi di potere e d’ufficio da parte di operatori sociali e psicoterapeuti accadono ovunque, spesso nell’indifferenza della società, che resta solitamente non o dis-informata. Un’analisi e una discussione del fenomeno divengono sempre più urgenti, per capire quali siano gli ingranaggi corrotti all’interno di questo meccanismo illegale, realizzato e portato avanti con lo scopo di ottenere cospicui ritorni economici. Chi sono i responsabili? Come mai episodi simili si sono ripetuti più volte senza che vi fosse alcun controllo? Gli operatori sociali e gli psicoterapeuti dovrebbero essere i primi a difendere i più deboli, proprio in virtù della missione che orienta la loro professione. L’avvocato Miraglia, iscritto al Foro di Madrid, si è sempre esposto contro il malfunzionamento del sistema e ha sempre denunciato il maltrattamento dei più indifesi: sarà presente al convegno organizzato a Milano per portare alla luce i fatti e stimolare una riflessione critica partendo dal parere degli esperti, nella speranza che il dibattito possa avere risonanza e incoraggiare la realizzazione di misure che impediscano ulteriori abusi e maltrattamenti.

Milano: denuncia l’ex compagno per presunti abusi su i due figli le tolgono i bambini

 Avvocato Miraglia:  «Ma a chi giova tutto questo?»

 MILANO (25 febbraio 2022). Una madre attenta e premurosa si è accorta subito che certi atteggiamenti troppo “sessualizzati” della sua figlia maggiore, che all’epoca aveva appena 4 anni, non rientravano nel concetto di “normalità” e andando a fondo ha scoperto, dal racconto dei bambini, che il padre presumibilmente abusava di loro. Con grande coraggio ha denunciato il compagno e si è allontanata da casa per mettere al sicuro i suoi due figli di 4 e 2 anni, ma con quale risultato? A parte una prima archiviazione del caso, la cosa altrettanto grave è che le hanno tolto i bambini per collocarli in una comunità. Bambini traumatizzati e così piccini lontani da casa stanno davvero molto male: hanno frequenti incubi la notte e bagnano il letto nel sonno. «Ma a chi giova tutto questo?» domanda l’avvocato Miraglia, cui la donna si è rivolta. «In questa situazione non si sta aiutando proprio nessuno. Quando le donne non denunciano i mariti abusanti vengono per lo più ritenute corresponsabili e denunciate a loro volta: quando invece con grande coraggio la querela la sporgono, si trovano private dei figli. Ma che giustizia è?». Necessita ora, per la tranquillità dei due bambini, che rientrino al più presto a casa dalla mamma. Tre anni fa la donna si era accorta che la bambina aveva comportamenti troppo sessualizzati, troppo espliciti con gli adulti di sesso maschile, e che era coinvolto anche il fratellino più piccolo. Una prima denuncia contro il marito è caduta nel vuoto in quanto è stata archiviata e l’uomo, pertanto, ha continuato a vedere i figlioletti. Ripetendosi però gli abusi, la donna si era recata al pronto soccorso e i medici da lì, sentita la bambina, avevano inviato segnalazione all’autorità giudiziaria. Da allora all’uomo è stato impedito di vedere i bambini da solo, ma purtroppo pure alla madre è vietato stare coi figli. «L’allontanamento dei bambini dalla mamma non sta loro giovando» prosegue l’avvocato Miraglia, «manifestano profondo disagio, che non fa che peggiorare la loro già fragile condizione psicologica determinata dagli abusi. Ma soprattutto perché punire questa donna che ha solo cercato di mettere in salvo i suoi bambini? Se al padre è stato impedito di vedere i figli, forse un fondo di verità sugli abusi c’è: ma la mamma, invece, non ha fatto nulla. Ancora più incredibile è stata la decisione del Tribunale per i minorenni di Milano che ha disposto l’allontanamento e gli incontri protetti madre/figli.

Tutto questo a chi giova!!!!

Dopo anni in affidamento ragazzina presenta gravi turbe psichiche

I genitori querelano i Servizi sociali per maltrattamenti e circonvenzione d’incapace

MILANO (10 Dicembre 2021). Accusa il padre di ogni nefandezza possibile, scappa dalla comunità e dice di voler andare a stare con un rapper americano che asserisce di conoscere: una ragazzina di 12 e 9 mesi anni ospite di una comunità milanese è chiaramente in stato di profonda crisi e disagio. Prima di entrare in comunità un paio di anni fà era una ragazzina normalissima, che adorava i genitori, specialmente il padre. Che adesso non vuol nemmeno vedere. Cosa è successo in quella comunità da farla cambiare così tanto? «È stata sporta una denuncia per circonvenzione d’incapace – racconta l’avvocato Miraglia, legale dei genitori – e ne sarà presentata una anche per maltrattamenti: se la ragazzina da tre anni e 6 mesi si trova in comunità e da un anno le viene impedito di vedere i genitori, è chiaro che non può certamente essere incolpata la famiglia e che sono i Servizi sociali i responsabili di questo cambiamento, grave e pericoloso».

Tutto comunica quando la madre si confida con un’assistente sociale, asserendo che il marito la maltratta. I Servizi sociali, dopo la denuncia chiedono ed ottengono l’allontanamento  delle ragazzine e vengono collocate in una comunità. Nel frattempo il padre viene scagionato in Cassazione da ogni accusa, risultata priva di fondamento, e mentre una figlia rientra a casa, l’altra resta in comunità. «Comprovata l’innocenza del padre – prosegue l’avvocato Miraglia – abbiamo informato i Servizi sociali: eravamo alla vigilia di un incontro tra la ragazzina e i genitori, che fino a qualche giorno prima era entusiasta di rivederli dopo tanto tempo. Ma è stata enorme la sorpresa nell’apprendere che la bambina si rifiutava improvvisamente di vedere il papà, insultandolo, raccontando di avere paura di lui, di ricordare episodi orribili. Poche ore sono bastate per cambiare così l’atteggiamento di una persona?». Verrebbe quasi da pensare che i Servizi sociali, per giustificare il loro errato operato, l’abbiano plagiata mettendola contro la famiglia?

L’influenza del Servizio sociale sulla ragazzina ha portato ad un inesorabile e costante allontanamento della minore dai genitori: il servizio, anziché agevolare i rapporti tra la ragazzina e la famiglia di origine, ha tentato in ogni modo possibile di allontanare e spaventare la minore, che ha sviluppato atteggiamenti oppositivi nei confronti dei genitori, che in tanto mesi di lontananza nulla possono averle fatto. «E se fin qui è plausibile la circonvenzione d’incapace – conclude l’avvocato Miraglia – si profila il maltrattamento per quanto questa ragazzina ha manifestato recentemente: una bambina tranquilla si è trasformata in una persona ingestibile, per stessa ammissione dei Servizi sociali. Quando parla ormai delira ed è arrivata a fuggire  più dalla comunità affermando di voler andare a vivere con un rapper americano che dice di conoscere. È chiaro che la bambina sia malata e a farla ammalare sono stati i Servizi sociali, la comunità e soprattutto la lontananza della sua famiglia. In altre parole i miei assistiti avevano una figlia sana per ritrovarsi una figlia gravemente ammalata. Chi pagherà per tutto questo?».

Penso che sia giunto il momento di dire basta a queste situazioni di sofferenza e strumentalizzazioni in nome di una presunta tutela dei minori. Ci auguriamo di un immediato intervento del Tribunale per i minori prontamente informato sullo stato precario di questa bambina e dell’operato del servizio sociale.

Il Tribunale per i Minorenni di Milano avrà il coraggio di mettere in discussione l’operatore del servizio sociale magari trasmettendo gli atti alla Procura della Repubblica o come temiamo addosserà la colpa ai genitori che non vedono la figlia da quasi un anno?

Ai posterei ardua sentenza!!!

 

Milano: ragazza allontanata dai servizi sociali per abusi sessuali, il Tribunale assolve il padre, il fatto non sussiste

La ragazza, ora ventenne, è in una comunità, imbottita di psicofarmaci invece di essere aiutata

MILANO (19 Marzo 2021). Fine di un incubo per un uomo di Milano: dopo tre anni è stato scagionato dall’accusa infamante, quanto falsa, di avere abusato della figlia minorenne. La quale, tolta all’epoca alla famiglia, è passata da una comunità all’altra e da un reparto psichiatrico a un altro, imbottita di psicofarmaci, che la rendono un automa.

«Una storia dolorosa e assurda, che ha due vittime innocenti» sottolineano i legali dello Studio Miraglia, che hanno difeso l’uomo. «Da una parte c’è un uomo che per tre lunghi anni ha subito l’onta dell’accusa di aver abusato della figlia: accuse del tutto infondate. Però ha trascorso tre anni di stress e preoccupazione, durante i quali si è isolato da tutti per la vergogna di un’accusa infamante e ha smesso di lavorare. Dall’altro c’è la figlia, una ragazza oggi ventenne, che i Servizi sociali hanno allontanato dalla famiglia, ma che le istituzioni non hanno saputo aiutare: è stata spostata di comunità in comunità, ha subito diversi trattamenti sanitari obbligatori e ora, a quanto è stato riferito ai genitori, è talmente imbottita di psicofarmaci da risultare irriconoscibile. Loro non l’hanno più vista: gli è sempre stato detto che era lei a non volerli vedere. E adesso che è maggiorenne, è uscita dal circuito della tutela minorile e il suo destino non interessa più a nessuno. È parcheggiata in un limbo burocratico, senza che qualcuno si prenda a cuore le sue sorti. Imbottita di psicofarmaci per farla rimanere tranquilla in attesa che qualcuno decida il suo destino. Chi risarcirà queste persone, questa famiglia, per le ingiustizie subite?».

La storia è inverosimile, ma nessuno ha provato a dimostrarne l’evidente infondatezza.

Tutto comincia nel 2018, quando uno degli insegnanti della ragazzina, allora diciassettenne, rivela alla preside che la giovane gli ha confidato di essere vittima di abusi da parte del padre. Scatta quindi la segnalazione alle autorità e il Tribunale per i minorenni di Milano ne dispone l’allontanamento da casa: l’uomo intanto viene indagato e imputato e sarà costretto a difendersi dalla terribile accusa, nonostante i racconti della figlia paiano decisamente improbabili e quindi falsi: la giovane sarebbe stata prelevata dal padre dal proprio letto, che divideva con la madre, mentre dormiva, e sarebbe stata portata sul divano per essere poi riportata a letto, senza che né lei né nessuno dei familiari presenti in casa si svegliassero  e notassero qualcosa. La giovane riferirà di aver vissuto tutto come un sogno. Pur in assenza di prove di abusi fisici, il padre invece di venire immediatamente scagionato, è stato rinviato a giudizio.

«Ci sono voluti tre anni perché la verità finalmente venisse portata alla luce e le accuse cadessero» proseguono i legali dello Studio Miraglia, «tant’è che al processo è stato scagionato e prosciolto dalle accuse. Ma a parte il dolore, la preoccupazione, lo stravolgimento della vita che quest’uomo e la sua famiglia hanno subito, il destino cui è andata incontro la ragazza è stato altrettanto terribile: sballottata da una struttura ad un’altra fino alla maggiore età, quando ormai le istituzioni non sono più obbligate ad occuparsene». Ma i solerti assistenti sociali che hanno attivato tutta la procedura per allontanarla e metterla in sicurezza da un presunto padre orco, alla fine non si sono preoccupati minimamente della sua sorte, della sua salute. Questa ragazza era palesemente disturbata e andava curata, non allontanata dalla famiglia e poi dimenticata da tutti.

«Mai essere superficiali quando si tratta di tutela dei minori» proseguono gli avvocati, «però i provvedimenti devono essere motivati e supportati da prove certe. In questo caso la superficialità con cui hanno agito gli assistenti sociali e non solo ha cagionato solo dolore e causato problemi ben maggiori: che abbiano agito per leggerezza o in malafede, sta di fatto che sarebbe il caso che o si formassero e informassero adeguatamente oppure che cambiassero lavoro».

Cambia sesso e diventa donna: non le fanno più vedere il figlio

L’avvocato Miraglia: «Gravissimo atto di discriminazione a Milano»
MILANO (30  Aprile 2020). Sta pagando a caro prezzo la decisione assunta di cambiare sesso, una donna che per il Tribunale dei Minorenni di Milano è il padre di un ragazzino di otto anni: da otto mesi gli viene negato di vedere e sentire il proprio figlio. Non sa nemmeno dove stia né come stia, non ha sue notizie nemmeno via mail, non può neppure telefonargli. Senza una motivazione plausibile se non quella, sottintesa, di avere nel frattempo cambiato sesso ed essere diventato una donna. Una transizione che il bambino ha accettato, ma a quanto pare molto meno l’assistente sociale che segue il caso, la quale ha interrotto ogni tipo di rapporto tra i due da quando il padre, ormai donna, si sarebbe presentato agli incontri abbigliato con vestiti femminili.
Il bambino è nato otto anni fa da una coppia di genitori, che nel frattempo si è separata in maniera conflittuale: motivo degli inconciliabili dissapori tra gli ex coniugi anche la decisione assunta dal marito di sottoporsi al cambio del sesso. Il tribunale ordinario, nel corso della separazione, aveva ordinato che il bambino continuasse a vedere entrambi i genitori, affidando il piccolo alla madre e stabilendo che il padre potesse vederlo all’interno di uno spazio neutro. Passò quindi la competenza della regolamentazione dei rapporti tra padre e figlio al Tribunale dei Minorenni, il quale però, con pregiudizio inspiegabile, improvvisamente ha bloccato gli incontri e persino le telefonate tra i due.
«Un atteggiamento discriminatorio, negligente ed altamente pregiudizievole, quello attuato dal Servizio sociale nei confronti della signora» commenta l’avvocato Francesco Miraglia, al quale il padre, ormai donna, si è rivolto. «La mia assistita non sa nemmeno dove si trovi il figlio né conosce le sue condizioni di salute (il piccolo è affetto da una forma di autismo), con gravissimo pregiudizio per il bambino e violazione di ogni legge nazionale ed internazionale a tutela dei diritti fondamentali di genitori e minori! I dati attualmente disponibili non suffragano i timori circa il fatto che le problematiche identitarie di un genitore influiscano in termini negativi sullo sviluppo del figlio. Per contro, sono ampiamente documentabili gli effetti perturbanti ingenerati dell’interruzione dei contatti tra un bambino e il proprio genitore, di qualunque sesso esso sia. Ci siamo quindi appellati con un’istanza urgente al Tribunale dei Minorenni affinché questa donna continui a vedere e a sentire il proprio figlio. E vogliamo vedere chi si prenderà a cuore questo caso, anche dal punto di vista politico: se con indosso i pantaloni come genitore andava bene, con la gonna improvvisamente è diventato pessimo? Vogliamo affermare davvero questo principio, che si basa su stereotipi di genere? E’ urgente che si attivi un dibattito che regolamenti in maniera chiara i diritti dei genitori separati transessuali, che hanno pari dignità e diritti di essere trattati e riconosciuti al pari di chiunque altro».

Tenta il suicidio pur di tornare in carcere

Milano.Ci Risiamo. Giacomo ragazzo 17enne  residente in un comune dell’interland Milanese, già conosciuto all’opinione pubblica in quanto nel mese di giugno scorso era scappato da una comunità in provincia di Pavia, è  scappato nuovamente.
I primi giorni di agosto, dal Beccaria veniva trasferito in una ennesima comunità in provincia di Mantova,  alcuni giorni fa era scappato dalla comunità e si era quindi presentato al Beccaria chiedendo di poter terminare la sua pena in carcere. Il PM di turno invece non lo ha ascoltato e ha disposto il riaccompagnamento a forza in comunità tramite le forze dell’ordine. Poche ore dopo essere stato riaccompagnato in comunità Giacomo  si è auto-lesionato come estrema richiesta di aiuto per poter uscire dalla comunità e tornare in carcere.
Oggi, dopo questo gesto estremo, le sue richieste sono state accolte.
“Senza entrare in alcun modo in merito alla responsabilità del mio assistito, un ragazzo poco più che 17enne, credo che il fatto che un ragazzo “preferisca” commettere un gesto estremo per costringere l’autorità giudiziaria a riportarlo in carcere pur di non restare in comunità la dica lunga sul funzionamento di queste comunità. La dice lunga anche su come la giustizia minorile non funzioni. Non può succedere che un ragazzo allontanato dai propri genitori per opera dei servizi sociali di San Donato sia abbandonato a sé stesso. Ha oltre modo dell’incredibile il fatto che i servizi sociali che si sono occupati del minore da quando aveva 12 anni non abbiamo mai proposto un percorso serio, competente e tutelante, senza per altro permettere ai genitori di intervenire nelle decisioni della vita del figlio. Spero che le istituzioni e il sindaco di San Donato sappiano dare delle risposte e non trincerarsi dietro a mere difese d’ufficio come sino ad oggi. Spero vivamente che gli operatori referenti facciano un esame di coscienza sul loro operato, affinché da ora in poi vengano applicati percorsi studiati ad hoc soprattutto di fronte a problematiche così gravi e con diversi profili da tutelare ed approfondire. Altrimenti il vero “fallimento” resterà quello delle istituzioni.” Sostiene l’avvocato Francesco Miraglia che difende il ragazzo e la famiglia.
Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU) Onlus si occupa da tempo della vicenda di Giorgio (nome di fantasia), sia quando era stato collocato in una comunità psichiatrica contro la sua volontà sia quando era stato sbolognato alla famiglia dopo essere stato rovinato.
Prima del collocamento in comunità psichiatrica, Giorgio era sì un ragazzo difficile perché proveniente da un’adozione dalla Russia, ma non si drogava né spacciava. Invece, poco dopo le dimissioni, la mamma ci aveva contattati dicendoci che Giorgio prima era un ragazzo difficile ma non faceva uso di sostanze e non fumava, avevamo alcune speranze di poterlo aiutare; ora siamo disperati: dopo l’intervento dei Servizi Sociali di San Donato Milanese e dei neuropsichiatri della UONPIA con il collocamento in comunità, nostro figlio è peggiorato.
La mamma di Giorgio ha deciso di lanciare l’ennesimo appello alle autorità: “È importante conoscere l’intera storia di nostro figlio per poterlo aiutare seriamente. Viene continuamente sballottato tra i diversi operatori e gli vengono somministrati e sospesi psicofarmaci senza nessuna progettualità. Vi prego di permetterci di proporre un progetto valido per lui. Se non siete in grado di aiutarlo almeno permettete a noi di farlo.”
Secondo Paolo Roat Responsabile Nazionale Tutela Minori del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU) Onlus: “I protocolli e le procedure in atto nella tutela minorile si sono dimostrate fallimentari. Non è un problema della società moderna, né un problema dei ragazzi di oggi: il problema è la mancanza di soluzioni efficaci per gestire e risolvere il disagio giovanile. In mancanza di soluzioni ci rivolge all’approccio psichiatrico che non fa altro che sedare il disagio con dei metodi coercitivi e con gli psicofarmaci. Anche con Giorgio stanno sbagliando di nuovo: lo stanno sedando invece di capirlo e aiutarlo. Ma il disagio non va sedato, il disagio va compreso e risolto. Le soluzioni ci sono. Possiamo aiutare questi ragazzi!”