Ferrara: tornando finalmente a casa madre e figlio collocati nella casa famiglia degli orrori
Dopo un anno di traversie di ogni genere, causate dai Servizi sociali, la donna e il suo bambino possono tornare a una vita normale
FERRARA (21 dicembre 2018). Un incubo durato un anno si è finalmente concluso per una donna di Ferrara e per il suo bambino: dopo tredici mesi di allontanamento, di famiglie affidatarie, di comunità fatiscenti, di tribunali, di stress, di vita vissuta in un limbo, il Tribunale dei minorenni di Bologna ha finalmente decretato che il piccolo possa fa ritorno nella casa dei nonni, dove potrà liberamente alloggiare anche la madre. Il bimbo, che non ha nemmeno 4 anni, potrà scartare i regali di Natale sotto l’albero a casa dei nonni materni, non più con dei genitori affidatari, non più dentro la fatiscente comunità dove era stato spostato alcuni mesi orsono. C’è voluto però un anno di caparbietà dimostrata dalla mamma del piccolo e dal suo legale, l’avvocato Francesco Miraglia, per ottenere giustizia contro i pregiudizi di una psicologa e di un’assistente sociale che, intravvedendo una disfunzionalità dell’attaccamento nella relazione tra madre e bimbo, li avevano separato a novembre dello scorso anno. Facendo patire loro sofferenze e disagi. «Ancora una volta si dimostra come il sistema dei Servizi sociali sia malato» dichiara l’avvocato Miraglia, «dove nessuno controlla, dove psicologi e assistenti sociali possono fare il bello e il cattivo tempo, disponendo a loro piacimento della vita delle persone, che però sono le persone più fragili, i bambini. Questo caso ha scoperchiato le falle del sistema, dove nessuno controlla cosa viene disposto dai Servizi sociali e come il controllo manchi anche sulle strutture di accoglienza». La donna era finita con il suo bambino all’interno della cosiddetta “casafamiglia degli orrori” di Cento, dove oltre alla ruggine, ai muri scrostati e ai fili elettrici a penzoloni, gli scarafaggi erano liberi di girare per le stanze pericolanti. «Siamo soddisfatti della felice risoluzione di questa vicenda» prosegue l’avvocato Miraglia, «ma quanti casi simili “senza voce” ci sono in Italia? Quante madri vengono allontanate dai propri figli per il “capriccio” di un’assistente sociale? Quante strutture di accoglienza ricevono contributi pubblici senza che però nessuno verifichi se siano agibili e vivibili? Ma soprattutto, chi potrà restituire un anno di serenità perduta alla mia assistita e, ancor di più, al suo bambino, che senza colpe e senza capirne il motivo, si è trovato a cambiare quattro ambienti, quattro case diverse?».