8 Febbraio 2017
Due bimbi in fuga dalla comunità: «Vogliamo tornare con chi ci ama»
Due bimbi in fuga dalla comunità: «Vogliamo tornare con chi ci ama
VICENZA – Una 12enne vicentina e un bimbo veneziano di 7 anni sono fuggiti ieri sera dalla comunità in cui erano stati alloggiati per ordine del Tribunale per cercare di tornare a casa. La bambina se ne è andata assieme all’amichetto arrivando fino a casa sua, distante poco meno di 2 km, rifiutandosi poi di tornare nella struttura. «Voglio stare a casa mia e con chi mi ama», le sue parole. A raccontare la triste vicenda è il Comitato dei cittadini per i diritti umani,
Paolo Roat, responsabile nazionale del Comitato tutela Minori del Comitato dei cittadini per i diritti umani precisa che «i genitori hanno avvertito immediatamente gli operatori della comunità che si sono precipitati a casa della famiglia. Il bimbo ha poi spiegato di essere scappato perché gli avevano promesso di tornare dalla mamma già nel gennaio scorso ma poi non avevano mantenuto. Ha anche raccontato anche di essere stato strappato dalla sua famiglia per la conflittualità tra la mamma e il papà in sede di separazione. Alla fine ha comunque accettato di tornare in comunità mentre la bambina no».
In mattinata – inoltre – il padre della 12enne ha chiamato i servizi sociali per chiedere aiuto: la ragazzina si rifiutava di andare a scuola per paura di essere portata via con la forza. L’assistente sociale e la psicologa si sono quindi recate a casa della famiglia per parlare con la 12enne, ma la ragazza ha rifiutato categoricamente di tornare in struttura, riaffermando la sua paura di tornare a scuola dove teme di essere presa e portata via con la forza. Comprensibilmente i Servizi le hanno hanno concesso di restare a casa in vista di un’analisi più approfondita della situazione.
Nel pomeriggio di oggi – mercoledì – il papà si è recato presso gli uffici dei Servizi Sociali, ricevendo dei segnali di apertura. Quella di Chiara, secondo il Comitato, era una fuga annunciata. Aveva già manifestato ripetutamente il desiderio di tornare a casa, e solo pochi giorni fa era scappata, assieme a un’altra ragazza più grande, solo per essere riacciuffate poco dopo nel centro di Vicenza e riportate in comunità. Nel mese di giugno del 2016, la vicenda di Chiara e dei suoi due fratelli (collocati nella sua stessa comunità) era stata riportata dalla stampa. I tre bambini erano stati prelevati a scuola e allontanati dalla famiglia. Come riportato dalla stampa, secondo la psicologa e i Servizi Sociali, i ragazzi erano in condizioni di disagio per «malnutrizione, maltrattamenti, difficoltà relazionali». Per la famiglia invece si trattava di esagerazioni e dichiarazioni non corrispondenti alla realtà familiare: «I servizi sociali si stanno accanendo contro di noi, ci hanno preso di punta, hanno creato un caso dal niente».
Nel decreto di allontanamento, il tribunale aveva disposto anche la valutazione delle capacità genitoriali e il mantenimento dei rapporti tra genitori e figli a discrezione dei Servizi Sociali. Fin da subito i Servizi hanno disposto un regime di visite protette peggiore del “carcere duro” cui sono soggetti i criminali più efferati: una sola visita di un’ora alla settimana, senza nessuna intimità tra genitori e figli, e sotto il controllo costante di un operatore. In seguito questo regime è stato addirittura inasprito, passando a una visita di un’ora ogni 15 giorni. Bizzarra la motivazione: secondo i Servizi, i bambini soffrivano troppo a causa del distacco dai genitori. È probabile che questo regime, eccessivamente crudele nei confronti dei bambini, abbia spinto la ragazza a fuggire. «Questa vicenda è l’ennesima dimostrazione della superficialità di certi servizi di tutela minorile».
Denuncia l’avvocato Francesco Miraglia: «I genitori stanno seguendo le prescrizioni del tribunale e hanno accettato e ripetutamente richiesto il percorso di valutazione delle capacità genitoriali. Eppure questo percorso è iniziato solo dopo 8 mesi con un primo incontro presso il Csm in data 21 dicembre 2016. Dopo questo incontro, i genitori non hanno ancora ricevuto nessun calendario per il prosieguo del percorso. Nel frattempo sono passati nove mesi e i figli stanno soffrendo enormemente e hanno manifestato a più riprese la volontà di tornare a casa. Possibile che si debba arrivare al punto in cui una ragazzina, per poter tornare dai suoi cari, debba mettere in pericolo la sua vita, vagando da sola in città? Ci rivolgeremo al Tribunale e chiederemo che i bambini vengano ascoltati al più presto e che si trovi una soluzione che tuteli sia i bambini che il loro diritto all’affetto dei genitori».
Paolo Roat, responsabile nazionale del Comitato tutela Minori del Comitato dei cittadini per i diritti umani precisa che «i genitori hanno avvertito immediatamente gli operatori della comunità che si sono precipitati a casa della famiglia. Il bimbo ha poi spiegato di essere scappato perché gli avevano promesso di tornare dalla mamma già nel gennaio scorso ma poi non avevano mantenuto. Ha anche raccontato anche di essere stato strappato dalla sua famiglia per la conflittualità tra la mamma e il papà in sede di separazione. Alla fine ha comunque accettato di tornare in comunità mentre la bambina no».
In mattinata – inoltre – il padre della 12enne ha chiamato i servizi sociali per chiedere aiuto: la ragazzina si rifiutava di andare a scuola per paura di essere portata via con la forza. L’assistente sociale e la psicologa si sono quindi recate a casa della famiglia per parlare con la 12enne, ma la ragazza ha rifiutato categoricamente di tornare in struttura, riaffermando la sua paura di tornare a scuola dove teme di essere presa e portata via con la forza. Comprensibilmente i Servizi le hanno hanno concesso di restare a casa in vista di un’analisi più approfondita della situazione.
Nel pomeriggio di oggi – mercoledì – il papà si è recato presso gli uffici dei Servizi Sociali, ricevendo dei segnali di apertura. Quella di Chiara, secondo il Comitato, era una fuga annunciata. Aveva già manifestato ripetutamente il desiderio di tornare a casa, e solo pochi giorni fa era scappata, assieme a un’altra ragazza più grande, solo per essere riacciuffate poco dopo nel centro di Vicenza e riportate in comunità. Nel mese di giugno del 2016, la vicenda di Chiara e dei suoi due fratelli (collocati nella sua stessa comunità) era stata riportata dalla stampa. I tre bambini erano stati prelevati a scuola e allontanati dalla famiglia. Come riportato dalla stampa, secondo la psicologa e i Servizi Sociali, i ragazzi erano in condizioni di disagio per «malnutrizione, maltrattamenti, difficoltà relazionali». Per la famiglia invece si trattava di esagerazioni e dichiarazioni non corrispondenti alla realtà familiare: «I servizi sociali si stanno accanendo contro di noi, ci hanno preso di punta, hanno creato un caso dal niente».
Nel decreto di allontanamento, il tribunale aveva disposto anche la valutazione delle capacità genitoriali e il mantenimento dei rapporti tra genitori e figli a discrezione dei Servizi Sociali. Fin da subito i Servizi hanno disposto un regime di visite protette peggiore del “carcere duro” cui sono soggetti i criminali più efferati: una sola visita di un’ora alla settimana, senza nessuna intimità tra genitori e figli, e sotto il controllo costante di un operatore. In seguito questo regime è stato addirittura inasprito, passando a una visita di un’ora ogni 15 giorni. Bizzarra la motivazione: secondo i Servizi, i bambini soffrivano troppo a causa del distacco dai genitori. È probabile che questo regime, eccessivamente crudele nei confronti dei bambini, abbia spinto la ragazza a fuggire. «Questa vicenda è l’ennesima dimostrazione della superficialità di certi servizi di tutela minorile».
Denuncia l’avvocato Francesco Miraglia: «I genitori stanno seguendo le prescrizioni del tribunale e hanno accettato e ripetutamente richiesto il percorso di valutazione delle capacità genitoriali. Eppure questo percorso è iniziato solo dopo 8 mesi con un primo incontro presso il Csm in data 21 dicembre 2016. Dopo questo incontro, i genitori non hanno ancora ricevuto nessun calendario per il prosieguo del percorso. Nel frattempo sono passati nove mesi e i figli stanno soffrendo enormemente e hanno manifestato a più riprese la volontà di tornare a casa. Possibile che si debba arrivare al punto in cui una ragazzina, per poter tornare dai suoi cari, debba mettere in pericolo la sua vita, vagando da sola in città? Ci rivolgeremo al Tribunale e chiederemo che i bambini vengano ascoltati al più presto e che si trovi una soluzione che tuteli sia i bambini che il loro diritto all’affetto dei genitori».
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Mercoledì 8 Febbraio 2017, 17:22
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