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Denunciato l’assessore veronesi Stefano Bertacco. Con lui anche cinque operatori dei Servizi sociali

DENUNCIATO L’ASSESSORE VERONESE STEFANO BERTACCO. Con lui anche cinque operatori dei Servizi sociali

VERONA (22 Novembre 2019). Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, interesse privato in atti di ufficio e abuso d’ufficio: questi i reati per i quali a vario titolo, sono stati denunciati l’assessore ai Servizi sociali di Verona, Stefano Bertacco, e cinque operatori compreso il responsabile del servizio. A sporgere la denuncia è stata una donna veronese, da quindici mesi “parcheggiata” in una comunità di Marghera, a Venezia, con i suoi tre figli minori, senza un progetto di sostegno, confinati in quattro in un’unica stanza fatiscente. Lontana dalla sua città, dalla sua casa, dalla propria cerchia parentale e soprattutto dalla figlia maggiore, alloggiata in una comunità diversa dalla madre e dai fratelli. E’ stata proprio la vicenda terribile vissuta da questa ragazzina a innescare, suo malgrado, questa vicenda, che i Servizi sociali di Verona hanno gestito in maniera assurda, rifiutandosi di prendere in carico questa famiglia con un progetto che li sostenesse e aiutasse veramente e soprattutto ignorando ripetutamente i provvedimenti emessi dal tribunale di Verona. La donna si era rivolta ai Servizi sociali per un aiuto, all’indomani della condanna dell’ex marito per aver abusato della figlia maggiore.
«I Servizi sociali del Comune di Verona hanno però agito violando precisi obblighi impartiti dal Tribunale per i minorenni di Verona dalla fine del 2017 ad oggi» spiega l’avvocato Francesco Miraglia, che tutela la donna e i suoi bambini, «confinando letteralmente la signora e i suoi figli in una struttura fatiscente per quindici mesi, senza neppure averli concretamente presi in carico con azioni di sostegno, mantenendoli per di più lontani da casa a spese dei contribuenti. E per questo chiederò che la Corte dei Conti verifichi questo spreco immotivato di denaro pubblico. Oltre a lasciare questa famiglia senza un sostegno e un progetto concreto e a non ottemperare alle reiterate disposizioni del tribunale, i Servizi sociali hanno ripetutamente tentato di togliere i bambini alla loro madre per affidarli a famiglie esterne. Comportamenti così ricordano le recenti vicende di Bibbiano: certo, non sarà il medesimo sistema, però nemmeno il comportamento dei Servizi sociali di Verona brilla per correttezza e va indagato a fondo. Per lo meno per capire intanto come la mia assistita possa stare da oltre un anno come fosse incarcerata, confinata con tutte le sue cose in una stanza con i suoi tre bambini, senza che nessuno si prenda cura di loro e senza sapere quale potrà essere il suo futuro, quando potrà rivedere la figlia maggiore, quando potrà tornare a casa propria e alla sua vita di sempre». Ecco perché sono stati denunciati il dirigente dei Servizi sociali, due psicologhe, un’assistente sociale e la responsabile della comunità. Con loro anche l’assessore Bertacco. «Il quale aveva pubblicamente plaudito l’operato dei Servizi sociali comunali, scaricando però su di loro ogni responsabilità della gestione della vicenda allorché gli richiesi un intervento risolutivo diretto. Come se il benessere dei concittadini non fosse materia di cui debba occuparsi un assessore ai Servizi sociali» conclude l’avvocato Miraglia.

Sistema Bibbiano anche nel Torinese?

L’avvocato Miraglia segnala alla Procura tre affidamenti che risulterebbero vere e proprie “adozioni mascherate”
TORINO. (31 ottobre 2019). Siccome tre indizi fanno una prova, come si suol dire, è molto probabile che anche nel Torinese sia in atto da tempo un sistema sul modello di Bibbiano, in cui i bambini vengono allontanati dai genitori con dei pretesti futili e affidati a persone che fanno parte sempre della medesima cerchia di operatori sociali. Con lo strano comportamento proprio di questi genitori affidatari volontari, che chiederebbero personalmente al giudice del Tribunale dei minori, pagando gli avvocati di tasca propria, di non far rientrare i bambini in seno alle loro famiglie, in quanto i genitori risultano inaffidabili e i bambini avrebbero  persino paura di incontrarli: che interesse hanno per attivarsi così in prima persona? Un sistema dove il deus ex machina sarebbe un’unica persona, che ricoprirebbe – neanche fosse una e trina – a volte il ruolo di Giudice Onorario del Tribunale dei Minorenni e della Corte d’Appello, altre quello di assistente sociale, altre ancora di referente del Cismai – Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia – e membro dell’equipe formativa di una cooperativa che si occupa di interventi socio assistenziali e socio educativi. Con un gravissimo conflitto, di interesse che pregiudicherebbe la serenità e l’obiettività delle decisioni assunte in merito ai provvedimenti di allontanamento di questi bambini. «Sembrano adozioni mascherate bell’e buone» dichiara l’avvocato Francesco Miraglia, che sta seguendo le vicende in tutto analoghe di ben tre famiglie diverse, finite nel gorgo di questi affidamenti per delle conflittualità sorte tra i coniugi in sede di separazione, senza che si siano mai riscontrati segni di abusi, maltrattamenti, violenze o incuria verso i figli.  «I bambini sono stati allontanati dai genitori in conflitto tra loro per cause di separazione, che non pregiudicavano il loro benessere: ma anziché avviare un percorso di accompagnamento familiare, questi bambini sono stati allontanati da casa e affidati a operatori, addirittura dividendo e separando i fratelli tra loro, come a volerli isolare, riprogrammare, cancellando loro la memoria della famiglia di origine, spezzando i legami persino con i fratelli. In modo quasi che abbiano l’operatore cui sono affidati come unico ed esclusivo punto di riferimento al quale, giocoforza, i bambini prima o poi si affezionano. In tempi non sospetti ci siamo rivolti all’assessore, senza ottenere risposta: ma com’è possibile che tanti casi siano tutti uguali, con le medesime dinamiche? E già tre anni orsono, nel Marzo 2016, la consigliera comunale del M5S, Giuseppina Codognotto, segnalò un giudice onorario del Tribunale dei Minorenni di Torino al Consiglio superiore della magistratura, a causa di presunte incompatibilità di carica e conflitto di interesse con la Corte di Appello. Ho presentato quindi nei giorni scorsi un esposto alla Procura, affinché faccia chiarezza sulle vicende e sui rapporti tra i protagonisti. Qui di sicuro non si fa il bene di questi bambini».

Inchiesta “Angeli e demoni”: bisogna verificare i casi giacenti in Corte d’Appello. Avvocato Miraglia: «L’inchiesta non può limitarsi ai fascicoli giacenti al Tribunale dei Minorenni di Bologna»

BIBBIANO (30 Ottobre 2019). In queste ore si sta cercando di minimizzare l’inchiesta “Angeli e demoni” sugli affidamenti di minori nella zona di Bibbiano in Val d’Enza (Reggio Emilia): su 100 segnalazioni dei Servizi sociali al Tribunale per i Minorenni negli ultimi due anni, in 85 casi il tribunale aveva stabilito di lasciare i bambini in famiglia e solo in 15 casi i giudici avevano deciso per l’allontanamento. Di questi, solo in sette casi i genitori hanno presentato ricorso contro le sentenze di allontanamento, tutti successivamente respinti dalla sezione minori della Corte d’Appello.
«E chi ha accertato questi dati?» dichiara l’avvocato Francesco Miraglia, che segue molti casi di allontanamento in Val d’Enza. «Ma soprattutto dalla verifica mancano tutti i casi, compresi molti di quelli che sto seguendo personalmente, che non giacciono al Tribunale dei Minorenni di Bologna, ma che sono già stati trasmessi alla Corte d’Appello. Casi che si riconducono al medesimo “sistema Bibbiano”, che devono essere presi in esame proprio come gli altri. Invito pertanto la Corte d’Appello di Bologna a prenderli tutti in esame e a fare chiarezza anche su di loro».
Tra questi c’è il caso di una giovane coppia che, in effetti, aveva avuto in passato problemi di tossicodipendenza, ma al momento della nascita della loro figlioletta nel 2016 avevano svoltato vita: la mamma ha seguito un percorso, anche psicologico e insieme ai Servizi sociali, mentre il padre si è totalmente disintossicato da anni e ha trovato adesso un lavoro stabile. Attorno alla coppia c’è tutta una rete familiare disposta ad aiutare la coppia e la loro figlioletta. Invece la piccola è stata loro strappata e dichiarata adottabile. «Il collocamento extrafamiliare del minore» prosegue l’avvocato Miraglia, «deve essere inteso quale extrema ratio qualora si trovi in stato di assoluta carenza di assistenza morale e materiale e di indisponibilità di parenti fino al quarto grado. Non è il caso dei miei assistiti, che oltre ad aver ripreso in mano la loro vita, hanno una rete parentale solida e unita. Ma i miglioramenti e l’impegno della madre non sono stati minimamente presi in considerazione dal Servizio sociale, che ha definito i genitori del tutto incapaci di svolgere il proprio ruolo. E guarda caso ad occuparsi di questa bambina sono stati l’assistente sociale Francesco Monopoli e la dottoressa Federica Anghinolfi, agli arresti domiciliari perché coinvolti nell’inchiesta denominata “Angeli e Demoni” dalla procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia, e definiti i veri e propri “deus ex machina” delle modalità di verifica di presunti abusi pregiudizi sui minori, con l’unico scopo di allontanarli dalla famiglia di origine. Ecco perché abbiamo presentato istanza alla Corte d’Appello di Bologna per anticipare l’udienza e riprendere i contatti tra la bambina e genitori e perché chiediamo alla medesima Corte di prendere in esami tutti i casi in giacenza».

 

 

 

La sorellina affidata ai nonni, il fratellino per Tribunale per i Minorenni di Venezia deve andare in adozione  

VENEZIA (5 Ottobre 2019). Una giovane madre che cerca di rimettersi in carreggiata dopo alcuni errori commessi in gioventù. La donna va aiutata ed è giusto che i suoi bambini, nel loro interesse, vengano affidati a chi possa occuparsi di loro in maniera adeguata. Nulla da eccepire. Però perché la figlia maggiore può stare con i nonni materni, mentre il figlioletto più piccolo è stato dato in affidamento ad estranei e ora addirittura dichiarato adottabile? Sulla base di una consulenza redatta da un perito che invita addirittura a troncare i rapporti del piccolo con la famiglia di origine, quasi a volergli “resettare” la memoria, cancellandone l’identità. Perché? «Ce lo domandiamo pure noi e infatti con i genitori, i nonni materni e paterni e le zie siamo ricorsi alla Corte d’Appello di Venezia» spiega l’avvocato Francesco Miraglia, cui l’intero nucleo familiare si è rivolto, per contrastare la decisione assunta dal Tribunale dei minorenni veneziano. «Perché nonostante il bambino abbia una vasta e affidabile famiglia, viene affidato ad estranei che, pare, ricevano mille euro al mese per prendersene cura? I provvedimenti dei Tribunali dei minorenni devono tenere in considerazione il benessere dei bambini, salvaguardando per quanto possibile i loro rapporti con la famiglia di origine, affidandoli in primis ai parenti. E questo bambino ha nonni sia materni che paterni e zie amorevoli cui poteva venire affidato. A maggior ragione per il fatto che già la sorella maggiore vive con i nonni  materni , che lui stesso frequenta e con i quali ha istaurato un ottimo e affettuoso rapporto. A tal punto che la famiglia affidataria quando è andata in vacanza lo ha lasciato ai nonni. Perché allora devono essere buoni per una nipotina e per l’altro no? Ma ancora più insensato è il suggerimento del consulente tecnico della Corte di appello, noto professionista padovanoc,  secondo il quale il bambino deve essere dato in  adozione, addirittura tagliando totalmente i ponti con la famiglia, invece di garantirgli un supporto nell’ottica di farlo rientrare poi in senso al proprio nucleo familiare. A parte l’assurdità del provvedimento suggerito dal consulente, ci domandiamo perché dei nonni possano essere buoni per allevare una nipotina e non il suo fratellino, togliendo a quest’ultimo il diritto di vivere nella propria famiglia, come previsto, peraltro, dalla legge».

Brescia: la piccola Angela può rimanere con la mamma

La bimba era stata affidata al padre  in nome della presunta Sindrome da alienazione genitoriale. Avvocato Miraglia: “Sentenza che farà giurisprudenza”
BRESCIA (5 Ottobre 2019). Per lei si erano mossi comitati e pagine social, il suo caso la scorsa primavera aveva fatto scalpore e indignato tutta Italia: la piccola Angela, una ragazzina bresciana di dieci anni, in seguito alla separazione conflittuale tra i genitori era stata allontanata dalla mamma e affidata a un padre, la cui condotta aveva non pochi lati oscuri, in nome di una presunta sindrome non acclarata dalla comunità scientifica, la controversa PAS (Sindrome da Alienazione Parentale), secondo la quale uno dei genitori compromette il rapporto dei figli con l’altro, parlandone male, tracciandone un pessimo ritratto. Sulla base di questa presunta sindrome questa bambina è stata costretta a soffrire per la mancanza della mamma e per la costrizione a frequentare un padre che proprio non voleva vedere. Il tribunale di Brescia non si era limitato soltanto ad etichettare la madre come “alienante” della figura paterna, ma aveva vietato persino che mamma e figlia si parlassero e abbracciassero, sebbene si vedessero tutti i giorni all’interno della scuola che entrambe, per studio e per lavoro, frequentano. E tutto questo nonostante i Servizi sociali fossero concordi nel ritenere la signora una mamma attenta e amorevole: il tribunale di Brescia, però, aveva dato credito a un perito di dubbie capacità, già vent’anni fa oggetto di un’interpellanza al Senato per il suo operato alquanto dubbio. «Una sentenza se non storica, per lo meno importante quella assunta dalla Corte di Appello di Brescia, perché mette da parte sindromi e presunte malattie, ponendo al centro esclusivamente il benessere del minore» dichiara l’avvocato Miraglia, che aveva messo in luce questo controverso caso. La Corte infatti sentenziando il ritorno della piccola Angela con la madre ha enunciato che «per la minore parlano le relazioni dei Servizi sociali, che danno prova di una vera sofferenza della stessa, che va indagata e non classificata»: per la prima volta, quindi, viene tenuta in considerazione la sofferenza dei bambini nell’essere strappati di punto in bianco dai loro genitori. «La Corte d’Appello ha avallato principi fondamentali che potranno essere tenuti in considerazione per future sentenze» prosegue l’avvocato Miraglia. «Siamo pertanto molto soddisfatti e invitiamo i tribunali a guardarsi bene da consulenti che pur di sostenere un’associazione o una teoria, causano soltanto danni ai bambini. I bimbi vanno invece aiutati! Questa sentenza non favorisce un genitore a discapito dell’altro, ma pone al centro della decisione esclusivamente il benessere del minore. Il punto focale della decisione è, come deve essere, solamente il bambino».

Due genitori chiedono aiuto al servizio. Il servizio sociale di Modena la trattiene e non vuole restituirla alla famiglia

MODENA (18 Settembre 2019). Di chi è la colpa? A chi dobbiamo rivolgerci per capire chi ha sbagliato in questa storia? Possibile che per evitare l’espatrio momentaneo di una bimba, figlia di genitori separati, questa venga affidata a una coppia di estranei e il Servizio sociale, dopo quasi un anno, non la faccia rientrare a casa propria? «Ma adesso i Servizi sociali si mettono a portare via i bambini?» tuona l’avvocato Francesco Miraglia. «E per cosa, poi? Per affidarli ad assistenti sociali amici della referente che segue il suo caso? Fosse davvero cosi, come ci hanno riferito, sarebbe un fatto gravissimo».
La piccola ha sette anni ed è nata dalla relazione, poi naufragata, tra un uomo italiano e una donna straniera. I genitori dapprima vivono una separazione alquanto travagliata e conflittuale, per poi riappacificarsi per la tutela della bambina. Nel frattempo, però, la donna manifesta la necessità di tornare al Paese natale per accudire la madre malata: decisione cui il padre della piccola si oppone, temendo la scomparsa della figlioletta. Vengono coinvolti i Servizi sociali di Modena, i quali si rendono disponibili a collocare la bambina, per dieci giorni, ad una coppia.
La madre poco tempo dopo ritorna e i genitori richiedono all’assistente sociale di riavere la figlia con sé, ma, incredibilmente, il servizio sociale risponde ai genitori che oramai la bambina si è ambientata in questa nuova famiglia e che è meglio che rimanga lì.
Ancora più incredibile è quanto risponde il servizio sociale all’Avvocato Miraglia, il quale richiedeva, a fine agosto/inizi settembre, le motivazioni specifiche per cui la bambina veniva trattenuta e soprattutto quale fosse il provvedimento dell’Autorità giudiziaria che disponeva il collocamento della minore in questa famiglia affidataria.
A tal proposito, soprattutto il papà della bambina, attende di sapere se corrisponde al vero che gli affidatari, a diverso titolo, siano dipendenti dello stesso servizio sociale.
Senza dubbio, se fosse vero, per l’ennesima volta non si può che denunciare il mercato sulla pelle dei bambini.
In data 9 settembre il servizio sociale di Modena, tuttavia, oltre a sostenere che oramai la bambina aveva dei punti di riferimento nei genitori affidatari, aveva fatto richiesta al Tribunale per i minorenni di valutare le capacità genitoriali.
Prosegue l’avvocato Miraglia. «Le motivazioni? Non le comprendiamo e non le comprende nemmeno il Tribunale stesso, a dire il vero, visto che per avere il quadro della situazione più chiaro servirebbe una consulenza tecnica. Il Servizio si sarebbe rifatto al decreto del giugno 2018 che prevedeva l’eventualità di un affidamento etero familiare qualora ce ne fosse stata la necessità e non certo perché a dicembre del 2018 i genitori, temporaneamente per 10 giorni, chiedevano la disponibilità del servizio. Ma fino ad ora questa bambina dov’è rimasta? Con una coppia che, a quanto ci avrebbero riferito, sarebbe composta da due operatori sociali, colleghi dell’assistente sociale che si occupa del suo caso. Sarà vero? Magari lo sapessimo: le mie lettere indirizzate ai Servizi sociali di Modena non hanno avuto, finora, la benché minima risposta. Ma dico io: si tratta così una bambina? La si strappa da casa e non la si fa rientrare più senza motivo? Ma si rapiscono così i bambini da casa propria? Chiedo al Presidente del tribunale di intervenire direttamente, viste le controverse disposizioni emanate dai giudici del suo tribunale».

"Invece di parlare, uscite a controllare le vostre comunità"

Dura replica dell’avvocato Miraglia agli amministratori del Comune di Verona
VERONA (20 Agosto 2019). «Ma l’assessore Stefano Bertacco ci fa o ci è?». Non gliele manda a dire stavolta l’avvocato Francesco Miraglia, che dal Comune di Verona si è sentito replicare che sta sollevando i casi di mala gestione degli affidi e delle comunità di accoglienza solo per farsi pubblicità, strumentalizzando a suo vantaggio difficili situazioni dei minori. «A  parte che sono anni che scendo in campo in prima persona proprio sollevando i casi ambigui o clamorosamente finti di affidi facili e adozioni mascherate, sempre e solo per il benessere dei bambini, oltre che per tutelare i loro genitori» prosegue l’avvocato Miraglia.  «Di certo non ho bisogno di pubblicità ed eticamente mai lo farei sulla pelle dei bambini. Detto questo, come si fa a scaricare sul Banco alimentare  la responsabilità del cibo avariato nella comunità “Mamma Bambino” a Verona, asserendo  poi che il cibo si possa tranquillamente consumare dopo 40 giorni dalla data di scadenza? Mi pare  che dal febbraio 2019 (data di scadenza di una confezione di sugo di pomodoro) siano ben passati questi 40 giorni! E come mai, se va tutto bene, ieri si sono presentati quattro ispettori a prelevare uno scatolone e mezzo di merce scaduta? Pare ci fosse anche la Guardia di Finanza fino a metà pomeriggio. E alla consigliera Maria Fiore Adami, che mi accusa di “uscire dal buio per un minuto di gloria” vorrei dire di uscire lei ogni tanto da Palazzo Barbieri e di andare a controllare le comunità dove il Comune di Verona spedisce i cittadini, visto che il cibo scade nelle dispense  e che lei immagino manco sappia dove sono parcheggiate le persone, come la madre di 4 figli alloggiata  a Marghera da mesi, ancora in attesa di provvedimenti, di aiuto concreto e di un percorso di reinserimento. Ma lo sa la consigliera Adami, che presiede la Commissione delle Politiche sociali, che questa donna e i suoi figli sono stati praticamente dimenticati e costretti a vivere tutti in una stanza, lontani da casa propria? Ecco, invece di attaccare chi fa emergere la verità, si adoperi per controllare le strutture e risolvere  i casi di competenza della commissione che lei presiede».

Roma: ragazzino spedito in casa famiglia a tempo record, I Servizi sociali conoscevano la  decisione prima che fosse emanata? Il padre vicino all’ex Giunta Alemanno

ROMA (9 Agosto 2019). Il decreto è stato emesso il 5 agosto e un giorno dopo i Servizi sociali del Municipio V di Roma avevano già trovato una casa famiglia in cui alloggiarlo: capita a un bambino romano, che da qualche mese vive in Umbria con la madre, al centro di una separazione dei genitori piuttosto conflittuale. «I Servizi sociali asseriscono che la loro sia stata una scelta scrupolosa, che hanno valutato bene la comunità migliore per lui: ma come hanno fatto in così poco tempo?» domanda l’avvocato Francesco Miraglia, che assiste la madre. «Meno di due giorni di tempo non sono certo sufficienti: o sono davvero così tanto scrupolosi al Municipio V? E perché il tribunale è già pronto ad accusare la madre, con cui il ragazzino di dieci anni sta vivendo, di mancata esecuzione dolosa del provvedimento del giudice se non ottempererà in poche ore al provvedimento, obbligandola a tornare a Roma? Perché tanta fretta? Che pressioni hanno avuto? Mi meraviglio di cotanta celerità dimostrata in questo caso dal Tribunale di Roma,  dove io stesso ho cause pendenti dall’inizio dell’anno per le quali non è stata ancora emessa sentenza». Il padre è un personaggio in vista, vicino all’amministrazione romana dell’ex sindaco Gianni Alemanno. «Non esiste urgenza alcuna per assumere tale provvedimento, dal momento che il ragazzino sta bene con la madre. Diversamente da come sta con il padre, che lui non vuole più vedere e che è stato accusato dall’ex moglie di maltrattamenti». A sentenziare così velocemente è stata la Corte d’Appello, dopo aver rigettato il ricorso presentato dalla donna. «Madre e figlio sono in vacanza, ma le viene intimato di portare subito il figlio in comunità, pronti ad accusarla di mancata esecuzione del provvedimento» prosegue l’avvocato Miraglia, «ma non è lei la “cattiva”, non è lei che il ragazzino non vuole più vedere, non è lei che lo maltratta. Qualcuno, infatti, oltre a scagliarsi contro questa donna che si è allontanata da Roma proprio per garantire la serenità al figlio, si è chiesto come sia questo padre prima di strappare il bambino alla madre e di affidarlo con tanta velocità a una comunità? Per favorire la posizione del padre sono disposti a rendere infelice, allontanandolo da casa, un bambino di dieci anni? Tra l’altro il bambino sta bene, in sostanza è in vacanza, non certo in pericolo di vita!». Non essendoci quindi tutta questa urgenza, l’avvocato Miraglia ha chiesto del tempo prima che venga reso esecutivo il provvedimento e che il ragazzino venga portato in casa famiglia, così da prepararlo bene a questo cambiamento che sconvolgerà la sua vita: ma ha ottenuto soltanto un secco e ostinato diniego. «Un dispetto crudele sulla pelle di un povero bambino innocente» conclude l’avvocato Miraglia.

Mamma “segregata” in comunità con i figli  L’assessore veronese Bertacco: “Non è affar mio”

VERONA (14 giugno 2019). «Ma come viene amministrata la città di Verona se l’assessore competente ai Servizi sociali, colui che dovrebbe aiutare e sostenere i propri concittadini più fragili, manco si interessa di che fino fanno?». L’avvocato Francesco Miraglia stavolta punta il dito dritto contro l’assessore veronese Stefano Bertacco, cui si era rivolto per chiedere un incontro in merito alla donna, madre di quattro figli, che da quando ha denunciato il marito per violenza sessuale nei confronti della figlia più grande, da tre anni è costretta a vivere segregata in una comunità veneziana, quindi pure lontana dalla sua città, senza un minimo di progettualità, senza aiuto, parcheggiata, lei e si suoi tre figli minori (la maggiore è persino stata allontanata da lei e vive da sola in un’altra comunità) ammassati in quattro dentro un’unica stanza, in una struttura fatiscente. «L’assessore, oltre a non aver voluto ricevermi» prosegue Miraglia, «mi ha risposto scrivendo testuali parole “La gestione della tutela dei minori investe aspetti prettamente tecnici ed amministrativi attinenti agli esclusivi ruoli e competenze della dirigenza e degli assistenti sociali di riferimento, ai quali pertanto potrà rivolgersi per eventuali necessità”. Che, per me, significa “Me ne lavo le mani di dove siano questa madre e i suoi figli e nemmeno mi interessa poiché “tecnicamente” se ne deve occupare qualcun altro. Ma allora, dico io, che ci sta a fare questo assessore? Di chi o di cosa dovrebbe occuparsi se il benessere dei suoi concittadini non è affar suo?».
L’avvocato Miraglia si è rivolto, allora, al responsabile dei Servizi sociali, ottenendo una risposta ancora più “balzana”: il funzionario ha annunciato che la relazione non sarebbe stata redatta prima di settembre, come se questa povera famiglia potesse attendere ancora tre mesi di calvario e “prigionia”: tra l’altro vivono in comunità a spese del Comune di Verona, che paga fior di quattrini per loro. Se tornassero “liberi” il Comune risparmierebbe migliaia di euro. Ebbene, il detto funzionario ignorava completamente che, per l’istanza presentata dall’avvocato Miraglia, il tribunale aveva chiesto di venire informato della situazione della famiglia entro il 2 luglio.
«Ma allora, chi vigila su cosa accade ai cittadini?» si interroga l’avvocato Miraglia. «Chi si occupa veramente delle persone in stato di disagio? Una volta parcheggiate da qualche parte il problema non scompare, anzi! A sparire sono invece le persone in difficoltà, di cui nessuno si occupa, lasciate in un limbo per anni a causa dell’inerzia della burocrazia e per il disinteresse delle istituzioni. Che facciamo? Le nascondiamo in comunità come si fa con la polvere sotto il tappeto, perché sono soltanto un grattacapo? Forse l’assessore e il dirigente dei Servizi sociali dovrebbero rivedere i loro ruoli e le priorità d’intervento».
 

Sappiamo dov’è Anna Giulia». I coniugi Camparini chiedono di rivedere la figlia, data in adozione anni fa, e di riaprire il procedimento. La psicologa che l’allontanò da loro è implicata nell’inchiesta “Veleno”

REGGIO EMILIA (4 giugno 2019). «Sappiamo dov’è Anna Giulia»: Gilda e Massimiliano Camparini hanno trovato la loro figlia, che non vedono da almeno otto anni, essendo stata data in affidamento a una coppia che risiede in una località che il Tribunale dei Minorenni di Bologna ha tenuto segreta. «Vogliamo rivederla, sapere come sta, se si ricorda di noi e che cosa le abbiano detto per convincerla a sopportare l’adozione e l’allontanamento dai suoi genitori. Ma vogliamo anche che si apra di nuovo il procedimento che ce l’ha vista strappare via: la psicologa che, montando accuse false contro di noi, ha convinto il tribunale a darla in adozione, è implicata nell’inchiesta “Veleno”» dichiarano i Camparini.

L’inchiesta dei giornalisti Pablo Trincia e Alessia Rafanelli, pubblicata in sette puntate su Repubblica.it, è una docu-serie investigativa, che ricostruisce il caso dei “Diavoli della bassa modenese”: vent’anni fa, in provincia di Modena, sedici bambini tra i Comuni di Massa Finalese e Mirandola furono allontanati per sempre dalle loro famiglie, accusate di far parte di una setta di satanisti pedofili. Accuse dimostratesi infondate e che i bambini di allora, ormai adulti, svelano nata da dichiarazioni loro estorte. C’è chi ci è morto di crepacuore e chi si è suicidato e i bambini non hanno più rivisto le loro famiglie. Dietro a tutto questo un gruppo di persone, sempre lo stesso, che sarà protagonista, dieci anni dopo, dell’incredibile vicenda di Anna Giulia Camparini.

Al centro dell’inchiesta c’è infatti la psicologa Valeria Donati dell’Asl di Modena, successivamente responsabile di una struttura privata di Reggio Emilia, il CAB (Centro Aiuto al Bambino – Cenacolo Francescano), che ospitava bambini sottratti alle famiglie e successivamente dati in affidamento e adozione.

«Alla luce dell’inchiesta giornalistica, che svela inquietanti scenari, chiediamo che venga rivisto l’intero procedimento di Anna Giulia» commenta l’avvocato dei Camparini, Francesco Miraglia, «nato da una serie di errori clamorosi ammessi da tutti, dai Servizi sociali come dal Pubblico ministero, che si era persino opposto al decreto di adottabilità, tranne che dal Tribunale dei minorenni di Bologna».

Nonostante nel corso del procedimento dinnanzi allo stesso Tribunale fosse emerso come tutti i protagonisti di questa rocambolesca vicenda (l’avvocato tutore di Anna Giulia, il procuratore dei nonni materni che avevano osteggiato il rientro della bambina presso i genitori, e i coniugi affidatari) facessero parte di un sodalizio tra operatori nell’ambito reggiano ed emiliano, la cosiddetta Combriccola del Casale.

«E’ finalmente giunto il momento che si faccia chiarezza» prosegue l’avvocato Miraglia «e che questi due genitori possano tornare a riabbracciare la loro figlia, che ormai ha quasi 14 anni». I genitori hanno presentato un esposto ai Tribunali di Milano, Reggio Emilia e Ancona, e ai Tribunali per i minorenni di Milano e Bologna, che a vario titolo sono entrati in questa vicenda.

La vicenda di Anna Giulia Camparini, che l’avvocato Miraglia ha narrato nel libro “Papà portami via da qui!”, inizia da una perquisizione a casa dei genitori avvenuta nel 2007: si cerca della droga che non viene trovata, tutto viene archiviato, ma i Servizi sociali ritengono non idonea la sistemazione della bambina (la casa viene definita indecorosa, senza che, per altro, nessuno vi abbia fatto un sopralluogo), che viene quindi portata al Centro Aiuto al Bambino (gestito dalla psicologa Donati) e dal 2010 affidata a una famiglia sconosciuta. Verrà adottata due anni fa. A niente sono valse le relazioni dei nuovi assistenti sociali e del pubblico ministero: il Tribunale dei minorenni non ha tenuto conto di nulla, se non delle dichiarazioni della psicologa Valeria Donati e del suo team. E una bambina curata e amata è stata strappata dai suoi genitori e affidata a degli estranei.

L’avvocato Francesco Miraglia e i coniugi Camparini saranno ospiti della trasmissione “Chi l’ha visto?”, che sì è occupata più volte di questa discussa vicenda, a illustrare questi nuovi sviluppi, puntata che andrà in onda il 12 giugno.