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Diciassettenne scomparso da cinque giorni dalla comunità cui è affidato: I Servizi sociali non sapevano nemmeno che fosse sparito. L’avvocato Miraglia: “Temo per la sua incolumità”

MILANO (5 giugno 2018). Sono ore di apprensione per un diciassettenne, da cinque giorni scomparso dalla comunità in provincia di Pavia cui era stato affidato in seguito a un arresto per spaccio di droga. Nessuno sa dove sia, ma nessuno si è nemmeno mosso a cercarlo. Ammesso possa essere un ragazzino difficile, resta comunque un minorenne, invischiato in situazioni più grandi di lui, tanto da far temere seriamente per la sua incolumità.
 
«Se gli dovesse succedere qualcosa di grave, di chi è la responsabilità?» si interroga l’avvocato Francesco Miraglia, che segue la famiglia del ragazzo da anni. «I genitori si sono rivolti per ben due volte ai carabinieri di zona per sapere se erano state avviate le sue ricerche» prosegue il legale, «mentre i Servizi sociali, cui è affidato e che hanno disposto a suo tempo l’allontanamento del minore dalla famiglia,  non hanno mosso un dito: anzi, nemmeno sapevano che fosse scomparso da ben cinque giorni. E’ questo l’aiuto che si fornisce ai ragazzi quanto li si toglie dalle famiglie e li si affida alle comunità? A parte che questo ragazzo, sballottato da una comunità all’altra fin da piccolo, prima di frequentarle non fumava né spacciava. Stamattina si è celebrata l’udienza per la sua messa in prova come misura alternativa al carcere: ma lui non c’era e nessuno sa dove sia andato. Ai suoi genitori, che si erano rivolti ai Servizi sociali per trovare aiuto e che se lo sono visto strappare per essere affidato a una struttura, in questo momento manca un figlio. L’appello che possiamo lanciare a lui è di tornare, che le cose si possono aggiustare, e alle istituzioni di avviare serie ricerche».
 
Il ragazzo, che ha compiuto diciassette anni da poco, è stato adottato da un’ottima famiglia, ma i traumi legati all’abbandono in tenerissima età gli hanno lasciato dentro dei segni profondissimi da cui scaturiscono i suoi disagi: aveva bisogno di aiuto e come soluzione ai suoi problemi, invece che un aiuto concreto si è proceduto ad allontanarlo dai genitori adottivi. Una situazione che lo ha fatto soffrire ancora di più, come dimostrano le ripetute fughe dalle comunità per tornare a casa. E’ stato costretto ad andare in tre strutture diverse: in una era l’unico ragazzino in mezzo a degli adulti, nell’altro era l’unico italiano, la terza era una comunità psichiatrica. In luoghi simili si è trovato costretto ad affrontare problemi ulteriori a quelli che aveva già: logico che scappasse. E adesso ha imboccato una strada sbagliata: tra l’altro è stato proprio in comunità che ha iniziato a fumare e a frequentare compagnie poco raccomandabili.

Donna picchiata dal marito chiede aiuto agli assistenti sociali Le portano via la figlia: non la vede da quattro anni

TRENTO (21 maggio 2018). «C’è qualcosa che non funziona al Tribunale dei minorenni di Trento, perché non è la prima volta che assisto donne le quali, rivoltesi ai Servizi sociali per chiedere aiuto, si trovano private ingiustamente dei loro figli». A parlare è l’avvocato Francesco Miraglia, esperto in Diritto minorile, cui una donna di Trento si è rivolta chiedendo assistenza: da quattro anni non vede sua figlia e non perché la maltrattasse o trascurasse o l’avesse in qualche modo messa in pericolo. Niente di tutto questo. La donna si era soltanto rivolta ai Servizi sociali e alle forze dell’ordine visti i numerosi episodi di percosse subite da parte del marito, che a un certo punto lui sì, aveva messo a rischio l’incolumità della piccina. Tutti episodi nei quali la donna, rivoltasi alle cure del pronto soccorso, è uscita con ferite e contusioni giudicate guaribili tra i dieci e i quaranta giorni. Non solo non sono stati considerati maltrattamenti in famiglia e lesioni, bensì considerati soltanto “liti familiari”; ma in più – fatto gravissimo – la piccola le è stata sottratta ed è stata affidata a un’altra famiglia. La donna non vede più la figlia da quattro anni, rischia di perdere la potestà genitoriale, la bimba soffre perché i genitori cui l’hanno mandata a vivere si sono separati e lei vive ora con il padre affidatario.
«E’ chiaro che qualcosa nel Tribunale dei minorenni di Trento non funzioni» aggiunge l’avvocato Miraglia, «poiché non si spiega come a una donna venga sottratta la figlia, per affidarla addirittura a un’altra famiglia, senza che vi sia un motivo grave. Cos’è? Si basano sulla simpatia o antipatia che suscitano le persone? Ritengono a prescindere che le donne abbaino torto e che la ragione sia sempre degli uomini? Qui non si tratta di salvaguardare il benessere della bambina – che stava benissimo con la mamma – ma si prefigura un’adozione mascherata. La coppia infatti non aveva figli. Tra l’altro mi domando poi come vengano selezionate le coppie affidatarie, se in così pochi anni questa sia addirittura giunta a separarsi, con un ulteriore trauma per una bimba che già soffriva per l’allontanamento dalla sua mamma. E’ urgente che gli organi preposti indaghino innanzitutto sulla condotta dei Servizi sociali e su quella in generale del Tribunale dei minorenni di Trento».

Bambini costretti a vedere genitori violenti, presentata interrogazione

Interrogazione del Bürger Union für Südtirol sul tema dei bambini costretti a vedere i genitori violenti. CCDU: “speriamo si faccia chiarezza”
Il consigliere Andreas Pöder del partito Bürger Union für Südtirol ha presentato un’interrogazione sulla vicenda riportata dalla stampa locale del ragazzo che sarebbe stato intimidito affinché incontrasse il padre oggetto di una sentenza di patteggiamento per maltrattamenti in famiglia.
Le minacce subite da questo ragazzo erano state denunciate dall’avvocato della madre, Francesco Miraglia, che, in particolare, aveva segnalato un episodio in cui una dottoressa di un Centro Terapeutico privato di Bolzano avrebbe detto al bambino: “O incontri tuo padre o il Giudice mi ha detto di riferirti che andrai in un istituto”. In seguito all’esposto, il Presidente del Tribunale per i minorenni aveva informato l’avvocato che il giudice in questione era stato rimosso dal caso. Non siamo a conoscenza di eventuali provvedimenti sulla dottoressa in questione.
Nell’interrogazione si ricorda che recentemente i media hanno riportato vari tentativi di pressione psicologica sui bambini che non volevano incontrare i genitori violenti. Infatti, questo è solo l’ultimo caso riportato dalla stampa. Ricordiamo ad esempio il caso del bambino che si voleva costringere a vedere il padre, in seguito condannato, nonostante fosse accusato di violenza sul bambino incluso lo spegnimento di una sigaretta sul suo braccio. Nell’interrogazione il consigliere chiede se la Giunta è a conoscenza dei fatti e quali misure sono state intraprese in merito.
Siamo molto soddisfatti di questa interrogazione che tenta di far luce su un fenomeno poco conosciuto.” Sostiene Paolo Roat, Responsabile Nazionale Tutela Minori del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus.In certi ambienti medici e persino nei tribunali e nei servizi di tutela minori si è insinuata una teoria psichiatrica secondo la quale quando un bambino rifiuta di vedere uno dei genitori è affetto da una presunta patologia indotta dall’altro genitore. Invece di osservare la situazione e ascoltare la famiglia, e soprattutto il bambino, si tende acriticamente ad addossare le colpe al genitore collocatario. Ci auguriamo che questa inchiesta possa far luce su questa vicenda ma soprattutto avviare dei protocolli inclusivi e rispettosi dei diritti umani che includano un ascolto del minore onesto e scevro da pregiudizi.”

 

Bimbo di Ferrara allontanata dalla madre per una telefonata: nuova denuncia per la psicologa e l’assistente sociale

Nuova denuncia per la psicologa e l’assistente sociale
Hanno mentito in tribunale
  
FERRARA, 7 aprile 2018. Non solo falso ideologico, bensì anche falsa testimonianza è la pesante accusa rivolta alla psicologa dei Servizi sociali in provincia di  Ferrara, responsabile dell’allontanamento da casa di un bimbo senza che vi siano motivazioni valide. Denunciata con lei anche l’assistente sociale: le due professioniste all’udienza fissata dal tribunale venerdì 6 aprile, oltre ad essersi presentate immotivatamente accompagnate da un avvocato, hanno anche rilasciato dichiarazioni non attinenti al vero. «Le loro dichiarazioni ci danno pure ragione, quando sosteniamo che la diagnosi su cui si basa l’allontanamento del bimbo dalla madre sia errata e palesemente viziata da pregiudizi» sottolinea l’avvocato Francesco Miraglia, cui la madre del piccolo si è affidata, «in quanto ammettono che il bimbo nemmeno l’hanno quasi mai visto (la madre l’hanno vista appena tre volte, una sola delle quali con il piccolo). Su cosa basano quindi il provvedimento? “Su quanto dichiarerebbero i genitori affidatari del bambino” hanno risposto. Ora, mi chiedo, quali competenze in materia di psicologia e neuropsichiatria infantile avranno mai questi signori, per fornire indicazioni sulle quali una psicologa e un’assistente sociale pronunciano una diagnosi?».
Oltre a questo, le due professioniste davanti al giudice hanno anche dichiarato il falso. I Servizi sociali hanno infatti affermato di non aver mai avviato un progetto di riavvicinamento tra madre e bambino, in quanto la signora avrebbe rifiutato di alloggiare, come prescrittole, in una casa famiglia insieme al figlio. «Ebbene, abbiamo prove documentali plurime che attestano il contrario» prosegue l’avvocato Miraglia, «in quanto la mia assistita fin da subito, pur di riavere con sé il bimbo, si era detta disposta ad accettare il provvedimento, a tal punto che abbiamo presentato il 19 dicembre un’istanza al tribunale chiedendo il collocamento di madre e bambino. Detto questo, a parte che i cittadini di Ferrara avrebbero il diritto di sapere chi abbia mai pagato gli avvocati con cui la psicologa e l’assistente sociale si sono presentante ieri in tribunale, pur non essendo necessario (noi lo ritentiamo piuttosto un’ammissione di colpa da parte loro), a parte l’ennesima denuncia presentata contro di loro da parte nostra, mi sono immediatamente rivolto sia al direttore generale dell’Asl di Ferrara che al Tribunale per i minorenni di Bologna, per chiedere la rimozione dal caso delle due professioniste. Ma soprattutto è lecito domandarsi quante persone ci siano a Ferrara che hanno subito un ingiusto allontanamento dei propri figli per diagnosi fatte alla leggera e sul “sentito dire”, che non emergono perché a differenza della mia assistita non possono permettersi a vario titolo di “lottare” contro un ingiusto provvedimento».
 

Rimini: mamma disperata, cerca di salvare i figli: un primo passo

Ordinanza Tribunale di Rimi notificata in data 23 marzo 2018 ore 17.30

  • Anticipa l’udienza già fissata in data 16.05.2018 ore 13.00 alla data del 04.04.2018 ore 11.30 davanti al Giudice relatore
  • Incarica il Servizio Sociale, cui i minori sono affidati, di relazionare, entro la data dell’udienza sopra indicata, in ordine alle attuali condizioni di vita dei minori, con particolare riferimento ai fatti di cui all’istanza depositata.
  • Dispone la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica in sede per le determinazioni di competenza;
  • Manda alla Cancelleria per la comunicazione del presente decreto alle parti e al S.S. Territoriale.

L’avvocato Miraglia: a chi giova tutto questo?

Bimbo di Ferrara allontanato senza motivo dalla madre e dato in affidamento a un’altra famiglia. I pregiudizi di una psicologa stanno gravemente nuocendo alla stabilità del piccolo
 
FERRARA, 16 marzo 2018. Ha strappato un bimbo alla madre, che pure lo amava e lo accudiva al meglio, affidandolo a un’altra famiglia. Senza motivo apparente, anzi, motivando la decisione con presunte disfunzionalità dell’attaccamento tra madre e bimbo, non suffragate da alcun test, alcuna prova scientifica, niente. Puro pregiudizio. Solo che il comportamento superficiale di una psicologa dei Servizi sociali di Ferrara sta danneggiando seriamente la serenità del piccino, di tre anni appena.
«Il Tribunale dei minori di Bologna ha accolto le motivazioni dei Servizi sociali basati su fatti travisati e non corrispondenti al vero, senza accertare la verità» sottolinea l’avvocato Francesco Miraglia, che difende la madre, «emettendo a novembre un provvedimento di allontanamento da casa e affidamento del bimbo a un’altra famiglia».
Pur avendo la madre immediatamente presentato ricorso, ad oggi, dopo quattro mesi, non è giunta nessuna risposta né dal Tribunale né dall’Asl e il piccolo continua a rimanere lontano dalla mamma, dai nonni e dalla zia, che erano la sua famiglia, il suo mondo, i suoi affetti. Perché? Senza motivo apparente.
«Inverosimile che un Tribunale dopo tutti questi mesi, non si senta in dovere di fissare un’udienza per ascoltare la madre» prosegue l’avvocato Miraglia. «Il piccolo non può tornare da lei perché la psicologa ritiene che abbia una disfunzione di attaccamento verso la mamma, perché dopo gli incontri con lei, quando torna nella famiglia affidataria, risponde male ai nuovi “genitori”: la psicologa lo ritiene legato al rapporto compromesso con la madre, ma non le è venuto in mente che forse è proprio il contrario? Che il piccolo soffre a doversi staccarsi dalla mamma e a tornare a casa da estranei?  E sulla base di queste supposizioni pregiudizievoli e superficiali, non suffragate da alcun test, ha sospeso gli incontri tra la mia assistita e il suo bambino. Abbiamo chiesto udienza in tribunale, abbiamo chiesto di cambiare psicologa, abbiamo chiesto un percorso alternativo che riavvicini madre e figlio, senza ottenere però alcuna risposta da nessuno. A chi giova allora tutto questo? Al piccolo no di sicuro, sebbene tutto questo sarebbe stato fatto per il suo bene. Quale bene? Quanto ancora dovrà soffrire questo bambino prima che qualcuno intervenga?».
Ancora più grave è il silenzio del Direttore Generale dell’ASL di Ferrara, Il responsabile del servizio sociale referente, dell’assessore alle politiche sociale del comune di residenza del Presidente della Regione, dell’Assessore alle Politiche Sociali della Regione.
Mi viene un dubbio, forse ad elezioni finite poco interessano i diritti delle persone …..
 

Obbligato a vedere il padre violento, pena il trasferimento in comunità

 
Incomprensibile provvedimento emanato dal Tribunale dei Minori di Bolzano
Il ragazzino sarebbe persino disposto ad allontanarsi da casa piuttosto che vedere suo padre
 
BOLZANO – 28 febbraio 2018. «Dopo tutto quello che mi ha fatto, non voglio più avere a che fare con lui»: è perentorio un ragazzino che abita a Bolzano, quando gli chiedono di rivedere il padre, separato da alcuni anni da sua madre. Il ragazzo è stato ripetutamente picchiato da questo padre violento ed ora che ha ritrovato un po’ di serenità con il nuovo compagno della mamma e la sorellina appena nata, è nuovamente vittima; questa volta però di un incomprensibile decisione del Tribunale dei Minori, che lo obbliga a tutti i costi a vedere il genitore. Il giudice è arrivato persino a minacciarlo: se si ostinerà a non voler vedere suo padre, sarà strappato dalla mamma e finirà in una comunità. «Il ragazzino piuttosto che vedere il padre accetterebbe pure di venire allontanato, ma a questo punto è lecito chiedersi: perché assumere una decisione tanto crudele contro un ragazzo che ha già sofferto tanto?» si interroga l’avvocato Francesco Miraglia, che sta seguendo il caso. «Dopo quello che mi ha fatto, dopo che mi ha picchiato più di una volta, reso un inferno tutto il tempo che passavo da lui, non ci voglio andare. Io vorrei soltanto vivere in pace con la mia famiglia». Queste sono le parole pronunciate solo pochi giorni fa da questo ragazzino alla psicologa del centro presso cui il giudice l’ha obbligato ad andare per sottoporsi all’ennesimo percorso, col fine di tentare di riavvicinarlo al padre. Questo nonostante un precedente percorso sia già stato compiuto senza tuttavia alcun esito positivo. «Perché allora continuare e sempre nello stesso centro» prosegue l’avvocato Miraglia «e soprattutto perché nel verbale dell’udienza dell’8 gennaio scorso lo stesso giudice sottolinea e rimarca che la madre non abbia pagato le fatture al centro del primo percorso di sostegno intrapreso? Ammesso che non si capisce come mai uno debba pagare il conto degli psicologi da cui è stato obbligato ad andare non certo per sua scelta e volontà, che c’entra l’insolvenza delle fatture con il recupero del ragazzino? Ma soprattutto vorrei una risposta: le minacce di venire trasportato in comunità se non si deciderà a vedere il padre (ovvero da una situazione orrenda a un’altra che lo è altrettanto), fanno forse parte del percorso terapeutico ed è stato questo autorizzato proprio dal giudice? Attendiamo che qualcuno ci illumini e faccia chiarezza in merito».
Incomprensibile resta il fatto che invece di propendere a far sottoporre il padre a un percorso psicologico per riavvicinarlo al figlio, si minaccia un ragazzino di finire in una comunità, lontano quindi dalla mamma e dalla sorellina, dal nucleo familiare rassicurante in cui vive ora, nonostante abbia ripetuto continuamente, allo sfinimento, a qualsivoglia dottore, psicologo, assistente sociale o autorità giudiziaria che lui, quel padre, non lo vuole vedere mai più.
 
 

Giudice toglie i figli a una donna vittima di violenze: ricusato

Nel frattempo, appunto, il giudice è stato ricusato dal caso. Non ha sortito nessun effetto, inoltre, la lettera inviata alla presidente Boldrini. «La sua segreteria mi ha contattato dicendomi che la presidente altro in più non poteva fare se non sensibilizzare la cittadinanza sul tema della violenza contro le donne tramite convegni, come sta già facendo», conclude l’avvocato Miraglia.
Il giudice Gaetano Appierto di Pordenone non solo aveva tolto i figli a una donna vittima delle ripetute violenze da parte del marito, che si era rivolta a lui per cercare di fermare quell’uomo che aveva sposato, ma che si era trasformato in un aguzzino. Non solo quindi non le aveva creduto, ma l’aveva persino denunciata per diffamazione a mezzo stampa. L’avvocato della donna, Francesco Miraglia, aveva pertanto chiesto la ricusazione del giudice, in quanto non più imparziale: e così è stato. All’udienza fissata per il prossimo 23 febbraio, in cui si dibatterà l’annullamento della sentenza con cui i due bambini sono stati allontanati dalla mamma, una professionista di Pordenone, ci sarà un altro magistrato.«Questo è uno dei classici casi in cui la giustizia si fa forte con i deboli» sottolinea l’avvocato Miraglia «i quali, se non hanno risorse, coraggio, testardaggine e costanza per andare contro le sentenze inique, finiscono con il subire dei provvedimenti ingiusti. Ma nel caso di questa madre si è assistito a qualcosa di ben più grave: non soltanto il giudice non le ha creduto, nonostante i referti dimostrassero chiaramente come il marito, picchiandola, le avesse rotto sia la mandibola che un timpano (l’uomo, nel frattempo, è stato condannato in via definitiva per lesioni aggravate), ma le ha anche tolto i figli. Lei, vittima che si era rivolta alla magistratura per ottenere giustizia, si era trovata umiliata e persino allontanata dai suoi due bambini, costretti a vivere in una comunità…».

L’avvocato Miraglia continua così: «Nonostante si fosse sempre dimostrata madre amorevole e attenta, come sottolineato pure dagli operatori della casa famiglia. Che fosse pertanto solo una ritorsione ci è stato confermato anche dall’assistente sociale. Ma il giudice non si è fermato: quando la mia cliente si era sfogata attraverso una lettera pubblica, inviata alla presidente della Camera, Laura Boldrini, a cercare in lei un appoggio, il magistrato l’ha denunciata per diffamazione a mezzo stampa. Ha denunciato una vittima, una donna vittima di violenza, una donna che si era rivolta a lui in fiducia. Siccome il procedimento porta lo stesso numero di quello avviato dal marito di lei, che l’ha a sua volta denunciata per il medesimo motivo, sottoporrò la questione al Consiglio Superiore della Magistratura, per verificare se questo giudice si sia accordato con l’imputato per fare causa comune contro la mia assistita. Che ricordo, in tutta questa vicenda, è la vittima».

Intervista all'avvocato Francesco Miraglia sul decreto di allontanamento del ragazzo dipendente da videogiochi

Il ragazzo rimane con sua madre’
Allontanamento firmato, ma l’avvocato «Per portarlo via devono arrestarlo»
CREMA – «O lo arrestano o se lo portano via attraverso la procedura del trattamento sanitario obbligatorio, altrimenti il ragazzo rimane qui, a casa con sua madre». L’avvocato Francesco Miraglia ne è certo. Il legale si occupa del ‘caso’ del ragazzino quindicenne che il tribunale dei minori vuole allontanare dalla madre in quanto dipendente dai videogiochi. Tanto che non riusciva nemmeno ad andare a scuola.
Il decreto di allontanamento è stato emesso il 28 dicembre scorso ed è stato notificato all’avvocato lunedì 5 febbraio 2018. «Chiediamo — prosegue l’avvocato — di sospendere il decreto. Si tratta dell’ennesimo provvedimento superficiale, che non tiene conto del fatto che il ragazzo non gioca più e va regolarmente a scuola»
 
 
https://t.co/F5mwCKQ8MW
(https://twitter.com/MiragliaInfo/status/960949467271843841?s=03

Bari: coppia minacciata dai servizi sociali

Il tribunale dei Minori incarica un consulente
 
 
BARI. Il Tribunale dei Minori di Bari ha incaricato un consulente tecnico per valutare la situazione del piccolo allontanato fin dalla nascita dai genitori, minacciati dai Servizi sociali: gli operatori volevano che la coppia cambiasse avvocato, scegliendone uno di concerto con loro e più “malleabile”, altrimenti non avrebbero più rivisto il figlio.
«Avevamo visto giusto» commenta l’avvocato Francesco Miraglia, che segue la coppia allontanata dal figlioletto. «Troppi pregiudizi stavano compromettendo la vicenda, procrastinando il rientro del piccolo – attualmente ospite di una comunità – in seno al nucleo familiare. Il Tribunale ha ravvisato giudizi troppo contrastanti, a volte addirittura opposti, nelle relazioni stilate da due diverse equipe di Servizi sociali: mentre la prima aveva riconosciuto nei genitori dei miglioramenti nella relazione tra loro e con il piccino, la seconda equipe li ha descritti come incapaci e inetti, totalmente inaffidabili, a tal punto da accusarli di mettere in pericolo l’incolumità del bambino non avendo in casa una balaustra che proteggesse il balcone».
Dichiarazione dimostratasi totalmente non veritiera e confutata dal legale.
«Quando ci siamo opposti a questa affermazione, ritenendola pregiudizievole, oltre che falsa» prosegue l’avvocato Miraglia, «i Servizi Sociali hanno minacciato i miei assistiti che se non mi avessero ricusato come legale, non avrebbero rivisto più il figlioletto. Ovviamente un’affermazione simile non è passata sotto silenzio. A quanto pare lo stesso Tribunale ha ravvisato eccessivi contrasti nei giudizi emanati dai Servizi sociali, a tal punto da affidare la relazione del caso a una consulente da lui nominata, che ha il compito di accertare con imparzialità le capacità genitoriali dei miei assistiti, nell’ottica di far rientrare il piccino in famiglia, dal momento che manifesta sempre più irrequietezza e disagio e chiede di continuo di tornare a casa propria e di vivere con mamma e papà. Cosa che fino ad ora gli operatori sociali non gli hanno mai consentito, a nostro avviso senza un motivo valido apparente».