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Dodicenne sottrae il telefono alla madre e scrive ai fratelli maggiori«non ce la faccio più. Voglio stare con voi»

Ma il Tribunale di minori di Cagliari insiste «Sta bene nella nuova famiglia»
La sorella, quando viveva nel medesimo ambiente familiare, si tagliuzzava la pelle dalla disperazione
CAGLIARI. «Mi mancate troppo. Non ce la faccio più. Non vedo l’ora di avere 18 anni per venire da voi». Ma li compirà tra sei, lunghissimi, interminabili anni, durante i quali sarà costretto a vivere con una famiglia estranea. Ha dovuto prendere di soppiatto il telefonino della madre affidataria per scrivere alla sorella maggiore questi messaggi. Sms che denotano uno stato di disagio, che però non viene ascoltato da nessuno e così lui, un dodicenne originario della Sardegna, spedito dal Tribunale dei minori di Cagliari fino in Emilia Romagna, resta suo malgrado in una casa non sua, con una famiglia non sua, strappato all’affetto dei fratelli maggiori, che vorrebbero poterlo tenere con sé. Il tribunale lo lascia in quella casa perché così avrebbe deciso lui. Ma per sua stessa ammissione, in uno scambio di messaggi con la sorella maggiore, rivela invece «Ho detto che stavo bene con quella famiglia perché sennò mi mettevano in una comunità diversa da quella di nostra sorella». Messaggi di cui il tribunale è pienamente al corrente, essendo stati prodotti all’udienza svoltasi lo scorso 23 marzo. Quanto dovrà soffrire ancora questo ragazzino prima di poter essere felice con chi ama e con chi lo ama? Il suo grido di dolore è rimato finora inascoltato, tanto quanto quelli della sorella di un anno più grande, la quale, l’anno scorso, aveva riferito maltrattamenti subiti nella famiglia affidataria (la medesima del fratellino appunto): invece di indagare a fondo sul suo malessere, quasi fosse una punizione i Servizi sociali l’hanno tolta alla famiglia e l’hanno spedita da sola in una casa famiglia. Dove hanno scoperto che nel corso dei mesi precedenti era arrivata al punto di provocarsi delle ferite autolesioniste a causa della repressione dello stato di malessere e disperazione in cui viveva. Malessere che adesso vive anche il fratellino minore, sofferente per la mancanza dei fratelli da cui è stato allontanato.
La sorella maggiore sta cercando di riavere con sé i due fratelli più piccoli: lavora ed è inserita in un contesto positivo, che le consentirebbe di accudirli amorevolmente e di provvedere alle loro necessità senza problemi. Ma non glieli danno, anzi, addirittura il tribunale sostiene che il maschietto sarebbe già stato adottato.
«Non ci dicono però quando sarebbe avvenuto» rivela l’avvocato Francesco Miraglia, cui la ragazza si è rivolta, nel disperato tentativo di avere i due più piccoli con sé, togliendone una a una comunità e l’altro alla famiglia che l’avrebbe appunto adottato a sua insaputa. «Nei documenti in nostro possesso risulta solo in affidamento e non è ancora trascorso l’anno di abbinamento minore/famiglia, che precede l’emissione del decreto di adozione vera e propria, nel corso del quale è possibile in qualunque momento revocare l’adottabilità di un bambino. Mi domando che comportamento stiano tenendo i giudici e perché non si prendano la briga di ascoltare direttamente questi due ragazzini, riportandoli come prima cosa in Sardegna, dove sarebbero dovuto sempre rimanere. E soprattutto che sta facendo la Procura, che per legge è obbligata a prendersi “cura” dei diritti e della tutela di questi due ragazzini? A mio avviso si configura come l’ennesimo caso in cui tutto si fa tranne che l’interesse dei minori. Se non otterremo giustizia, se le voci di questi ragazzini rimarranno ancora inascoltate, non ci resterà che rivolgerci al ministero chiedendo che invii degli ispettori a verificare la correttezza dell’operato del tribunale dei minori di Cagliari».

Minore 'effemminato',parlerà a Tribunale

Minore ‘effemminato’,parlerà a Tribunale – Veneto – ANSA.it

Provvedimento sospeso, ragazzo non ha mai lasciato casa madre

(ANSA) – VENEZIA, 24 FEB – Il Giudice del Tribunale dei minori di Venezia ha sospeso l’allontanamento dalla madre del ragazzino padovano, oggi 14enne, chiesto dalla Procura perché viveva in un ambiente ritenuto non idoneo e ‘tutto al femminile’ che lo avrebbe portato ad avere atteggiamenti definiti ‘effeminati’.

    L’ordinanza del magistrato è stata emessa oggi, a distanza di meno di un mese e mezzo dall’udienza nella quale la mamma aveva fatto ricorso, supportata dall’avv. Francesco Miraglia, che aveva predisposto una memoria. Il ragazzino, nel frattempo, è sempre rimasto con la madre, separata dal marito e padre del minore, che pare non voglia avere più nulla a che fare con la famiglia. Il Giudice ha sì accolto la richiesta della, con la sospensione dell’allontanamento del figlio, ma nel farlo ha disposto “l’audizione del giovane” che deve avvenire “senza la presenza ne’ dei genitori, ne’ degli avvocati, al fine di permettergli di esprimersi liberamente”.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

"Troppo effeminato", tredicenne tolto alla madre. E a Padova scoppia la polemica

Il Tribunale dei Minori allontana il ragazzino dalla famiglia perché “è diverso e ostenta atteggiamenti in modo provocatorio”. Una storia di abusi e disagio in cui la vittima è sempre l’adolescente
precedentesuccessivo
Padova, 13enne tolto alla madre. Il legale: “Provvedimento sessista”
PADOVA. “Tende in tutti i modi ad affermare che è diverso e ostenta atteggiamenti effeminati in modo provocatorio”. Parole con cui il Tribunale dei Minori definisce il comportamento di un ragazzino di 13 anni della provincia di Padova. Parole che incidono pesantemente sulla sua vita perché ora quell’adolescente non potrà più stare con la sua mamma. L’atteggiamento ‘ambiguo’, secondo la relazione dei Servizi sociali, sarebbe dovuto al fatto che “il suo mondo affettivo risulta legato quasi esclusivamente a figure femminili e la relazione con la madre appare connotata da aspetti di dipendenza, soprattutto riferendosi a relazioni diadiche con conseguente  difficoltà di identificazione sessuale”.
La notizia è stata pubblicata dal “Mattino di Padova”. Secondo il quotidiano, in alcune occasioni il ragazzo era andato a scuola con gli occhi truccati, lo smalto sulle unghie e brillantini sul viso, contestano nella relazione che ha generato il decreto di allontanamento dal nucleo familiare. Ma la madre ribatte, sostenendo che si trattava di una festa di Halloween.
Il disagio in questa famiglia parte da lontano. C’è un’accusa di abusi sessuali da parte del padre. Il processo si conclude con un’assoluzione per l’uomo, anche se nella sentenza si dice che “non c’è motivo di dubitare dei fatti raccontati dal bambino”. Tutto e il contrario di tutto, in una girandola di accuse in cui la vittima è sempre una: lui, con i suoi 13 anni.
Da quei presunti abusi sessuali scaturisce il primo affidamento a una comunità diurna, dalle 7 alle 19. I responsabili della struttura notano gli atteggiamenti effeminati del ragazzino, li segnalano ai servizi sociali e così prende corpo un secondo provvedimento dei giudici. Quello del definitivo allontanamento dalla madre.
“Trovo scandalosa la decisione di allontanare un ragazzino solo per l’atteggiamento effeminato”, dice l’avvocato Francesco Miraglia, specializzato in diritto di famiglia. “Mi sembra un provvedimento di pura discriminazione”. La decisione del Tribunale dei Minori è stata impugnata dal legale che annuncia battaglia.
 

 http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=2&cad=rja&uact=8&ved=0ahUKEwid9Par_5PSAhWNhRoKHS-BCN8QFgggMAE&url=http%3A%2F%2Fwww.repubblica.it%2Fcronaca%2F2017%2F01%2F10%2Fnews%2F_troppo_effemminato_tredicenne_tolto_alla_madre_e_a_padova_scoppia_la_polemica-155728297%2F&usg=AFQjCNFMy1HK8AKgUpnb9PABeiyd180LKg

In risposta alla Procura Minorile.

Dopo l’intervento del Procuratore Minorile facenti funzione:
Nessun inerzia della Procura”, in qualità di avvocato difensore della madre della bimba, sento il dovere nuovamente di rivolgermi all’opinione pubblica.
In primo luogo, né il sottoscritto né la sua assistita vogliono polemizzare con il Procuratore, ma quanto sostiene la stessa Procura è inaccettabile.
In  primis come cittadino italiano, in secondo luogo come avvocato di fiducia.
E’ inaccettabile sostenere che non ci sia stata nessun inerzia se ad oggi, a distanza di due mesi e mezzo, la madre non ha notizie della figlia e non sa nemmeno quali sono i motivi per cui le è stata allontanata la figlia.
Il Procuratore della Repubblica Minorile ben dovrebbe sapere che lo spirito normativo del 403 è l’urgenza, l’immediatezza e la celerità  sia da parte di chi lo attua sia da parte di chi ha per dovere l’impulso processuale e sia da parte di chi istituzionalmente  deve ratificarlo.
Secondariamente, mi sembra quantomeno discutibile l’atteggiamento della  Procura che,  invece di rispondere sul perché di tanto “ritardo”, cerca di sviare entrando nel merito della questione.
Oltretutto la Procura ben dovrebbe sapere che la difesa, nel momento in cui non riesce a prendere visione degli atti né a costituirsi in giudizio, ha poco da dire sul merito.
Ancora più inaccettabile è sostenere che la Procura, il 12 ottobre u.s. abbia inoltrato il ricorso al Tribunale.
In altre parole, come dire, se c’è una colpa non è la nostra.
Un dato è certo, dal 26 settembre ad oggi 7 dicembre la madre non ha avuto alcuna notizia della figlia  né da parte dei servizi né da parte delle autorità giudiziarie che non hanno messo in grado la signora di quel sacrosanto diritto, eventualmente, di difendersi
E’ tutto sulla pelle dei bambini.
E’ inverosimile che anche sui bambini vige quel principio consolidato nel nostro paese che la colpa è sempre di qualcun altro.
Mi permetto di suggerire al Procuratore della Repubblica di leggere quanto un Giudice Minorile, già nel 2011 sosteneva: “ il Provvedimento amministrativo con cui i servizi sociali, in via provvisoria ed urgente, prelevano dall’abitazione famigliare un minore (ex art. 403 c.c.) non può essere ratificato dal Tribunale dei Minori ma anzi deve essere revocato dove non sia adeguatamente motivato, con conseguente ordine di ricollocamento immediato del minore stesso nel proprio ambiente famigliare”.
Voglio concludere rivolgendomi, senza presunzione, sia al Procuratore della Repubblica facenti funzioni, sia al Presidente del Tribunale consigliando una riorganizzazione delle cancellerie che possa prevedere una corsia preferenziale su provvedimenti ex art. 403 c.c. attuati da un ente amministrativo che vanno ad incidere direttamente sulla libertà e sulla vita di ognuno di noi.
Affinché siffatti casi non avvengano mai più.
 
 

Bologna, bimba portata via alla madre: "I servizi sociali l'hanno fatta sparire"

http://bologna.repubblica.it/cronaca/2016/12/05/news/bologna_servizi_sociali_tolgono_bimba_alla_madre_non_sappiamo_nemmeno_come_sta_-153516871/
 L’avvocato attacca il Comune di San Giovanni in Persiceto, dopo un delicato caso che ha portato all’allontanamento della piccola per presunti abusi

05 dicembre 2016
 
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BOLOGNA – Una bambina di dieci anni allontanata dalla madre, residente a San Giovanni in Persiceto (in provincia di Bologna), per presunti abusi fisici e psicologici: la decisione è stata dei servizi sociali comunali con l’applicazione della norma del codice civile che ne dà loro facoltà in caso di emergenza. Dopo due mesi e mezzo, nessuno avrebbe comunicato la vicenda al Tribunale per i Minorenni.
Lo segnala l’avvocato Francesco Miraglia, a cui si è rivolta la madre. “Non sappiamo nemmeno come stia. Confidiamo che sia in buone mani, ma chi ce lo assicura? Come si può far sparire una ragazzina così, quasi fosse stata inghiottita in un buco nero, nel buco nero della burocrazia che in questo caso di sicuro non sta facendo il bene della minore. Che dovremmo fare? Rivolgerci alla trasmissione “Chi l’ha visto” per ritrovare questa bambina?”, domanda provocatoriamente il legale.
La donna e la figlia erano ospiti di una comunità della provincia e il 26 settembre i servizi sociali hanno allontanato la bambina per “informazioni pregiudizievoli riferite a maltrattamenti fisici e psicologici da parte della madre nei confronti della
figlia”, si legge nel provvedimento, secondo quanto riferito dall’avvocato. “Ancora più incredibile” sostiene il legale “è che la Procura a distanza di due mesi non abbia ancora trasmesso il fascicolo al Tribunale, tant’è che non siamo riusciti né a costituirci in giudizio né a prendere visione di quanto hanno sostenuto i servizi sociali. Ma come è possibile che possa succedere tutto ciò sulla pelle dei bambini?”.

il Seminario “Il Minore autore di reati”

 

COMUNICATO STAMPA
Il 3 dicembre l’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare propone
il Seminario “Il Minore autore di reati”

Con l’intervento di testimonianza “Ero una baby squillo, oggi parlo alle giovani donne
 
Nell’ambito del Master in Pedagogia Giuridica Forense e Penitenziaria – novità sperimentata con grande successo dall’INPEF quest’anno – sabato 3 dicembre si terrà un Seminario straordinario, gratuito e aperto al pubblico (accreditato presso l’Ordine degli Avvocati di Roma) sul tema del “Minore autore di reati”.
Gli argomenti trattati, di straordinaria attualità, abbracceranno la tematica da più ottiche complementari, percorrendola nei suoi punti fondamentali:

  • Il reato come espressione del disagio esistenziale
  • Le Baby-gang: caratteristiche e organizzazione interna
  • Il DPR 448/88
  • Le attività dei Centri per la Giustizia Minorile
  • La progettazione di rete e gli interventi educativi di recupero, di sostegno e di educazione all’autonomia personale rivolti ai minori collocati in comunità educative.
  • L’Ordinamento Penitenziario e la sua attuazione: le criticità del trattamento e del reinserimento dei minori autori di reato.
  • La progettazione di rete degli interventi di recupero e di rieducazione rivolti ai minori ristretti negli Istituti Penali per i Minorenni

per giungere, infine, alla composizione e simulazione di un progetto reale.
Il Seminario sarà condotto la mattina dalla Prof.ssa Stefania Petrera (Giudice Onorario c/o la sezione Minori della Corte di Appello di Roma, Pedagogista Familiare) ed il pomeriggio dall’Avv. Francesco Miraglia (Penalista, Esperto in Diritto di Famiglia e Minorile) assieme all’Avv. Carmen Pino (Penalista, Esperta in Diritto di Famiglia e Minorile).
In particolare, a rendere tale evento assolutamente unico, si assisterà ad una testimonianza davvero particolare dal titolo “Ero una baby squillo, oggi parlo alle giovani donne”, fortemente voluto dal Presidente Palmieri e realizzato grazie all’Avv Miraglia, difensore della ragazza che è oggi al contempo vittima e reo.
<<Il mio compagno non mi ha mai obbligato, è vero. Ma mi ha fatto capire che se non avessimo avuto soldi a sufficienza, visto che poco dopo l’inizio della nostra relazione è rimasto senza lavoro, se ne sarebbe andato all’estero e io non volevo perderlo. Era il mio punto di riferimento; così ho pensato che, in quel modo, sarei riuscita a mantenere entrambi […] Avevo 16 anni, nessuna esperienza. Ero invaghita e non mi rendevo conto della terribile strada che stavo per intraprendere>>.
Un evento di tale portata ribadisce concretamente l’importanza di non avere burocrati della formazione a parlare alle nuove generazioni ed evidenzia nel contempo la necessità di sostenere chi rompe il muro della vergogna e dell’omertà.
“Non possiamo pensare che sia una sorta di outing” – commenta in proposito il Presidente Vincenza Palmieri – ma, anzi, rappresenta la manifestazione di una presa di coscienza che passa attraverso la formazione delle giovani generazioni e che si allinea alla prassi, per noi abituale, di avvalersi di professionisti che lavorano quotidianamente sul campo e che ne sono testimoni con la propria vita. Come la nostra amica, che potrà criticamente rispondere alle domande sui perché individuali e sociali tale fenomeno delle baby squillo sia oggi così frequente.
E’ un fenomeno, infatti, molto più sommerso di quanto non riusciamo neanche ad immaginare. E la difesa dei Diritti Umani passa anche attraverso la prevenzione dello sfruttamento sessuale delle bambine e dei bambini.
Siamo orgogliosi di poter dare il nostro piccolo contributo”.
 
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Per informazioni e prenotazioni: – pedagogiafamiliare@gmail.com
– 06.5811057 – 06.5803948 – 329.9833356 – 329.9833862
La Segreteria Organizzativa è aperta dal lunedì al venerdì dalle ore 10.00 alle ore 18.00 ed il sabato dalle ore 10.00 alle ore 13.00

Psichiatra condannato per omicidio colposo fa perizienei tribunali

Avv. Miraglia: “Urge un albo di periti referenziati. Su che giustizia possono contare sennò i cittadini?”
 
PAVIA. Errare è umano, specialmente in una materia, la Psichiatria, in cui la variabile dei comportamenti è quasi infinita. Ma che un Tribunale affidi una perizia a uno psichiatra condannato per omicidio colposo per gravi negligenze nei confronti di un paziente, poi suicidatosi, fa sorgere un legittimo dubbio sulla garanzia del suo operato, sulla correttezza delle sue perizie, sulla base delle quali i giudici che lo incaricano come consulente emettono sentenze, che vanno ad incidere, anche pesantemente, sulla vita e sul destino delle persone. E’ accaduto a Pavia, nel corso di un procedimento di separazione molto conflittuale tra due coniugi, durate il quale, ai fini di accertare l’adeguatezza della donna come madre, un giudice ha affidato la Consulenza tecnica d’ufficio allo psichiatra di Torino, Maurizio Desana. Il quale, però, è stato condannato – con una sentenza passata in giudicato, emessa dalla Corte d’Appello torinese e successivamente confermata dalla Cassazione nel 2008 – per omicidio colposo. E’ stato ritenuto, infatti, responsabile di non aver compreso la gravità dello stato psichiatrico di un paziente ricoverato, che si tolse la vita lanciandosi dalla finestra dell’ospedale.
«Non entro nel merito della sentenza di condanna» sottolinea l’avvocato Francesco Miraglia, che difende la donna nella causa di separazione, nella quale il dottor Desana è stato chiamato a periziare la sua salute mentale e quella del figlio, «ma si tratta in ogni caso di una condanna per un reato ingenerato da manchevolezze professionali. E’ legittimo pertanto chiedersi dove sia la spiccata condotta morale che viene richiesta a un professionista qualora il giudice, in via del tutto fiduciaria, lo incarichi di condurre una perizia sulle persone».
Nel caso specifico, sulla base appunto della perizia del dottor Desana, lo stato psichiatrico della donna pavese è stato valutato così negativamente, che il giudice ha ordinato che intervenissero i Servizi Sociali a prendersi cura del figlio adolescente, obbligando il ragazzo a seguire sedute di psicoterapia (se si rifiutasse, dovrebbe essere accompagnato da un educatore a spese della mamma) e limitando l’esercizio delle responsabilità genitoriali alla madre stessa.
«Ho presentato un’istanza urgente al Tribunale di Pavia» prosegue Miraglia, «affinché sospenda l’efficacia dell’ordinanza emessa e ho richiesto di convocare il dottor Desana in contraddittorio per accertare tutte le circostanze emerse. La cosa più incredibile, riferisce l’avvocato  è quanto nel frattempo ha sostenuto il dott. Desana alle richieste se avesse riferito al giudice al memento della suo giuramento della condanna che si riporta testualmente : la ringrazio per la sua cortesia e la prego di rassicurare la sua cassistita sul fatto che il mio ruolo e la mia conduzione della perizia sono assolutamente corretti come peraltro lo sono sempre stati in oltre 30 anni di attività psichiatrico forense. Colgo oltre l’occasione per chiedere di sollecitare la Sua cliente a versare quanto stabilito dal Tribunale per il pagamento della mia parcella.. Questo per quanto riguarda il caso che sto seguendo, il quale però scoperchia le manchevolezze presenti nei tribunali italiani. Urge quanto prima l’istituzione di un albo di professionisti referenziati, al quale i giudici dei tribunali debbano attingere per affidare le consulenze tecniche. Persone di cui sia comprovata, in maniera ineccepibile e inconfutabile, la professionalità. Come possono altrimenti i cittadini pensare di venire tutelati, quando i tribunali emettono delle sentenze affidandosi a persone giudicate già manchevoli in passato? E questo sia nel caso che sto seguendo, come in tutti gli altri in cui questo psichiatra sia stato chiamato come consulente».
La redazione

Figli tolti ai genitori denunciati tre medici

Famiglia all’attacco. Nel mirino i dirigenti Bernardi, Calucci e il dottor Reali L’avvocato Miraglia: «Troppi punti oscuri e dichiarazioni contradditorie» di Francesco Fain
Figli tolti ai genitori: la famiglia passa al contrattacco. E denuncia due dirigenti e un neuropsichiatra dell’Azienda sanitaria Bassa Friulana-Isontina. Si tratta, nella fattispecie, di Marcella Bernardi, Fulvio Calucci e Serafino Reali (quest’ultimo non più in servizio nella nostra Aas). Si ipotizzano false informazioni al pubblico ministero (articolo 371 bis del Codice penale); false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria (articolo 374 bis) e diffamazione (art.595).
Ad annunciare quest’ultimo, clamoroso sviluppo è Francesco Miraglia, il legale del Foro di Roma che tutela i genitori dei due bimbi goriziani, oggi affidati a una casa-famiglia di Vigevano.
L’altra mattina, l’avvocato era a Gorizia proprio per depositare alla Procura della Repubblica la denuncia-querela, corredata da una decina di allegati. «Cosa imputiamo ai tre dirigenti? La faccio semplice in maniera da essere comprensibile a tutti. In sostanza, quando vennero convocati dal Tribunale dei minori sostennero che i bambini erano “ben curati” da mamma e papà. Quando sono stati chiamati a deporre alla Procura della Repubblica, hanno cambiato totalmente versione», spiega Miraglia.
Che aggiunge: «Su questa vicenda registro una spaccatura netta all’interno dell’Azienda sanitaria. Le affermazioni che hanno determinato l’allontanamento dei bambini dai propri genitori, peraltro, vanno contro le relazioni dell’attuale direttore sanitario facente funzioni Cavallini che certificò la disabilità dei due minori. Proprio per questo, chiediamo con forza che il direttore generale Giovanni Pilati ci convochi: vogliamo capire i motivi per cui ci sono parecchi punti che giudichiamo oscuri, poco chiari».
Peraltro, nel testo della querela, si evidenzia anche come «Reali e Calucci sono stati gli unici a paventare ipercura, medical shopping, chemical abuse (Reali) o sindrome di Munchehausen per procura (Calucci): invece, si tratta di patologie diverse. Insomma, non c’è identità di vedute neppure fra loro», sottolinea ancora Miraglia.
«La vicenda – aggiunge ancora l’avvocato – si dipana a partire dal 2012: sono stati riempiti cinque faldoni di documenti, con innumerevoli casi di sequestri di farmaci utilizzati per le cure dei bambini».
A scatenare la querelle sarebbe stato, secondo l’avvocato della famiglia, il mancato riscontro dei Servizi sociali, che per i genitori non avevano risposto in maniera efficace alle necessità dei due bimbi. «Per eccesso di cure – torna a ripetere Miraglia, esperto in Diritto minorile – hanno tolto loro i figli per “maltrattamento”, che non significa percosse, ingiurie, abusi, ma per troppe cure, per una patologia che la Procura però non riconosce e che il Tribunale dei Minori ha deciso di accertare ora tramite una perizia tecnica. Cure prescritte dagli specialisti delle strutture pubbliche che li avevano in carico ed erogate direttamente dall’ospedale e che peraltro continuano ad essere somministrate ai due piccini nella stessa misura e con le medesime modalità
di quando si trovavano nella tranquillità di casa propria».
Miraglia ha evidenziato più volte che la patologia genetica è stata certificata da strutture sanitarie di eccellenza come il Besta di Milano e il Centro regionale per le malattie rare di Udine.

«I genitori potranno vedere i figli tolti»

Lo ha stabilito con un decreto il Tribunale dei minori di Trieste. Soddisfatto l’avvocato Miraglia: «Da stabilire la periodicità»di Francesco Fain

È un decreto che l’avvocato Francesco Miraglia non esita a definire «importante, oltre che molto incoraggiante». La lunga partita riguardante i due bambini tolti ai genitori vede, infatti, la difesa condurre per 1-0. Certo, il matchè ancora lungo ma il legale del Foro di Roma che tutela i genitori non nasconde tutta la sua soddisfazione.
«Cos’è successo di così importante? Il Tribunale dei minori di Trieste – annuncia Miraglia – ha emanato un decreto in cui si dispongono futuri incontri fra i bambini e i genitori. Per adesso, ancora non si sa quando potranno avvenire questi contatti e quante volte alla settimana o al mese perché è prevista la necessaria “preparazione” dei bambini e dei genitori a questi momenti che saranno indiscutibilmente molto importanti». I genitori non vedono i propri figli ormai da due mesi e «soltanto il pensiero che li potranno riabbracciare riempie di gioia». C’è un altro elemento che Miraglia, da legale navigato, non manca di sottolineare.
«Nel decreto non si fa riferimento ad abusi di farmaci. Peraltro, i bambini sono stati visitati da un neuropsichiatra infantile che ha avuto modo di soppesare con attenzione la vicenda. Indubbiamente, questo decreto del Tribunale dei minori riveste una grandissima rilevanza. Mi auguro, a questo punto, che la Procura della Repubblica di Gorizia si faccia viva con la chiusura delle indagini o, quantomeno, con la convocazione dei genitori. In queste settimane, la mamma e il papà non sono mai stati sentiti e, scusate se lo ripeto, mi sembra una cosa incredibile».
Nei giorni, come si ricorderà, lo stesso avvocato aveva indirizzato un esposto dai toni sin troppo forti al presidente della Repubblica Mattarella, al Consiglio superiore della Magistratura, al ministro di Grazia e Giustizia Orlando e ai procuratori generali della Cassazione e della Corte d’Appello di Trieste. Tanti i quesiti. «Perché dopo 3 anni d’indagini non si è ancora arrivati alla conclusione delle stesse indagini se la responsabilità è così chiara? Da chi è stato autorizzato il Pm a disporre le intercettazioni telefoniche a carico dei miei assistiti? Perché i genitori non sono stati mai ascoltati? Perché si mette in dubbio quanto sostenuto dal Centro regionale delle malattie rare, dal Besta di Milano dalle vari commissioni mediche, e soprattutto in base
quel presupposto scientifico e giuridico si afferma che la terapia farmacologica prescritta dai dottori che si occupano dei bambini sono dannose e pericolose? E se fosse così perché i citati professionisti non sono indagati con i genitori quantomeno in concorso?».
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Bambini tolti ai genitori: «Ispettori in Tribunale»

Offensiva del legale della famiglia, Miraglia, il quale ha scritto a Presidente della Repubblica. Csm, Procuratore generale di Cassazione e della Corte di Appello di Triestedi Francesco Fain
 
GORIZIA «Troppe incongruenze. Azione penale sproporzionata. Ci vogliono gli ispettori al Tribunale di Gorizia». Francesco Miraglia, l’avvocato del Foro di Roma che tutela i bambini goriziani tolti ai propri genitori, passa al contrattacco. E indirizza un esposto dai toni sin troppo forti al presidente della Repubblica Mattarella, al Consiglio superiore della Magistratura, al ministro di Grazia e Giustizia Orlando e ai procuratori generali della Cassazione e della Corte d’Appello di Trieste.
Il legale censura totalmente l’operato della Procura e parla espressamente di «imparzialità dell’indagine nonché di dichiarazioni fuorvianti, non corrispondenti al vero nei confronti dei miei assistiti. Tale atteggiamento e comportamento – argomenta Miraglia nell’esposto – non solo ha arrecato un danno ai miei assistiti ma soprattutto ha arrecato un danno reale al “sistema Giustizia” e alla credibilità di cui deve godere affinché l’esercizio dell’azione penale corrisponda alla tutela dei cittadini e soprattutto dei cittadini indagati».
L’esposto contiene, poi, una veloce “cronistoria” della vicenda con particolari rimasti, sino ad oggi, inediti. «Nell’agosto 2010, i miei assistiti si trasferiscono a Gorizia per motivi di lavoro. Il figlio maggiore della coppia (all’epoca di 3 anni) era già in carico al servizio di Neuropsichiatria, in Puglia. Una volta trasferiti a Gorizia, i genitori chiesero la prosecuzione delle terapie rivolgendosi, naturalmente, ai servizi pubblici di competenza. Nel contempo si erano accentuate – illustra Miraglia – le problematiche che fin dalla nascita il secondogenito aveva presentato: da qui un iter diagnostico complesso che porta nel 2013 alla certificazione di “malattia rara” per entrambi i bambini. Nel 2011, entrambi i bimbi vengono certificati ai sensi della legge 104, in situazione di “handicap con gravità”, e nonostante questo l’intervento a livello territoriale risulta, da parte dei servizi, incostante (non viene erogato sostegno scolastico, terapie riabilitative). L’anno successivo, la situazione degenera e iniziano le prime schermaglie giudiziarie
La Procura di Gorizia inizia un’indagine «tra centinaia di intercettazioni telefoniche e, strumentalizzando uno sfogo telefonico tra moglie e marito, chiede alla Procura minorile un provvedimento urgente di allontanamento dei figli». L’esposto si chiude con una scia di quesiti. «Perché dopo 3 anni d’indagini non si è ancora arrivati alla conclusione delle stesse indagini se la responsabilità è cosi chiara? Da chi è stato autorizzato il Pm a disporre le intercettazioni telefoniche a carico dei miei assistiti? Perché i genitori non sono stati mai ascoltati? Perché si mette in dubbio quanto sostenuto dal Centro regionale delle malattie rare, dal Besta di Milano dalle vari commissioni mediche, e soprattutto in base quel presupposto scientifico e giuridico si afferma che la terapia farmacologica prescritta dai dottori che si occupano dei bambini sono dannose e pericolose? E se fosse così perché i citati professionisti non sono indagati con i genitori quantomeno in concorso?»
Da qui, la richiesta finale a tutti gli interlocutori (presidente Mattarella compreso) di intervenire. «Vogliano le autorità in indirizzo, ciascuno per i poteri attribuitogli per legge, determinarsi al fine di assicurare il legittimo esercizio dell’attività giurisdizionale e di perseguire gli illeciti ravvisati».

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