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Il Tribunale di Pavia non tiene conto delle disperate richieste di una dodicenne, che vuole stare con la mamma

 
PAVIA- Vigevano. Quanto deve urlare una bambina il proprio dolore prima che il Tribunale l’ascolti? Quanto deve soffrire una bambina per la separazione forzata dalla madre, ritenuta pessima e malata, ma che nessuna perizia dichiara tale ed è costretta, pertanto, a stare con un padre padrone, che certo le vuole bene e si occupa di lei, ma fa di tutto per contrastare il rapporto madre-figlia? Una difficilissima separazione tra genitori, fatta di carte bollate, perizie di tribunali, intercettazioni telefoniche e pedinamenti da parte di investigatori privati, denunce e controdenunce sta, di fatto, mettendo a repentaglio la serenità di una ragazzina di 12 anni, che il Tribunale di Pavia ha affidato al padre, togliendola alla madre. Può vedere solo in alcuni fine settimana e in incontri protetti. «Assisto la madre di questa ragazzina» dice l’avvocato Francesco Miraglia, «la quale al momento della separazione, è vero, ha dimostrato il suo dolore in maniera eccessiva, ma è pur sempre una donna addolorata, abbandonata dal proprio compagno. Il Tribunale di Pavia ha ritenuto, però, che non fosse una buona madre e che soffrisse di patologie psichiatriche: ma lei, che si è sottoposta alle sedute di terapia, è stato appurato essere una donna sofferente per la separazione dal compagno prima e dalla figlia, poi, null’altro. La bambina è stata comunque affidata esclusivamente al padre. Ora, non riesco a capire come mai il Tribunale, nell’assumere tale, grave decisione, non abbia tenuto conto dei propri periti e che non abbia assolutamente messo in discussione le centinaia di telefonate registrate dal padre, decontestualizzate e prive di una trascrizione e di una certificazione autenticata da parte di un perito. Non vorrei pensare che in tutta questa vicenda ad aver compromesso la sentenza del giudice ci fosse da un lato una madre anche fragile e dall’altro un padre ricco, importante, conosciuto. In tutto questo si è perso di vista il vero obiettivo: il benessere della bambina, lacerata dal conflitto tra i genitori, che si è acuito con il suo affidamento esclusivo al padre e con l’allontanamento dalla madre, con la quale aveva sempre vissuto, in considerazione anche del fatto che il padre era spesso assente per impegni legati al suo lavoro».  La bambina, inoltre, non è nemmeno mai stata ascoltata dal Tribunale: se è vero che al momento dell’emissione della sentenza non aveva ancora 12 anni (solo per poche settimane, a dire il vero), si poteva comunque accogliere quanto certificato dal terapeuta, scelto super partes dai genitori, che si è occupato degli incontri protetti e che ne sottolinea la sofferenza. «Se di colpe si può parlare in questa vicenda» prosegue l’avvocato Miraglia «possono essere imputabili a genitori immaturi, certo, ma anche a un Tribunale sordo. Chi non ha assolutamente colpa è una ragazzina di 12 anni, che vorrebbe solo vivere una vita serena e tranquilla come tutte le ragazzine della sua età e che invece deve sottostare a una disposizione del Tribunale a nostro avviso ingiusta e parziale». Insiste l’ avvocato : “Ciò che mi sembra incredibile è che lo stesso  consulente del tre giudici : Per quanto ho potuto osservare nel corso di un anno mi pare che madre e figlia traggano maggiore giovamento da più di un incontro settimanale. Tale ritmo pare essere più contenitivo per il dolore che la signora manifesta quando non vede la figlia e per i bisogni della stesa figlia che chiede assertivamente una presenza più costante della madre.
A tal fine mi permetto di esprimere l’idea che vedere la mamma a intervalli più ravvicinati costituisca un desiderio profondo e sincero della bambina, così come avere uno spazio infrasettimanale per fare con la madre una merenda, prendere lezioni di piano.
Conclude lo stesso Miraglia: “Perché i tre Giudici di Pavia non hanno voluto ascoltare la bambina? Perché non vogliono ascoltare il loro stesso consulente? Forse  i  giudici non vogliono deludere un padre ricco, potente e famoso?
Redazione controvento

L’avvocato di famiglia: «Mando tutte le carte al Csm»

 
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2016/04/23/news/salvati-dall-ossessione-della-madre-1.13352332
sabato 23 aprile 2016

«Salvati dall’ossessione della madre»

di Domenico Diaco
La Procura: «Un caso di sindrome di Münchausen. Avremmo potuto adottare un provvedimento restrittivo»
sabato 23
sabato 23 aprile 2016

L’avvocato di famiglia: «Mando tutte le carte al Csm»

di Francesco Fain
Miraglia: «Mi chiedo per quali ragioni dopo tre anni di indagini non si sia arrivati a una conclusione. Mai fatte perizie
DIFESA
 
«Porteremo il caso a conoscenza del Consiglio superiore della Magistratura (Csm). Non è possibile che ci sia un simile accanimento nei confronti di una famiglia». Francesco Miraglia, l’avvocato che tutela gli interessi della famiglia goriziana a cui sono stati tolti i due figli, confuta energicamente la versione fornita dalla Procura di Gorizia.
«Intanto dico che è inverosimile che la Procura stia indagando dal 2005 sui mie assistiti, visto che gli stessi sono residenti a Gorizia dal 2010 per esigenze lavorative ma soprattutto mi preme sottolineare che se fosse vero, quanto sostiene il Procuratore c’e qualcosa che non funziona. I bambini hanno 7 e 12 anni, quindi per uno si indagava prima che nascesse per l’altro si indagava da quando il bambino aveva quasi un anno», incalza i legale.
«Ad ogni modo, se dopo 11 anni d’indagini non si è ancora arrivati a una chiusura dell’inchiesta o a un processo, c’è poco da contestare ai miei assistiti. Se invece i tempi d’indagine della Procura di Gorizia sono di 11 anni bisogna cambiare sicuramente l’organizzazione e i modi di lavorare della stessa Procura». Ma non è finita, Miraglia rincara la dose. «Il Procuratore sostiene che i fratellini sono stati sottoposti a perizia, ebbene anche su questo punto devo sottolineare, mio malgrado, che è poco informato sul caso. Difatti, i fratellini non sono mai stati sottoposti a perizia da parte di qualsivoglia Autorità Giudiziaria. A ben vedere, solo nel mese di ottobre 2015, veniva disposta una ctu dal Tribunale per i minorenni di Trieste con il seguente quesito: valutare le condizioni psicofisiche dei minori. Elenchi di eventuali malattie, disturbi, patologie, deficit presentati dai predetti, indicandone le origini e le cure terapie necessarie in relazione agli stessi. Si voleva stabilire se le cure e i trattamenti anche farmacologici ai quali in passato e attualmente sono sottoposti sono congrui».
Miraglia è un fiume in piena. «Sempre per estrema chiarezza mi corre l’obbligo sottolineare che la terapia farmacologia è basata prevalentemente su vitamine (e qui l’avvocato fa l’elenco di una dozzina di farmaci ndr.) tra l’altro prescritte dai professionisti che hanno in cura i bambini. Per quanto riguarda la diagnosi il Procuratore ben dovrebbe sapere che si tratta di una patologia certificata dal Centro regionale delle Malattie rare dell’Ospedale di Udine e da vari altri ospedali. A questo punto auspico che il Procuratore Capo – prosegue l’avvocato Miraglia – prenda cognizione dell’intera vicenda dei miei assistiti e dei figli, di come realmente sono state condotte le indagini».
Miraglia ha una raffica di interrogativi da porre alla Procura. «Perché dopo 3 anni d’indagini non si è ancora arrivati a una conclusione se la responsabilità è cosi chiara? Perché i genitori non sono stati mai ascoltati? Perché si mette in dubbio
quanto sostenuto dal Centro Regionale delle Malattie Rare, dal Besta di Milano dalle vari commissioni mediche, e soprattutto in base quel presupposto scientifico e giuridico si afferma che la terapia farmacologica prescritta dai dottori che si occupano dei bambini sono dannose e pericolose?».
 
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2016/04/23/news/l-avvocato-di-famiglia-mando-tutte-le-carte-al-csm-1.13352318
23 aprile 2016

Il giudice toglie due figli ai genitori

EdizioneUdine

Il caso a Gorizia. Per il Tribunale dei minori c’è stato «eccesso di cure»: due ragazzini disabili affidati a una casa famiglia. Decisiva un’intercettazione di Christian Seu

21 aprile 2016

GORIZIA. Due bambini disabili di dodici e sette anni, che abitavano a Gorizia con la mamma e il papà, sono stati affidati a una casa famiglia di Vigevano, dopo un provvedimento di allontanamento emesso dal Tribunale dei minori di Trieste.
La decisione del tribunale giuliano è maturata lo scorso novembre, al culmine di una serie di schermaglie giudiziarie che hanno visto i genitori dei due ragazzini opposti all’Azienda sanitaria isontina e in particolare ai professionisti del servizio di neuropsichiatria infantile di Cormòns, che seguivano i piccoli.
L’accusa mossa nei confronti dei genitori – il papà è medico, la mamma casalinga – è di eccesso di cure, per una patologia che, secondo il legale della famiglia, «la Procura non riconosce».
Il provvedimento di allontanamento è arrivato dopo mesi di indagini da parte della magistratura isontina, che si è avvalsa anche di intercettazioni telefoniche per chiarire i contorni della vicenda. Proprio una telefonata ha innescato l’intervento del Tribunale: parlando col marito, la mamma dei due bimbi si diceva esasperata, pronta prima o poi a commettere una pazzia.
L’avvocato Francesco Miraglia, che assiste la coppia goriziana, ha presentato un’istanza di revoca del provvedimento di allontanamento, che sarà esaminato dai giudici nei prossimi giorni.
«La vicenda – spiega Miraglia – si dipana a partire dal 2012: sono stati riempiti cinque faldoni di documenti, con innumerevoli casi di sequestri di farmaci utilizzati per le cure dei bambini».
A scatenare la querelle sarebbe stato, secondo l’avvocato della famiglia, il mancato riscontro dei Servizi sociali, che per i genitori non avevano risposto in maniera efficace alle necessità dei due bimbi.
«Per eccesso di cure» sottolinea Miraglia esperto in Diritto minorile, «hanno tolto loro i figli per maltrattamento, che non significa percosse, ingiurie, abusi, ma per troppe cure, per una patologia che la Procura però non riconosce e che il Tribunale dei Minori ha deciso di accertare ora tramite una perizia tecnica. Cure prescritte dagli specialisti delle strutture pubbliche che li avevano in carico ed erogate direttamente dall’ospedale e che peraltro continuano ad essere somministrate ai due piccini nella stessa misura e con le medesime modalità di quando si trovavano nella tranquillità di casa propria».
La patologia genetica, secondo il legale, è stata certificata da strutture sanitarie di eccellenza come il Besta di Milano e il Centro regionale per le malattie rare di Udine.
«Raramente ho visto tanto dispendio di tempo e risorse per delle indagini», Miraglia, recentemente subentrato a seguire la vicenda, «persino con delle intercettazioni telefoniche.
Il neuropsichiatra dell’Aas Isontina che seguiva i bambini aveva trasmesso, dopo un dissidio con la famiglia, alla Procura le sue perplessità sulle reali condizioni di salute dei due bambini, la cui patologia è stata invece più volte certificata, anche dalla commissione medica per l’invalidità, sostenendo che fossero i genitori stessi a “causare” la patologia e che quindi non fosse di origine genetica. Ebbene, il Tribunale in prima analisi rigetta le istanze, considerando la coppia dei genitori affettuosi e premurosi».
Bocche cucite dall’Azienda sanitaria, che non ha inteso commentare la vicenda, nota in ogni caso tra gli operatori della struttura cormonese che seguiva i ragazzini. Il legale della famiglia ha presentato istanza
urgente al Tribunale dei minori di Trieste, chiedendo la revoca immediata del provvedimento di allontanamento dei due minori e di reintegro alla coppia la responsabilità genitoriale. «E ci appelleremo anche al Csm, se sarà necessario», conclude l’avvocato.
 
©RIPRODUZIONE RISERVATA
 

IL Tribunale di Trieste allontanada casa due bambi disabili

I genitori, medico lui, casalinga lei, accusati di eccesso di cure
 
 
TRIESTE-Piacenza. Anche un avvocato che ha visto tutto, come Francesco Miraglia, abituato (ma ci si abitua mai?) a soccorrere bambini strappati ai genitori senza validi motivi e rinchiusi per anni in case famiglia, non credeva ai cinque faldoni di indagini, comprensive di intercettazioni telefoniche, che la Procura della Repubblica di Gorizia aveva avviato nei confronti di una coppia, medico lui, casalinga lei, cui sono stati tolti due bambini in tenerissima età, affetti entrambi da una grave disabilità derivante da una patologia genetica.  «Per eccesso di cure» sottolinea l’avvocato Francesco Miraglia, del foro di Roma, esperto in Diritto Minorile, «hanno tolto loro i figli per maltrattamento, che non significa percosse, ingiurie, abusi, ma per troppe cure, per una patologia che la Procura però non riconosce e che il Tribunale dei Minori ha deciso di accertare ora tramite una perizia tecnica. Cure prescritte dagli specialisti delle strutture pubbliche che li avevano in carico ed erogate direttamente dall’ospedale e che peraltro continuano ad essere somministrate ai due piccini nella stessa misura e con le medesime modalità di quando si trovavano nella tranquillità di casa propria». Ma dallo scorso novembre i due fratellini, la cui patologia è stata certificata da strutture sanitarie di eccellenza come il Besta di Milano e il Centro Regionale per le Malattie Rare del prof. Bruno Bembi di Udine, vivono in una casa famiglia, in un’altra regione per di più, lontani dagli affetti dei loro genitori e privati degli insegnanti di sostegno, che potevano garantire loro il mantenimento, se non l’accrescimento, delle competenze fino ad allora ottenute.
«Raramente ho visto tanto dispendio di tempo e risorse per delle indagini» prosegue l’avvocato Miraglia, recentemente subentrato a seguire l’incredibile vicenda, «persino con delle intercettazioni telefoniche. Il neuropsichiatra dell’AAS2 Isontina che seguiva i bambini aveva trasmesso, dopo un dissidio con la famiglia, alla Procura le sue perplessità sulle reali condizioni di salute dei due bambini, la cui patologia è stata invece più volte certificata, anche dalla commissione medica per l’invalidità, sostenendo che fossero i genitori stessi a “causare” la patologia e che quindi non fosse di origine genetica. Ebbene, il Tribunale in prima analisi rigetta le istanze, considerando la coppia dei genitori affettuosi e premurosi. Ma la Procura insiste: viene avviata un’indagine, vengono tenuti i telefoni sotto controllo e durante un’intercettazione viene ascoltata una telefonata, nella quale la madre, esasperata, dice al marito che non ce la fa più, che prima o poi avrebbe commesso una pazzia. Alcuni giorni dopo si presentano a casa loro i carabinieri e i bambini vengono allontanati.
«Ma nessuno ha chiesto a questa madre cosa realmente provasse» aggiunge Miraglia, «quale frustrazione e stanchezza sentisse per arrivare a pronunciare una frase, infelice sì, ma dettata dalla disperazione di non essere ascoltata dalle istituzioni».
La Procura non crede alle migliaia e migliaia di pagine di certificazioni e diagnosi di strutture pubbliche di eccellenza, ma da credito all’ipotesi del neuropsichiatra che sostiene queste gravi patologie siano state causate “farmacologicamente” dai genitori . Patologie che però sono rimaste, anche ad oltre 5 mesi dall’allontanamento. Sulla base di queste capziose illazioni, prive di fondamento, ho presentano istanza urgente presso il Tribunale di Trieste, chiedendo la revoca immediata del provvedimento di allontanamento dei due minori e di reintegrare alla coppia la responsabilità genitoriale».
Studio Legale Miraglia

Giudice onorario del Tribunale minorile di Bologna risarcisce l’ Avvocato Miraglia

BOLOGNA.   Non sempre si può piacere a tutti, questo è un dato di fatto, ma esternare pesanti giudizi nel corso di una lezione a una scuola di specialità, oltre a non essere educato e corretto, è pure un reato. E se chi offende è un giudice onorario del tribunale per i minori di Bologna, chiamato a far rispettare la legge e a rispettarla per primo, almeno per dare il buon esempio, il fatto assume connotazioni ancor più gravi. Però è quanto è successo al noto avvocato Francesco Miraglia, da anni impegnato in aspre battaglie contro i poteri forti che, seppur deputati alla tutela dei minori, così non fanno e non è sempre il bene dei bambini quello che muove le loro azioni e le loro decisioni. Un comportamento che le è costato, oltre a una denuncia penale per diffamazione e a una causa civile, anche un risarcimento economico nei confronti del legale offeso.
I fatti risalgono a giugno del 2013, durante una lezione che l’allora giudice onorario del Tribunale bolognese stava tenendo ai quindici studenti al Corso in Psicologia giuridica minorile civile promosso dal CIPsPsIA (Centro Italiano di Psicoterapia Psicoanalitica per l’Infanzia e l’Adolescenza) a Bologna.
Nell’illustrare il caso di Anna Giulia Camparini, portata via dai genitori mentre era in una struttura di accoglienza (vicenda trattata nel libro “Ridateci i nostri figli” edizione Il Fiorino 2012), la docente ha esternato, con un certo trasporto, critiche al modo di lavorare dello stesso Miraglia, osservando che la sua propensione a mettersi dalla parte dei genitori era sbagliato e ingiusto nei confronti dell’interesse dei minori,
Non solo, nella stessa lezione, il citato Giudice, spinto da un contrapposizione, a suo dire, tra il Tribunale e l’avv. Miraglia era arrivata ad esprimere  gravi illazioni.
Affermazioni pesanti, che una studentessa del corso, fino ad allora sconosciuta all’avvocato Miraglia, si è sentita in dovere morale di riferirgli e che hanno prodotto l’azione legale dell’avvocato nei confronti di questa giudice.
La vicenda si è risolta recentemente, prima di arrivare in giudizio: la dottoressa, ammettendo ogni responsabilità, si è detta disponibile a risarcire con una somma di quattromila euro l’avvocato Miraglia a totale tacitazione di tutti i danni patrimoniali, morali, biologici ed esistenziali patiti e per le spese legali da lui sostenute. A fronte del risarcimento, la causa civile sarà abbandonata e la querela rimessa.
La redazione Controvento
 
 

“Le Garanzie e i Valori: l'Internazionale Minorile"

che si terrà Venerdì 1 aprile 2016 – a partire dalle ore 16.00
 
presso il
Centro Incontri della Regione Piemonte
Corso Stati Uniti 23  Torino
 
Un  prestigioso evento, organizzato dall’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare e  dall’Ambasciata dell’Ecuador in Italia, per affermare e promuovere ancora una volta il tema dei Diritti dei Minori.
 
Location dell’iniziativa sarà Torino, scelta per l’alta presenza di cittadini ecuadoriani che vi  risiedono e per il ruolo strategico che questa città metropolitana riveste, a livello nazionale, nelle  Politiche per l’Infanzia.
 
 
Un pomeriggio di studio e di riflessioni che si concluderà con l’inaugurazione della
 
mostra itinerante
 
Storie di Padri, di Madri e soprattutto di Bambini
 
Un evento nell’evento per dare voce a quei bambini – di tutte le nazionalità – che sottratti alle proprie famiglie chiedono di essere ascoltati, scrivono diari e inviano lettere ai giudici per dire “Voglio tornare a casa!!”
 
È fondamentale prenotarsi secondo le modalità indicate nella locandina in allegato. Le domande saranno accolte sino al numero consentito in sala.
Ai partecipanti è richiesta l’esibizione di un documento di riconoscimento.

Il valore dei risultati e della qualità

– Siglato il nuovo Protocollo d’Intesa tra Ambasciata dell’Ecuador in Italia e Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare –

 

– Riconfermato il Gruppo di Lavoro Istituzionale per garantire i Diritti dei Minori Ecuadoriani in Italia – 

 

 Alla luce dei risultati straordinariamente positivi ottenuti nel corso del 2015, lo Stato dell’Ecuador ha confermato per un altro anno il Progetto

Integrato per la Tutela dei Minori Ecuadoriani in Italia, previsto dall’accordo siglato tra Ambasciata  e INPEF.
Lo scorso 19 dicembre, dunque, Sua eccellenza l’Ambasciatore Dr. Juan Holguin ha ufficializzato la proroga del progetto, riconfermando la medesima squadra: la professoressa Vincenza Palmieri, Presidente INPEF, e gli avvocati Francesco Miraglia e Francesco Morcavallo.
Molto è ancora il lavoro da fare: “Continueremo a prenderci cura dei Minori e delle Famiglie – dichiara la Prof.ssa Palmieri – perché ora è il momento di formare ed informare. Bisogna fare in modo che tali risultati si radicalizzino. Aver riportato a casa i bambini che erano stati allontanati dalle loro famiglie – per interventi autoritativi – non esaurisce il nostro compito. Ora bisogna riallacciare i fili tagliati e fornire gli strumenti e le informazioni necessarie anche a prevenire gli allontanamenti e a sostenere le famiglie più fragili.” La formazione – uno dei punti fondamentali indicati tra gli obiettivi del Progetto Integrato di quest’anno – infatti, non è altro che uno dei passaggi fondamentali del sostegno alle famiglie.
Corsi di formazione ed informazione, diretti alle comunità ecuadoriane dislocate nelle diverse regioni italiane, andranno ad affiancare l’ormai consolidato impegno a fornire tutela legale, interventi pedagogico-familiare e consulenza peritale nei casi in cui un bambino, figlio di cittadini provenienti dal Paese sudamericano, venisse allontanato dal nucleo familiare per iniziativa dell’Autorità Amministrativa o Giudiziale.
Il progetto è nato dall’escalation di affidamenti a strutture protette, che avevano interessato minori ecuadoriani: un fenomeno che ha coinvolto circa un centinaio di bambini colpiti da provvedimenti definitivi di allontanamento dalla casa parentale. Bambini che poi i genitori non riescono più a rintracciare, a differenza di quanto accade in altri Paesi, come la Spagna, in cui i minori allontanati dalla famiglia vengono affidati ai parenti rimasti in Ecuador.
“Siamo onorati per la fiducia che il Governo dell’Ecuador ci ha accordato e confermato – commentano gli avvocati Francesco Miraglia e Francesco Morcavallo – e sarebbe auspicabile che un progetto come questo fosse di esempio anche per gli altri Paesi che in Italia annoverino comunità numerose, e per lo stesso Governo italiano, che parla spesso di famiglia, ma non per la famiglia, mai in suo vero favore”.
“A differenza di altri Sistemi – fa eco Vincenza Palmieri – che, chiamati in causa, assumono un atteggiamento negazionista rispetto al  problema e ne sminuiscono l’entità, il Governo dell’Ecuador rappresenta un modello, perché richiede di comprendere il fenomeno e di intervenire, strutturando una solida alternativa.
Aver riportato a casa tutti questi bambini significa, fattivamente, aver scritto progetti, aver denunciato gli abusi, aver agito dal punto di vista normativo, delle relazioni umane, ma anche sul piano politico e mediatico. Credo non sia un caso che, ad oggi, non ci siano nuovi allontanamenti tra le famiglie ecuadoriane! E’ proprio da questo successo che dobbiamo partire; su questo valore dobbiamo poggiare la nostra azione, amplificandola e moltiplicandone il risultato. E’ il momento di standardizzare il ‘Metodo’ del Gruppo di Lavoro Integrato Inpef (Palmieri – Miraglia – Morcavallo) di modo che tale metodologia operativa venga fatta conoscere. Tale metodo – basato sulla sinergia degli aspetti Legali, Familiari,  Sociali e Peritali, rappresenta un sistema funzionale “a pieno regime”,  alla luce del quale continueremo ad attuare la nostra azione, a dire ciò che si deve dire, a dare il sostegno alle famiglie. Perché non si avveri più il castigo della buona fede e della povertà!”
La redazione
 
 

Da gennaio la giovane promessa della danza studierà a Milano

Lacrime di gioia e valigie in preparazione per inseguire il suo sogno

 

 

FERRARA. Quando i giudici sabato scorso le hanno annunciato che avrebbe potuto frequentare la scuola di danza Aida a Milano e un liceo linguistico nella medesima città, è scoppiata in un pianto liberatorio: la quattordicenne ferrarese, da mesi nell’angoscia a causa di un provvedimento di allontanamento da casa emesso dal Tribunale di Roma, ha accolto così la fine di un incubo. Il collegio dei giudici l’ha ascoltata, ha capito che per lei la danza è fondamentale e che il provvedimento di allontanamento dalla madre e la sua reclusione in una casa famiglia romana non fosse motivato e pertanto nemmeno necessario.

Nonostante la giovane età, la ragazzina ha dimostrato di possedere una grande determinazione a voler perseguire il suo sogno, tanto che al giudice, durante l’audizione, ha detto: «Le danzatrici sono come gli uccelli, hanno bisogno di volare». E ha annunciato l’intenzione di partecipare alle audizioni anche all’estero.

Adesso nella sua casa ferrarese sta preparando le valigie, perché il giudice le ha concesso di iniziare a frequentare la scuola di danza Aida e il liceo linguistico già a partire dal 7 gennaio.

«La vicenda si è concluso per il meglio e non potremmo essere più contenti» commenta l’avvocato cui si è affidata la madre della ballerina, Francesco Miraglia «ed è la dimostrazione che una giustizia più umana è possibile, se non passa l’automatismo nei Tribunali per il quale, alle prime avvisaglie di un problema, bambini e ragazzi vengono immediatamente allontanati da casa. Se i giudici, invece, ascoltassero anche loro direttamente, molto di quei 40 mila minori italiani che si trovano attualmente in affidamento, sarebbero a casa propria».

La vicenda porta  alla luce anche un altro aspetto positivo: la determinazione di una giovane a seguire il proprio sogno.

«Si dice spesso che i giovani d’oggi siano superficiali» prosegue l’avvocato Miraglia, «invece questa ragazzina ha dimostrato che con la grinta e la perseveranza nel voler seguire il proprio sogno, ha combattuto contro le istituzioni e ha vinto. Se questa storia deve insegnare qualcosa, potrebbe proprio essere l’invito ai giovani a non lasciarsi scoraggiare mai e di combattere sempre per ottenere quello che si desidera».

Minori vittime dei divorzi: l'appello di Chiara, "Aiutatemi, conosco i miei diritti"

Minori vittime dei divorzi: l’appello di Chiara, “Aiutatemi, conosco i miei diritti”
In Italia, sono più di 19 mila i minori ospitati nelle strutture di accoglienza. A dichiararlo è l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza. Fra questi ci sarebbe anche Chiara, l’adolescente di Ferrara che si nega al provvedimento del giudice di trasferirsi in una casa-famiglia
03 dicembre 2015

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ROMA – “In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente”. Così recita l’articolo 3 della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, ratificata dall’Italia il 27 maggio del 1991. Il luogo in cui la “preminenza” dell’interesse del minore viene compromessa maggiormente è la famiglia. A segnalarlo è l’AGIA, l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, all’interno della relazione presentata a maggio del 2015 in Parlamento.
Il rapporto del Garante. Delle 506 segnalazioni ricevute nel 2014  –  non dissimili dai dati raccolti nel biennio precedente  –  si registra una “netta prevalenza di casi inerenti alla conflittualità familiare”. Si tratta soprattutto di “coppie gravemente conflittuali”. Dalla prima raccolta dati sperimentale, elaborata dall’AGIA in collaborazione con le 29 Procure della Repubblica, si evince che, fino al 2014, gli ospiti minorenni presenti nelle strutture del territorio nazionale sono 19.245.
Il disperato appello di una 14enne. In una di queste strutture è stata destinata anche Chiara, nome di fantasia scelto per tutelare la privacy dell’adolescente di Ferrara, vittima della diatriba giudiziaria tra i genitori che le sta impedendo di vivere serenamente, privandola della possibilità di studiare e di danzare. Chiara è una ballerina da quando era piccola. Oggi ha 14 anni e danzare, per lei, è molto più di un sogno: è una ragione di vita. A dimostrarlo sono le parole che la minore ha rivolto al Garante per l’Infanzia. Un appello disperato: “Aiutatemi. Conosco i miei diritti”.
Il minore dice “No!” al provvedimento del giudice. Quattro ore le sono servite per chiarire la sua posizione, quando il 25 novembre scorso è stata convocata in Questura a Ferrara, dove ha incontrato la tutrice e l’assistente sociale che si stanno occupando del caso. In quest’occasione, l’adolescente si è opposta al provvedimento dell’autorità giudiziaria, che prevede l’allontanamento dalla madre e il trasferimento della minore a Roma, presso una casa-famiglia, ribadendo la volontà di perseguire il suo sogno di ballerina a Milano.
Vita da reclusa: niente scuola né danza. Un sogno, però, al momento infranto. Infatti, Chiara vive reclusa in casa oramai da tre mesi. I mancati nullaosta non le consentono di andare a scuola e, sebbene dimostri particolare dedizione, tanto da tenersi aggiornata sui programmi scolastici per mezzo del web, questa condizione non le assicura il diritto allo studio né una vita serena e normale, come dovrebbe essere quella di una ragazzina della sua età.
La danza e le lingue: un sogno spezzato. La giovane promessa della danza ferrarese vede sfumare gli obiettivi che si era prefissata per quest’anno: frequentare una prestigiosa scuola di danza a Milano (dopo aver conseguito l’ammissione) e iscriversi a un liceo linguistico per imparare l’inglese e il francese, che  –  come lei stessa sottolinea nell’appello  –  “serviranno per la carriera da danzatrice”. Ad oggi, però, le vicende giudiziarie tra i genitori, seguite dal Tribunale di Roma, non le consentono di portare a compimento i suoi desideri e la costringono a vivere nell’angoscia.
La testimonianza del legale. “La ragazza teme ogni squillo del campanello, terrorizzata che la portino di forza nella capitale”, scrive Francesco Miraglia, legale della madre, all’interno della lettera aperta inviata al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e al ministro della Giustizia, Andrea Orlando. E continua: “Sta vivendo peggio che se fosse stata condannata alla detenzione carceraria, senza però aver commesso reato alcuno. Può dirsi una colpa quella di essere nata da due genitori che non vanno d’accordo?”. L’avvocato fa sapere anche che “il giudice, nonostante la minore lo abbia richiesto, si è rifiutato di incontrarla personalmente”.
La solidarietà del web e degli amici. La stessa Chiara si interroga sul motivo di tali privazioni: “Ho sempre studiato e ho sempre preso bellissimi voti. Non capisco perché mi si dovrebbe punire in questo modo”. In difesa della minore si è schierato il CCDU, il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (https://www. ccdu. org/comunicati/ferrara-circa-200-giovane-ballerina), presente durante la manifestazione dello scorso 21 novembre nella città estense. Anche il web si è mobilitato in suo favore: sono oltre cinquemila i sostenitori del gruppo pubblico, presente su Facebook, “Amici della giovane promessa ferrarese della danza”.
Art. 34 e art. 3 della Costituzione. Risulta evidente, nella storia di Chiara, che il tempo della giustizia sia diverso da quello dell’esistenza, ancor più quando  –  come nel suo caso  –  una innocente, minore, paga a carissimo prezzo gli errori altrui, subendo una condizione disumana che la vede privata a soli 14 anni del diritto allo studio, sancito dall’art. 34 della Costituzione, e della libertà di avere un sogno (diventare una ballerina professionista) come invece le assicurerebbe l’art. 3 che stabilisce l’impegno della Repubblica a “rimuovere gli ostacoli, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.
 
 
http://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-umani/2015/12/03/news/minori_vittime_dei_divorzi_l_appello_di_chiara_aiutatemi_conosco_i_miei_diritti_-128734162/

Minori, genitori e libri

A Napoli – presso la Biblioteca Comunale “Benedetto Croce” in via Francesco De Mura 2/bis – nell’ambito dell’evento “Minori, genitori e libri” voluto e coordinato da Giacomo Rotoli, Presidente Adiantum, venerdì 27 novembre alle ore 17.00, ancora un momento che unisce cultura, conoscenza e battaglie in difesa dei bambini.
Presenteremo “Papà portami da qui” (Armando Editore 2015) di Vincenza Palmieri e Francesco Miraglia: la storia di Anna Giulia, 7 anni, rapita alla sua famiglia da un sistema che l’ha resa fantasma, cittadina italiana senza alcun diritto, svuotata della sua storia ed identità.
Un crimine verso l’Umanità che è il crimine commesso verso ogni bambino a cui viene negato il diritto alla propria famiglia, laddove non ci siano violenze o pericoli.
Il sistema delle valutazioni genitoriali e ,di conseguenza , il rito dell’inidoneità genitoriale, può essere considerato -oggi – una delle pratiche più invasive è sconvolgente, che ha portato al massacro e distruzione di molte famiglie. E che ha allontanati dai propri cari migliaia di bambini con le motivazioni più assurde, perpetrando il contorto sistema delle perizie e consulenze di parte e di ufficio, ed alimentando collusioni tra sistemi forti ed istituzioni totali: il sistema psichiatrico, quello giuridico e le lobby dei centri di valutazione diagnostica , fino alle case famiglia o alle comunità ad alti contenimento.
Finché non mettiamo le mani in tutto questo, non abbiamo fatto ne’ informazione ne’ cultura. Con un solo scopo: riportare a casa Anna Giulia e migliaia di bambini allontanati e sottratti ingiustamente alla Vita.