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INTERPELLANZA URGENTE sugli «allontanamenti facili»

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Posted on 21 gennaio 2014 by admin
ATTO CAMERA

INTERPELLANZA URGENTE 2/00373

Dati di presentazione dell’atto

Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 154 del 17/01/2014

Firmatari
Vittoria Brambilla

Primo firmatario: BRAMBILLA MICHELA VITTORIA
Gruppo: FORZA ITALIA – IL POPOLO DELLA LIBERTA’ – BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 16/01/2014

Elenco dei co-firmatari dell’atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
BINETTI PAOLA PER L’ITALIA 16/01/2014
AMATO MARIA PARTITO DEMOCRATICO 16/01/2014
FUCCI BENEDETTO FRANCESCO FORZA ITALIA – IL POPOLO DELLA LIBERTA’ – BERLUSCONI PRESIDENTE 16/01/2014
ARGENTIN ILEANA PARTITO DEMOCRATICO 16/01/2014
BIONDELLI FRANCA PARTITO DEMOCRATICO 16/01/2014
GRASSI GERO PARTITO DEMOCRATICO 16/01/2014
GIGLI GIAN LUIGI PER L’ITALIA 16/01/2014
PIEPOLI GAETANO PER L’ITALIA 16/01/2014
RAVETTO LAURA FORZA ITALIA – IL POPOLO DELLA LIBERTA’ – BERLUSCONI PRESIDENTE 16/01/2014
CALABRIA ANNAGRAZIA FORZA ITALIA – IL POPOLO DELLA LIBERTA’ – BERLUSCONI PRESIDENTE 16/01/2014
SANTELLI JOLE FORZA ITALIA – IL POPOLO DELLA LIBERTA’ – BERLUSCONI PRESIDENTE 16/01/2014
CHIARELLI GIANFRANCO GIOVANNI FORZA ITALIA – IL POPOLO DELLA LIBERTA’ – BERLUSCONI PRESIDENTE 16/01/2014
MATARRELLI TONI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA’ 16/01/2014
CASTIELLO GIUSEPPINA FORZA ITALIA – IL POPOLO DELLA LIBERTA’ – BERLUSCONI PRESIDENTE 16/01/2014
PALMIZIO ELIO MASSIMO FORZA ITALIA – IL POPOLO DELLA LIBERTA’ – BERLUSCONI PRESIDENTE 16/01/2014
ARCHI BRUNO FORZA ITALIA – IL POPOLO DELLA LIBERTA’ – BERLUSCONI PRESIDENTE 16/01/2014
PICCHI GUGLIELMO FORZA ITALIA – IL POPOLO DELLA LIBERTA’ – BERLUSCONI PRESIDENTE 16/01/2014
POLVERINI RENATA FORZA ITALIA – IL POPOLO DELLA LIBERTA’ – BERLUSCONI PRESIDENTE 16/01/2014
PETRENGA GIOVANNA FORZA ITALIA – IL POPOLO DELLA LIBERTA’ – BERLUSCONI PRESIDENTE 16/01/2014
MARTI ROBERTO FORZA ITALIA – IL POPOLO DELLA LIBERTA’ – BERLUSCONI PRESIDENTE 16/01/2014
SAMMARCO GIANFRANCO NUOVO CENTRODESTRA 16/01/2014
BOSSI UMBERTO LEGA NORD E AUTONOMIE 16/01/2014
SCOPELLITI ROSANNA NUOVO CENTRODESTRA 16/01/2014
BUONANNO GIANLUCA LEGA NORD E AUTONOMIE 16/01/2014
RONDINI MARCO LEGA NORD E AUTONOMIE 16/01/2014
FEDRIGA MASSIMILIANO LEGA NORD E AUTONOMIE 16/01/2014
VARGIU PIERPAOLO SCELTA CIVICA PER L’ITALIA 16/01/2014
PALESE ROCCO FORZA ITALIA – IL POPOLO DELLA LIBERTA’ – BERLUSCONI PRESIDENTE 16/01/2014
LATRONICO COSIMO FORZA ITALIA – IL POPOLO DELLA LIBERTA’ – BERLUSCONI PRESIDENTE 16/01/2014
BORGHESI STEFANO LEGA NORD E AUTONOMIE 16/01/2014
NASTRI GAETANO FRATELLI D’ITALIA 16/01/2014
TOTARO ACHILLE FRATELLI D’ITALIA 16/01/2014
Destinatari

Ministero destinatario:

  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
  • MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
  • MINISTERO DELL’INTERNO

Attuale delegato a rispondere: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI delegato in data 16/01/2014

Stato iter:

IN CORSO

Atto CameraInterpellanza urgente 2-00373 presentato da BRAMBILLA Michela Vittoria testo di Venerdì 17 gennaio 2014, seduta n. 154

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della giustizia, il Ministro dell’interno, per sapere – premesso che:
il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia;
la legge 4 maggio 1983, 184 «Diritto del minore ad una famiglia» e successive modificazioni, prevede l’affidamento del minore ad una famiglia o ad una persona singola in grado di garantirgli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno nel caso in cui il minore sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo o, qualora questo non sia possibile, l’inserimento in una comunità di tipo familiare o in un istituto di assistenza pubblico e privato;
la condizione dei minori allontanati dalla famiglia di origine con provvedimento di un’autorità giudiziaria è in Italia e nel resto del mondo oggetto di discussioni e confronti spesso aspri;
la legge n. 184 del 1983 prevede altresì il diritto del minore alla propria famiglia, precisando «le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la responsabilità genitoriale non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto»;
l’articolo 2 della legge n. 219 del 2012 cha ha conferito la delega al Governo per la modifica delle disposizioni in materia di filiazione e di dichiarazione dello stato di adottabilità ha introdotto tra i numerosi principi e criteri direttivi dettati dal comma 1 la specificazione della nozione di abbandono morale e materiale del figlio, con riguardo all’irrecuperabilità delle capacità genitoriali, fermo restando che le condizioni di indigenza non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia (lettera n);
il decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 «Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 5 dell’8 gennaio 2014, che entrerà in vigore il 7 febbraio 2014, emanato in attuazione della suddetta delega, ha introdotto modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, tra le quali l’introduzione dell’articolo 79-bis che prevede che il giudice segnali ai comuni le situazioni di indigenza di nuclei familiari che richiedono interventi di sostegno per consentire al minore di essere educato nell’ambito della propria famiglia;
in una risoluzione del 2009 (Linee guida relative all’accoglienza eterofamiliare dei minori, adottate dall’Assemblea generale delle Nazioni unite il 18 dicembre 2009 con risoluzione A/RES/64/142, pubblicata il 24 febbraio 2010), le Nazioni Unite impegnano gli Stati con ogni mezzo (finanziario, psicologico e organizzativo) a preservare il rapporto del minore con la sua famiglia di origine e ad impedire che il bambino ne debba uscire e, in tal caso, ad agevolarne il rientro dettando criteri ben precisi sull’affidamento temporaneo, quali: che il minore sia tenuto in luoghi vicini alla sua residenza abituale; che si ponga attenzione a che il minore non sia oggetto di abuso o sfruttamento; che l’allontanamento si prospetti temporaneo e si cerchi di preparare il rientro in famiglia al più presto possibile; che il dato della povertà familiare non sia da solo sufficiente a giustificare l’allontanamento del minore; che i motivi d’ordine religioso, politico ed economico non siano mai causa principale dell’invio di un minore fuori famiglia; che sia preferita, ove possibile, l’assegnazione ad un ambiente familiare rispetto all’istituto (soprattutto sotto i tre anni d’età). In tutti i casi, comunque, si richiede il coinvolgimento del minore nelle decisioni che lo riguardano;
in Italia durante la fase transitoria pre-affidataria, il bambino viene accolto presso comunità di tipo famigliare (cosiddette «case famiglia»), con sede in civili abitazioni, per la durata dell’impedimento o del periodo di difficoltà, con l’obiettivo principale di trovare successivamente una collocazione familiare;
nel provvedimento di affidamento familiare devono essere indicate specificatamente le motivazioni e la durata dell’affidamento, che deve essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d’origine. Tale periodo non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile, dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell’affidamento rechi pregiudizio al minore;
nei fatti, in Italia, tale pratica giuridica sottopone il minore ad un lungo ed estenuante iter prima dell’affidamento dando luogo al fenomeno dei cosiddetti «allontanamenti facili»;
secondo la prassi che vige negli affidamenti temporanei, da quando il giudice tutelare assegna il minore alla casa famiglia al termine delle verifiche da parte degli uffici competenti e si dispone l’affidamento, trascorrono addirittura anni (la media si aggira intorno ai 3 anni), dando origine a vergognose lunghissime permanenze nelle case famiglia con ripercussioni gravissime sulla salute e sulla formazione del minore;
recenti stime attestano che il numero di bambini fuori famiglia è oscillato in Italia negli ultimi anni tra le 25 e 30 mila unità rispetto agli anni passati, e che l’affidamento temporaneo è cresciuto intorno al 24 per cento;
in Italia non esiste un sistema di monitoraggio strutturato a livello istituzionale che rilevi dati omogenei e confrontabili, né tanto meno una mappatura degli istituti residenziali di accoglienza, sulla qualità di tali strutture, sulla qualifica del personale, sul valore dei servizi erogati e sulla progettualità dell’affido;
la mancanza di rilevazioni periodiche e di una vera e propria organizzazione a livello istituzionale hanno portato, in molti casi, alla necessità di proporre valori di stima per molte realtà regionali, evidenziando serie difficoltà nel reperire informazioni trasparenti sul fenomeno dei bambini fuori dalla famiglia e sulle loro condizioni di vita nelle comunità residenziali di accoglimento, rendendoli dei bambini invisibili;
stime recenti fanno riferimento a più di 1.800 centri, con alcune regioni, come l’Emilia, il Lazio, la Lombardia e la Sicilia, che registrano una concentrazione di 300 strutture. Una discreta differenziazione, in termini quantitativi, si riscontra anche fra le regioni del Sud: in assoluto, la regione che presenta il maggior numero delle strutture è la Sicilia con 63 Istituti per minori. In definitiva, emerge che in Italia ci sono oltre 30 mila minori ospitati presso strutture di accoglienza;
dal rapporto elaborato dall’istituto degli Innocenti con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali pubblicato nel 2011 emerge un quadro complesso e variegato dei bambini fuori famiglia le cui risultanze risentono delle difficoltà di copertura territoriale dei monitoraggi attivi;
in assenza di informazioni attendibili su ciò che avviene nelle case famiglia, i minori passano dalla condizione di «allontanati» a quella di «abbandonati», spesso senza possibilità di avere contatti col mondo esterno;
a quanto ci è dato sapere, poco meno di un bambino su 10 presenta una qualche forma di disabilità certificata o un motivo grave per giustificare un allontanamento dalla famiglia: infatti oltre il 50 per cento degli inserimenti in struttura è dovuto soprattutto ad inadeguatezza/incapacità genitoriale o assenza di una rete famigliare adeguata o problemi giudiziari di uno o entrambi i genitori: motivi che consentirebbero di agire in prima istanza attraverso un’adeguata azione domiciliare dei servizi sociali;
l’allontanamento del minore dalla famiglia e la sua conseguente istituzionalizzazione rappresenta un vero e proprio trauma per il bambino che nella maggior parte dei casi viene strappato nel giro di pochi giorni dal nucleo familiare senza che sia predisposto un percorso psicologico di sostegno, e deve attendere mesi, e spesso anni, per essere reinserito;
sono numerosissime le segnalazioni pervenute in questa e nelle precedenti legislature alla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, da parte di privati e associazioni no profit, che denunciano il cosiddetto fenomeno degli «allontanamenti facili», quasi tutti conseguenza di analisi frettolose di separazioni conflittuali o di difficoltà economiche familiari;
altrettanto numerose risultano le denunce da parte di genitori nei riguardi delle strutture in cui versano i figli «ospitati», nella maggior parte dei casi edifici inospitali, con carenze igienico-sanitarie e inagibili o peggio ancora denunce di casi di maltrattamenti e abusi sui minori;
il controllo dei «flussi» impone un’azione urgente dal punto di vista della sicurezza negli Istituti dove spesso si celano casi di maltrattamenti, adescamento e pedofilia, prima che diventino casi di cronaca nera come quello relativo alla cooperativa Forteto, dopo trentanni oggi finalmente sotto inchiesta;
ogni minore ospitato in una casa-famiglia costa mediamente intorno ai 200 euro al giorno, una retta che viene erogata fino a quando il minore risiede nella struttura;
la Federcontribuenti stima in 2 miliardi di euro la spesa pubblica annua destinata a sostenere gli affidamenti di minorenni;
sussiste un «turnover» di bambini allontanati, per cui abbiamo circa 10.000 dimessi a fronte di un pari numero di nuovi ingressi nelle case famiglia;
da quanto è emerso, anche a seguito di recenti inchieste giornalistiche, il fenomeno degli «allontanamenti facili» ha assunto sempre più la connotazione di un vero e proprio giro d’affari dove i minori rappresentano merce di scambio per lucrare sui fondi destinati all’accoglienza residenziale dei minori;
le residenze protette possono rappresentare una risorsa importante per la tutela del minore in difficoltà, ma a condizione che la permanenza del bambino venga gestita, contrariamente a quanto avviene nella realtà, in modo trasparente e con criteri precisi, avendo come obiettivo quello di preservare, il minore da traumi psicologici e assicurargli una collocazione familiare in tempi ragionevoli;
è affidato alle Regioni – previa verifica dei requisiti minimi fissati dalla legge nazionale – il compito di controllare di propria iniziativa e sotto la propria responsabilità le case famiglia già esistenti e autorizzare l’eventuale apertura delle nuove, che devono soddisfare anche requisiti specifici oltre a quelli standard, stabiliti dalle singole regioni di appartenenza;
di fatto, anche sotto il profilo amministrativo, non esiste alcun controllo sulla gestione delle case famiglia e sul corretto utilizzo delle risorse loro assegnate esclusivamente a favore degli «ospiti»;
in Italia, rispetto ad altri paesi europei, si ravvisano troppe deleghe affidate ai vari ministeri: la mancanza di un unico soggetto con piena e totale competenza in materia, o almeno titolare di poteri di coordinamento, genera inevitabilmente incertezza e confusione –:
se alla luce di quanto emerso, i Ministri interpellati intendano assumere iniziative per avviare un censimento finalizzato alla rilevazione esatta delle residenze protette presenti su tutto il territorio nazionale al fine di tracciare la mappatura delle stesse;
se non ritengano altresì necessario introdurre, di concerto con le singole realtà regionali, un sistema di rilevazione sistematica dei dati sulla condizione dei bambini fuori famiglia ed un monitoraggio periodico sulle strutture residenziali di accoglienza, istituendo un apposito registro degli affidamenti temporanei, attivo invece in molti Paesi europei;
se risultino avviate indagini a seguito delle numerose denuncie nelle quali si segnalavano negligenze e condotte asseritamente illecite degli operatori;
se non ritenga necessario assumere iniziative normative per istituire, anche riconsiderando l’attuale assetto delle competenze costituzionali, nuovi e più rigorosi meccanismi di controllo per garantire la sicurezza e la protezione dei minori nelle comunità prevedendo l’istituzione di organi di vigilanza (anche indipendenti) per individuare meccanismi di verifica della validità e della utilità dei progetti di affido previsti per ciascun minore;
se non si ritenga opportuno, ogniqualvolta ne emergono i presupposti, inviare apposite ispezioni del comando dei carabinieri per la tutela della salute onde verificare la sussistenza delle condizioni di idoneità igienica dei luoghi adibiti a casa famiglia e degli istituti residenziali di accoglienza presenti sul territorio italiano;
come intendano procedere, nell’ambito delle rispettive competenze, per promuovere nelle opportune sedi di confronto con le regioni e gli enti locali il regolare controllo sulla costante sussistenza da parte delle comunità censite dei requisiti previsti per legge adeguati alle necessità educative-assistenziali dei bambini e degli adolescenti ospitati e verificare che il rendiconto delle spese da esse sostenute sia pubblicizzato e giustificato;
quali misure tempestive intendano adottare, in raccordo con gli enti pubblici coinvolti, per rendere trasparente la gestione dei fondi pubblici stanziati per l’accoglienza dei minori nelle strutture residenziali e il loro effettivo e corretto stanziamento da parte delle amministrazioni locali;
se non valutino opportuno, nell’ambito di una generale riflessione sullo stato delle politiche sociali e familiari in Italia, assumere iniziative normative per ridefinire i ruoli e le competenze di chi è deputato alla tutela del minore fuori dalla famiglia (il giudice tutelare e gli assistenti sociali in primo luogo) al fine di migliorare le procedure di affidamento familiare e disincentivare la odiosa prassi degli allontanamenti «non giustificati» e i continui «spostamenti» dei minori da una struttura all’altra, nonché favorire programmi di supporto a sostegno della genitorialità da attivare all’interno della famiglia stessa, incentivando l’ascolto del minore interessato;
se intendano intraprendere, nella prospettiva di una prossima realizzazione del piano nazionale di azione per l’infanzia e l’adolescenza, misure strategiche ed iniziative normative, anche di revisione dell’attuale quadro costituzionale di ripartizione delle competenze, tali da superare l’attuale frammentazione delle competenze tra più organi statali, regionali e locali, al fine di garantire la corretta tutela dei minori in difficoltà e una migliore distribuzione delle risorse economiche sul territorio, per ridare dignità ad un istituto giuridico importante come quello dell’affido temporaneo.
(2-00373) «Brambilla, Binetti, Amato, Fucci, Argentin, Biondelli, Grassi, Gigli, Piepoli, Ravetto, Calabria, Santelli, Chiarelli, Matarrelli, Castiello, Palmizio, Archi, Picchi, Polverini, Petrenga, Marti, Sammarco, Bossi, Scopelliti, Buonanno, Rondini, Fedriga, Vargiu, Palese, Latronico, Borghesi, Nastri, Totaro».

Lunedì 20 gennaio l’avvocato Francesco Miraglia del foro di Modena, sarà ospite alle ore 12.30 della trasmissione, condotta da Giancarlo Magalli, “ I Fatti Vostri” .

images fatti vostri
L’avvocato Miraglia sarà ospite quale legale della famiglia Fiore, coinvolta in un calvario personale e giudiziario durato tre anni.
 
 
 
Era infatti il 7 aprile 2010 quando, a seguito della dichiarazione di aver subìto abusi sessuali in ambito familiare, ( accuse  successivamente  ritenute infondate con decreto di archiviazione del 22 dicembre 2011), veniva eseguito da parte dei  servizi sociali l’allontanamento della figlia minorenne della coppia ed il conseguente inserimento nella comunità educativa “Progetto Pegaso”. 
 
 
 
Tuttavia il 2 maggio 2012 la ragazzina della coppia, M.F di 15 anni, all’epoca dei fatti, dopo l’orario scolastico scelse di non rientrare nella comunità, per fare ritorno nella casa genitoriale.
 
 
 
Di conseguenza l’intervento, in questa vicenda, dell’avvocato Miraglia, che ha instaurato nell’immediato una fitta rete di comunicazioni tra istituzioni ed autorità, ha fatto sì, dapprima che la ragazzina potesse restare a casa dei genitori e, successivamente, con l’accoglimento del ricorso presentato al Tribunale dei Minori di Milano lo scorso 6 maggio 2013, potesse la stessa rientrare nella patria potestà dei coniugi Fiore.
 
 
 
Questo ennesimo caso è la dimostrazione palese di come, ormai, vi sia la consuetudine di certi automatismi nei provvedimenti, presi con molta superficialità”- sottolinea l’avvocato Miraglia- “Non esistono contraddittori e non ci sono dei riscontri oggettivi; mancanze che ledono completamente il diritto della difesa delle parti coinvolte.
 
 
 
 

Bambino tolto ai genitori. Dura battaglia legale

images trento 2BOLZANO. Una famiglia bolzanina sta vivendo un vero e proprio incubo. Dopo aver chiesto l’aiuto dei servizi sociali per assistere un figlioletto di 9 anni considerato problematico per «iper attività», due coniugi se lo sono visti strappare dal contesto famigliare ed ora sono stati costretti a rivolgersi ad un avvocato specializzato di Modena per cercare di ottenere la revoca del provvedimento disposto dal tribunale dei minorenni sette mesi fa. Il piccolo venne prelevato a scuola da una pattuglia della polizia e trasferito, su disposizione come detto di un magistrato, in una comunità di Forlì, a 400 chilometri da casa. Il padre (meccanico in Alto Adige) e la madre (casalinga) sono già genitori di una figlia quasi maggiorenne con cui non hanno mai avuto alcun problema. Con il secondo figlio la musica è stata diversa. Il bambino si è reso protagonista di una serie di comportamenti problematici tanto che i genitori hanno chiesto aiuto, come detto, ai servizi sociali. La situazione è precipitata dopo che il bimbo ha minacciato a scuola una compagna di classe utilizzando un coltellino da campeggio. Il dirigente scolastico ha segnalato il caso ed il tribunale dei minori, accogliendo una richiesta dei servizi sociali, ha disposto l’allontanamento del bimbo dal contesto famigliare. Negli ultimi sette mesi papà e mamma (a cui è stato anche negato il diritto di verificare dove si trovi fisicamente e come venga trattato) hanno potuto incontralo soltanto tre volte e non all’interno del centro dove il piccolo è tenuto e seguito. Gli incontri si sono svolti ad una decina di chilometri e sotto il controllo a distanza degli stessi assistenti sociali. Pare che il centro di neuropsichiatria infantile non abbia assolutamente contestato la decisione dei giudici nonostante il minore (di lingua tedesca) sia stato completamente «sradicato» dal contesto famigliare e nonostante il bambino abbia più volte espresso il proprio dolore di vivere lontano dai genitori ed il desiderio di tornare a casa. Il decreto di allontanamento dal contesto famigliare ha una validità di due anni ma la famiglia sta cercando in tutte le maniere di far rientrare il provvedimento. Si è affidata all’avvocato Francesco Miraglia, del Foro di Modena, che sta facendo leva sui diritti linguistici del bambino sudtirolese. (ma.be.)Prelevato a scuola da una pattuglia della polizia e trasferito in comunità a Forlì L’avvocato: ragazzino difficile sradicato dal suo contesto di lingua tedesca

Convegno: FAMIGLIE E MINORI: ABUSO O TUTELA?

Convegno Malamente - Roncegno 20 dicembre 2013-page-001 (1)Convegno: FAMIGLIE E MINORI: ABUSO O TUTELA?

Tribunali, perizie, allontanamenti facili, sistema psichiatrico e giuridico; e nuove marginalità…

Venerdì 20 dicembre ore 20.00
Sala Oratorio – Roncegno Terme
Via Don Alessio De Pretis, 2

Introduzione
Giuliana Gilli
Assessore alle Politiche Sociali Comune di Roncegno

 
Autori
Prof. Vincenza Palmieri
Presidente INPEF, Consulente Tecnico di Parte

Avv. Eleonora Grimaldi
Esperto in diritto di famiglia

Avv. Francesco Miraglia
Cassazionista, esperto in diritto minorile

Moderatore e interventi
Alberto Faustini
Direttore de Il Trentino

Elena Artioli
Consigliere Regionale Trentino Alto Adige

Gabriella Maffioletti
Consigliere Comune di Trento

Avv. Francesco Morcavallo
Cassazionista, già Giudice del Tribunale dei Minori

Silvio De Fanti
Vicepresidente Comitato Cittadini Diritti Umani

 Dirompente, coraggioso, innovativo. Non si può che definire così l’ultimo volume di Palmieri, Grimaldi e Miraglia dall’evocativo titolo “I Malamente” Il termine, con cui si indica un modo sbagliato, non opportuno o sconveniente di agire, un comportamento deplorevole, una condizione infelice è sempre stato associato all’idea di una persona poco raccomandabile cui non era opportuno affiancarsi.
Un concetto ormai entrato nell’uso comune che gli autori hanno voluto riprendere, con amore e un pizzico di polemica, per andare nella direzione opposta. Da sempre, e ora più che mai, il cattivo viene associato ad una mente malata; motivazione per cui si riempiono le case famiglia e le comunità di giovani a cui somministrare terapia psicofarmacologica: “o reo, o malato”. O bianco o nero, in quell’assenza di sfumature che è invece propria della variabile adolescenziale. Gli autori, dunque, si schierano proprio contro tale stigma, capovolgendone il significato. “I Malamente”, oggi, sono ragazzi fuori dai margini dell’ascolto, allontanati da una scuola che li perde e non va riprenderseli, costretti, obbligati o decisi ad avviarsi verso una carriera di devianza, prima, e malattia, dopo.
Cambiare il corso dei destini può essere un gioco. Un progetto letterario non è una guerra ma certamente, noi, vogliamo rappresentare una sfida

Bimbi sottratti. Udienza Anna Giulia Camparini

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Dopo l’udienza celebrata ieri al Tribunale per i minorenni di Bologna e i vari articoli pubblicati sui quotidiani locali, sembra opportuno fare alcune precisazioni. Non può e non deve meravigliare che i genitori di Anna Giulia siano rimasti equilibrati e sereni pur sapendo da più di un anno dove si trovi la figlia, non deve assolutamente meravigliare che questa difesa abbia chiesto che la bambina venga ascoltata dai Giudici, naturalmente nel modo più tutelante per la stessa, non deve assolutamente meravigliare che i genitori di Anna Giulia non si arrendano all’idea che Anna Giulia diventi orfana, come del resto non può e non deve meravigliare che la tutrice abbia sostenuto che la bambina non chieda più dei genitori come non desta meraviglia il fatto che la stessa tutrice si sia opposta a che la bambina venga sentita dai Giudici del Tribunale e che abbia negato, seppur in modo balbuziente, che Anna Giulia si trovi in un posto segreto, e che ella stessa non abbia un profilo Facebook e che non faccia parte di una fantomatica “Combriccola del Casale”: “Non so che cos’è, o meglio posso spiegare ma meglio di no”
 
Piuttosto quello che deve indignare l’opinione pubblica e anche le autorità giudiziarie è quanto si è fatto presente ieri all’udienza: pare che tutti i protagonisti di questa vicenda (tutrice, avvocati di controparte, presunta famiglia affidataria e altri…) facciano tutti parte della cosiddetta “La Combriccola del Casale” del resto quanto questa difesa sostiene è facilmente dimostrabile da Facebook senza contare che sullo stesso Social Network pare che girino le foto di Anna Giulia mentre va a scuola, mentre recita, mentre fa attività sportiva etc….
 
A questo punto mi rivolgo pubblicamente sia al Presidente del Tribunale per i Minorenni, sia al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni e alla stessa Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia, affinché si faccia chiarezza su questi presunti intrecci. Sarebbe davvero grave che si alimentasse quel sospetto attraverso cui gli affidamenti siano considerati un vero e proprio scippo che va ad alimentare quel vero e proprio mercato sulla pelle dei bambini anche da questa difesa più volte denunciato.
 
Mi rivolgo inoltre al Ministro di Grazia e Giustizia per invitarlo ad inviare gli ispettori del Ministero presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna affinché si accerti su come siano stati gestiti in passato affidamenti e adozioni e faccia chiarezza su tutti quegli affidamenti e su tutte quelle adozioni che si presentano come veri e propri scippi non solo ai danni dei bambini stessi ma anche di intere famiglie. Sin da adesso tutta la documentazione riferita alla cosiddetta Combriccola del Casale è a disposizione sia delle Autorità giudiziarie e sia eventualmente dello stesso Ministro di Grazia e Giustizia.
Pubblicato da ImolaOggiCRONACA, NEWS dic 6, 2013

Torna a casa la bambina della Valsugana allontanata ai genitori

ValsuganaTorna a casa la bambina della Valsugana allontanata ai genitori

È tornata a casa dal suo papà e dalla sua mamma la bambina del piccolo paese della Valsugana che nel giugno scorso era stata allontanata dalla famiglia a causa di una presunta “conflittualità” e “inadeguatezza” dei genitori. La vicenda di questa ragazza, nasce nell’ambito di una vicenda familiare come centinaia nel nostro paese. Quello che è veramente grave ancora una volta, è l’inadeguatezza e la superficialità del servizio sociale a gestire dei casi così particolari visto che – sostiene l’avv. Francesco Miraglia, avvocato di fiducia del papà – l’unica soluzione prospettata al Tribunale per i Minorenni è stata quella dell’allontanamento e contestuale collocazione in casa famiglia della bambina. Per l’ennesima volta il nostro comitato che, insieme alla consigliera comunale di Trento Gabriella Maffioletti, da anni si occupa della tutela dei minori, ha dovuto constatare l’automatismo tra le relazioni del servizio, le richieste della Procura e il provvedimento del Tribunale senza un minimo di istruttoria che potesse giustificare la sospensione della potestà genitoriale e addirittura gli incontri protetti. All’udienza dello scorso 8 novembre il tribunale effettivamente si è reso conto, dopo la convocazione delle parti e soprattutto dopo aver sentito la minore che la stessa doveva tornare immediatamente nella sua famiglia. Ma allora perché solo tre mesi fa è stato disposto l’allontanamento? Forse si era dato eccessivo peso agli aspetti psicologici? Quali erano i motivi oggettivi? Cosa è cambiato in soli tre mesi? Ci piacerebbe che qualcuno rispondesse a queste domande, anche se temiamo che nessuno lo farà. In seguito all’allontanamento, il papà si è rivolto al nostro comitato che non solo si è limitato ha fornire informazioni ma ha trovato il sostegno per questa famiglia di tutta la comunità del paese della Valsugana, soprattutto di alcune mamme che si sono messe a disposizione della famiglia impegnandosi formalmente in una lettera consegnata all’assistente sociale di Borgo Valsugana. Ci auguriamo ora che la bambina possa prima possibile dimenticare questa brutta esperienza e tornare ai suoi affetti e a una vita serena. Speriamo altresì che l’assistente sociale riveda il suo operato e aiuti veramente la famiglia a superare le proprie difficoltà senza dover ricorrere a provvedimenti tanto gravi o invasivi. Continueremo tuttavia a seguire la vicenda e a vigilare sul servizio sociale affinché questi errori non si ripetano più.

Mamma assolta dall’accusa di violenza sessuale ma continua a non poter vedere i figli

imagei fatti vostriMamma di Cesate racconta la sua storia ai Fatti Vostri su Rai due accompagnata dal suo legale Francesco Miraglia

Esprimere la propria indignazione, raccontare la propria esperienza di malagiustizia per evitare che altri simili episodi si ripetano. Con questo intento lo scorso 7 novembre Rosanna Romano, accompagnata dal suo legale Francesco Miraglia del Foro di Modena è stata ospite della trasmissione i Fatti vostri condotta, su Rai Due, da Giancarlo Magalli.
Una vicenda triste a cui la redazione del programma ha voluto dare voce approfondendo le vicissitudini di questa mamma che abita a Cesate, nell’hinterland milanese e che da diversi anni non può vedere i suoi figli (di 8 e 6 anni) perché in un primo tempo accusata di aver saputo che i suoi figli venivano abusati e di non aver fatto nulla per impedirlo e ora, perché deve sottoporsi a nuovi accertamenti giudiziari e psicologici al fine di dimostrare di essere un “buon genitore”.
Una denuncia pesante, un’enorme bugia quella a cui è stata sottoposta la donna e che di recente è stata smascherata con l’assoluzione della stessa dal reato di violenza sessuale. Malgrado Rosanna Romano sia stata dichiarata innocente  continua a vedere pochissimo i suoi figli e per questo il suo legale, l’avvocato Francesco Miraglia, sta lottando affinché tutto questo cambi.
Un problema quello dei maltrattamenti e degli abusi sui minori, che come ha ricordato Ilaria Dionisi, nel servizio andato in onda colpisce quasi 100 mila vittime. Dati, presentati dalle associazioni “Terres des hommes” e dal “Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia (CISMAI)” che denunciano come tra le diverse forme di violenza, l’abuso sessuale colpirebbe 6 minori su mille e che esso verrebbe prevalentemente consumato in famiglia, ad opera dei parenti come è successo in questa storia. Sì perché dopo aver subito per anni le botte del marito, l’uomo insieme al nonno e alla nonna paterni dei bambini ha deciso di accanirsi sui due piccoli.
Dopo essere stata assolta lo scorso 9 luglio – ha spiegato Rosanna Romano – ho potuto rivedere mia figlia qualche giorno fa, per un’ora (ogni due mesi) mentre mio figlio non lo vedo da tre anni e mezzo. Attendo ancora che le cose cambino”.
Da parte sua l’avvocato Francesco Miraglia ha sottolineato come: “la situazione sia paradossale in quanto la mia cliente, dopo essere stata assolta, deve ora sottoporsi ad un altro processo che è quello della reintegrazione della patria potestà e dimostrare di essere capace di fare la mamma. Inoltre il capo di imputazione era riferito ad un periodo in cui la mia assistita, per assurdo, non frequentava e non vedeva i figli che erano già stati collocati dalla nonna come suggeritole dai Servizi Sociali. Ha dovuto difendersi da un’accusa che inevitabilmente non c’era. Lo abbiamo fatto presente alla Procura, al giudice per le indagini preliminari … ”.
Ora malgrado la situazione sia chiarita Rosanna Romano è stata invitata a fare ulteriori percorsi per poter rivedere i propri figli, che prevedono incontri con lo psicologo e “protetti” con i figli.
Ho deciso nel 2009 di lasciare mio marito – ha concluso la donna – dopo tante percosse e ho chiesto aiuto ai servizi sociali un collocamento in casa famiglia dopo aver fatto denuncia ai Carabinieri. Non essendo possibile mi hanno invitato a portarli dai suoceri. Io fino ad agosto 2009 non ho mai avuto problemi con loro, poi…”.
In seguito l’inizio del calvario che ci auguriamo possa terminare presto, permettendo a una famiglia di ritornare ad essere tale.
 

Bambini sottratti: tutela o business?

bambini-che-giocano-alba-del-nuovo-giorno-che-avanza-0BOLOGNA, 27  Ottobre 2013 – Bambini sottratti: tutela business? E’ il titolo e tema della Conferenza svoltasi Giovedì a Bologna, promossa dall’Associazione culturale IMPEGNO CIVICO, di cui è stato relatore Francesco Miraglia. Avvocato del Foro di Modena che da anni si occupa di questo fenomeno scandaloso.
La Conferenza si è svolta al NH Bologna De La Gare di Piazza XX Settembre, nonostante le diverse inizative in programma in Città, e soprattutto, sia un tema che non lascia  fare sonni sereni, ha riscosso un discreto successo soprattutto per la qualità del pubblico intervenuto  che ha avuto modo di intervenire con dotte argomentazioni nel Dibattito a conclusione dell’evento.
Nell’incontro, sono emersi fatti, circostanze e dati che hanno lasciato allibiti molti degli ospiti presenti, i quali hanno continuato ad argometare durante la Cena Conviviale dopo la Conferenza.
INTERROGATIVI:
Dalla Conferenza dell’Avv.Miraglia e soprattutto dal Dibattico che ha avuto con il pubblico intervenuto, è emerso che certamente non è corretto demonizzare le categorie professionali che lavorano in questa filiera, come gli Assistenti Sociali, le case Famiglia o Case Protette, non è giusto demonizzare gli Psicologi o gli Psichiatri, non dobbiamo demonizzare affatto gli Avvocati e i Tutori, come non è possibile che vengano demonizzati neanche i Giudici e il Tribunale dei Miinori. Ma, è giusto che questi signori, è corretto che i rappresentanti di queste categorie professionali ci spieghino, e soprattutto spieghino ai bambini, ai loro genitori, alle loro famiglie, alla collettività che gli paga gli onorari e gli stipendi, perchè in Italia ci sono oltre 40 mila bambini sottratti, mentre in Francia e Germania che sono Paesi con una popolazione maggiore dell’Italia, vi sono (sempre troppi) circa 8 mila bambini sottratti?
Un dato che sconcerta è ad esempio quello di Bologna, dove i dati del 2010 ci raccontano che i bambini in affido ai Servizi Sociali erano otre 4.500. A distanza di quasi 4 anni e alla luce della situazione in atto nel nostro Paese, non sono certo da ritenere cambiati in positivo.
Altro interrogativo emerso è stato: per quale motivo, dal momento che esiste una Legge che lo impone, non esiste una CARTA DEI SERVIZI  dei cittadini che Asl e Comuni devono in base alla legge far conoscere, diffondere e pubblicizzare al fine di fa informare gli utenti, gli ssistiti, i Cittadini di quelli che sono i propri diritti e servizi che con le tasse che pagano (e anche chi non le paga) possonno usufruire?
Infine, sempre la Legge prevede la possibilità di istituire nel più breve tempo possibile un “Osservatorio di Garanzia Indipendente”. Armando Manocchia, in qualità de membro dell’Assemblea del Circondario Imolese, in due anni lo ha già chiesto tre volte con un ODG, una Mozione e una interrogazione. L’Osservatorio richiesto da Manocchia consentirebbe:

  1. di svolgere un preciso monitoraggio in seno ai Servizi Sociali territoriali;
  2. ai Cittadini che si ritengono vittime di condotte pregiudizievoli da parte dei Servizi stessi’ di accedere all’“Osservatorio di Garanzia Indipendente”;
  3. di svolgere un monitoraggio statistico dei periti operanti nel nostro territorio per determinare il grado di soddisfazione degli utenti periziati, al fine di impedire collusioni o conflitti di interesse e individuare eventuali anomalie;
  4. a mettere in campo azioni e procedure atte ad approfondire la formazione del personale operante in pianta organica nella pubblica amministrazione nonché a consapevolizzare sull’importanza del proprio ruolo le figure professionali che operano a vario titolo e funzione all’interno dei Servizi Sociali territoriali, in particolar modo per quanto concerne l’aspetto giuridico e le modalità investigative.

ma nessuno si è curato di prendere in considerazione la cosa. Perchè?
IMPEGNO CIVICO, che ha promosso questo incontro, per contribuire al consolidamento di una libera democrazia in Italia e in Europa, vuole avere e dare ai Cittadini queste ed altre risposte.
Perciò si impegna a organizzare nei prossimi mesi, un CONVEGNO dove ospitare tutti i portatori interesse della filiera dei BAMBINI IN AFFIDO AI SERVIZI SOCIALI: dagli Assistenti Sociali, alle Case Famiglie o Protette, dagli Avvovati ai Tutori, dagli Psicologi agli Psichiatri e dai Giudici al Tribunale dei Minori.
Armando Manocchia

Padre rinviato a giudizio per pedofilia

padre rinviato a giudizio per pedofiliaSi complica la situazione del padre, ma anche dell’assistente sociale e della psicologa di Piazzola sul Brenta che stanno costringendo un bambino di Padova a incontrare il padre
Si complica la situazione del padre, ma anche dell’assistente sociale e della psicologa di Piazzola sul Brenta che stanno costringendo un bambino di Padova a incontrare il padre
 
Comunicato Stampa
Dopo l’udienza preliminare del 24 ottobre 2013, il tribunale ha rinviato a giudizio il padre accusato di pedofilia fissando l’udienza per il 12 marzo 2014 collegio C. La vicenda era salita all’onore delle cronache perché una psicologa e un’assistente sociale del Consultorio di Piazzola sul Brenta avevano costretto il bambino a continuare a vedere il padre, malgrado le accuse di abusi. E avevano persino prospettato alla madre che “se il figlio non avesse incontrato il padre l’alternativa sarebbe stata l’allontanamento dalla famiglia”. Dopo il recente rinvio a giudizio la situazione delle due professioniste, che il 9 giugno erano state querelate dell’avvocato Francesco Miraglia del foro di Modena “a causa del loro comportamento lesivo, pregiudizievole e dannoso” verso il figlio della sua assistita, si complica ulteriormente.
In seguito alla decisione del tribunale, Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, che da anni si batte contro gli abusi giudiziari nei confronti dei minori generate dalla discrezionalità delle perizie psichiatriche e delle valutazioni psicologiche, ha annunciato che si presenterà come parte civile nell’eventuale procedimento contro le due professioniste. “Questa è l’ennesima dimostrazione che l’incontro tra psicologia/psichiatria e giustizia può causare dei danni indicibili, come nel caso di questo bambino costretto a vedere il suo presunto carnefice sulla base di astratte teorie psicologiche. È nostro dovere riportare la giustizia sui binari corretti!” ha affermato Silvio De Fanti, Vicepresidente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani. “Nel recente convegno di Milano ‘Psichiatria e distorsione della Giustizia’, organizzato dal CCDU e dalla sezione italiana della LIDU – Lega Internazionale per i Diritti dell’Uomo, infatti, il prof. Morris Ghezzi, ordinario di Filosofia e Sociologia del Diritto all’Università degli Studi di Milano, ha sostenuto che il giudice non è più peritus peritorium – esperto degli esperti, che ascolta i pareri dei periti ma poi si riserva di fare una valutazione indipendente – ma ha ceduto la funzione di controllo sociale alla medicina, e alla psichiatria in particolare.”
“Mi auguro che questo contribuisca a chiarire la situazione affinché a questo bambino venga restituita un po’ di serenità visto che fino adesso per le decisioni del Tribunale per i Minorenni di Venezia e del servizio sociale di Piazzola, ha dovuto incontrare quel papà rinviato a giudizio per abusi sessuali come se niente fosse. Certo che ci riserveremo in tutte le sedi di denunciare quei giudici che nonostante tutto hanno contribuito ad aggravare la situazione psicofisica di questo bambino.” ha commentato l’avvocato Francesco Miraglia, legale della mamma

«Faremo ricorso alla Corte europea»

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REGGIO EMILIA.
Anche se la Cassazione ha rigettato il loro ricorso, i coniugi Camparini non hanno perso la speranza di poter un giorno riavere in famiglia la loro figlia, cioè la piccola Anna Giulia che è al centro da sei anni di un delicato caso snodatosi fra affidamenti, due rapimenti da parte dei genitori e la contrastatissima adottabilità della bambina.
Rimangono infatti battagliere le parole del papà – il 43enne Massimiliano Camparini – ma sempre “condite” da un affetto per la “sua” bimba che non si attenuerà mai. «Io e mia moglie Gilda non ci vogliamo arrendere – spiega alla Gazzetta – e stiamo valutando quelle che possono essere le strade legali per proseguire la nostra battaglia. Il ricorso, a Strasburgo, alla Corte europea dei diritti dell’uomo (per violazione della vita familiare, come previsto dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ndr) potrebbe essere la via giusta. Comunque al di là dell’amarezza per le tante cose inesatte dette sul nostro conto, speriamo che Anna Giulia non debba nuovamente cambiare famiglia, ma che rimanga in adozione dov’è, cioè con la coppia che la sta seguendo da quando è in affido. La nostra piccola ci manca molto – conclude con una punta di commozione – non la vediamo e abbracciamo da cinque anni…». Altre due strade percorribili dai coniugi Camparini – assistiti dall’avvocato modenese Francesco Miraglia – potrebbero essere quella della ricusazione dei giudici della Cassazione che hanno emesso la sentenza, oppure dar battaglia in tribunale ad Ancona facendo riferimento all’eccessiva durata del processo civile prevista dall’articolo 6 sempre della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Quello di Anna Giulia (8 anni) è un caso divenuto nazionale, di cui si è occupato a più riprese il programma Rai “Chi l’ha visto?”. La Cassazione ha rigettato il ricorso – dicendo “no” al riaffido della piccola ai genitori – sulla base di questo presupposto: «Il quadro che emerge è quello di un’incapacità genitoriale in capo a entrambi i ricorrenti, non reversibile». La Suprema Corte giudica “approfondito e congruo” l’esame condotto dalla Corte d’appello dove si riteneva che i genitori avessero “una concezione di ’proprietà’ della figlia, vista come un ’bene’ da riconquistare anche con la violenza”. “il giudice di merito – rimarca la Cassazione – non può limitarsi a prendere atto del proposito, manifestato dai genitori, di riparare alle precedenti mancanze, ma deve valutare se il loro atteggiamento e i loro progetti educativi risultino oggettivamente idonei al recupero della situazione in atto”. Allo stato attuale “non poteva ritenersi praticabile senza traumi per la bambina, nonostante la (tardiva) ampia disponibilità manifestata dai genitori a sottoporsi a qualsiasi controllo e percorso di valutazione e sostegno, un approfondimento che avesse comportato una nuova osservazione diretta delle relazioni».
mba contesa: i genitori non si arrendono. «Nostra figlia ci manca molto, speriamo che ora resti nella stessa famiglia»