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Padre rinviato a giudizio per pedofilia

padre rinviato a giudizio per pedofiliaSi complica la situazione del padre, ma anche dell’assistente sociale e della psicologa di Piazzola sul Brenta che stanno costringendo un bambino di Padova a incontrare il padre
Si complica la situazione del padre, ma anche dell’assistente sociale e della psicologa di Piazzola sul Brenta che stanno costringendo un bambino di Padova a incontrare il padre
 
Comunicato Stampa
Dopo l’udienza preliminare del 24 ottobre 2013, il tribunale ha rinviato a giudizio il padre accusato di pedofilia fissando l’udienza per il 12 marzo 2014 collegio C. La vicenda era salita all’onore delle cronache perché una psicologa e un’assistente sociale del Consultorio di Piazzola sul Brenta avevano costretto il bambino a continuare a vedere il padre, malgrado le accuse di abusi. E avevano persino prospettato alla madre che “se il figlio non avesse incontrato il padre l’alternativa sarebbe stata l’allontanamento dalla famiglia”. Dopo il recente rinvio a giudizio la situazione delle due professioniste, che il 9 giugno erano state querelate dell’avvocato Francesco Miraglia del foro di Modena “a causa del loro comportamento lesivo, pregiudizievole e dannoso” verso il figlio della sua assistita, si complica ulteriormente.
In seguito alla decisione del tribunale, Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, che da anni si batte contro gli abusi giudiziari nei confronti dei minori generate dalla discrezionalità delle perizie psichiatriche e delle valutazioni psicologiche, ha annunciato che si presenterà come parte civile nell’eventuale procedimento contro le due professioniste. “Questa è l’ennesima dimostrazione che l’incontro tra psicologia/psichiatria e giustizia può causare dei danni indicibili, come nel caso di questo bambino costretto a vedere il suo presunto carnefice sulla base di astratte teorie psicologiche. È nostro dovere riportare la giustizia sui binari corretti!” ha affermato Silvio De Fanti, Vicepresidente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani. “Nel recente convegno di Milano ‘Psichiatria e distorsione della Giustizia’, organizzato dal CCDU e dalla sezione italiana della LIDU – Lega Internazionale per i Diritti dell’Uomo, infatti, il prof. Morris Ghezzi, ordinario di Filosofia e Sociologia del Diritto all’Università degli Studi di Milano, ha sostenuto che il giudice non è più peritus peritorium – esperto degli esperti, che ascolta i pareri dei periti ma poi si riserva di fare una valutazione indipendente – ma ha ceduto la funzione di controllo sociale alla medicina, e alla psichiatria in particolare.”
“Mi auguro che questo contribuisca a chiarire la situazione affinché a questo bambino venga restituita un po’ di serenità visto che fino adesso per le decisioni del Tribunale per i Minorenni di Venezia e del servizio sociale di Piazzola, ha dovuto incontrare quel papà rinviato a giudizio per abusi sessuali come se niente fosse. Certo che ci riserveremo in tutte le sedi di denunciare quei giudici che nonostante tutto hanno contribuito ad aggravare la situazione psicofisica di questo bambino.” ha commentato l’avvocato Francesco Miraglia, legale della mamma

«Faremo ricorso alla Corte europea»

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REGGIO EMILIA.
Anche se la Cassazione ha rigettato il loro ricorso, i coniugi Camparini non hanno perso la speranza di poter un giorno riavere in famiglia la loro figlia, cioè la piccola Anna Giulia che è al centro da sei anni di un delicato caso snodatosi fra affidamenti, due rapimenti da parte dei genitori e la contrastatissima adottabilità della bambina.
Rimangono infatti battagliere le parole del papà – il 43enne Massimiliano Camparini – ma sempre “condite” da un affetto per la “sua” bimba che non si attenuerà mai. «Io e mia moglie Gilda non ci vogliamo arrendere – spiega alla Gazzetta – e stiamo valutando quelle che possono essere le strade legali per proseguire la nostra battaglia. Il ricorso, a Strasburgo, alla Corte europea dei diritti dell’uomo (per violazione della vita familiare, come previsto dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ndr) potrebbe essere la via giusta. Comunque al di là dell’amarezza per le tante cose inesatte dette sul nostro conto, speriamo che Anna Giulia non debba nuovamente cambiare famiglia, ma che rimanga in adozione dov’è, cioè con la coppia che la sta seguendo da quando è in affido. La nostra piccola ci manca molto – conclude con una punta di commozione – non la vediamo e abbracciamo da cinque anni…». Altre due strade percorribili dai coniugi Camparini – assistiti dall’avvocato modenese Francesco Miraglia – potrebbero essere quella della ricusazione dei giudici della Cassazione che hanno emesso la sentenza, oppure dar battaglia in tribunale ad Ancona facendo riferimento all’eccessiva durata del processo civile prevista dall’articolo 6 sempre della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Quello di Anna Giulia (8 anni) è un caso divenuto nazionale, di cui si è occupato a più riprese il programma Rai “Chi l’ha visto?”. La Cassazione ha rigettato il ricorso – dicendo “no” al riaffido della piccola ai genitori – sulla base di questo presupposto: «Il quadro che emerge è quello di un’incapacità genitoriale in capo a entrambi i ricorrenti, non reversibile». La Suprema Corte giudica “approfondito e congruo” l’esame condotto dalla Corte d’appello dove si riteneva che i genitori avessero “una concezione di ’proprietà’ della figlia, vista come un ’bene’ da riconquistare anche con la violenza”. “il giudice di merito – rimarca la Cassazione – non può limitarsi a prendere atto del proposito, manifestato dai genitori, di riparare alle precedenti mancanze, ma deve valutare se il loro atteggiamento e i loro progetti educativi risultino oggettivamente idonei al recupero della situazione in atto”. Allo stato attuale “non poteva ritenersi praticabile senza traumi per la bambina, nonostante la (tardiva) ampia disponibilità manifestata dai genitori a sottoporsi a qualsiasi controllo e percorso di valutazione e sostegno, un approfondimento che avesse comportato una nuova osservazione diretta delle relazioni».
mba contesa: i genitori non si arrendono. «Nostra figlia ci manca molto, speriamo che ora resti nella stessa famiglia»

Gazzetta di Modena «Denunciò l’ex compagno per abusi sui figli Ora non può più vedere i propri bambini»

gazDenunciò per abusi sessuali sui propri tre figli il compagno, attualmente a processo. Ora però, nei confronti di una donna modenese di 44 anni, il Tribunale per i minorenni di Bologna ha emanato un…
Denunciò per abusi sessuali sui propri tre figli il compagno, attualmente a processo. Ora però, nei confronti di una donna modenese di 44 anni, il Tribunale per i minorenni di Bologna ha emanato un decreto disponendo l’allontanamento dei minori, che potrà vedere solo una volta ogni quindici giorni. Lo segnala il legale della donna, Francesco Miraglia: «Ci troviamo di fronte – scrive in una notal’avvocato – ad una situazione surreale. Invece di sostenere questa madre che in modo coraggioso ha preso una decisione per il bene dei suoi figli», tribunale e servizi sociali di Modena «sembrano quasi volerla “punire” non rendendosi conto che i provvedimenti presi non contribuiscono certo ad aiutare questa famiglia, a ritrovare un proprio equilibrio, visto il vissuto delicato da cui provengono». Il 18 luglio il legale ha chiesto per la propria cliente la costituzione di parte civile nel processo davanti al Tribunale di Modena, che vede imputato l’ex compagno, con un’udienza fissata per il 31 ottobre.
Ricostruendo la vicenda, l’avvocato spiega che la donna aveva avuto due figli da una precedente relazione, quindi nel 2004 iniziò il rapporto con il nuovo compagno e nel 2006 c’era stata la nascita del terzo bambino «e la situazione comincia a precipitare». Nel 2009 la Procura aprì l’inchiesta sugli abusi: «In un’occasione la madre scopre uno dei figli in atteggiamenti intimi con il compagno e viene a conoscenza che tra di essi sono avvenuti anche dei rapporti sessuali».
Nel frattempo il tribunale per i minori – che nel 2010 tolse la potestà genitoriale alla donna – ha disposto l’allontanamento dei figli e i servizi sociali hanno collocato i due più grandi in due strutture diverse, per «incompatibilità di carattere». Miraglia punta il dito anche contro i servizi sociali di Modena: «Incredibile che la stessa assistente sociale a cui questa madre più volte si era rivolta per denunciare i sospetti di abuso, rimanendo completamente sorda alle preoccupazioni di questa madre, continui a svolgere la propria attività con il benestare del servizio sociale come se nulla fosse successo».

Abusi sui figli, assolta madre I veri orchi erano il papà e i nonni Cesate, la donna non vede i bambini da tre anni

Anni di violenze sui bimbi (di otto e sei anni) accompagnate da minacce, sberle, percosse con cinghia e mazza da baseball. I piccoli erano stati affidati ai parenti su consiglio degli assistenti sociali, ai quali la donna si era rivolta perché maltrattata dal marito. Il legale: “Si è rischiato di mettere in carcere ingiustamente una innocente”

Cesate, 8 luglio 2013 – Accusata di abusi sessuali, viene assolta, ma nel frattempo da tre anni non vede i figli. La storia accade a Cesate, nell’hinterland milanese. La donna si era rivolta ai servizi sociali perchè veniva maltrattata dal marito. Le assistenti sociali le consigliano di affidare i figli, una bambina di 8 anni e un bambino di 6 anni, ai nonni paterni. Saranno loro e il marito ad abusare dei minori, il tutto accompagnato da minacce, sberle, percosse con cinghia e mazza da baseball. Inoltre quando non acconsentivano alle richieste dei familiari venivano rinchiusi in camera al buio e costretti a vedere film a connotazione sessuale.
Ma anche lei finisce banco degli imputati e dal 2009 non vede i suoi figli. L’altro giorno la nona sezione del Tribunale di Milano  ha messo la parola fine a questa terribile vicenda prosciogliendo la madre dall’accusa perché “il fatto non sussiste” e condannando invece il padre e il nonno dei minori a 9 anni. A far scagionare la madre, Francesco Miraglia del Foro di Modena, “si è trattato di un caso molto delicato – spiega l’avvocato Miraglia – nel quale si è rischiato di mettere in carcere ingiustamente una donna, già profondamente provata, dalle percosse che subiva dal marito e che l’avevano portata a rivolgersi ai servizi sociali per chiedere aiuto. Gli stessi, oltre a consigliare alla madre di collocare i figli presso l’abitazione dei nonni, non le hanno mai permesso di incontrare i figli mentre erano costretti a subire i fatti di cui al processo”.
di Roberta Rampini

"Basta dare psicofarmaci a mio figlio» Il giudice le sospende la patria potesta

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IL CASO

La lotta di una madre bassanese. Per il tribunale dei minori non riesce a gestire il sedicenne

IL CASO
«Basta dare psicofarmaci a mio figlio»
Il giudice le sospende la patria potestà
La lotta di una madre bassanese. Per il tribunale dei minori non riesce a gestire il sedicenne
BASSANO DEL GRAPPA (Vicenza) – «Non voglio che imbottiscano mio figlio di psicofarmaci: così non lo aiutano ». È la battaglia di una madre. Lei bassanese di 40 anni. Il figlio, un adolescente problematico che il tribunale dei minori di Venezia ha appena deciso di togliere al genitore e trasferire in una comunità protetta. Il motivo? La donna aveva protestato coi medici del reparto di psichiatria del San Bassiano, dove il ragazzo era stato ricoverato dopo aver detto (ubriaco) di volersi uccidere. Ed è proprio in seguito a quella discussione che la donna si è vista sospendere la patria potestà. Un provvedimento che ha toccato anche il papà, che però è sempre stato molto assente. Risultato, il minore è stato affidato ai servizi sociali dell’Ulss 3 e trasferito in una comunità educativa. A denunciare la vicenda è il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, che commenta: «La decisione dei medici e del tribunale apre la strada a possibili violazioni dell’articolo 32 della Costituzione che sancisce la libertà di cura».
Il primo ricovero nel reparto di psichiatria del ragazzino, con disagi e sintomi depressivi, è durato un mese. A cui ne sono seguiti altri due, di 15 giorni circa. «La madre ha tentato di opporsi all’uso di uno psicofarmaco » spiega la onlus che, in un comunicato, si spinge a dire che il minore «ha rischiato di morire a causa degli effetti collaterali di un farmaco». Per l’associazione, «l’ospedale, invece di comprendere le legittime contestazioni della donna, si è rivolto al Tribunale che le tolto la patria potestà senza alcun reale processo». E questo nonostante la 40enne, a metà aprile, avesse alla fine accettato di firmare il consenso informato alla somministrazione degli psicofarmaci, come risulta dai documenti sanitari. A maggio la notifica del provvedimento del tribunale dei minori che si fonda proprio sull’ «opposizione della madre alla terapia farmacologica ritenuta in questo momento necessaria dai medici», motivando con il fatto che «pur riconoscendo i problemi del figlio non riesce a gestirlo». Disperata, la donna si è rivolta all’avvocato Francesco Miraglia che si è avvalso della consulenza del dottor Paolo Cioni, psichiatra di fama internazionale, e si è rivolto poi alla onlus. «La mamma non è contro i farmaci, semplicemente non vedeva alcun miglioramento – spiega il legale – il ragazzo era sempre più intontito… È incredibile che, se un genitore chiede spiegazioni sugli effetti collaterali dei farmaci assunti dal figlio, senza tra l’altro ottenerle, il tribunale gli sospenda la potestà genitoriale senza neppure avviare un’istruttoria».
L’avvocato contesta anche il fatto che l’adolescente sia stato ricoverato in un reparto per adulti. «Com’è possibile che una Regione così all’avanguardia sotto il profilo sanitario, non abbia un reparto per ragazzi con simili problemi? Se verranno riscontrate delle ripercussioni chiederemo i danni». Secondo Miraglia, «il minore pochi giorni fa è stato ricoverato nuovamente al pronto soccorso a causa degli effetti collaterali del farmaco che è costretto ad assumere contro la sua volontà ». L’udienza in tribunale per discutere il caso è fissata a luglio. «Ma passeranno almeno 4-5 mesi prima che venga emesso un nuovo provvedimento – onclude il legale – il che significa che il 16enne continuerà ad assumere quei farmaci…».
Benedetta Centin
22 giugno 2013© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il progetto a difesa dei minori “Mai Più un Bambino” diventa giornata internazionale e approda nella casa famiglia di “Capitano Ultimo”

Il progetto “Mai Più un Bambino” a difesa dei minori e delle famiglie che ogni giorno lottano perché i loro piccoli vengano rispettati sia dal punto di vista giudiziario che nel campo sanitario e pedagogico raggiunge un nuovo traguardo. Dopo essere stato oggetto di un libro, scritto dall’avvocato Francesco Miraglia del Foro di Modena, dall’ex Ministro alla Salute Antonio Guidi e dalla presidente dell’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare (INPEF) Vincenza Palmieri ed edito dalla Armando Editore (2013) diventa un appuntamento annuale con l’istituzione della Giornata Internazionale “Mai Più un Bambino” .
 
 
 
La prima si svolgerà il prossimo 23 giugno dalle 10 alle 18 presso la sede dell’Associazione Volontari Capitano Ultimo presso la Tenuta della Mistica a Roma. Un momento di grande festa quello organizzato dall’Associazione Nazionale dei Pedagogisti, dall’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare e dalla Casa Famiglia Volontari Capitano Ultimo che prevede vari momenti di incontro e confronto a partire dal workshop dal titolo “Modelli di accoglienza e accompagnamento, Vivere senza Psicofarmaci®, Scambio, lavoro, educazione, criminalità: il valore aggiunto della “differenza”” che vedrà l’intervento dei relatori Vincenza Palmieri, Francesco Miraglia, Francesco Morcavallo, Stefania Petrera, Eleonora Grimaldi, Amelia Izzo, Adele Cagnetta, Padre Rovo, i Carabinieri volontari e i Minori stranieri non accompagnati.
 
 
 
Si tratta di un momento importante – spiega l’avvocato Francesco Miraglia del Foro di Modena, che è stato fin dall’inizio uno dei promotori del progetto – che ribadisce la nostra volontà concreta di lavorare attivamente, insieme ad altri gruppi, associazioni, singole persone affinché i diritti dei bambini vengano riconosciuti. Da sei mesi, stiamo portando in giro per l’Italia un messaggio chiaro: i minori vanno tutelati ogni giorno dell’anno e non solo quando i fatti di cronaca ci ricordano che esistono. Essi vanno seguiti, devono poter continuare a vivere in famiglia qualora le loro singole situazioni lo permettano, oppure essere ospitati in case famiglia che effettivamente ne garantiscano la “tutela” e non che li usino come “businness”. I bambini vanno amati, ascoltati e non sottoposti a trattamenti sanitari obbligatori o riempiti di farmaci. Il fatto che anche l’associazione di Capitano Ultimo, o meglio del Colonnello Sergio De Caprio (noto ai più per aver arrestato Totò Riina nel 1993) abbia deciso di sposare questa causa, ci onora e ci conferma che stiamo lavorando nella giusta direzione”.
Una giornata nella quale si alterneranno anche momenti di animazione come lo spettacolo del “Volo del Falco” o ancora quello curato dagli Artisti per i Diritti umani, i laboratori pratici sulla lavorazione del pane, dei dolci, della pasta e dell’artigianato (curati anche dai Richiedenti asilo), il mercatino etnico e l’esibizione del gruppo musicale “Ghost” con Alex e Enrico Magistri.
 
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Gli educatori devono andare in ferie. Bambino di Trento che vive in casa famiglia non può tornare a casa a vedere i genitori In

L’avvocato Francesco Miraglia: “Un fatto inspiegabile e che può essere punito penalmente”.
Il consigliere comunale Maffioletti e il consigliere provinciale Firmani presenteranno un’interrogazione sulla vicenda affinché venga fatta chiarezza.

I nostri educatori devono andare in ferie, pertanto il bambino non potrà rivedere i suoi genitori e rimarrà in comunità”. Una situazione a dir poco “imbarazzante”, quella in cui si è trovato l’avvocato Francesco Miraglia del Foro di Modena, legale del piccolo Sandro di 11 anni, che nei giorni scorsi si è sentito rispondere in questo modo dai Servizi sociali di Trento dopo che il provvedimento era stato stabilito dal Tribunale per i Minorenni di Trento, organo competente in materia e le cui decisioni non sono confutabili.
Un no deciso che ha portato il legale, specializzato in Diritto di Famiglia e Diritto penale – a far notare agli interessati come questo provvedimento andasse contro la legge: “in riferimento alla citata istanza, come già preannunciato al servizio sociale, non sono assolutamente d’accordo, in quanto è stato emesso un decreto e bisogna pretendere la sua totale applicazione. Eventuali problemi di organizzazione o quant’altro poco interessano al minore “fuori” dalla propria famiglia da quasi tre anni”.
Ma vediamo di chiarire la vicenda. Sandro, un bambino di Trento, vive da quasi tre anni in una casa famiglia collocata sul territorio. Verso la fine di marzo il servizio sociale che si occupa del bambino chiede una proroga affinché il minorenne rimanga ancora nella struttura fino a quando il consulente tecnico d’ufficio, che svolge la funzione di ausiliario del giudice, non stabilisca le condizioni psicologiche del minorenne e le capacità dei genitori di occuparsi di lui.
In una relazione precedente, risalente all’aprile 2012, lo stesso ente aveva formulato un parere negativo sul rientro definitivo del bambino in famiglia in quanto, a suo giudizio, il rapporto di Sandro con uno dei genitori, continuava a dimostrarsi critico e le altre figure che componevano la famiglia non sembravano potersi prendere cura, in modo adeguato, di quest’ultimo. Proponevano quindi che gli stessi genitori intraprendessero un percorso terapeutico personale, che per il minore venisse disposto un sostegno di tipo psicologico e infine che il bambino potesse, sotto la supervisione di un educatore, rientrare in famiglia in giorni e orari stabiliti”.
Disposizioni che, tranne per il rientro, erano state seguite. All’inizio del mese di maggio, il Tribunale per i Minorenni aveva disposto che il bambino potesse vedere i genitori.
Il problema è nato quando – spiega l’avvocato Miraglia – quando dalle carte si è dovuti passare ai fatti. I servizi sociali mi hanno comunicato che per la prima settimana prevista per il rientro di Sandro in famiglia era presente un educatore. Poi per le due settimane successive il servizio non sarebbe stato effettuato in quanto il personale doveva prendere ferie”.
Lo scorso 4 giugno, il Tribunale per i Minorenni di Trento, presieduto dalla dott.ssa Gattiboni, ha dato ragione all’avvocato Miraglia ribadendo e quindi disponendo “che l’avvio della fase di sperimentazione dei rientri settimanali pomeridiani del minore a casa  dei genitori avvenga a partire dal mese di giugno corrente”. Un richiamo che speriamo venga finalmente accolto dai Servizi sociali per il bene del piccolo Sandro.

Corte di Appello di Torino “contro” un minore: ora Roberto di 10 anni torna a vivere in comunità


Un’odissea di 5 anni per un bambino piemontese che vorrebbe stare con la sua mamma.
Sentenza paradossale quella disposta dalla Corte di Appello di Torino su un caso di affidamento minorile che ha “rigettato” la decisione del Pubblico Ministero, (unico organo competente legittimato a prendere provvedimenti in materia) di lasciare il bambino alle cure della madre e ne ha disposto invece la sua collocazione prima in un’altra famiglia e in seguito in comunità. Una decisione che ha cambiato radicalmente la vita del piccolo e che, di fatto, non lo tutela ma, per assurdo, gli si pone addirittura contro.
Una vicenda che si trascina da 5 anni e la cui gravità, sia a livello formale che pratico, è ben chiara a coloro che sono soliti frequentare i tribunali e destreggiarsi tra leggi, atti, ricorsi ma che deve uscire dalle aule e essere resa pubblica in quanto ci si trova davanti a un evidente caso di malagiustizia che calpesta, in maniera clamorosa, i diritti dei minori.
La storia del piccolo Roberto (nome di fantasia) di 10 anni, inizia quando a causa dei problemi psichici della mamma e per incomprensioni fra quest’ultima e i nonni materni, a seguito della relazione dei Servizi sociali (redatta come impone la legge), il bambino viene mandato a vivere in una nuova  famiglia.  Contemporaneamente viene attivata la procedura per la sua adottabilità.
A questo punto, i legali della madre e dei nonni, gli avvocati Francesco Miraglia del Foro di Modena e Ulpiano Morcavallo del Foro di Roma intervengono chiedendo e riuscendo ad ottenere che quest’ultimo procedimento non venga attuato e che quindi il bambino stia con la madre con la supervisione dei servizi sociali.
Il problema – spiega l’avvocato Miraglia – è che il piccolo non è stato inserito in una famiglia a Torino, in modo che potesse continuare a frequentare la stessa scuola, gli amici, a seguire le sue abitudini, bensì a 100 chilometri di distanza. Ci chiediamo: “E’ possibile che in una città con più di 800 mila abitanti, non fosse disponibile un nucleo familiare pronto ad accoglierlo? Ci sono forse altri interessi dietro a questa vicenda? Una situazione che definirei piuttosto anomala e che vorrei venisse chiarita”. Intanto il bambino nella nuova famiglia in cui è stato ospitato, non si trova bene.
Poi il colpo di scena. La Corte di Appello di Torino, lo scorso mese, dispone improvvisamente la cessazione dell’affidamento eterofamiliare (in questo tipo di procedura, il minore può essere affidato ad una famiglie con o senza figli, a singoli individui o a comunità di tipo familiare) e il collocamento di Roberto in una struttura comunitaria, malgrado abbia in precedenza affermato e preso atto della “sussistenza di un solido rapporto affettivo tra il minore ed i familiari di origine e la nocività, per l’equilibrio psicologico del bambino, di un definitivo e totale distacco dalla madre e dai nonni materni. In secondo luogo, dava conto dell’avvenuta cessazione dell’affidamento eterofamiliare disposto in prime cure, a seguito della situazione di disagio prodottasi per il minore, che aveva rifiutato e disconosciuto il ruolo degli affidatari ed aveva a più riprese richiesto di ricongiungersi alla propria madre ed alla propria famiglia”.
Non credo sia possibile – conclude l’avvocato Miraglia – che dopo 4 anni Roberto non abbia ancora trovato un luogo dove poter abitare in modo sereno e, che alla stregua di un pacco, venga spostato da un contesto all’altro. Inoltre si tratta di una disposizione che non spetta alla Corte, in quanto, si badi bene, è il Pubblico Ministero che ha il potere decisionale in questo ambito e che, nel caso specifico, non aveva né chiesto l’intervento della Corte, né tantomeno l’affidamento ma, anzi, aveva optato per la sospensione del procedimento di adottabilità al fine di acquisire nuove valutazioni e disposto, addirittura il ripristino degli incontri tra la madre e il bambino come si legge nella sentenza. Si tratta di un provvedimento grave e proprio per questo abbiamo deciso di ricorrere in Cassazione, avvalendoci quindi dell’ultimo grado di giudizio. Ci troviamo infatti  difronte a una serie di violazioni sia legislative che morali gravi ed è nostro compito sottolinearle ed intervenire prontamente affinché esse non si ripercuotano ancora su Roberto, che ha diritto di vivere felicemente”.
 
 

Controlli nella residenza per minori Interviene il Garante per l'Infanzia

L’autorità regionale bacchetta i Comuni di Salsomaggiore, di Fidenza e l’Ausl per  carenze nelle verifiche dopo le denunce di presunti maltrattamenti nella “Cà degli Angeli” di Tabiano Terme, per cui è imputato l’ex brigatista Flavio Amico

I controlli sulla residenza per minori “Cà degli Angeli” di Tabiano Bagni, finita nel mirino della magistratura per presunti maltrattamenti nei confronti di due giovani ospiti, sono stati carenti e insufficienti ad attivare opportuni interventi cautelativi. E’ l’opinione del Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Emilia Romagna, Luigi Fadiga, che con un provvedimento dello scorso 27 maggio ha chiesto ai sindaci di Salsomaggiore Terme e di Fidenza e all’Ausl una “più puntuale applicazione della normativa e delle direttive regionali” concernenti la vigilanza sulle strutture di accoglienza per minorenni.  Il caso è emerso in seguito a un esposto dell’avvocato Francesco Miraglia ed è stato oggetto, nei mesi scorsi, di interrogazioni in consiglio regionale e anche in Parlamento. A fare scalpore soprattutto il fatto che il coordinatore della residenza “Cà degli Angeli” fosse all’epoca dei fatti Flavio Amico, ex brigatista condannato a 18 anni di reclusione per associazione sovversiva. Amico è attualmente imputato insieme alla moglie Margherita Fortisi presso il tribunale di Fidenza per presunti maltrattamenti e abuso dei mezzi di correzione nei confronti di due ragazzini originari del modenese, ospiti della struttura tra il 2008 e il 2009. Ancora oggi l’uomo lavora come educatore a Cà degli Angeli e in una casa famiglia a Fidenza, strutture collegate all’Onlus “We are here  –  Noi siamo qui” di cui è presidente la Fortisi.  Sul passato

di Flavio Amico il Garante è chiaro: “Il signor Amico risulta riabilitato da precedenti condanne, di cui pertanto non si deve tener conto”. Avrebbe scontato la condanna per associazione a banda armata tra il 1978 e il 1990 e ora può godere appieno dei diritti civili e politici. Rimane però aperta la questione dell’indagine per i presunti episodi di violenza. Il processo è già in fase avanzata, la prossima udienza è prevista a ottobre e la sentenza, probabilmente, per i primi mesi del 2014.  Amico è stato accusato da due operatori della struttura di aver picchiato due ragazzini con calci e pugni, di aver chiesto loro di sbattere la testa contro il muro e di aver legato cordini di cuoio al loro collo, fatti che sarebbero avvenuti tra il 2008 e il 2009. Il Garante dei minori ripercorre le tappe della vicenda. In seguito alle denunce, i Servizi sociali di Modena hanno ritirato i ragazzini dalla comunità.  La Commissione istruttoria del Comune di Salsomaggiore fa una visita ispettiva il 10 marzo 2009, ma all’epoca a Cà degli Angeli non vi è nessun ospite. Non emergono rilievi nella relazione al sindaco. L’ultima visita della Commissione è stata disposta dal Commissario prefettizio lo scorso febbraio, dopo il rilascio di autorizzazioni per variazioni di sede e del coordinatore responsabile della comunità (variazione, quest’ultima, risalente al settembre 2009). Dal verbale del sopralluogo non sono emersi particolari rilievi, tranne la mancanza di un progetto quadro per ogni ragazzo ospitato (sei minori).  “(…) fermo restando che sul fondamento delle accuse rivolte all?Amico l’unico giudice è la Magistratura”, il Garante sottolinea carenze nella verifica ispettiva del 2009, perché il verbale “non indaga né approfondisce i motivi dell’improvviso ritiro dei tre minori da parte dei servizi sociali invianti, benché avvenuto nei giorni immediatamente precedenti la data della verifica”. Da qui la sollecitazione ai sindaci dei Comuni di Salsomaggiore, di Fidenza e alle Ausl competenti per distretto. (maria chiara perri)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il progetto “Mai più un Bambino” sbarca a Caserta per parlare di tutela dei minori


L’iniziativa sarà presentata nella prestigiosa cornice della Reggia di Caserta
Prosegue con successo l’iniziativa “Mai più un Bambino”, i cui obiettivi sono quelli di realizzare e proporre una serie di leggi a favore dei minori, i cui diritti,  sempre più spesso, vengono calpestati sia in ambito scolastico, che in quello sanitario e sociale e di sensibilizzare a queste problematiche quegli enti, che per svariati motivi, si trovano a stretto contatto con essi.
L’iniziativa, che è stata avviata nel mese di gennaio e portata avanti in tutta Italia, vede tra i promotori l’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare (INPEF) di Roma, presieduto da Vincenza Palmieri che si è occupata degli aspetti pedagogici del progetto, l’avvocato Francesco Miraglia del Foro di Modena che ha curato invece i contenuti dal punto di vista legale ed infine l’onorevole Antonio Guidi, ex ministro alla Famiglia, che si è dedicato alle problematiche sanitarie.
La prossima tappa dopo Roma, Pinerolo, Limena, Milano, Invorio (solo per citarne alcune) sarà Caserta e la sua splendida Reggia dove il prossimo 24 maggio alle ore 14.30, presso la Cappella Palatina del Palazzo reale, in via Douet, si terrà la conferenza: “Un viaggio nei Diritti Umani, Diritti dei Bambini, Diritto all’Apprendimento, Costituzione e Legislazione” resa possibile anche grazie all’appoggio del Ministero per i Beni e le Attività culturali, della Provincia di Caserta, dell Consiglio Regionale della Campania, dei Comuni dell’Alto Casertano, dell’Ordine degli Avvocati di Santa Maria Capua Venere, dell’Associazione delle Camere Minorili “Il Faro” di Santa Maria Capua Vetere ed infine dell’Ordine Sovrano Militare del Tempio di Jerusalem.
Sono molto soddisfatto – spiega l’avvocato Miraglia – di quanto sta avvenendo. Durante le conferenze sono sempre più numerose le persone che sposano la nostra causa e che voglio, attraverso il loro lavoro quotidiano, cercare di fare qualche cosa di concreto per i bambini. Spesso ci vengono chiesti consigli, suggerimenti, con sempre più frequenza ci si sofferma a condividere le preoccupazioni e a denunciare quanto avviene nelle diverse città. Mi auguro che tutto il lavoro svolto finora e che ci porterà ancora in giro per la Penisola, venga poi preso in seria considerazione da coloro che, a tutti i livelli, sono tenuti a governare il nostro Paese. Numerosi amministratori hanno già deciso di sottoscrivere la nostra petizione che è contenuta anche nel libro “Ma più un Bambino”, pubblicato nel 2013 da Armando Editore, nel quale vengono descritte le problematiche che i nostri piccoli si trovano spesso a dover affrontare. Per quel che mi compete ad esempio, oltre a soffermarmi sulle tematiche quali l’affido, l’accoglienza che sono argomenti che sono solito trattare in quanto mi occupo di Diritto di famiglia, denuncio apertamente anche il lavoro, talvolta malfatto, degli operatori sociali, descrivo la situazione di alcune case famiglia di cui, in alcuni casi, abbiamo sollecitato la chiusura come, ad esempio, per quella di Montalto delle Marche in provincia di Ascoli Piceno”.
Durante la presentazione interverranno anche la principessa Amelia Izzo d’Aragona, responsabile Relazioni istituzionali dell’INPEF, il dott. Francesco Morcavallo, giudice Tribunale per i Minori di Bologna, l’avvocato Eleonora Grimaldi del Tribunale per i Minori di Roma, la dott.ssa Stefania Petrera, pedagogista. A moderare l’evento, la giornalista Monia Gambarotto.