È rimasta traumatizzata tanto da finire al pronto soccorso
MILANO (11 aprile 2023). Costretta dai Servizi sociali con la forza e con la violenza a vedere il padre. Una bambina che vive nella provincia di Milano è ormai talmente traumatizzata da avere delle crisi d’ansia ed essere finita al pronto soccorso. Per ottemperare alle disposizioni del tribunale gli assistenti sociali, infatti, non hanno trovato di meglio che presentarsi a casa sua con le forze dell’ordine oppure di caricarla di peso dentro l’auto.
«C’è modo e modo di far rispettare le disposizioni del tribunale – commenta l’avvocato Miraglia, al quale la mamma della bambina si è rivolta – e questo di certo non è il modo corretto. Si stanno tenendo conto più delle formalità burocratiche che del benessere di una bambina di appena 9 anni».
La bimba vive da sempre con la mamma, mentre il padre non è mai stato presente nella sua vita. Recentemente, per la terza volta, però ha chiesto e ottenuto di poter incontrare la figlia, per la quale però lui è di fatto un estraneo. Ecco perché la piccola non capisce il motivo di doverlo vedere per forza e oppone un comprensibile rifiuto.
Ebbene, nelle scorse settimane l’educatrice incaricata di mediare gli incontri tra padre e figlia si è presentata a casa della bambina: al suo diniego a voler vedere il papà dapprima ha sbuffato, sostenendo di non aver voglia di tante storie visto che lei era stanca e che aveva già troppi pensieri per la testa cui badare. Poi ha preso la piccola e l’ha caricata a forza in auto, portandola a incontrare il padre.
La volta successiva è andata addirittura peggio: si è presentata a casa sostenendo che, non voleva avere problemi perché lei stessa sta vivendo una situazione complicata con il marito per l’affidamento dei figli, pertanto, al diniego della bambina di scendere con lei, la stessa ha pensato bene di chiamare la forza pubblica. Effettivamente si sono presentate due pattuglie dei Vigili Urbani per una bambina di nove anni. La bimba a quel punto era letteralmente terrorizzata, tanto che la madre ha dovuto portarla al pronto soccorso, dove le è stata diagnosticata una forte crisi d’ansia. Tale situazione è la punta di un iceberg sull’inadeguatezza di alcuni operatori nel trattare vicende cosi delicate che non solo coinvolgono intere famiglie ma soprattutto dei bambini.
Ancora più grave è stata la risposta del educatrice sulla chiamate dei Vigili: abbiamo fatto una riunione e sono stata autorizzata dalla mia responsabile dell’assistente sociale.,
«A questo punto, per il bene di questa bambina – prosegue l’avvocato Miraglia – abbiamo chiesto la rimozione dell’assistente sociale dall’incarico, essendosi dimostrata alquanto incompetente, e invitiamo l’educatrice, priva di qualsiasi forma di empatia e di scarsa preparazione professionale, a cambiare mestiere».
Cosa c’è dietro il caso “Bibbiano” e gli affidi illeciti
REGGIO EMILIA (28 marzo 2023). Conoscere è l’unico modo di essere liberi, recita il sottotitolo del convegno “La paura è il massimo strumento di controllo” in programma sabato 1 aprile alle 19.30 all’hotel Mercure Astoria di Reggio Emilia. Tra i relatori saranno presenti anche l’avvocato del Foro di Madrid Francesco Miraglia, e la scrittrice e assistente sociale Antonella Betti, autrice del libro “Vite strappate in Italia dagli anni ’70 ad oggi”. Entrambi conoscono bene il sistema degli affidi illeciti e della facilità con la quale Servizi sociali e Tribunali per i Minorenni portano ogni anno circa 40mila bambini e ragazzi ad essere allontanati dai loro genitori, per andare ad arricchire i gestori delle case-famiglia oppure a diventare vittime di adozioni “mascherate” presso coppie che non possono avere figli.
I provvedimenti di allontanamento hanno anche alimentato il business delle case-famiglia, dove gestori ed educatori si arricchiscono grazie ai cospicui finanziamenti pubblici: paradossalmente costa più allontanare e mantenere un bambino fuori dalla sua famiglia, che aiutare direttamente i suoi genitori. Ma nessuno interviene. Il caso più eclatante di questo sistema, che ha scoperchiato un vero e proprio vaso di Pandora, è quello scaturito dall’inchiesta “Angeli e demoni”, sugli affidi illeciti di Bibbiano e della Val d’Enza.
« Purtroppo il “sistema Bibbiano” esiste e riguarda tutta l’Italia, – sottolinea Miraglia – spesso ci si approfitta della povertà culturale ed economica delle persone, oppure delle difficoltà a comprendere la lingua e le leggi italiane come accade per molte famiglie straniere. Ma non sono immuni nemmeno persone abbienti e professionisti: tutti, anche per un solo momento di fragilità, possono ritrovarsi vittime di questo sistema, in cui è facile cadere, ma difficilissimo uscire. Da anni mi batto affinché si faccia chiarezza su come operano i Servizi Sociali che stilano relazioni approssimative; sulla fretta e superficialità con cui i Giudici deliberano gli allontanamenti; sulle amministrazioni comunali, che pagano per mantenere i bambini nelle case-famiglia, senza preoccuparsi di verificare le competenze di queste comunità, se siano idonee, se i bambini ospitati si trovino davvero bene e siano debitamente accuditi».
Sindaco, servizi sociali e tutore “stracciano” la sentenza del tribunale riguardo tre fratellini
VITERBO (13 Marzo 2023). C’è un tribunale che sentenzia e una serie di istituzioni pubbliche che invece di eseguire il provvedimento, agiscono in modo tutto diverso. A discapito della felicità di tre bambini e della sentenza di un Tribunale.
I genitori, rivoltisi all’avvocato Miraglia, sono ricorsi in Appello e hanno scritto al presidente del tribunale per i minorenni di Roma. In attesa dell’udienza prevista per maggio ci si interroga: ma in provincia di Viterbo le regole chi le fa?
I tre bambini hanno 12, 6 e 3 anni, abitano nel Viterbese e per alcune difficoltà familiari il Tribunale per i minorenni di Roma lo scorso aprile ha emesso un decreto di adottabilità, pur conservando la possibilità per i bimbi di continuare a vedere i genitori naturali, secondo un preciso calendario di incontri. Che però sono stati improvvisamente sospesi dai Servizi sociali. Il motivo? Non alterare l’equilibrio dei bambini e “capire meglio la situazione”. «Ma cosa c’è da capire? – sottolinea l’avvocato Miraglia –. I bambini sono affezionati ai genitori e un giudice ha stabilito che debbano continuare a frequentarsi. Non è che il vero “obiettivo” sia gettare le basi per rendere questi tre bambini “orfani di genitori vivi” attraverso la comp0leta inottemperanza di una sentenza?». Gli assistenti sociali avrebbero preso la decisione di sospendere gli incontri di comune accordo con il curatore dei bambini, la comunità in cui alloggiano e il sindaco del loro Comune di origine, dopo aver sentito il “giudice dell’adozione”, figura che nemmeno esiste dal punto di vista giuridico. Insomma, che si nasconde dietro a questa vicenda? Il proseguo è ancora più incredibile «Ci siamo rivolti allora al giudice tutelare – prosegue l’avvocato Miraglia – che tra i compiti ha di accertarsi che le sentenze vengano correttamente rispettate. Ancora più incredibile è quanto è successo in udienza, una settimana fa, davanti al Giudice Tutelare, lo stesso giudice ha chiesto rivolgendosi al Sindaco e all’avv. del Tutore e dei servizi un appiglio per giustificare in mancato rispetto della sentenza del TM di Roma: ma che gli serve per agire? Deve solo limitarsi ad applicare la sentenza e ad assicurarsi che tutti la rispettino. “Non pensiate che io abbia paura di emettere un provvedimento” ci ha detto allora. E quindi cosa aspetta ad intervenire? Che i bambini si dimentichino dei genitori? Siamo all’anarchia totale!».
L’avvocato Miraglia ha scritto quindi al presidente del Tribunale per i minorenni, per appurare se effettivamente se qualche Giudice ha autorizzato ad non rispettare il provvedimento emesso della stessa autorità giudiziaria oppure se i servizi sociali nel caso hanno millantato una siffatta autorizzazione.
A questo punto penso che in entrambi i casi siamo difronte ad una gravità assoluta, che merita attenzione da parte del Presidente del Tribunale per i minorenni ed eventualmente anche inviando gli atti alla Procura della Repubblica competente affinché si faccia chiarezza.
La famiglia ha intanto denunciato sindaco, assistenti sociali, curatori e responsabili della comunità per mancata ottemperanza ad un provvedimento di un giudice, abuso di ufficio e omissione di atti d’ufficio.
… ma tutto ciò a chi giova!!!
Una di loro, psicoterapeuta di una minore, aveva partecipato all’udienza come giudice onorario
L’AQUILA (29 dicembre 2022). Quattro giudici del tribunale per i minorenni de L’Aquila e un avvocato tutore sono stati iscritti nel registro degli indagati per abuso d’ufficio: il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Campobasso con ordinanza del 27 dicembre, ha accolto l’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata dall’Avv. Miraglia.
Occorre fare chiarezza su un episodio surreale, che vede protagonisti i Giudici minorili, il tutore e tre fratellini.
L’iscrizione nel registro degli indagati scaturisce dalla denuncia presentata da una coppia di genitori sostenuti dall’avvocato Muraglia: i loro tre figli erano stati allontanati da casa, ognuno presso una famiglia diversa. Nel caso della figlia maggiore, poi, la sua psicoterapeuta, che l’aveva preparata per un’udienza contro il padre, aveva poi presenziato in qualità di giudice onorario al tribunale per i Minorenni, oltre ad essere nello stesso momento la psicologa della stessa minore.
Ecco perché il gip ha ritenuto di iscrivere i cinque nel registro degli indagati «al fine di consentire di svolgere approfondimenti investigativi che risultano opportuni e indispensabili per verificare se sussistono effettivamente profili penalmente rilevanti a carico dei soggetti denunciati, in particolare l’obbligo di astensione della psicoterapeuta dal procedimento minorile indicato».
Il Tribunale dei Minori ha riconosciuto che l’averle allontanate le ha traumatizzate
Cassino (10 Dicembre 2022). Si è finalmente conclusa nel migliore dei modi la vicenda delle due sorelline di Cassino, che lo scorso anno erano state “rapite” dai Servizi sociali, che senza preavviso né autorizzazione con uno stratagemma le avevano portate in una Casa famiglia, strappandole alla zia che le aveva in affidamento. E non perché le maltrattasse, bensì per “eccesso di possesso”.
Il Tribunale per i minorenni di Roma ha valutato che questo forzato allontanamento ha solo ulteriormente traumatizzato le bambine, già provate da una difficile storia familiare. E le ha riaffidate alla zia.
«Siamo felici di questa vittoria – commentano l’avvocato Miraglia, legale della zia, e la prof.ssa Palmieri, Consulente tecnico di parte – che ha visto il Tribunale dei minorenni accogliere le nostre ragioni e ritenere inopportuno e sbagliato il forzato allontanamento di queste bambine, per questo presunto e pretestuoso “eccesso di possesso” che sarebbe stato esercitato dalla zia nei loro confronti, quando invece si trattava di affetto e di cure amorevoli da parte di una zia premurosa».
Il giudice tutelare, nel 2018, aveva fin da subito affidato alla zia materna le due ragazzine, ritenendola la scelta idonea per la loro crescita serena e facendo decadere la potestà di entrambi i genitori: la mamma soffre di disordini psicologici e psichiatrici, il padre non riesce ad occuparsi delle figlie e si era sposato con una donna che, per sua stessa ammissione, era alquanto severa e molto poco amorevole con le bambine. Con la zia invece le ragazzine erano serene, frequentavano la scuola con profitto, praticavano sport.
Poi ad aprile dello scorso anno il tutore e l’assistente sociale avevano deciso di allontanare le bambine senza preavviso, ritenendo eccessivo l’attaccamento della zia verso di loro.
Avevano usato uno stratagemma alquanto subdolo, per di più: le sorelline erano infatti convinte di dover incontrare il padre, invece vennero caricate su un veicolo, senza vestiti di ricambio, né libri di scuola e nemmeno effetti personali e portate in Casa famiglia, dove erano rimaste un mese, fino a quanto il Tribunale aveva revocato l’allontanamento, ritenendo che le bimbe stessero molto meglio con la zia.
«Analizzata la situazione – prosegue l’avvocato Miraglia – il tribunale ha dichiarato il non luogo a provvedere sulla loro adottabilità, ha nominato un tutore provvisorio al posto del sindaco della città e affidato le bambine, che ora hanno 10 e 12 anni, alla zia, “considerata anche la difficoltà dei Servizi sociali nel gestire una vicenda familiare così complessa, come dimostrato anche dalle scelta intempestiva del collocamento in casa famiglia senza alcuna autorizzazione formale”. Se i Servizi sociali avessero ben operato, avrebbero risparmiato alle bambine e alla loro zia tanto dolore».
«Non solo dolore ma anche rischi e ferite per le bambine – aggiunge la prof.ssa Palmieri – alle quali sarà necessario, dopo un’articolata e per niente scontata CTU, restituire l’infanzia che è stata loro rubata. Non si deve mai dimenticare che, alla fine, il prezzo più alto lo pagano proprio i bambini».
Per questo motivo si valuterà la richiesta di risarcimento dei danni da parte dei Servizi Sociali.
La donna lo aveva denunciato per maltrattamenti, ma si era tolta la vita nel 2019 alla vigilia del processo
TRIESTE (7 dicembre 2022). Assolto con formula piena dalla Corte d’Appello di Trieste l’uomo, denunciato nel 2018 per maltrattamenti e lesioni dalla compagna, che si era tolta la vita alla vigilia del processo, nel febbraio del 2019. Lasciando due bimbi in tenera età. Condannato in primo grado, nell’udienza celebratasi lo scorso 5 dicembre la Corte d’Appello lo ha assolto. Per l’uomo termina così un doloroso calvario durato cinque anni, durante i quali agli occhi della famiglia della compagna e dell’opinione pubblica era stato ritratto come un violento, ma soprattutto quasi responsabile del suicido dell’ex compagna.
«La Corte, dopo una lunga camera di consiglio ha stabilito che il fatto non sussiste – sottolinea l’avvocato Miraglia, che ha assunto la difesa dell’uomo in secondo grado – pertanto è stato completamente scagionato da ogni accusa di maltrattamenti e lesioni nei confronti della madre dei suoi due bambini. Insieme alla soddisfazione per la chiusura del procedimento, resta il cordoglio per la scomparsa di una giovane mamma, che ha scelto in maniera volontaria di porre fine alla propria vita. Siamo profondamente dispiaciuti, ma è sbagliato pensare di attribuirne la responsabilità all’ex compagno: quando si giunge a gesti così estremi, significa che c’è un disagio profondo precedente, che va al di là del singolo episodio e soprattutto della strumentalizzazione che ne è stata fatta».
Un po’ troppo frettolosamente, infatti, si è gridato “al mostro”, additando quest’uomo come responsabile di maltrattamenti e quindi della morte della compagna, dipingendolo come colpevole senza attendere i gradi di giudizio.
«C’è poi da porre attenzione alla facilità con la quale agiscono alcune associazioni, che si dovrebbero occupare di protezione di donne e minori – prosegue l’avvocato Miraglia –. La denuncia contro il mio assistito fu sollecitata dall’ associazione alla quale la compagna si era rivolta e che, forse, forzando la mano, aveva avviato il procedimento contro di lui. La donna ad un certo punto voleva ritirare la denuncia, ma l’associazione non era d’accordo. E alla fine, i capi di imputazione si sono rivelati del tutto immotivati. Mi auguro che tutta questa dolorosa vicenda possa essere da monito per eventuali episodi a venire».