minori Tag

  • Sort Blog:
  • All
  • Articoli Recenti
  • Comunicati stampa
  • Design
  • Evidenza
  • GALLERIA
  • In Evidenza
  • L'inchiesta
  • L'indiscreto
  • La giustizia e la mala giustizia
  • La Vetrina
  • Le vostre storie
  • Minori
  • Modern
  • Primo Piano
  • Principale home
  • Psichiatria
  • Scelta di campo
  • Sentenze
  • Senza categoria

Sorelline di Cassino tornano dalla zia

Il Tribunale per i minorenni di Roma ne ha disposto il rientro a casa, togliendo al sindaco il ruolo di tutore. FROSINONE (7 Maggio 2021). Le sorelline di Cassino tornano a casa dalla zia: il Tribunale per i minorenni di Roma, riunitosi in Camera di Consiglio, ha stabilito che non vi erano motivi di grave pericolo tali da rendere necessario allontanare all’improvviso le due bambine, di 8 e 11 anni, da casa della zia materna, alla quale erano affidate, per farle alloggiare dallo scorso 6 aprile in una Casa famiglia. Ricusando, di fatto, quando asserito dal tutore e dai Servizi sociali di Cassino, i quali avevano motivato la decisione di allontanare le due minori ritenendo “potessero essere in pericolo per le reazioni  spropositate per eccesso di possesso manifestate dalla zia”. Pertanto il Tribunale ha revocato l’allontanamento delle minori dalla Casa famiglia e ne ha disposto il rientro presso la zia materna, che ne è attualmente affidataria.

Il Tribunale ha altresì sostituito il tutore provvisorio ovvero il sindaco di Cassino, nominando un avvocato al suo posto.

«Ogni commento sarebbe superfluo, abbiamo già detto tutto nel corso di questo mese» commenta l’avvocato Miraglia, al quale la zia si era affidata.

È  trascorso appunto un mese intero, per ritornare al punto di partenza: se i Servizi sociali avessero ben operato, avrebbero risparmiato alle bambine e alla loro zia tanto dolore.

Cassino: squalificante mettere sul piano politico la vicenda delle due bambine strappate alla zia

Cassino  (20 Aprile 2021).  Nella giornata di ieri, è stato pubblicato, su un quotidiano locale un articolo dal titolo “Le bimbe tolte alla zia e quel fallo da cartellino rosso di una “certa destra”, a firma del già vice sindaco di Cassino.

Visto che si ritorna ad intervenire sulla vicenda delle bambine che i Servizi sociali hanno strappato due settimane fa alla zia e che attraverso alcuni mass media si stia operando una difesa d’ufficio del sindaco stesso e degli assistenti sociali, non possiamo esimerci dall’intervenire, anche noi, in quanto legali della zia, per chiarire ulteriormente alcuni passaggi e rispedire al mittente alcune, gratuite, accuse.

 

Corre l’obbligo innanzitutto di precisare che il Tribunale per i minorenni di Roma non ha confermato l’operato dei Servizi sociali di Cassino e non è vero che non abbia rilevato elementi per sconfessare l’operato delle assistenti sociali, dal momento che l’udienza è fissata per il prossimo 5 Maggio.

Pertanto chi si sente in dovere di intervenire, almeno abbia la compiacenza di informarsi sulle cose, altrimenti farebbe bene a tacere.

 

Accusare poi lo Studio Miraglia di strumentalizzare la vicenda di queste due bambine per questione politica, non trova riscontro alcuno e la trasparenza e trasversalità con il quale operiamo è sotto gli occhi di tutti. Da anni interveniamo a tutela di minori, indipendentemente dal colore politico delle amministrazioni che emanano dei provvedimenti di allontanamento ingiustificati. E quando ci si riferisce al “caso Bibbiano” è per indicare il metodo adottato da più e più Comuni, purtroppo, di allontanare i bambini per affidarli a case famiglia che magari hanno rapporti poco trasparenti con le amministrazioni stesse oppure con gli assistenti sociali che vi operano. E a questo proposito il sindaco di Cassino ci spieghi che rapporti ha con gli assistenti sociali che hanno deciso di allontanare queste due bambine, i quali pare vengano forniti da un consorzio e non sono nemmeno alle dirette dipendenze del municipio.

 

Costoro hanno applicato in questa vicenda l’articolo 403 del Codice civile, il quale recita: “Quando il minore si trova in una condizione di grave pericolo per la propria integrità fisica e psichica la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione”. Ci debbono dire, questi signori, che grave pericolo correvano queste due bambine, dal momento che la motivazione che i Servizi sociali hanno addotto nella relazione presentata al Tribunale per i minorenni di Roma è l’eccesso di possesso e un atteggiamento della zia ritenuto troppo critico verso l’operato degli assistenti sociali.

Tra l’altro fu il sindaco per primo ad intervenire dicendo di non conoscere la vicenda e, come cittadini, siamo sdegnati dal fatto che il tutore delle bambine non sappia cosa si decida dei minori a lui affidati, né conosca i motivi di un allontanamento così brutale. Ma quando firma un provvedimento, lo fa senza chiedere, senza controllare?

 

La vicenda sicuramente la ben conosce chi, come noi, ci è addentro pertanto, chi si è lanciato in una accorata difesa del sindaco, sarebbe stato opportuno che avesse un minimo di conoscenza dei fatti. Porre la vicenda, poi, sul piano politico è squalificante e non centra l’obiettivo della questione: il sindaco non ha certo bisogno di una difesa d’ufficio. Chi agisce con le sue responsabilità deve essere forte solo della propria decisione, del proprio buon operato.

 

Quanto a noi, legali dello Studio Miraglia, dire che agiamo per interessi o posizioni meramente politiche è oltremodo ingiusto e offensivo. Gli avvocati non si schierano: gli avvocati rispondono al mandato ricevuto dai loro assistiti e agiscono in loro difesa. Respingiamo pertanto ogni infondata accusa di partigianeria politica: soprattutto quando si parla di bambini, non ci sono colori o schieramenti o interessi politici. Ci sono solo i diritti delle persone, persone fragili e indifese.

Cassino, bimbe strappate alla zia. Il motivo è l’eccesso di possesso

FROSINONE, BIMBE STRAPPATE ALLA ZIA: IL MOTIVO È  L’ECCESSO DI POSSESSO
Avvocato Miraglia: «La ministra per la Famiglia intervenga immediatamente».
Cassino (15 Aprile 2021). Finalmente si è venuti a conoscenza dei “gravi” motivi che hanno portato all’allontanamento, martedì 6 Aprile a Cassino, di due bambine dalla loro zia cui erano affidate:  sarebbero in pericolo di “eccesso di possesso”. Stando almeno alla relazione che i Servizi sociali di Cassino hanno presentato al Tribunale per i minorenni di Roma. «Niente maltrattamenti, quindi» dichiara l’avvocato Miraglia, che tutela la zia e le due bambine, «nessuna violenza, né segni di abbandono o di incuria. Niente di tutto questo. La “colpa” della zia sarebbe quella di aver messo le nipotine in pericolo di “eccesso di possesso” e di assumere “atteggiamenti denigratori nei confronti del personale” dei Servizi sociali. Tutto ciò non può che farci indignare: ma è mai possibile che un provvedimento di urgenza, che la legge sancisce appositamente per mettere al riparo i minori da pericoli imminenti per la loro incolumità, quindi per la loro salute e la loro vita, vengano assunti perché  la zia si dimostra troppo premurosa con le nipotine e critica verso l’operato dei Servizi sociali? Adesso se critichi gli assistenti sociali questi ti portano via i bambini? Il provvedimento d’urgenza, adottato per allontanare le bambine dalla zia, sancito dall’articolo 403 del Codice civile, si applica in caso di estrema urgenza e per tutelare i minori, non per salvaguardare il buon nome degli operatori sociali. A questo punto non possiamo che chiedere che questi assistenti sociali smettano di occuparsi di minori e soprattutto chiediamo un intervento urgente dal parte della ministra della Famiglia, Elena Bonetti. Purtroppo, come siamo soliti ormai dire, “Bibbiano è solo la punta di un iceberg”, ben radicato e profondo nel sistema degli affidi e dei collocamenti dei minori nelle comunità e nelle case fam

Frosinone: bambine “rapite”alla zia,dai servizi sociali, il Sindaco si dice all’oscuro di tutto

Avvocato Miraglia: «Fatto gravissimo, visto che è lui il tutore delle bambine»

FROSINONE (12 Aprile 2021). Il sindaco di Cassino nulla sa, o dice di non sapere, delle bambine “rapite” alla zia da parte dei Servizi Sociali: eppure gli assistenti sociali lavorano per il suo Comune ed è lui il tutore delle due bambine. «Se davvero è all’oscuro di tutto, è un fatto gravissimo» dichiara l’avvocato Miraglia, al quale la zia delle due bambine, a lei affidatele dal tribunale, si è rivolta chiedendo di dichiarare illegittimo l’allontanamento delle sue nipotine. Martedì scorso le aveva accompagnate in municipio, convinta che avrebbero visto il padre nel corso di un incontro protetto disposto dal tribunale, invece, quando è andata a riprenderle, ha scoperto che gli assistenti sociali le avevano portate in una comunità nascosta. Senza motivo, dal momento che le due bambine di 8 e 11 anni sono brave e serene, frequentano la scuola con ottimo profitto e al pomeriggio la zia ha sempre garantito loro la frequenza ad attività ludiche e sportive.

«Il sindaco, loro tutore» prosegue l’avvocato Miraglia, «ci spieghi allora quali sono i motivi “di urgenza e di pregiudizio imminente”, come dice la norma, per i quali è stato disposto l’allontanamento coatto delle due bambine dalla casa in cui vivevano serene, senza che potessero portare con sé un vestito di ricambio, senza un libro di scuola, senza i loro giochi. Se invece, come afferma, non era a conoscenza di questo allontanamento, il fatto è ancor più inaccettabile e vergognoso: come può un sindaco, che ripeto è il legale tutore delle bambine, non sapere che è stato dato atto a un provvedimento così autoritativo. A questo punto chiediamo che convochi la zia e le spieghi cosa è successo oppure che denunci pubblicamente l’operato dei suoi assistenti sociali, che hanno agito non solo in malafede, non solo contro la legge, ma, a questo punto, pure alle spalle del primo cittadino. E chiediamo ai consiglieri d’opposizione di prendere posizione in merito a una simile situazione. Nel frattempo si è fatta avanti una testimone, che ha assistito all’allontanamento brutale delle due bambine e che ringraziamo pubblicamente».

Il suo racconto è agghiacciante. Passeggiando dei pressi della villa comunale, martedì pomeriggio aveva notato un capannello di gente circondare due bambine in lacrime, che piangevano disperate. Ad un centro punto la più grande ha urlato che «in quel posto non ci voleva andare» e ha invitato la sorellina a scappare. A quel punto uno degli operatori, nel tentativo di trattenerla, l’ha fatta ruzzolare per terra. Dopodiché le hanno portate via. La signora, tra l’altro, ha saputo direttamente da una delle insegnanti della bambina più grande che la ragazzina è la prima della classe e che a scuola sia lei che la sorellina si sono sempre presentate ben curate. Solo che da mercoledì i loro compagni non le hanno più viste tornare a scuola. «E vogliamo sapere perché» conclude l’avvocato Miraglia.

Macerata: ennesimo caso di uso della forza per allontanare una bambina

Madre e nonno di una bimba di otto anni presi a botte, feriti e minacciati con la pistola da Polizia e Carabinieri

Avvocato Miraglia: «Intervenga il legislatore per fermare questa violenza»

MACERATA (6 Aprile 2021). È successo ancora: per eseguire un provvedimento di allontanamento di una bambina dalla sua casa di Macerata, gli assistenti sociali si sono presentati accompagnati da numerosi operatori delle forze dell’ordine, che non si sono limitati a prestare un’azione di supporto, com’erano chiamati a fare, bensì hanno commesso violenze sproporzionate e gratuite. Per entrare hanno sfondato la porta, picchiato la madre dalla quale la piccola non voleva staccarsi, minacciato con la pistola e ferito alla mano il nonno. Una violenza inaudita e comprovata, che rischia però di non avere alcun colpevole: il Giudice per le Indagini Preliminari ha proposto l’archiviazione del caso, perché i responsabili sarebbero ignoti.

«I responsabili hanno invece un preciso nome e cognome» dichiara l’avvocato Miraglia, che difende la mamma della bambina, «pertanto ci siamo opposti all’archiviazione, chiedendo al Gip di ordinare la prosecuzione delle indagini preliminari, indicando al Pubblico Ministero le ulteriori investigazioni da eseguire».

Il Tribunale per i Minorenni di Ancona aveva stabilito che la bambina, di soli otto anni, doveva essere allontanata dalla mamma e accompagnata in un casa famiglia protetta. Ma quando gli assistenti sociali si sono presentati alla porta di casa, vista la naturale reticenza della bambina ad abbandonare la sua mamma, sono intervenuti polizia, carabinieri e polizia locale, vigili del fuoco, personale medico, operatori del servizio sociale e psicologi per un totale di circa 20 persone. Un vero blitz, che ha sicuramente terrorizzato la bambina, che infatti urlava e piangeva disperata, e provocato lesioni ai suoi familiari.

«Ci chiediamo come sia possibile che il Tribunale per i Minorenni permetta che l’esecuzione di un suo provvedimento avvenga con tanta, spropositata violenza» prosegue l’avvocato Miraglia «e che la Procura scelga di archiviare un fatto così grave perché i responsabili sarebbero “ignoti”. Sono invece ben noti e la Procura deve avere il coraggio di perseguirli: se c’è un reato, chi lo ha commesso va perseguito, a prescindere che appartenga alle forze dell’ordine. Siamo tutti solidali con Polizia e Carabinieri, ma questi devono rispettare le persone e le nome».

Tra l’altro non è la prima volta, anche in tempi recenti, che l’allontanamento di minori da casa avviene in maniera coatta, con un uso spropositato della forza. A Pavia un bimbo orfano di madre è stata strappato allo zio dalle Forze dell’Ordine; a Reggio Emilia queste si sono finti operatori dell’Enpa per prelevare dal suo lettino una bimba di due anni appena;  in provincia di Torino in venti, tra assistenti sociali e carabinieri, hanno tentato di prelevare con la forza due ragazzine di 14 e 11 anni per portarle in una comunità, nemmeno fossero delle criminali.

«A questo punto è necessario che intervenga il legislatore per fermare questa abitudine all’uso della violenza, con soggetti fragili quali sono i bambini» conclude l’avvocato Miraglia.

Bibbiano è un vero e proprio sistema e i casi ancora irrisolti sono centinaia

Intanto una coppia ha ottenuto la revoca dell’adottabilità della figlioletta e la ripresa delle visite con lei

Se qualcuno indagasse, decine di bambini tornerebbero finalmente nelle loro case

BIBBIANO (26 Marzo 2021). I casi riconducibili a un sistema Bibbiano sono centinaia, ma passano sotto silenzio, perché nessuno li indaga, nessuno li approfondisce, nessuno si impegna a fare chiarezza. Decine e decine di bambini vivono allontanati ingiustamente dalle loro famiglie, per essere affidati ad altri genitori. Finalmente in uno di questi casi si è aperto uno spiraglio di speranza e la Corte d’appello di Bologna ha riconosciuto l’ infondatezza del provvedimento del Tribunale per i Minorenni che con superficialità e approssimazione aveva disposto l’ adottabilità di questa bambina.

«I casi di Bibbiano non sono soltanto i sette di cui si parla» commenta l’ Avv. Miraglia, ai quali i genitori della bambina si sono affidati «e che il tribunale afferma di avere risolto con il ritorno dei minori alle loro famiglie. Come nel caso dei miei assistiti, sono decine e decine i casi che giacciono senza revisione: se non ci fossimo rivolti alla Corte d’Appello questa bambina sarebbe stata adottata da un’altra famiglia, invece di vivere con i genitori naturali, come è sacrosanto diritto di ogni bambino». La piccola è figlia di una giovane coppia, che aveva avuto in passato problemi di tossicodipendenza, ma al momento della nascita della loro figlioletta nel 2016 aveva cambiato vita: la mamma ha seguito un percorso di recupero, anche psicologico, mentre il padre si è totalmente disintossicato e ha trovato un lavoro stabile. Attorno alla coppia c’è una rete familiare disposta ad aiutare i genitori e la loro figlioletta. Invece la bimba è stata loro strappata e dichiarata adottabile, sebbene non ce ne fossero le condizioni.

Anche in questo caso il “modus operandi” e i protagonisti sono sempre gli stessi, già coinvolti come imputati nell’inchiesta denominata “Angeli e Demoni”.

“E pensare che c’è chi ha liquidato la vicenda di Bibbiano etichettandola come “un piccolo raffreddore”: ma qui, se qualcuno si prendesse l’ impegno di andare a fondo e di analizzare tutti i casi sommersi, si troverebbe davanti a un’epidemia nazionale. Sono centinaia i casi ancora aperti, in tutta Italia e che debbono essere esaminati: ci auguriamo che adesso qualcuno si decida a verificare, caso per caso, su che presupposti si siano basati i provvedimenti di allontanamento dei minori».

Francesco Miraglia ospite l’8 marzo al Premio internazionale buone pratiche per ” il coraggio delle donne”

” Il riconoscimento andrà a Linda Gla, autrice del libro “L’amore è più forte della legge”. Francesco Miraglia sarà ospite l’8 marzo, alle 19, alla consegna del Premio internazionale Buone pratiche per “Il coraggio delle donne”: quest’anno la consegna del riconoscimento, promosso da NewsReminder in collaborazione con il Parlamento Europeo – Ufficio Italia, avverrà in modalità on line, su piattaforma Zoom. A ricevere il premio saranno Sabrina Lembo, autrice del libro “Anche io ho denunciato” con la prefazione di Maria Grazia Cucinotta, e Linda Gla, che ha narrato la sua vicenda personale e giudiziaria nel volume “L’amore è più forte della legge” con la prefazione di Vincenza Palmieri e i commenti curati da Francesco Miraglia, esperto di Diritto di Famiglia e di Diritto Minorile.

«La vicenda di Linda Gla è l’emblema del paradosso che le donne vittime di violenza, quando si rivolgono alle istituzioni in cerca di aiuto, vivono nel nostro Paese» dichiara Francesco Miraglia. «Ho seguito la vicenda di questa donna, così come quella di tante altre in diverse regioni d’Italia, dove si consuma il medesimo grado di ingiustizia: non appena si rivolgono ai Servizi sociali per fuggire da una vita di abusi, violenze e soprusi, spesso vengono loro tolti i figli, che finiscono rinchiusi in case famiglia. Ma, fatto ancor più incredibile, stiamo assistendo sempre più spesso a Tribunali che stabiliscono per queste donne le visite ai loro figli con il contagocce. Il mondo, a quanto pare, sta andando alla rovescia».

“L’amore è più forte della legge” è la storia vera di Linda Gla, che ha subito a lungo violenze fisiche e psicologiche in famiglia: ma quando ha trovato il coraggio e si è ribellata, è stata rinchiusa in un centro antiviolenza insieme ai suoi figli. E sarà l’inizio di un nuovo calvario: rinchiusi per essere liberi, Linda Gla e i suoi figli hanno scoperto le contraddizioni di un sistema che avrebbe dovuto proteggerli e che invece li ha schiacciati. Il libro evidenzia le lacune del sistema e l’ignoranza degli attori chiamati a far funzionare gli ingranaggi della giustizia, che finiscono spesso per agire in contraddizione con la legge stessa. Oggi Linda Gla  ha scelto di combattere a tutela delle persone vittime di violenza.

«Si fa un gran parlare in questi giorni di modificare il linguaggio con cui si identificano le donne» prosegue Francesco Miraglia «e ritengo che si possa anche partire da lì per innescare un doveroso cambiamento di mentalità: ma poi nel concreto mancano le giuste azioni di solidarietà e aiuto alle donne vittime di violenza. Se passa il messaggio che rivolgendosi alla giustizia si finisce con il perdere  i propri figli, quante altre donne preferiranno scegliere la via del martirio, della sopportazione delle violenze domestiche, con il rischio di morire uccise pur di non denunciaree rimanere così con i loro bambini? È giusto e doveroso un cambiamento di linguaggio e di mentalità, ma è più logico e urgente avviare un’attenta e concreta politica a tutela della donna».

Continuo a difendere gli innocenti dagli sciacalli. E non riescono a fermarmi

Mi attribuiscono il merito di avere smascherato il sistema Bibbiano, di aver chiarito che esso si riproduce, identico a se stesso, in molte parti d’Italia, di aver spiegato che i veri responsabili sono i giudici, che gli avvocati non hanno difeso i propri assistiti, che politici e amministratori ne guadagnavano e guadagnano tuttora soldi e potere. Io non ho mai pensato di avere meriti particolari, ma ora iniziano a farmelo credere: adesso che, ancora una volta e senza riuscirci, i politicanti che dominano da decenni in Emilia, insieme a loro pedine nei consigli forensi e tra i magistrati, cercano di fermarmi, di impedirmi ogni attività. Ripeto: senza riuscirci, e spiego perché. Come molti sanno, mi sono sempre impegnato nella difesa dei deboli, dei genitori poveri a cui vengono strappati i bambini, dei lavoratori sfruttati e raggirati dal sindacato, dei malati psichiatrici costretti a lavorare a due euro all’ora per cooperative sociali. A differenza di altri, non ho taciuto, ho difeso i miei assistiti senza paura dei potenti: e ho ricevuto, di tempo in tempo, una cinquantina di esposti, spesso di avvocati e giudici, ma tutti sempre messi da parte, perché evidentemente falsi ed interessati.

In alcuni momenti, però, il mio impegno e i riconoscimenti di persone oneste hanno fatto tremare qualche potente un po’ più potente (nella Fattoria degli Animali di Orwell, gli animali sono tutti uguali, ma il maiale è un po’ più uguale degli altri).

Per esempio, nella primavera del 2013 ho denunciato pubblicamente che alcuni giudici minorili mi avevano proposto un patto illecito, promettendo che non avrebbero mandato in adozione Stella (nome di fantasia), se io avessi convinto i genitori, miei assistiti, a non lamentare in una nota trasmissione televisiva le falsificazioni e gli abusi commessi dal tribunale minorile.

Ed ecco che, puntuale, nell’estate di quell’anno, arriva una condanna nei miei confronti: recuperano un vecchio esposto del 2005, il più farneticante di tutti, in cui una sindacalista si doleva che avessi tentato di estorcerle denaro, quando invece avevo richiesto al sindacato un risarcimento per un lavoratore ingannato e da lei male assistito, poiché gli aveva fatto perdere il posto di lavoro per una malattia che non gli impediva di restare in servizio presso il comune di Modena, in cui era impiegato. Tutti coloro che si erano occupati di quell’esposto lo avevano accantonato come pazzesco, compreso il giudice, che aveva sbugiardato e redarguito i falsi testimoni. Ma questa volta le cose cambiarono. Il giudice venne sostituito e il nuovo magistrato, equiparando incredibilmente la richiesta di risarcimento al sindacato a una minaccia estorsiva rivolta alla sindacalista, pronunciò una condanna, per così dire, a orologeria: a pochi giorni dalla prescrizione del reato. Poi, nella cancelleria scompare il fascicolo, così quando impugno la sentenza la prescrizione è già maturata: nonostante io chieda di riesaminare l’assurda accusa, i giudici d’appello e di cassazione non perdono tempo a rivalutare fatti prescritti.

Gli avvocati (quelli che non difendono e provano fastidio nei confronti di chi difende davvero i clienti) colgono la palla al balzo: nel 2014 aprono un procedimento disciplinare tardivo, perché quel processo si riferiva a fatti vecchi di dieci anni ( del 2005), mentre la legge forense, già entrata in vigore da tempo, fissa a sei anni il limite per procedere (e ciò in aggiunta all’assurdità dell’accusa e al palese mendacio dei testimoni). Patisco un ingiusto periodo di sospensione (durante il quale più di prima denuncio le storture del sistema e vengo ascoltato anche dai mezzi di informazione) e ritengo che sia finita lì.

Ma nel luglio 2018, nella mia arringa finale del processo Aemilia di primo grado per supposte infiltrazioni della ‘ndrangheta nell’imprenditoria emiliana, mi permetto di osservare che un processo serio avrebbe dovuto riguardare anche i politici e gli amministratori che per anni, stando all’accusa, avevano fornito appalti e copertura all’organizzazione criminale, in quel di Reggio Emilia. E tra quei politici e amministratori, come si sa, ve ne erano (e ve ne sono) di potenti, con incarichi locali e nazionali.

Nuovamente giunge puntuale il tentativo di repressione: ancora per quella vicenda del 2005, falsamente costruita molti anni prima, un collegio di avvocati, presieduti da un esponente, guarda caso, dell’ordine di Reggio Emilia, pronuncia la mia estromissione dall’albo.

La decisione era lacunosa, piena di errori e falsità, oltre che emessa in violazione del limite temporale imposto dalla legge forense.

Il mio impegno, però, continuava.

Nel 2019 esplode la notizia dell’inchiesta Angeli e Demoni, su Bibbiano.

Nel 2020 vengo indicato dall’ Espresso e da Repubblica tra i principali “testimoni” dell’accusa.

Nel 2021, dalle intercettazioni sul caso Palamara e dalle dichiarazioni rese dallo stesso emerge che alcuni politici, tramite ex esponenti del Consiglio dell’Ordine di Reggio Emilia e magistrati, hanno tentato di ostacolare e limitare l’inchiesta su Bibbiano e la stessa inchiesta Aemilia affinché non arrivasse a coinvolgere alcuni politici locali e nazionali.

Frattanto, in quegli stessi periodi, molte vittime del sistema Bibbiano si rivolgono a me, lamentando di non essere mai state effettivamente difese dai loro avvocati.

E a me si rivolge anche un importante magistrato, proponendomi di “aiutarci l’un l’altro”, di prendere posizione nel senso (assurdo) che i giudici minorili fossero a loro volta vittime dell’inganno di alcuni assistenti sociali e, in definitiva, chiedendomi di non ostacolare le sue attuali e future aspirazioni di carriera. Naturalmente, rispondo che non mi presto a scambi di aiuti segreti o illeciti, che non ho bisogno di ricevere né intenzione e modo di fornire.

Ecco, ancora una volta, la puntuale risposta repressiva: nel giro di pochi giorni, un esposto anonimo, rivolto contro di me e contro il sostituto procuratore di Reggio Emilia che conduce l’accusa su Bibbiano (frattanto arrivata a processo), preannuncia la conferma della mia estromissione dall’ordine, che dopo pochi giorni arriva con una sentenza redatta da un avvocato che dimostra di non essersi nemmeno letto il fascicolo.

Ovviamente, ho già proposto il ricorso per cassazione e nel giudizio della Suprema Corte confido in modo sincero: la sentenza (che necessariamente doveva intervenire a fermare il nuovo ciclone sui fatti di Bibbiano e sugli illeciti ostacoli posti all’inchiesta) è talmente frettolosa e parziale che non analizza le ragioni da me apportate, ma ne inventa altre, in modo da non affrontare gli errori della prima decisione, e così obbedisce a tutt’altro che ai criteri del diritto, senza indicare nemmeno l’esame dei fatti e le palesi e reciproche contraddizioni di chi li ha palesemente e poco abilmente inventati.

A fronte di così maldestri attentati, non ho certo bisogno di rendere ulteriori spiegazioni a chi conosce la mia esperienza e condotta. Devo tuttavia chiedermi: queste sono le cartucce che ladri di bambini e politicanti corrotti hanno da sparare? Così intendono fermare un impegno che parte dalla coscienza e dalla vicinanza alla gente per bene, agli ultimi, ai bambini, ai deboli, agli innocenti?

Sparano a vuoto, ancora come in passato: le loro illecite ritorsioni non attingono il mio titolo di avvocato europeo, per effetto del quale ho esercitato, esercito ed eserciterò sempre la mia professione anche e specialmente contro i potenti e le storture italiane.

Quelle ritorsioni, anche grazie ai professionisti che da sempre mi hanno affiancato nella mia professione, in primis mio fratello (buon sangue non mente!!!), soprattutto, non attingono il mio essere avvocato vero e convinto: un difensore, cioè, che difende chi ne ha bisogno; una voce per chi non ha forza di far sentire; un dito puntato contro le storture di un sistema a cui tengono bordone signorotti, giudicetti, avvocatucoli.

Sono con me (e io con loro) cittadini (moltissimi), colleghi onesti (pochi), associazioni ed enti socialmente impegnati ed istituzionalmente riconosciuti.

Il mio impegno e il mio lavoro, in serietà e costanza, proseguono, insomma, oggi più di sempre.

 

Francesco Miraglia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ferrara: intervento alla commissione d’inchiesta affidi.

Buongiorno,
prima di iniziare il tema che ci occupa, ringrazio prima di tutto il Presidente e i vari componenti della commissione che mi hanno dato l’opportunità di intervenire oggi.

Purtroppo, in generale tanti, troppi sono i temi che riguardano i minori e nello specifico l’operato dei servizi sociali, gli allentamenti, gli affidamenti sine die, la gestione delle strutture dirette all’accoglienza dei stessi minori e per ultimo, non per importanza il problema della giustizia minorile.

Uno dei temi che merita sicuramente un’attenta e profonda riflessione è l’applicazione dell’art. 403 cc  da parte dei servizi sociali.

L’articolo 403 cc. Dispone  che 2quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato  o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all’educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione2..

Il ricorso a tale articolo deve avvenire solo quando sia esclusa la possibilità di altre soluzioni e sia accertata la condizione di assoluta urgenza e di grave rischio per il minore, che richieda un intervento immediato di protezione; dell’allontanamento deve darsi tempestiva comunicazione alla competente Procura minorile per le iniziative del caso.

Primo problema: bisogna chiedersi se queste decisioni vengono prese nella piena consapevolezza della Tutela dei diritti dei minori e della salute dei stessi, tenendo o conto dei probabili futuri gravi danni conseguenti all’allentamento della famiglia di origine.

 

Infatti, una errata applicazione di tale procedura comporta delle situazioni disastrose e dannose  per il minore, per i genitori o/e ancor peggio per l’intera famiglia.

Tempo fa mi sono occupato di un caso nel ferrarese ove è bastata una semplice telefonata di un ex fidanzato che dopo essere stato lasciato dalla compagna ha telefonato ai carabinieri sostenendo che la stessa volesse suicidarsi con il figlio per fa scattare questa tremenda procedura.

Ebbene, doposoli due giorni si sono presentati 4 assistenti sociali, ed una pattuglia dei Carabinieri, l’ambulanza per all’montanare il bambino di appena 4 anni.

Solo dopo cinque o sei mesi sono iniziati gli incontri protetti tra la madre e il figlio e solo dopo 4 mesi, a seguito di continue istanze,  è stata fissata l’udienza.

Si comprende che un potere così, non può e non deve essere esercitato con superficialità, pressapochismo e spesso con incompetenza.

Ad ogni modo, un potere così autoritativo non può essere lasciato a libero arbitrio della pubblica amministrazione, ma deve essere riconosciuto esclusivamente al potere Giurisdizionale.

Purtroppo i problemi non riguardano solo il servizio sociale e le sue iniziative.

Occorre sottolineare anche l’inefficienza della Procura Minorile che spesso omette qualsiasi accertamento concreto sulle motivazioni degli allontanamenti ex art. 403 cc, che tra l’altro pochissime  volte vengono  argomentate da parte del servizio sociale.

Non voglio assolutamente in questa sede soffermarmi sul problema della giustizia minorile,  ma non si può fare a meno di sottolineare  che spesso manca una vera e propria istruttoria e che i ricorsi della Procura sono spesso dei meri dei copia incolla con le segnalazioni; nel  procedimento minorile  viene completamente dimenticato il diritto di difesa e le regole del giusto processo che dovrebbero caratterizzare ogni processo

Purtroppo, nell’affrontare queste tematiche si corre il rischio di essere addirittura banali.

E’ mai possibile che al peggior delinquente colto in flagranza di reato debbano essere garantiti, come giusto che sia, tutti i diritti previsti dal nostro ordinamento, e mi riferisco a titolo esemplificativo, alla notifica della notizia di reato, alla convalida del fermo entro dei termini stabiliti, il diritto di rispondere alle domande o di avvalersi della possibilità di non rispondere ed altro, mentre , diversamente ad un bambino viene negato ogni diritto?

Nel caso a cui ho fatto riferimento il bambino era stato portato via senza nessun concreto, di pericolo o di urgenza.

Tutto sommato ,sarebbe quanto meno normale, se accertata l’infondatezza delle motivazioni, il bambino potesse ritornare nella propria famiglia …e invece no questo non accade!!

Occorrono sempre valutazioni, percorsi (con le conseguenti lungaggini), che spesso vengono demandati agli stessi operatori che hanno attuato l’allentamento attraverso il  403 c.c..

Vi chiederete, “ammetteranno mai di aver sbagliato??? “…

La risposta è no, ed anzi l’eventuale contestazione dei genitori all’operato degli assistenti sociali verrà considerato come incapacità genitoriale.

E’ possibile ciò?

Ma è capitato ancora peggio: ad una dottoressa di Bologna è stata portata via la bambina con un 403 cc addirittura prima che nascesse.

Il problema era perché la mamma medico regolarmente sposata, il nonno materno chirurgo e la nonna materna insegnate, risultava in carico al Centro di Salute Mentale per una pregressa e datata depressione.

Incredibilmente, almeno dalle date degli atti risulta che la bambina è nata il 25 luglio, la segnalazione dell’assistente sociale avveniva in data 4 luglio, ed il decreto del TM che disponeva l’allentamento datato 10 luglio, mentre il ricorso del PM risulta del 2 agosto.

La cosa più incredibile è che tutto ciò è passato sotto il completo silenzio di tutti, ma ancora più incredibile è che la bambina è stata dichiara adottabile.

Tutto questo è normale?

Tutto questo può essere accettato?

Questi due casi sono l’esempio di un sistema malato.

Dovrebbe essere pacifico ,per quanto riguarda l’esecuzione (alquanto delicata ed invasiva) dell’art.403c.c., che lo stesso non possa essere eseguito, ogni qual volta manchino i presupposti dello stato di abbandono morale o materiale del minore, che deve essere accertato o ben evidente; quando manca l’esposizione del minore a grave pericolo per il suo benessere fisico e psichico a causa delle condizioni in cui è allevato, non può e non deve essere eseguito un all’adontamento ai sensi dell’art. 403 cc .

Il Tribunale ha l’obbligo di motivare il ratifica della richiesta del 403 cc e non appiattirsi sul ricorso del MPM o peggio accora consideralo un semplice atto amministrativo.

Ad ogni modo, in caso di allontanamento del minore, deve essere data priorità al collocamento presso parenti entro il quarto grado, piuttosto che presso estranei o istituti. Ai parenti entro il quarto grado la legge sulle adozioni riconosce un ruolo nell’ambito del procedimento che conduce alla dichiarazione di adottabilità, dovendo essere avvertiti dell’apertura del procedimento (art. 10) e potendo, con la loro presenza, escludere che il minore sia dichiarato definitivamente in stato di abbandono (artt. 11 e 12).

Altro tema che merita attenzione è la gestione delle strutture di accoglienza e delle case famiglie.

Appare surreale ma ad oggi non sappiamo con certezza nè quanti minori sono affidati ai servizi sociali, nè quanti siano collocati nelle strutture e ancora peggio quante case famiglie ci siano nel nostro territorio.

Tuttavia, la cosa grave è la quasi totale mancanza di sorveglianza, di ispezione e controllo sia sulla gestione che sullo stato dei minori collocati.

Mi sembra inverosimile che con semplici auto-certificazioni si possano aprire strutture così particolari e delicate che inevitabilmente incidono sulla vita delle persone.

Pertanto, non possiamo meravigliarci, se qualche struttura nella nostra regione, come anni fa ho denunciato pubblicamente, era gestita da un esponente delle BR che a suo tempo si era dichiarato prigioniero politico, o peggio ancora da soggetti magari imputati per maltrattamenti o addossatura per abusi sessuali.

Io ho sentito vari interventi dove molti hanno sostenuto la necessità di nuove leggi, di riforme epocali. Ebbene, io non sono tanto d’accordo su questo, viste anche le migliaia di leggi che ci sono nel nostro ordinamento.

Semplicemente, bisogna far rispettare le leggi che ci sono e soprattutto far valere il principio secondo il quale “chi sbaglia va a casa”.

E’ incredibile, che queste strutture spesso siano abbandonate a sè stesse come fossero la terra di nessuno.

La Procura dei Minori, gli assistenti sociali, il garante dell’infanzia (figura anonima a mio parere), i politici, i componenti della commissione infanzia, possono e dovrebbero fare le ispezioni, controllare la gestione, come vivono i minori.

Ebbene, per capire come anche questa situazione non funzioni per nulla, basta chiedere in primis alla Procura ed agli altri soggetti sopra indicati quante ispezioni hanno fatto in un anno, quante volte sono andati a controllare gli ambienti e la quotidianità vissuta dai minori.

Anche per quanto riguarda questo tema, mi sembra opportuno fare riferimento ad un caso concreto accaduto nella provincia di Ferrara.

Poco tempo ho depositato un esposto alla Procura di Ferrara, circostanziata e soprattutto corredata da fotografie dove si dimostrava, come si dice in Tribunale, “oltre ogni ragionevole dubbio”, la presenza di: soppalco pericolante, scarafaggi, ruggine dappertutto, muffa, docce rotte, cibi scaduti.

Se fossimo in paese normale questa struttura sarebbe stata chiusa  immediatamente ed il responsabile denunciato.

Siccome nel nostro paese il vero scandalo è paradossalmente che “nulla fa scandalo”, questa casa famiglia è aperta regolarmente e gestita sempre dalla stessa persona.

Il lato positivo è che, grazie alla mia denuncia sono stati fatti tutti i lavori di ripristino.

La cosa incredibile è che non solo a nome della mia assistita ma anche a nome di tutti gli altri ospiti ho depositato un’istanza con le foto anche presso il tribunale per i Minorenni, chiedendo che il fascicolo fosse trasmesso alla Procura per gli opportuni accertamenti, ma un giudice onorario (che fortunatamente è poi stato allontanato dal suo incarico per conflitti d’interessi),  riferiva nell’occasione che “con la questione processuale queste circostanze nulla avevano a che vedere”.

Ma ancora peggio è che i controlli da parte dei Nas, a cui mi ero rivolto, sono “casualmente” avvenuti quando i lavori di ristrutturazione erano conclusi.

Quindi tutto è passato come normale amministrazione.

Voglio precisare, che a distanza di due anni, la Procura della Repubblica di Ferrara nulla ha comunicato, quando addirittura, oltre alle foto, ho altresì depositato il preventivo lasciato in giro dai muratori che stavano effettuando i lavori dei lavori.

Sapete cosa mi hanno risposto i NAS di Bologna alle mie sollecitazioni: “noi quando siamo andati era tutto in regola…” forse bastava andarci prima, anzi bastava andarci mentre facevano i lavori, considerato che io stesso avevo provveduto a comunicarlo  agli stessi Nas.

Vado a concludere, auspicando che il tema dei minori e degli affidamenti venga affrontato seriamente da tutti senza farne una battaglia di colori odi fazioni; questo tema condizionato da conflitti di interessi, potere e tanti tanti soldi,  deve diventare per tutti una battaglia di giustizia e di vera civiltà.

Grazie a tutti.

” Armando Editori presenta: “Bambini Prigionieri”

“10, 100, 1000 Bibbiano. Il nuovo libro di Vincenza Palmieri e Francesco Miraglia. Il volume arriva in libreria proprio quando un altro possibile “caso Bibbiano” si affaccia alle cronache: nell’indagine coordinata dalla Procura di Massa la Filiera Psichiatrica sembra manifestarsi, ancora una volta, in tutta la sua ferocia

«Se fin dal principio non avessimo utilizzato ciò che abbiamo di più caro – il Diritto, la Ricerca, la Scienza senza scheletri nell’armadio, la Libertà di Comunicazione – e non ne avessimo fatto un metodo, molte cause sarebbero state perse: molti bambini sarebbero stati persi. E noi preferiamo essere scomodi che perpetrare l’ingiustizia».

È uno dei passaggi di Bambini Prigionieri, il nuovo libro di Vincenza Palmieri (Presidente Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare e Consulente Tecnico Forense) e di Francesco Miraglia (Avvocato Cassazionista Esperto in Diritto Minorile e Mediazione Penale) da oggi in libreria con Armando Editore.

Con una Prefazione di Mario Giordano e la Postfazione di Francesco Morcavallo, il testo racconta – partendo dal “caso Bibbiano” – le storie di madri e padri che si sono visti sottrarre i propri figli a causa di una presunta inidoneità genitoriale. Storie di allontanamenti illegittimi e di perizie “copia & incolla”, di bambini strappati alle loro famiglie solo per essere segregati nelle strutture, sedati e a volte persino legati ai letti; nonché di cooperative create e mantenute in vita al solo scopo di lucrare, spesso con la compiacenza della politica, sulla pelle dei più deboli.

 

Bambini Prigionieri arriva sugli scaffali nello stesso giorno in cui un altro possibile “caso Bibbiano” s’impone all’attenzione mediatica. Si tratta di un’indagine anticorruzione coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Massa, che vede coinvolti funzionari pubblici, rappresentanti di enti locali e gestori di una cooperativa rispetto ai servizi di “Accoglienza” dei minori:

Una filiera declinata in tutto il suo torbido invischiamento, sostiene Vincenza Palmieri per fare sempre più affari con i bambini prigionieri. Questo volume è il nostro contributo affinchè  “10, 100, 1000 Bibbiano” possano  mettere a nudo ancora una volta il Sistema di collusione politica che, attraverso clientelismo e bacini di voti lavora notte e giorno per alimentare se stesso, a discapito dei Minori e delle Famiglie”.                     

I fatti di Massa Carrara» afferma Francesco Miraglia «come tante altre inchieste di questi anni, dimostrano l’esistenza di un sistema che merita attenzione da parte dell’opinione pubblica ma soprattutto della politica, di ogni colore. Storie portate alla luce in questo libro, che raccontiamo attraverso casi concreti vissuti in prima persona come professionisti.“

Se “10, 100, 1000 Vietnam”, 50 anni fa, rappresentava l’entusiasmo dei giovani che auspicavano un’epocale rivoluzione sociale, oggi – con identico entusiasmo – “10, 100, 1000 Bibbiano” vuole essere il grido di chi si dà la missione di liberare i BAMBINI PRIGIONIERI e smascherare una Filiera Psichiatrica e Politica che anche quest’anno, a Natale, lascerà oltre 50 mila bambini lontani dalle proprie case.