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Assistenti sociali registrati di nascosto smascherano di aver architettato l’allontanamento di un padre dai suoi figli

Invece di scusarsi, denunciano l’uomo.
REGGIO EMILIA (10 maggio 2019). “Pazzo”: così la psicologa dei Servizi sociali ha etichettato un uomo residente in un paesino di montagna in provincia di Reggio Emilia. Pazzo, tanto da non poter più vedere i suoi tre bambini, da non potersi avvicinare a loro, che abitano con la mamma, da cui lui è separato. Pazzo, solo che l’uomo pazzo non è: e a dirlo non è una psicologa (che non sarebbe titolata a formulare una diagnosi di questo tipo) come quella che opera nei Servizi sociali comunali, bensì lo psichiatra che l’ha visitato. E nel corso di una registrazione gli operatori sociali si lamentano del fatto che la dichiarazione dello psichiatra (definito in maniera poco gentile “mongoloide”) li costringe a rivedere la loro “diagnosi”, sulla base della quale il presidente del tribunale ha accolto a gennaio del 2016 la loro richiesta di sospendere le visite tra l’uomo e i suoi figli.
La “ammissione” da parte degli operatori è avvenuta casualmente, dopo un incontro con l’uomo, che aveva avuto da loro l’autorizzazione a registrare il colloquio, durante il quale chiedeva spiegazioni sul suo allontanamento dai bambini. Andato via, ha dimenticato lo zaino con il registratore acceso: grande è stata la sorpresa quando, recuperatolo poco dopo, a casa ha riascoltato la conversazione. In sua assenza gli operatori dei Servizi sociali si sono lasciati andare a commenti ben poco lusinghieri, prendendosela persino con lo psichiatra, poiché non aveva avvallato la loro teoria secondo la quale l’uomo soffra di disturbi psichici, dandosi degli “stronzi” quando, sghignazzando, parlavano di decidere chi dovesse partecipare agli incontri protetti con lui.
L’uomo ha estratto alcuni brani della registrazione, postandoli sul proprio profilo Facebook, senza commentarli: invece di ricevere delle scuse, è stato denunciato per diffamazione sia dagli operatori che dal sindaco del paese.
«Episodio assurdo e gravissimo» commenta il suo legale, l’avvocato Francesco Miraglia. «Se questi costruiscono diagnosi non veritiere, sulla base delle quali impediscono a un padre di vedere i propri figli, ma come lavorano? Ma quanti casi di provvedimenti emessi sulla base di diagnosi e decisioni erronee e manipolate ci sono in quel paesino? Ci difenderemo dalle loro accuse infondate e, anzi, saremo noi a procedere con le querele per calunnia nei loro confronti. In questa vicenda pare proprio che manchino il buon senso e la competenza professionale. Il sindaco del paese si è affrettato a sporgere querela contro questo suo concittadino, ma non pare essere stato altrettanto veloce nel verificare a fondo le motivazioni per le quali dei bambini sono stati allontanati dal loro papà, e lo sono tutt’ora, da anni, senza che vi fosse una motivazione valida e plausibile, dal momento che il presunto disturbo psichiatrico di cui avrebbe sofferto questo padre è stato smentito da un professionista competente. Ha mai controllato, questo sindaco, come lavorano i suoi operatori sociali? Se le istituzioni comunali latitano nel verificare la correttezza degli operatori pagati con i soldi pubblici, che dovrebbero unicamente lavorare per il bene dei loro cittadini, ci auguriamo perlomeno che altre istituzioni, come la Regione Emilia Romagna, intervengano con un’ispezione a fare chiarezza: siamo pronti a produrre in qualunque momento la registrazione contente le gravi affermazioni degli operatori sociali».
Il 16 maggio ci sarà l’udienza e l’auspicio dell’avvocato Miraglia, ma soprattutto di questo padre, è che il tribunale di Reggio Emilia convochi i servizi sociali, ascolti anche  i  bambini, per capire cosa provano per questo allontanamento forzato, quanto inutile, dal papà e soprattutto faccia finalmente chiarezza.