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Bimbo costretto a vedere il papà pedofilo «E ha molestato anche la sorellina»

20130725_bimbo-costretto-vedere-padre-pedofilo-2La donna si è rivolta a un avvocato che ha querelato gli assistenti sociali. Ex marito a giudizio per abusi sessuali

di Michelangelo Cecchetto
PADOVA – Una psicologa ed un’assistente sociale di un consultorio dell’Alta Padovana che fa capo ai Servizi sociali dell’Ulss 15 sono state querelate dall’avvocato Francesco Miraglia del foro di Modena. Motivo: «Il figlio della mia assistita – scrive il legale – viene costretto dai servizi ad incontrare il padre, dopo che l’uomo è stato rinviato a giudizio con l’accusa di aver compiuto abusi sessuali. L’uomo aveva molestato anche la sorellina». Il 29 giugno scorso è stata intrapresa l’azione legale dalla mamma del bambino, che ha chiesto che le due professioniste non si occupino della vicenda avvenuta quando il figlio aveva 3 anni e la figlia 11.
«Nel 2007 la donna sospetta che il compagno molesti la figlia e quest’ultima, interrogata nel Tribunale di Padova, racconta di come sia stata obbligata dall’uomo a vedere film pornografici, a denudarsi davanti a lui e di come questo adulto la ritenga “l’unica donna della sua vita”, invitandola poi, compiuti i quattordici anni, a «vivere insieme per essere una famiglia».
«Il fratello più piccolo, nel frattempo, viene obbligato a chiamare “mamma” la sorella e a subire i primi abusi – ricostruisce il legale – Il bimbo già all’epoca comincia a dare i primi segni di insofferenza. Il suo comportamento cambia ogni volta che incontra il padre che, nel frattempo, non abita più con loro. Anche il bambino viene ascoltato dal Giudice e nel 2012, l’uomo viene rinviato a giudizio con l’accusa di violenza sessuale sul proprio figlio. Malgrado questo, il Tribunale per i Minori di Venezia obbliga il piccolo a vedere comunque il padre presso i Servizi sociali. Il bambino non approva la scelta e manifesta più volte il suo dissenso, anche davanti agli stessi operatori».
«Nel giugno scorso – continua l’avvocato – i Servizi sociali vengono invitati a presentare una relazione al Tribunale per i Minori di Venezia. La donna si sente “accusare” dagli operatori del Servizio di manipolare il figlio a suo favore. Tutte queste accuse – spiega Miraglia – non solo non sono supportate da documenti, da testimonianze, ma denotano come ci sia stato un vero e proprio accanimento contro la donna, che io ritengo ingiustificato. Se il figlio non incontra il padre, è stato detto alla madre, l’alternativa è l’allontanamento».

Abusi sui figli, assolta madre Il sindaco alza le barricate: "Servizi sociali senza colpe" I veri orchi erano papà e nonno

La posizione del Comune di Cesate dopo la sentenza: “Se vi fossero state delle responsabilità reali ed evidenti imputabili agli uffici municipali, queste avrebbero provocato immediatamente un’azione d’ufficio da parte della magistratura”
Cesate, 9 luglio 2013 – «Difendo il lavoro dei servizi sociali e sono certo della bontà del loro operato». Queste le prime parole di Roberto Della Rovere, fascia tricolore di Cesate, in merito alle dichiarazioni di Francesco Miraglia, avvocato della madre assolta dall’accusa di aver abusato dei propri figli. «Anche gli operatori sociali che si sono occupati dei minori avrebbero meritato di essere portati a processo per omesso controllo su quanto i bambini subivano all’interno delle mura domestiche», la durissima accusa del legale.

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Pronta la replica del sindaco: «Voglio precisare che, qualora vi fossero state delle responsabilità reali ed evidenti imputabili agli uffici municipali, queste avrebbero provocato immediatamente un’azione d’ufficio da parte della magistratura». I servizi cesatesi, secondo l’avvocato Miraglia, «le avevano consigliato di collocare i figli presso l’abitazione dei nonni». Nonni condannati per aver abusato dei piccoli. «Se, a seguito della sentenza del tribunale, dovessero esserci delle azioni legali nei confronti del Comune, senza dubbio ci difenderemo nelle sedi opportune e soprattutto tuteleremo gli operatori che lavorano nel nostro ente», conclude il primo cittadino.
di Emanuele Alberti

Abusi sui figli, assolta madre I veri orchi erano il papà e i nonni Cesate, la donna non vede i bambini da tre anni

Anni di violenze sui bimbi (di otto e sei anni) accompagnate da minacce, sberle, percosse con cinghia e mazza da baseball. I piccoli erano stati affidati ai parenti su consiglio degli assistenti sociali, ai quali la donna si era rivolta perché maltrattata dal marito. Il legale: “Si è rischiato di mettere in carcere ingiustamente una innocente”

Cesate, 8 luglio 2013 – Accusata di abusi sessuali, viene assolta, ma nel frattempo da tre anni non vede i figli. La storia accade a Cesate, nell’hinterland milanese. La donna si era rivolta ai servizi sociali perchè veniva maltrattata dal marito. Le assistenti sociali le consigliano di affidare i figli, una bambina di 8 anni e un bambino di 6 anni, ai nonni paterni. Saranno loro e il marito ad abusare dei minori, il tutto accompagnato da minacce, sberle, percosse con cinghia e mazza da baseball. Inoltre quando non acconsentivano alle richieste dei familiari venivano rinchiusi in camera al buio e costretti a vedere film a connotazione sessuale.
Ma anche lei finisce banco degli imputati e dal 2009 non vede i suoi figli. L’altro giorno la nona sezione del Tribunale di Milano  ha messo la parola fine a questa terribile vicenda prosciogliendo la madre dall’accusa perché “il fatto non sussiste” e condannando invece il padre e il nonno dei minori a 9 anni. A far scagionare la madre, Francesco Miraglia del Foro di Modena, “si è trattato di un caso molto delicato – spiega l’avvocato Miraglia – nel quale si è rischiato di mettere in carcere ingiustamente una donna, già profondamente provata, dalle percosse che subiva dal marito e che l’avevano portata a rivolgersi ai servizi sociali per chiedere aiuto. Gli stessi, oltre a consigliare alla madre di collocare i figli presso l’abitazione dei nonni, non le hanno mai permesso di incontrare i figli mentre erano costretti a subire i fatti di cui al processo”.
di Roberta Rampini

"Basta dare psicofarmaci a mio figlio» Il giudice le sospende la patria potesta

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IL CASO

La lotta di una madre bassanese. Per il tribunale dei minori non riesce a gestire il sedicenne

IL CASO
«Basta dare psicofarmaci a mio figlio»
Il giudice le sospende la patria potestà
La lotta di una madre bassanese. Per il tribunale dei minori non riesce a gestire il sedicenne
BASSANO DEL GRAPPA (Vicenza) – «Non voglio che imbottiscano mio figlio di psicofarmaci: così non lo aiutano ». È la battaglia di una madre. Lei bassanese di 40 anni. Il figlio, un adolescente problematico che il tribunale dei minori di Venezia ha appena deciso di togliere al genitore e trasferire in una comunità protetta. Il motivo? La donna aveva protestato coi medici del reparto di psichiatria del San Bassiano, dove il ragazzo era stato ricoverato dopo aver detto (ubriaco) di volersi uccidere. Ed è proprio in seguito a quella discussione che la donna si è vista sospendere la patria potestà. Un provvedimento che ha toccato anche il papà, che però è sempre stato molto assente. Risultato, il minore è stato affidato ai servizi sociali dell’Ulss 3 e trasferito in una comunità educativa. A denunciare la vicenda è il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, che commenta: «La decisione dei medici e del tribunale apre la strada a possibili violazioni dell’articolo 32 della Costituzione che sancisce la libertà di cura».
Il primo ricovero nel reparto di psichiatria del ragazzino, con disagi e sintomi depressivi, è durato un mese. A cui ne sono seguiti altri due, di 15 giorni circa. «La madre ha tentato di opporsi all’uso di uno psicofarmaco » spiega la onlus che, in un comunicato, si spinge a dire che il minore «ha rischiato di morire a causa degli effetti collaterali di un farmaco». Per l’associazione, «l’ospedale, invece di comprendere le legittime contestazioni della donna, si è rivolto al Tribunale che le tolto la patria potestà senza alcun reale processo». E questo nonostante la 40enne, a metà aprile, avesse alla fine accettato di firmare il consenso informato alla somministrazione degli psicofarmaci, come risulta dai documenti sanitari. A maggio la notifica del provvedimento del tribunale dei minori che si fonda proprio sull’ «opposizione della madre alla terapia farmacologica ritenuta in questo momento necessaria dai medici», motivando con il fatto che «pur riconoscendo i problemi del figlio non riesce a gestirlo». Disperata, la donna si è rivolta all’avvocato Francesco Miraglia che si è avvalso della consulenza del dottor Paolo Cioni, psichiatra di fama internazionale, e si è rivolto poi alla onlus. «La mamma non è contro i farmaci, semplicemente non vedeva alcun miglioramento – spiega il legale – il ragazzo era sempre più intontito… È incredibile che, se un genitore chiede spiegazioni sugli effetti collaterali dei farmaci assunti dal figlio, senza tra l’altro ottenerle, il tribunale gli sospenda la potestà genitoriale senza neppure avviare un’istruttoria».
L’avvocato contesta anche il fatto che l’adolescente sia stato ricoverato in un reparto per adulti. «Com’è possibile che una Regione così all’avanguardia sotto il profilo sanitario, non abbia un reparto per ragazzi con simili problemi? Se verranno riscontrate delle ripercussioni chiederemo i danni». Secondo Miraglia, «il minore pochi giorni fa è stato ricoverato nuovamente al pronto soccorso a causa degli effetti collaterali del farmaco che è costretto ad assumere contro la sua volontà ». L’udienza in tribunale per discutere il caso è fissata a luglio. «Ma passeranno almeno 4-5 mesi prima che venga emesso un nuovo provvedimento – onclude il legale – il che significa che il 16enne continuerà ad assumere quei farmaci…».
Benedetta Centin
22 giugno 2013© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il progetto a difesa dei minori “Mai Più un Bambino” diventa giornata internazionale e approda nella casa famiglia di “Capitano Ultimo”

Il progetto “Mai Più un Bambino” a difesa dei minori e delle famiglie che ogni giorno lottano perché i loro piccoli vengano rispettati sia dal punto di vista giudiziario che nel campo sanitario e pedagogico raggiunge un nuovo traguardo. Dopo essere stato oggetto di un libro, scritto dall’avvocato Francesco Miraglia del Foro di Modena, dall’ex Ministro alla Salute Antonio Guidi e dalla presidente dell’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare (INPEF) Vincenza Palmieri ed edito dalla Armando Editore (2013) diventa un appuntamento annuale con l’istituzione della Giornata Internazionale “Mai Più un Bambino” .
 
 
 
La prima si svolgerà il prossimo 23 giugno dalle 10 alle 18 presso la sede dell’Associazione Volontari Capitano Ultimo presso la Tenuta della Mistica a Roma. Un momento di grande festa quello organizzato dall’Associazione Nazionale dei Pedagogisti, dall’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare e dalla Casa Famiglia Volontari Capitano Ultimo che prevede vari momenti di incontro e confronto a partire dal workshop dal titolo “Modelli di accoglienza e accompagnamento, Vivere senza Psicofarmaci®, Scambio, lavoro, educazione, criminalità: il valore aggiunto della “differenza”” che vedrà l’intervento dei relatori Vincenza Palmieri, Francesco Miraglia, Francesco Morcavallo, Stefania Petrera, Eleonora Grimaldi, Amelia Izzo, Adele Cagnetta, Padre Rovo, i Carabinieri volontari e i Minori stranieri non accompagnati.
 
 
 
Si tratta di un momento importante – spiega l’avvocato Francesco Miraglia del Foro di Modena, che è stato fin dall’inizio uno dei promotori del progetto – che ribadisce la nostra volontà concreta di lavorare attivamente, insieme ad altri gruppi, associazioni, singole persone affinché i diritti dei bambini vengano riconosciuti. Da sei mesi, stiamo portando in giro per l’Italia un messaggio chiaro: i minori vanno tutelati ogni giorno dell’anno e non solo quando i fatti di cronaca ci ricordano che esistono. Essi vanno seguiti, devono poter continuare a vivere in famiglia qualora le loro singole situazioni lo permettano, oppure essere ospitati in case famiglia che effettivamente ne garantiscano la “tutela” e non che li usino come “businness”. I bambini vanno amati, ascoltati e non sottoposti a trattamenti sanitari obbligatori o riempiti di farmaci. Il fatto che anche l’associazione di Capitano Ultimo, o meglio del Colonnello Sergio De Caprio (noto ai più per aver arrestato Totò Riina nel 1993) abbia deciso di sposare questa causa, ci onora e ci conferma che stiamo lavorando nella giusta direzione”.
Una giornata nella quale si alterneranno anche momenti di animazione come lo spettacolo del “Volo del Falco” o ancora quello curato dagli Artisti per i Diritti umani, i laboratori pratici sulla lavorazione del pane, dei dolci, della pasta e dell’artigianato (curati anche dai Richiedenti asilo), il mercatino etnico e l’esibizione del gruppo musicale “Ghost” con Alex e Enrico Magistri.
 
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Corte di Appello di Torino “contro” un minore: ora Roberto di 10 anni torna a vivere in comunità


Un’odissea di 5 anni per un bambino piemontese che vorrebbe stare con la sua mamma.
Sentenza paradossale quella disposta dalla Corte di Appello di Torino su un caso di affidamento minorile che ha “rigettato” la decisione del Pubblico Ministero, (unico organo competente legittimato a prendere provvedimenti in materia) di lasciare il bambino alle cure della madre e ne ha disposto invece la sua collocazione prima in un’altra famiglia e in seguito in comunità. Una decisione che ha cambiato radicalmente la vita del piccolo e che, di fatto, non lo tutela ma, per assurdo, gli si pone addirittura contro.
Una vicenda che si trascina da 5 anni e la cui gravità, sia a livello formale che pratico, è ben chiara a coloro che sono soliti frequentare i tribunali e destreggiarsi tra leggi, atti, ricorsi ma che deve uscire dalle aule e essere resa pubblica in quanto ci si trova davanti a un evidente caso di malagiustizia che calpesta, in maniera clamorosa, i diritti dei minori.
La storia del piccolo Roberto (nome di fantasia) di 10 anni, inizia quando a causa dei problemi psichici della mamma e per incomprensioni fra quest’ultima e i nonni materni, a seguito della relazione dei Servizi sociali (redatta come impone la legge), il bambino viene mandato a vivere in una nuova  famiglia.  Contemporaneamente viene attivata la procedura per la sua adottabilità.
A questo punto, i legali della madre e dei nonni, gli avvocati Francesco Miraglia del Foro di Modena e Ulpiano Morcavallo del Foro di Roma intervengono chiedendo e riuscendo ad ottenere che quest’ultimo procedimento non venga attuato e che quindi il bambino stia con la madre con la supervisione dei servizi sociali.
Il problema – spiega l’avvocato Miraglia – è che il piccolo non è stato inserito in una famiglia a Torino, in modo che potesse continuare a frequentare la stessa scuola, gli amici, a seguire le sue abitudini, bensì a 100 chilometri di distanza. Ci chiediamo: “E’ possibile che in una città con più di 800 mila abitanti, non fosse disponibile un nucleo familiare pronto ad accoglierlo? Ci sono forse altri interessi dietro a questa vicenda? Una situazione che definirei piuttosto anomala e che vorrei venisse chiarita”. Intanto il bambino nella nuova famiglia in cui è stato ospitato, non si trova bene.
Poi il colpo di scena. La Corte di Appello di Torino, lo scorso mese, dispone improvvisamente la cessazione dell’affidamento eterofamiliare (in questo tipo di procedura, il minore può essere affidato ad una famiglie con o senza figli, a singoli individui o a comunità di tipo familiare) e il collocamento di Roberto in una struttura comunitaria, malgrado abbia in precedenza affermato e preso atto della “sussistenza di un solido rapporto affettivo tra il minore ed i familiari di origine e la nocività, per l’equilibrio psicologico del bambino, di un definitivo e totale distacco dalla madre e dai nonni materni. In secondo luogo, dava conto dell’avvenuta cessazione dell’affidamento eterofamiliare disposto in prime cure, a seguito della situazione di disagio prodottasi per il minore, che aveva rifiutato e disconosciuto il ruolo degli affidatari ed aveva a più riprese richiesto di ricongiungersi alla propria madre ed alla propria famiglia”.
Non credo sia possibile – conclude l’avvocato Miraglia – che dopo 4 anni Roberto non abbia ancora trovato un luogo dove poter abitare in modo sereno e, che alla stregua di un pacco, venga spostato da un contesto all’altro. Inoltre si tratta di una disposizione che non spetta alla Corte, in quanto, si badi bene, è il Pubblico Ministero che ha il potere decisionale in questo ambito e che, nel caso specifico, non aveva né chiesto l’intervento della Corte, né tantomeno l’affidamento ma, anzi, aveva optato per la sospensione del procedimento di adottabilità al fine di acquisire nuove valutazioni e disposto, addirittura il ripristino degli incontri tra la madre e il bambino come si legge nella sentenza. Si tratta di un provvedimento grave e proprio per questo abbiamo deciso di ricorrere in Cassazione, avvalendoci quindi dell’ultimo grado di giudizio. Ci troviamo infatti  difronte a una serie di violazioni sia legislative che morali gravi ed è nostro compito sottolinearle ed intervenire prontamente affinché esse non si ripercuotano ancora su Roberto, che ha diritto di vivere felicemente”.
 
 

Controlli nella residenza per minori Interviene il Garante per l'Infanzia

L’autorità regionale bacchetta i Comuni di Salsomaggiore, di Fidenza e l’Ausl per  carenze nelle verifiche dopo le denunce di presunti maltrattamenti nella “Cà degli Angeli” di Tabiano Terme, per cui è imputato l’ex brigatista Flavio Amico

I controlli sulla residenza per minori “Cà degli Angeli” di Tabiano Bagni, finita nel mirino della magistratura per presunti maltrattamenti nei confronti di due giovani ospiti, sono stati carenti e insufficienti ad attivare opportuni interventi cautelativi. E’ l’opinione del Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Emilia Romagna, Luigi Fadiga, che con un provvedimento dello scorso 27 maggio ha chiesto ai sindaci di Salsomaggiore Terme e di Fidenza e all’Ausl una “più puntuale applicazione della normativa e delle direttive regionali” concernenti la vigilanza sulle strutture di accoglienza per minorenni.  Il caso è emerso in seguito a un esposto dell’avvocato Francesco Miraglia ed è stato oggetto, nei mesi scorsi, di interrogazioni in consiglio regionale e anche in Parlamento. A fare scalpore soprattutto il fatto che il coordinatore della residenza “Cà degli Angeli” fosse all’epoca dei fatti Flavio Amico, ex brigatista condannato a 18 anni di reclusione per associazione sovversiva. Amico è attualmente imputato insieme alla moglie Margherita Fortisi presso il tribunale di Fidenza per presunti maltrattamenti e abuso dei mezzi di correzione nei confronti di due ragazzini originari del modenese, ospiti della struttura tra il 2008 e il 2009. Ancora oggi l’uomo lavora come educatore a Cà degli Angeli e in una casa famiglia a Fidenza, strutture collegate all’Onlus “We are here  –  Noi siamo qui” di cui è presidente la Fortisi.  Sul passato

di Flavio Amico il Garante è chiaro: “Il signor Amico risulta riabilitato da precedenti condanne, di cui pertanto non si deve tener conto”. Avrebbe scontato la condanna per associazione a banda armata tra il 1978 e il 1990 e ora può godere appieno dei diritti civili e politici. Rimane però aperta la questione dell’indagine per i presunti episodi di violenza. Il processo è già in fase avanzata, la prossima udienza è prevista a ottobre e la sentenza, probabilmente, per i primi mesi del 2014.  Amico è stato accusato da due operatori della struttura di aver picchiato due ragazzini con calci e pugni, di aver chiesto loro di sbattere la testa contro il muro e di aver legato cordini di cuoio al loro collo, fatti che sarebbero avvenuti tra il 2008 e il 2009. Il Garante dei minori ripercorre le tappe della vicenda. In seguito alle denunce, i Servizi sociali di Modena hanno ritirato i ragazzini dalla comunità.  La Commissione istruttoria del Comune di Salsomaggiore fa una visita ispettiva il 10 marzo 2009, ma all’epoca a Cà degli Angeli non vi è nessun ospite. Non emergono rilievi nella relazione al sindaco. L’ultima visita della Commissione è stata disposta dal Commissario prefettizio lo scorso febbraio, dopo il rilascio di autorizzazioni per variazioni di sede e del coordinatore responsabile della comunità (variazione, quest’ultima, risalente al settembre 2009). Dal verbale del sopralluogo non sono emersi particolari rilievi, tranne la mancanza di un progetto quadro per ogni ragazzo ospitato (sei minori).  “(…) fermo restando che sul fondamento delle accuse rivolte all?Amico l’unico giudice è la Magistratura”, il Garante sottolinea carenze nella verifica ispettiva del 2009, perché il verbale “non indaga né approfondisce i motivi dell’improvviso ritiro dei tre minori da parte dei servizi sociali invianti, benché avvenuto nei giorni immediatamente precedenti la data della verifica”. Da qui la sollecitazione ai sindaci dei Comuni di Salsomaggiore, di Fidenza e alle Ausl competenti per distretto. (maria chiara perri)

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Un giorno di malagiustizia

Dopo avere appreso dalla cancelleria che il Giudice Bellentani depositerà le motivazioni della sentenza che mi riguardano, tra 90 giorni, sento il bisogno di intervenire pubblicamente anche per fare un po’ di chiarezza.

Prima di tutto è inammissibile  per non dire altro che un giudice redigerà le motivazioni di una sentenza quando il reato è già prescritto e indultato  da mesi (termine prescrizione luglio 2013, termine per il deposito ottobre 2013).

Non voglio assolutamente accodarmi a qualche politico che non perde l’occasione di parlare della giustizia mal funzionante in Italia, ma mi preme sottolineare che la maggior parte delle notizie riportate dai mezzi di informazione non corrispondono assolutamente al vero.

Il sottoscritto, nella vicenda de quo, oltre a rivolgersi sempre  agli avvocati di controparte, ai dirigenti nazionali del sindacato, al sindaco, al Prefetto, al Questore e al Presidente dell’ordine, ha adito l’autorità giudiziaria competente a tutela del proprio assistito.

Inoltre si è fatto riferimento a delle presunte foto osè, anche questo non corrisponde assolutamente al vero.

 Nel fascicolo del Tribunale sono depositate delle fotocopie di foto senza testa e senza alcun riferimento che possano identificare qualsivoglia persona.

D’altronde è la stessa sindacalista, che ho incontrato solo due volte,  che ha escluso che potessi avere qualsiasi sua foto personale.

Certo è che difendere la povera gente,senza voce, senza sindacato, e senza diritti qualche problema lo può portare, soprattutto quando, come controparte, sia ha  il sindacato, si ha il potere psichiatrico,  si ha il potere giudiziario e il potere politico.

Ma non sarà certo questa vicenda a farmi declinare da un impegno morale che il sottoscritto ha nei confronti della povera gente e dei poveri cristi che hanno solo l’unico difetto di non essere ascoltati e di non avere la forza di far valere i propri diritti.

Come ho già annunciato, costruirò un blog in cui pubblicherò tutta la documentazione inerente a questa vicenda , e  lo metterò a disposizione di qualsiasi cittadino che voglia testimoniare la sua esperienza. E da questo nascerà un progetto letterario dove racconterò in prima persona una storia di mala giustizia.

                                                                                                         Francesco Miraglia

Viterbo: chiuse le indagini sulla vicenda delle due ragazze straniere, Angelina e Katya stuprate da 5 italiani

COMUNICATO STAMPA

 

Viterbo: chiuse le indagini sulla vicenda delle due ragazze straniere, Angelina e Katya stuprate da 5 italiani

 

Francesco Miraglia, nuovo avvocato di una delle ragazze incontra giovedì 23 maggio il vice console russo a Roma.
 
Un nuovo avvocato difenderà la giovane russa Angelina, oggi maggiorenne, che nel 2012, in provincia di Viterbo, insieme ad un’amica norvegese disse di essere stata violentata da un gruppo di ragazzi italiani. Si tratta di Francesco Miraglia, del Foro di Modena,  penalista, esperto in diritto di famiglia e minorile che andrà a sostituire il collega Andrea Emilio Falcetta del Foro di Roma. Una vicenda che aveva suscitato un grande scalpore non solo in Italia ma anche in Russia dove il caso è tutt’ora molto seguito.
Lo scorso 29 marzo – spiega l’avvocato Miraglia – il Pubblico Ministero, Fabrizio Tucci, ha chiuso le indagini che vedono coinvolte le due ragazze che all’epoca dei fatti erano entrambi minorenni. Vista la gravità e la delicatezza della situazione, il prossimo giovedì, 23 maggio, mi incontrerò con il vice console russo a Roma, Vyacheslav Pankov che sta seguendo con molta attenzione la vicenda e che si è messo a disposizione della ragazza e dei suoi familiari. Un atteggiamento che ho apprezzato molto e che spero sia seguito anche dal nostro Ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge. Mi auguro infatti che quest’ultimo prenda posizione in merito e convochi al più presto la giovane almeno per farle sentire la vicinanza dello Stato italiano, soprattutto in un momento così delicato per le donne, in cui si parla sempre più di violenza su di esse e di femminicidio”.
Una storia quella di Angelina e Katya (nome di fantasia) che aveva toccato profondamente anche gli abitanti della cittadina di Acquapendente da dove provengono quattro dei cinque ragazzi (uno risiede a Onano) accusati quindi di aver stuprato, la notte del 29 settembre 2012, in un bosco vicino a Montefiascone, le due giovani che erano da poco uscite dalla discoteca Theatrò, dove erano andate a divertirsi. Le due minorenni, invece di ritornare a casa con l’auto che avevano in precedenza affittato, avevano preferito chiedere l’autostop ed erano poi state caricate a bordo dell’autovettura di uno dei giovani.
Secondo la loro testimonianza, il gruppo di ragazzi avrebbero abusato di loro. Il giorno dopo lo stupro Angelina e Katya, si presentarono dai carabinieri per denunciare il fatto. Questi ultimi provvidero immediatamente a sequestrare i vestiti che entrambe indossavano quella notte e il computer della giovane russa per verificare se ci fosse stato uno scambio di messaggio tra lei e qualche appartenente del gruppo prima di uscire per andare a ballare. La vicenda comunque non è ancora chiara e si aspettano, nelle prossime settimane, nuovi svil

Collaborazione tra gli avvocati Francesco Miraglia e Ulpiano Morcavallo per garantire la tutela dei minori in Italia e all’estero.

Occuparmi come avvocato di minori e in particolare di adozioni, affidi è sicuramente un’esperienza arricchente che comporta comunque tanto impegno e dedizione. Non si tratta solo di preparare arringhe, di essere convincenti. Dietro a questa tipologia di argomenti si cela un mondo fatto di sentimenti, aspettative, torti, spesso violenza e sofferenza dove protagonisti non sono solo i bambini ma anche le loro famiglie, fatte di genitori e parenti che hanno bisogno di essere sostenuti, rassicurati e soprattutto aiutati a risolvere i problemi e a non perdersi nei cavilli della giustizia, nelle leggi che non si curano molto dell’aspetto “sentimentale”, “umano” che si cela dietro ad ogni loro storia e con la quale ogni giorno mi confronto. Il desiderio di fare qualche cosa di concreto, la fiducia che ho nella “buona” giustizia, la voglia di collaborare con persone che condividano questo mio pensiero mi ha permesso, nei giorni scorsi, di avviare una collaborazione con l’avvocato Ulpiano Morcavallo, ex Giudice della Corte Suprema di Cassazione. Lavorare insieme, per noi, significa non solo continuare ad aiutare coloro che si trovano in difficoltà ma anche fare sì che vengano apportate a livello nazionale ed europeo delle nuove leggi che tutelino i minori e il loro contesto familiare. Un impegno importante che ci siamo presi e che porteremo anche presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo.

Studio Legale Miraglia:

 

Sede di Modena

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