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Torino: fratellini, no all’adozione affidati ai nonni materni

Avvocato Miraglia: «Vittoria amara. Persi tre anni tra psicofarmaci e comunità»

TORINO (14 novembre 2023). Non tutte le vittorie hanno lo stesso sapore: ci sono vittorie amare, quando si è perso tempo prezioso, quando si potevano evitare delle sofferenze. Come è successo a una coppia di fratelli che vivono nel Torinese, che dopo tre anni trascorsi divisi tra comunità e famiglie affidatarie (uno dei due bombardato pure di psicofarmaci), finalmente il Tribunale per i minorenni ha deciso non luogo a procedere all’adozione   e contestuale  affidamento ai nonni  materni. «Chi ridarà però il tempo e la serenità perduti a questi due bambini?» commenta l’avvocato Miraglia, legale dei nonni.

La situazione familiare da cui provengono questi due ragazzini, che oggi hanno 11 e 4 anni, è alquanto complessa, con molte conflittualità tra i genitori.

Il caso è diventato  un caso mediatico,  difatti  è stato creato un gruppo Facebook  ” aiutiamo il piccolo Leonardo ” con più di 1.500 iscritti ed una petizione online con migliaia di firmatari .

Fu la madre nel 2020 a rivolgersi ai Servizi sociali, i quali però, anziché prevedere un programma di aiuto a questa donna e cercare altri parenti che intervenissero nell’accudimento dei bambini, provvidero a redigere una relazione in seguito alla quale non solo si allontanavano i due figli da lei, ma addirittura si avviò la pratica di adottabilità. Senza minimamente pensare di avviare un percorso di sostegno ai genitori né cercare altri parenti – in questo caso i nonni materni – come soluzione meno traumatica al collocamento presso estranei.

Tra l’altro i due bambini sono stati divisi, creando in loro un profondo stato di prostrazione: il più grande è stato ospitato in comunità, il piccolino presso una famiglia affidataria. E come metodo per contenere la sua rabbia e frustrazione, il maggiore dei bambini è stato sottoposto a una pensante cura farmacologica. Fortunatamente i nonni insistettero più volte per avere i bambini collocati presso di sé, affidandosi appunto all’avvocato Miraglia per superare la sorda ostinazione dei Servizi sociali.

«C’è da dire che alla fine, lo scorso ottobre, il Tribunale per i minorenni del Piemonte e della Valle d’Aosta ha ascoltato le varie parti – prosegue l’avvocato Miraglia – e accolto le nostre istanze, assumendo la decisione di collocare i due minori presso i nonni materni, figure amorevoli che i bambini conoscono bene, ricongiungendoli così alla loro famiglia d’origine e soprattutto riunendoli di nuovo insieme. Però ci sono voluti tre anni di tempo, durante i quali i bambini hanno subito un trauma che difficilmente riusciranno a rimarginare. Il più grande non assume oggi più farmaci, ma glieli hanno somministrati per anni e si è perso davvero troppo tempo. Come al solito i Servizi sociali fanno il bello e il cattivo tempo, frettolosi nell’allontanare i ragazzini dalle famiglie, nell’indifferenza dei Tribunali per i minorenni. Abbiamo dovuto lottare strenuamente per opporci all’adottabilità, altrimenti con altrettanta fretta avrebbero fatto adottare due ragazzini ad altre famiglie, separandoli per sempre dal loro nucleo originario e tra loro. Vado ripetendo ormai da anni che i Tribunali per i minorenni non dovrebbero prendere per oro colato le relazioni spesso approssimative dei Servizi sociali, ma prima di emettere dei provvedimenti drastici dovrebbero avviare un’attenta e scrupolosa valutazione». Fintantoché i controllori e i controllati sono la stessa cosa, purtroppo,  non ci sarà riforma che possa far cambiare le cose e si possa veramente arrivare ad una giustizia minorile compiuta e tutelate.

Tivoli: donna violentata in comunità, riaperte le indagini.

Il PM aveva chiesto l’archiviazione perché la comunità nel frattempo è stata chiusa

 TIVOLI (11 Luglio 2023). Rischiava di rimanere senza giustizia, una donna fragile abusata nella comunità terapeutica in cui era ospitata trattata come vittima di serie B: nonostante una denuncia e delle prove concrete, il pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione del caso, perché la comunità nel frattempo era stata chiusa. Ma il Gip del Tribunale di Tivoli non ha lasciato cadere il procedimento, chiedendo di proseguire con le indagini.

«Non possiamo che accogliere con soddisfazione la decisone del Giudice – commenta l’avvocato Miraglia, incaricato dalla famiglia della vittima – e aver ritenuto fondata la notizia di reato. Il fatto che la struttura sia stata chiusa non cancella le responsabilità di coloro che all’epoca la gestivano e che dovranno pur essere da qualche parte, immaginando che non possano essere spariti nel nulla. La violenza di genere è abominevole, ancor di più se perpetrata contro donne fragili e indifese come possono essere le persone affette da disabilità psichica. Se poi la donna resta vittima pure del sistema giudiziario, significa che nel nostro Paese la strada per raggiungere la parità di genere e per arginare la violenza contro le donne deve fare ancora molta strada. Ritengo infatti che se non si fosse trattata di una persona affetta da patologie psichiatriche, quando nel 2020 la famiglia aveva sporto denuncia sicuramente le indagini sarebbero state avviate celermente, attivando magari anche le procedure della legge Codice Rosso a tutela delle donne. Invece, siccome la donna non riesce ad esprimersi chiaramente e la comunità era già stata chiusa, la Procura presso il tribunale di Tivoli non aveva proceduto con uno straccio di indagini, chiedendo addirittura l’archiviazione del caso».

La donna vittima di abusi ha oggi 38 anni ed è affetta da autismo, che le impedisce di spiegarsi a parole. Nel 2019 viene ricoverata presso una comunità terapeutica in provincia di Roma: i familiari nel corso delle visite la trovano inquieta e ricoperta di lividi su gambe e braccia, ma la comunità li giustifica dicendo che è molto nervosa e che se li procura da sola. Finché nel 2020 notano delle ecchimosi anche nelle parti intime e la conducono al pronto soccorso, dove le riscontrano lesioni compatibili con una violenza fisica. Scatta quindi la denuncia, che però arriva sul tavolo del procuratore soltanto un anno dopo. Sulle prime dispone delle intercettazioni ambientali all’interno della struttura, così da documentare l’eventuale perpetrarsi degli abusi, ma quando le forze dell’ordine si presentano alla porta della comunità per installare microfoni e telecamere, la trovano chiusa, dismessa, abbandonata. Il Pubblico ministero, allora, anziché continuare ad indagare, decide che il caso debba essere chiuso e archiviato, in quanto essendo la vittima “psicologicamente fragile e non idonea a rendere adeguata testimonianza” ci sarebbero solo “fragili indizi, insufficienti per sostenere in giudizio l’accusa”. Una vittima senza carnefici, quindi.

«Ora attendiamo fiduciosi l’esito delle indagini – conclude l’avvocato Miraglia – auspicando possano portare all’individuazione dei responsabili di un crimine così abietto, reso ancora più ignobile dal fatto che la donna sia una persona indifesa».

 

Non tutti i mali per vengono per nuocere!

(L’Aquila 14 giugno) Il Tribunale per i Minorenni dì  L’Aquila diversa composizione collegiale: dichiara non luogo a provvedere  sulla dichiarazione di adottabilità. I bambini rimangono nella famiglia di origine.

Di solito, tanto rumore per nulla, in questo caso  nno!!!

Verona: litigano con i servizi sociali: il Tribunale li punisce “a metà”

Avvocato Miraglia: «I genitori sono gli stessi, ma il tribunale ha emanato disposizioni diverse per ogni figlio. Illogico» 

VERONA (5 giugno 2023). Sembra senza fine la vicenda di una coppia di Verona, tenuta lontana da due dei suoi quattro figli perché si è permessa di criticare i Servizi sociali e la comunità dove i bambini non sono stati adeguatamente seguiti, bensì abbandonati a sè stessi. La loro colpa è stata quella di denunciare pubblicamente la presenza di cibo scaduto, servito in una struttura gestita, tra l’altro, dal Comune di Verona. E il Tribunale per i minorenni di Venezia ha tolto loro i figli: ma, ed è qui l’assurdo, assumendo delle decisioni differenti per ognuno dei quattro bambini.

«Questi genitori sono stati puniti “a metà” – commenta l’avvocato Miraglia, legale della coppia   – in quanto i due figli maggiori, di 13 e 8 anni, dovranno vivere con famiglie affidatarie, la figlia di 6 anni potrà invece rimanere a vivere con i genitori, che però su di lei avranno una responsabilità genitoriale limitata. Per l’ultimogenito il tribunale non si è mai pronunciato e va tutto bene. Ma come fanno gli stessi genitori ad essere inadeguati con alcuni figli e con altri no? O sono inadeguati come genitori con tutti o con nessuno. Non ci capisce con quale logica il tribunale abbia deciso in maniera così diversa, differenziando le disposizioni. C’è qualcosa che non va». Hanno presentato pertanto reclamo alla Corte d’appello di Venezia.

Superate le difficoltà inziali, questa coppia si è dimostrata molto attenta e affettuosa verso i propri figli, preoccupata delle loro condizioni di salute fisica e mentale per ciò che hanno subito negli anni di istituzionalizzazione in cui sono stati lontani da casa. Non sono state somministrate loro le adeguate terapie mediche e psicologiche pur regolarmente prescritte e uno dei ragazzi è stato molestato in comunità da un altro ospite senza che gli operatori avvertissero i genitori. Il padre aveva chiesto spiegazioni sul motivo per cui, nonostante portasse abiti nuovi ai bambini, questi si presentassero con le scarpe rotte. La madre poi – e la vicenda aveva avuto grande risalto mediatico – si era “permessa” di far notare come il cibo servito in comunità fosse scaduto, ricevendo come risposta dall’allora assessore al Sociale che pur scaduto il cibo era comunque commestibile! Comprensibile l’atteggiamento critico di questi genitori nei confronti dei Servizi sociali, che avrebbero invece dovuto aiutarli. Ma anziché comprensione e sostegno la madre ha ricevuto in cambio una denuncia per maltrattamenti dalla stessa struttura. Un’accusa peraltro ingiusta, rivelatasi totalmente infondata tant’è che nel novembre scorso la mamma è stata assolta con formula piena dal Tribunale Penale di Verona. «Circostanza, quest’ultima, che non è stata minimamente tenuta in considerazione dal Tribunale per i minorenni di Venezia – prosegue l’avvocato Miraglia – nel momento in cui ha assunto la decisione di limitare così pesantemente a questa coppia la responsabilità genitoriale e i rapporti con i figli. È chiaro che, al di là dei processi, la vicenda “Bibbiano” ha fatto emergere l’esistenza di un vero e proprio “sistema”, esteso in tutta Italia: se litighi o critichi i Servizi sociali, questi ti tolgono i figli, alimentando il business del sistema di affidi e delle comunità. Uno dei principi di valutazione della capacità genitoriale degli psicologi del Cismai (il coordinamento italiano servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia), di cui facevano parte anche i responsabili della vicenda di Bibbiano, è proprio la verifica del rapporto che i genitori instaurano con i Servizi sociali. Va bene quindi cambiare il sistema della Giustizia con riforme come la Cartabia, ma qui è necessaria e urgente una riforma dell’intero sistema legato agli allontanamenti e agli affidi dei minori».

 

 

Brescia: ragazzina contesa, resta definitivamente con la madre

. La Corte d’Appello ha ascoltato le sue parole e accolto le sue richieste. Avvocato Miraglia: «Anni persi a disquisire della fantomatica Sindrome da Alienazione Parentale»

BRESCIA (10 maggio 2023). È stata scritta la parola “fine” alla lunghissima vicenda che ha visto coinvolta una ragazzina di Brescia che ha trascorso l’intera sua vita ad attendere che i tribunali decidessero a quale genitore dovesse essere affidata.

Un lungo iter processuale e anni di sofferenze, che terminano in questi giorni con la sentenza emanata dalla Corte d’Appello di Brescia, che stabilisce come la ragazza debba vivere con la madre, con possibilità di vedere il padre quando preferisce.

«La Corte d’Appello ha veramente tenuto in considerazione le esigenze di questa ragazzina – commenta l’avvocato Miraglia, legale di fiducia della mamma – nel voler essere autonoma nelle scelte che la riguardano e nel non voler essere coinvolta nella diatriba tra i suoi genitori. La Corte ha dimostrato grande attenzione e sensibilità in questa vicenda, ascoltando le ragioni della ragazzina, partendo dal presupposto che la sua sofferenza dovesse essere considerata e non giudicata».

La storia di questa ragazza è stata contrassegnata da un accanimento nei confronti della mamma alla quale la Corte di Appello di Brescia ha messo fine, a dimostrazione ulteriore che la presunta sindrome non esiste.

Per tutta la vita è stato un susseguirsi di processi, sentenze e rimpalli da un tribunale ad un altro, chiamati a decidere se dovesse o meno vivere con la madre, tacciata in prima istanza di aver manipolato la figlia, che sarebbe stata affetta dalla cosiddetta Sindrome da Alienazione Parentale (Pas), secondo la quale uno dei genitori comprometterebbe il rapporto dei figli con l’altro, parlandone male, tracciandone un pessimo ritratto. La giovane ha vissuto costantemente con una spada di Damocle sopra la testa, la paura di venir strappata alla mamma, contro la propria volontà, o peggio parcheggiata in una comunità.

Un anno fa qualcuno aveva strumentalizzato questa storia, facendo credere che la Cassazione l’avesse affidata al padre. Niente di più falso: la giovane è rimasta sempre con la mamma, ma a farne le spese è stato il suo stato psicologico, in quanto si è trovata sbattuta sui media con dati sensibili che l’hanno resa riconoscibile. Quanto abbia sofferto lo dimostrano le sue recenti dichiarazioni: da quando frequenta la scuola superiore, dove nessuno conosce né lei né la sua storia, ha potuto ricominciare a vivere serena. «Questa della Corte d’Appello è l’ennesima sentenza – prosegue l’avvocato Miraglia – che esclude questo concetto di alienazione parentale, che ha causato dolore e devastazione ai genitori, ma soprattutto ai bambini, da parte di chi l’ha teorizzata ma in particolare dai professionisti che la utilizzano nei tribunali. Il Tribunale per i Minorenni di Brescia aveva rigettato la richiesta di decadimento della potestà genitoriale della madre ritenendola idonea a svolgere il suo ruolo. L’accanimento nei suoi confronti da parte di CTU/CTP, avvocati e operatori vari ha dell’incredibile e terrorizza chiunque si trovi nelle stesse condizioni. L’interesse della minore sempre meno preso in considerazione perché più importante era screditare la figura materna in tutti i modi possibili. La stessa madre, che ha cresciuto la figlia cercando di rendere l’incubo nel quale ha vissuto la ragazza per tanti anni un po’ leggero e dignitoso. Si sono persi anni ad attendere le sentenze dei tribunali che avrebbero risparmiato tanta sofferenza».

 

Possibili effetti collaterali dei vaccini: un morto

A Modena le prime cause per risarcimento danni

MODENA (16 Dicembre 2022). Tre persone sane, cinquantenni, residenti tutte nel Modenese hanno riscontrato dei problemi dopo la somministrazione del vaccino anti-Covid. Una delle tre persone è addirittura morta. Loro e i congiunti sono pronti a intraprendere una causa di risarcimento chiamando in tribunale l’azienda farmaceutica e il ministero della Salute, con l’appoggio e la consulenza degli studi legali Miraglia di Modena e Morcavallo di Roma.  Nei casi specifici, si può dismontare con certezza di essere persone inizialmente sane, che nonpresentavano problemi di salute gravi, che adesso vivono un’invalidità permanente e hanno perso una persona cara.

A morire è stata una donna di 53 anni, mancata ad agosto del 2021, una ventina di giorni dopo essersi sottoposta a vaccinazione anti-Covid. La donna stava benissimo, tranne per una leggera ipertensione arteriosa: nulla che potesse far presagire che all’improvviso venisse a mancare per scompenso cardiaco acuto.

Ha invece riportato danni permanenti un uomo di 51 anni, sanissimo e senza alcuna patologia, che a novembre dello scorso anno è stato colpito da un ictus. Ancora più giovane l’uomo di 45 anni che soffriva di ipertensione (la teneva sotto controllo con una terapia farmacologica) e che adesso, a causa di scompensi pressori constanti, entra ed esce continuamente dall’ospedale. Situazioni che hanno pregiudicato fortemente la vita di entrambi questi uomini.

Con l’ausilio degli studi Miraglia e Morcavallo hanno deciso di intraprendere un’azione legale risarcitoria nei confronti del ministero e dell’azienda farmaceutica: cartelle cliniche alla mano e testimoni che li conoscono da anni, sono pronti a dimostrare di essere state persone in completa salute prima della somministrazione del vaccino. Ai responsabili delle vaccinazioni e alla ditta farmaceutica spetterà di dimostrare se ci sia stata o meno correlazione tra il vaccino e i gravi problemi di salute subiti dai due uomini oltre che la morte della donna.

Cassino: sorelline strappate alla zia le vengono finalmente affidate

 Il Tribunale dei Minori ha riconosciuto che l’averle allontanate le ha traumatizzate

Cassino  (10 Dicembre 2022). Si è finalmente conclusa nel migliore dei modi la vicenda delle due sorelline di Cassino, che lo scorso anno erano state “rapite” dai Servizi sociali, che senza preavviso né autorizzazione con uno stratagemma le avevano portate in una Casa famiglia, strappandole alla zia che le aveva in affidamento. E non perché le maltrattasse, bensì per “eccesso di possesso”.

Il Tribunale per i minorenni di Roma ha valutato che questo forzato allontanamento ha solo ulteriormente traumatizzato le bambine, già provate da una difficile storia familiare. E le ha riaffidate alla zia.

«Siamo felici di questa vittoria – commentano l’avvocato Miraglia, legale della zia, e la prof.ssa Palmieri, Consulente tecnico di parte – che ha visto il Tribunale dei minorenni accogliere le nostre ragioni e ritenere inopportuno e sbagliato il forzato allontanamento di queste bambine, per questo presunto e pretestuoso “eccesso di possesso” che sarebbe stato esercitato dalla zia nei loro confronti, quando invece si trattava di affetto e di cure amorevoli da parte di una zia premurosa».

Il giudice tutelare, nel 2018, aveva fin da subito affidato alla zia materna le due ragazzine, ritenendola la scelta idonea per la loro crescita serena e facendo decadere la potestà di entrambi i genitori: la mamma soffre di disordini psicologici e psichiatrici, il padre non riesce ad occuparsi delle figlie e si era sposato con una donna che, per sua stessa ammissione, era alquanto severa e molto poco amorevole con le bambine. Con la zia invece le ragazzine erano serene, frequentavano la scuola con profitto, praticavano sport.

Poi ad aprile dello scorso anno il tutore e l’assistente sociale avevano deciso di allontanare le bambine senza preavviso, ritenendo eccessivo l’attaccamento della zia verso di loro.

Avevano usato uno stratagemma alquanto subdolo, per di più: le sorelline erano infatti convinte di dover incontrare il padre, invece vennero caricate su un veicolo, senza vestiti di ricambio, né libri di scuola e nemmeno effetti personali e portate in Casa famiglia, dove erano rimaste un mese, fino a quanto il Tribunale aveva revocato l’allontanamento, ritenendo che le bimbe stessero molto meglio con la zia.

«Analizzata la situazione – prosegue l’avvocato Miraglia – il tribunale ha dichiarato il non luogo a provvedere sulla loro adottabilità, ha nominato un tutore provvisorio al posto del sindaco della città e affidato le bambine, che ora hanno 10 e 12 anni, alla zia, “considerata anche la difficoltà dei Servizi sociali nel gestire una vicenda familiare così complessa, come dimostrato anche dalle scelta intempestiva del collocamento in casa famiglia senza alcuna autorizzazione formale”. Se i Servizi sociali avessero ben operato, avrebbero risparmiato alle bambine e alla loro zia tanto dolore».

«Non solo dolore ma anche rischi e ferite per le bambine – aggiunge la prof.ssa Palmieri – alle quali  sarà necessario, dopo un’articolata e per niente scontata CTU, restituire l’infanzia che è stata loro rubata. Non si deve mai dimenticare che, alla fine, il prezzo più alto lo pagano proprio i bambini».

Per questo motivo si valuterà la richiesta di risarcimento dei danni da parte dei Servizi Sociali.

 

 

Cassino: sorelline strappate alla zia dai servizi sociali

Il Tribunale per i minori di Roma  decide non luogo a provvedere per la dichiarazione  di adottabilità….. dispone l’affidamento alla zia..

Inoltre il Tribunale ha riconosciuto l’illegittimità dell’allentamento….pronta la richiesta di risarcimento danni

Madre di Verona assolta da ogni accusa

 Accusata di maltrattare i figli come ripicca per aver mostrato cibo marcio nella loro casa-famiglia

VERONA (29 Novembre 2022). Accusata di maltrattare i figli come ripicca per aver rivelato che la comunità in cui erano ospiti i suoi bambini serviva loro cibo marcio e scaduto: una coraggiosa donna di Verona è finalmente stata assolta da ogni accusa di calunnia e maltrattamenti in famiglia, che le avevano mosso i responsabili della Comunità della città scaligera in cui erano ospiti a seguito di un provvedimento del Tribunale dei Minori. Accuse infondate, mosse contro di lei con l’unico scopo di vendicarsi del fatto che la donna avesse avuto il coraggio di rivelare che la comunità che ospitava i suoi tre figli serviva loro del cibo marcio e scaduto.

Con lei era stato denunciato per diffamazione a mezzo stampa anche il suo legale “reo” secondo gli stessi Servizi sociali di aver offeso l’onore e l’immagine della città di Verona per averla paragonata a Bibbiano.

«Ora che l’innocenza di entrambi è stata più che assodata – commenta l’avvocato Miraglia – vedremo se chiedere un risarcimento dei danni morali e materiali alla precedente amministrazione che governava la città di Verona».

La “colpa” di questa madre è stata di rivelare pubblicamente, prove alla mano, che nella comunità in cui viveva con i suoi tre figli veniva loro propinato cibo marcio e scaduto. I responsabili della Comunità si erano sentiti calunniati in quanto, a loro dire, il cibo pur scaduto era comunque ancora commestibile! E la punizione è stata terribile: una mattina di settembre del 2019 le hanno portato via i figli. Alcuni operatori si erano presentati al mattino presto, avevano preso i bambini per caricarli su un furgone e portarli “in ambiente eterofamiliare senza la madre”, senza dirle dove né quando avrebbe potuto rivederli.

Dopo un anno in cui la madre non si era risparmiata nel cercare di riavere con sé i propri figli, era arrivata la buona notizia: il Tribunale dei minorenni di Venezia aveva concesso ai bambini di tornare a casa, anche se in maniera graduale.

Una notizia più che positiva, soprattutto per i bambini: i mesi in comunità, lontani dai genitori e dagli amici, avevano purtroppo lasciato il segno. Il bimbo più grande mostrava un certo disagio psicologico, il fratello aveva problemi di linguaggio, la piccolina necessitava di sedute di psicomotricità.

Ma il sogno si era spezzato presto nel momento in cui il loro padre, che provvedeva sistematicamente a fornire loro dei vestiti, durante un incontro li aveva trovati con le scarpe tutte rotte e aveva protestato. Anche in questo caso, per tutta risposta, altra ripicca: i Servizi sociali avevano bloccato gli incontri tra genitori e figli.

«Tra l’altro in tutto questo tempo il tutore ha continuato e ripetere il medesimo refrain – prosegue l’avvocato Miraglia – ovvero che “la mamma è stata denunciata per maltrattamenti” per legittimare il perdurare dell’allontanamento dei bambini dalla donna. E adesso che la mia assistita è stata scagionata da ogni falsa accusa che dirà costui? Alla luce di questa sentenza, come minimo chiederemo con più forza al Tribunale dei Minorenni di Venezia che predisponga finalmente il ritorno a casa dei bambini, dal momento che non sussistono motivi ostativi».