miraglia Tag

  • Sort Blog:
  • All
  • Articoli Recenti
  • Comunicati stampa
  • Design
  • Evidenza
  • GALLERIA
  • In Evidenza
  • L'inchiesta
  • L'indiscreto
  • La giustizia e la mala giustizia
  • La Vetrina
  • Le vostre storie
  • Minori
  • Modern
  • Primo Piano
  • Principale home
  • Psichiatria
  • Scelta di campo
  • Sentenze
  • Senza categoria

Cassino: sorelline strappate alla zia le vengono finalmente affidate

 Il Tribunale dei Minori ha riconosciuto che l’averle allontanate le ha traumatizzate

Cassino  (10 Dicembre 2022). Si è finalmente conclusa nel migliore dei modi la vicenda delle due sorelline di Cassino, che lo scorso anno erano state “rapite” dai Servizi sociali, che senza preavviso né autorizzazione con uno stratagemma le avevano portate in una Casa famiglia, strappandole alla zia che le aveva in affidamento. E non perché le maltrattasse, bensì per “eccesso di possesso”.

Il Tribunale per i minorenni di Roma ha valutato che questo forzato allontanamento ha solo ulteriormente traumatizzato le bambine, già provate da una difficile storia familiare. E le ha riaffidate alla zia.

«Siamo felici di questa vittoria – commentano l’avvocato Miraglia, legale della zia, e la prof.ssa Palmieri, Consulente tecnico di parte – che ha visto il Tribunale dei minorenni accogliere le nostre ragioni e ritenere inopportuno e sbagliato il forzato allontanamento di queste bambine, per questo presunto e pretestuoso “eccesso di possesso” che sarebbe stato esercitato dalla zia nei loro confronti, quando invece si trattava di affetto e di cure amorevoli da parte di una zia premurosa».

Il giudice tutelare, nel 2018, aveva fin da subito affidato alla zia materna le due ragazzine, ritenendola la scelta idonea per la loro crescita serena e facendo decadere la potestà di entrambi i genitori: la mamma soffre di disordini psicologici e psichiatrici, il padre non riesce ad occuparsi delle figlie e si era sposato con una donna che, per sua stessa ammissione, era alquanto severa e molto poco amorevole con le bambine. Con la zia invece le ragazzine erano serene, frequentavano la scuola con profitto, praticavano sport.

Poi ad aprile dello scorso anno il tutore e l’assistente sociale avevano deciso di allontanare le bambine senza preavviso, ritenendo eccessivo l’attaccamento della zia verso di loro.

Avevano usato uno stratagemma alquanto subdolo, per di più: le sorelline erano infatti convinte di dover incontrare il padre, invece vennero caricate su un veicolo, senza vestiti di ricambio, né libri di scuola e nemmeno effetti personali e portate in Casa famiglia, dove erano rimaste un mese, fino a quanto il Tribunale aveva revocato l’allontanamento, ritenendo che le bimbe stessero molto meglio con la zia.

«Analizzata la situazione – prosegue l’avvocato Miraglia – il tribunale ha dichiarato il non luogo a provvedere sulla loro adottabilità, ha nominato un tutore provvisorio al posto del sindaco della città e affidato le bambine, che ora hanno 10 e 12 anni, alla zia, “considerata anche la difficoltà dei Servizi sociali nel gestire una vicenda familiare così complessa, come dimostrato anche dalle scelta intempestiva del collocamento in casa famiglia senza alcuna autorizzazione formale”. Se i Servizi sociali avessero ben operato, avrebbero risparmiato alle bambine e alla loro zia tanto dolore».

«Non solo dolore ma anche rischi e ferite per le bambine – aggiunge la prof.ssa Palmieri – alle quali  sarà necessario, dopo un’articolata e per niente scontata CTU, restituire l’infanzia che è stata loro rubata. Non si deve mai dimenticare che, alla fine, il prezzo più alto lo pagano proprio i bambini».

Per questo motivo si valuterà la richiesta di risarcimento dei danni da parte dei Servizi Sociali.

 

 

Cassino: sorelline strappate alla zia dai servizi sociali

Il Tribunale per i minori di Roma  decide non luogo a provvedere per la dichiarazione  di adottabilità….. dispone l’affidamento alla zia..

Inoltre il Tribunale ha riconosciuto l’illegittimità dell’allentamento….pronta la richiesta di risarcimento danni

Madre di Verona assolta da ogni accusa

 Accusata di maltrattare i figli come ripicca per aver mostrato cibo marcio nella loro casa-famiglia

VERONA (29 Novembre 2022). Accusata di maltrattare i figli come ripicca per aver rivelato che la comunità in cui erano ospiti i suoi bambini serviva loro cibo marcio e scaduto: una coraggiosa donna di Verona è finalmente stata assolta da ogni accusa di calunnia e maltrattamenti in famiglia, che le avevano mosso i responsabili della Comunità della città scaligera in cui erano ospiti a seguito di un provvedimento del Tribunale dei Minori. Accuse infondate, mosse contro di lei con l’unico scopo di vendicarsi del fatto che la donna avesse avuto il coraggio di rivelare che la comunità che ospitava i suoi tre figli serviva loro del cibo marcio e scaduto.

Con lei era stato denunciato per diffamazione a mezzo stampa anche il suo legale “reo” secondo gli stessi Servizi sociali di aver offeso l’onore e l’immagine della città di Verona per averla paragonata a Bibbiano.

«Ora che l’innocenza di entrambi è stata più che assodata – commenta l’avvocato Miraglia – vedremo se chiedere un risarcimento dei danni morali e materiali alla precedente amministrazione che governava la città di Verona».

La “colpa” di questa madre è stata di rivelare pubblicamente, prove alla mano, che nella comunità in cui viveva con i suoi tre figli veniva loro propinato cibo marcio e scaduto. I responsabili della Comunità si erano sentiti calunniati in quanto, a loro dire, il cibo pur scaduto era comunque ancora commestibile! E la punizione è stata terribile: una mattina di settembre del 2019 le hanno portato via i figli. Alcuni operatori si erano presentati al mattino presto, avevano preso i bambini per caricarli su un furgone e portarli “in ambiente eterofamiliare senza la madre”, senza dirle dove né quando avrebbe potuto rivederli.

Dopo un anno in cui la madre non si era risparmiata nel cercare di riavere con sé i propri figli, era arrivata la buona notizia: il Tribunale dei minorenni di Venezia aveva concesso ai bambini di tornare a casa, anche se in maniera graduale.

Una notizia più che positiva, soprattutto per i bambini: i mesi in comunità, lontani dai genitori e dagli amici, avevano purtroppo lasciato il segno. Il bimbo più grande mostrava un certo disagio psicologico, il fratello aveva problemi di linguaggio, la piccolina necessitava di sedute di psicomotricità.

Ma il sogno si era spezzato presto nel momento in cui il loro padre, che provvedeva sistematicamente a fornire loro dei vestiti, durante un incontro li aveva trovati con le scarpe tutte rotte e aveva protestato. Anche in questo caso, per tutta risposta, altra ripicca: i Servizi sociali avevano bloccato gli incontri tra genitori e figli.

«Tra l’altro in tutto questo tempo il tutore ha continuato e ripetere il medesimo refrain – prosegue l’avvocato Miraglia – ovvero che “la mamma è stata denunciata per maltrattamenti” per legittimare il perdurare dell’allontanamento dei bambini dalla donna. E adesso che la mia assistita è stata scagionata da ogni falsa accusa che dirà costui? Alla luce di questa sentenza, come minimo chiederemo con più forza al Tribunale dei Minorenni di Venezia che predisponga finalmente il ritorno a casa dei bambini, dal momento che non sussistono motivi ostativi».

Ancona: undicenne dopo 5 anni ha rivisto la madre

Finora è stato rimpallato dai Servizi sociali e parcheggiato in affidamento

Avvocato Miraglia: «Giorgia Meloni non vuole più delle “Bibbiano”, ma questo accade nelle Marche, a guida FdI»

ANCONA ( 7 novembre 2022). Dopo cinque anni un ragazzino marchigiano di 11 anni rivedrà la madre: non si sono mai più visti in tutto questo tempo, nel quale lui è rimasto in affidamento a una famiglia. Cinque anni in cui è stato un “fantasma”, rimpallato tra i Servizi sociali di due diversi Comuni di Fermo e Macerata, che dopo averlo affidato a una famiglia non si sono più preoccupati di lui né hanno programmato le visite alla madre né tanto meno un ritorno a casa propria, nonostante la precisa indicazione stabilita dal Tribunale per i minorenni di Ancona. Volutamente o meno che sia, nessuno ha vigilato e questo bambino oramai è diventato parte di una famiglia non sua e la madre per lui è un’autentica estranea.

«Come purtroppo ho assistito in diversi casi – commenta l’avvocato Miraglia, cui si è rivolta la madre del ragazzino – è probabile che il bambino rifiuterà di vederla e di riallacciare i rapporti con lei. Lui non l’ha più vista, non è più stata parte della sua vita e chissà cosa pensa, forse di essere stato abbandonato. In realtà questa madre ha lottato strenuamente e con lei abbiamo presentato decine di esposti, caduto sempre nel vuoto».

Ci sono voluti infatti anni di battaglie legali, la tenacia e la caparbietà di questa mamma  per far sì che il Tribunale per i minorenni di Ancora decidesse dopo anni di farla riavvicinare a suo figlio, che sette anni fa le è stato tolto e affidato a un’altra famiglia, mentre da ben cinque le viene impedito di vederlo, quasi a voler cancellare il ricordo che il piccolo aveva di lei. Tre anni fa infatti aveva provato a consegnarli un pacco contenente vestiti e giocattoli per Natale: dono che non è mai arrivato al piccino, in quanto i Servizi sociali non glielo hanno consegnato, rispedendolo al mittente. E anche a chiedere dove fosse questo ragazzino non si è ottenuto fino ad ora alcuna risposta: i Servizi sociali si sono rimpallati la responsabilità e pareva che nessuno lo avesse in carico.

«Abbiamo infine presentato un esposto al Presidente della Corte di Appello – prosegue l’avvocato Miraglia – e a luglio e settembre abbiamo scritto per l’ennesima volta ai Servizi sociali del Comune, che per disposizione del tribunale avrebbe dovuto occuparsi di lui, per sentirci rispondere, incredibilmente, che “il minore non è in carico a questo servizio”. Invece secondo quanto affermato dal giudice relatore del procedimento, il minore era sicuramente in carico a loro. Solo dopo aver minacciato di rivolgerci all’Autorità giudiziaria per sporgere denuncia per sottrazione di minore “magicamente” il bambino è ricomparso ed è stato fissato un incontro con la mamma. Pur contenti, siamo molto preoccupati della reazione che avrà il ragazzino, che si troverà davanti quella che per lui di fatto è un’estranea. Ecco il nuovo modo portar via figli: lasciarli lontani anni dai genitori biologici, perché in caso di riavvicinamento è ovvio che siano i ragazzini stessi a non voler rivedere dei genitori che non conoscono e che magari nemmeno ricordano. E preferiscano rimanere con le famiglie affidatarie. Sono anni che lotto contro questo sistema di “adozioni mascherate”. Con sorpresa ho udito il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel suo discorso di insediamento affermare convintamente di non voler più altri “casi Bibbiano”: ebbene mi rivolgo al Presidente Meloni e al ministro della Giustizia Carlo Nordio: questo episodio accade nella bella regione delle Marche, amministrata da un presidente appartenente a Fratelli d’Italia».

 

 

 

Ancona: dopo cinque anni il piccolo Carlo ha riabbracciato la sua mamma

La storia di questo bambino e della sua mamma aveva suscitato scalpore perché non gli erano stati consegnati i regali di Natale della mamma, così com’era successo a Bibbiano.

Ancona. 28 ottobre 2022. Oggi il piccolo Carlo (nome di fantasia per tutelare la sua privacy) ha potuto finalmente riabbracciare la sua mamma. Dopo un calvario durato più di cinque anni, finalmente il diritto del bambino alla sua famiglia potrà, forse, essere garantito.

La storia di questa famiglia aveva fatto scandalo ed era stata ripresa dalla stampa locale e nazionale, poiché il comportamento dei Servizi Territoriali ricalcava quello della tristemente nota vicenda di Bibbiano. Infatti, nel giorno di Natale del 2019, la mamma aveva inviato un regalo a suo figlio che non era stato consegnato al bambino. La gente si era indignata ed era stata creata una pagina Facebook di oltre 1.500 iscritti con cartelli e post a favore di Carlo. Al tempo le istituzioni erano state sorde a quelle richieste.

Oggi apprendiamo che le nostre lotte non sono state vane. Come Associazione Nazionale Famiglie Insieme per i Diritti Umani riteniamo che questo decreto sia il segnale di un ulteriore cambiamento in direzione dei diritti umani e dei bambini.

Anche secondo l’avv. Miraglia che difende la madre: “Questa è una vicenda emblematica di come la giustizia minorile ha tempi e modi sbagliati rispetto ai tempi del bambino. La situazione è ancora più grave se il Tribunale come nel caso specifico ha fatto della superficialità, la voluta lentezza e forse complicità il proprio credo.”.

La vicenda

La mamma, come riportano le cronache, era finita per strada con il bambino dopo essere stata abbandonata dalla sua famiglia. L’aiuto era stato quello di istituzionalizzarla inserendola in una comunità donna-bambino. Qui ha avuto delle divergenze con la comunità e, come purtroppo succede anche troppo spesso, il Tribunale ha dato ragione alla struttura togliendole la potestà genitoriale e strappando la mamma al bambino. In seguito il bambino è stato penalizzato ulteriormente perché la mamma disperata aveva fatto un post su Facebook. Con l’accusa di aver violato la privacy del bambino, le visite sono state sospese e la mamma addirittura non sapeva neppure dove si trovava suo figlio.

Ricordiamo che la mamma è incensurata. Si è rimboccata le maniche e oggi ha un lavoro e una casa. In sostanza, la sua colpa è stata quella di essere povera e forse di non aver accettato supinamente la sottrazione del figlio. Oggi finalmente lei, ma soprattutto il bambino, hanno ottenuto un primo passo verso la giustizia.

Ora la strada sarà molto dura perché il bambino dopo cinque anni è probabilmente alienato. Di fatto la sua rischiava di diventare un’adozione mascherata e l’augurio è che la famiglia affidataria collabori nel ricostruire il rapporto con la sua mamma. Con un Servizio Territoriale non ostile che tenga veramente al bene del bambino questo potrà certamente essere fatto. Il timore, tuttavia, è che chi ha sbagliato in questa vicenda tenti di far fallire il progetto cercando di incolpare la mamma.

Questo sarebbe un ulteriore fallimento e la dimostrazione che la Filiera Psichiatrica, conosciuta ai più come sistema Bibbiano, è diffusa in tutta Italia come sostenuto da molte persone e associazioni anche autorevoli.

Associazione Nazionale Famiglie Insieme per i Diritti Umani

Assisi: ospizio lager, condannati gli operatori.

ASSISI: OSPIZIO LAGER, CONDANNATI GLI OPERATORI 

Avvocato Miraglia: «Finalmente giustizia per le vittime» 

 

Assisi (11 Ottobre 2022). Si è concluso con una serie di condanne pesantissime il primo grado del processo contro i responsabili e gli operatori della comunità terapeutica L’Alveare di Torchiagina (Assisi). Undici gli imputati condannati a un totale di quasi 46 anni di carcere, per i maltrattamenti fisici e psicologici perpetrati tra il 2014 e il 2016 nei confronti degli ospiti, tutte persone con disabilità e problemi psichici.

«Anche se siamo al primo grado di giudizio – commenta l’avvocato Miraglia, cui si è rivolta la famiglia di uno degli ospiti questa sentenza rende giustizia alle vittime. Esprimiamo quindi grande soddisfazione per l’esito del procedimento, ma l’interesse per realtà come queste, che purtroppo non sono rare in Italia, non deve concludersi passato il clamore mediatico. Affinché situazioni simili non abbiamo più ad accadere, è necessario che si attivino finalmente dei controlli. Innanzitutto vanno verificate in maniera precisa le credenziali di chi le avvia e successivamente vanno programmati controlli costanti e continui, perché i pazienti e gli ospiti una volta ricoverati, nonostante siano soggetti fragili, alla fine vengono abbandonati a loro stessi»

Fanno rabbrividire i racconti delle vittime: offese, percosse, umiliazioni e punizioni erano all’ordine del giorno, tanto che la struttura è stata ribattezzata “l’ospizio lager”. Se si sporcavano o si assopivano a pranzo erano botte con pugni e persino con bastoni. E poi insulti e offese di ogni genere. Addirittura a una paziente hanno torto il braccio fino a spezzarglielo. Per tenerle ferme le persone venivano legate alle sedie con il nastro adesivo o chiuse a chiave dentro ai bagni. E spesso venivano lasciate senza pranzo o cena.

«Nel caso del mio assistito, un uomo di 39anni –  prosegue l’avvocato Miraglia uno degli operatori, con l’intento di fargli riprendere l’attività lavorativa nei campi, prima lo ha strattonato vigorosamente e lo ha spinto con forza in direzione del terreno, poi, quando ha provato a scappare, lo ha inseguito e percosso con dei pugni, per poi trattenerlo torcendogli il braccio dietro la schiena»

In sede dibattimentale è emersa chiaramente la responsabilità degli imputati in ordine ai fatti contestati: da qui le condanne severe. Uno degli operatori, un vero e proprio aguzzino, ha ricevuto la pena maggiore a 7 anni e sei mesi, mentre il legale rappresentante e gestore della struttura è stato condannato a 6 anni.

All’assistito dello studio Miraglia è stato riconosciuto un risarcimento di 20 mila euro, oltre al pagamento delle spese legali: un risarcimento è stato corrisposto anche alla sorella, in forza del principio che ai prossimi congiunti della vittima di un reato (in questa fattispecie si trattava di lesioni personali) spetta il risarcimento del danno, in rapporto affettivo che li lega.

Milano: il coraggio e la determinazione di una mamma

Nel 2013, il Tribunale per i Minorenni di Milano, disponeva l’apertura dell’adottabilità.

In data ,13 gennaio 2020, veniva deciso non luogo a procedere per l’adottabilità, dallo stesso Tribunale

Nel febbraio 2022, veniva denunciato l’assistente sociale che faceva le videochiamate alla mamma seduto sul wc.

in data 3 ottobre 2022, il Giudice Tutelare di Milano, disponeva il progetto di rientro definitivo del bambino  dalla mamma

Grande felicità per questa mamma e per  il suo giovanotto!!!

Verona: Francesco Miraglia incontra la comunità senegalese

 

VERONA (5 Ottobre 2022). L’avvocato Francesco Miraglia del Foro di Madrid, esperto in Diritto di famiglia e Diritto minorile, domenica 9 ottobre alle 15 incontrerà a San Martino Buon Albergo (via Roma 15) la comunità senegalese di Verona. Sarà l’occasione per illustrare le modalità in cui funzionano i servizi sociali, gli affidi e la genitorialità in Italia anche attraverso la consegna dell’opuscolo «Servizi sociali, affidi e genitorialità: qualcosa da chiarire», realizzato dallo stesso Miraglia in collaborazione con l’associazione Peribimbi.it, con lo scopo di aiutare e informare i genitori dell’attuale ordinamento giuridico italiano in materia di affidi, al fine di renderli maggiormente responsabili ed efficaci nella difesa del loro ruolo e nella protezione dei propri figli da potenziali abusi d’ufficio. Un opuscolo appositamente tradotto in francese per essere meglio compreso dalla comunità senegalese.

Autore di diversi libri, l’ultimo dei quali si intitola “L’avvocato dei bambini. Troppo potere senza controllo: ecco come si costruiscono i falsi abusi familiari e gli affidi illeciti”, Francesco Miraglia, grazie alla collaborazione con Moustapha Wagne, segretario generale del coordinamento migranti di Verona e consulente in materia di immigrazione, ha avviato un’attività di consulenza con la comunità senegalese, così come qualche anno fa aveva fatto con la comunità dell’Ecuador. I minori di origine straniera molto spesso e troppo frettolosamente vengono allontanati dai loro nuclei familiari e inseriti in comunità di accoglienza per presunti maltrattamenti o episodi di abbandono, quando magari nella maggior parte dei casi si tratta di differenti abitudini culturali o di mancanza di conoscenza delle leggi italiane.

 

 

Verona: dopo sei annitre fratelli tornano in famiglia

Dal 2016 erano “parcheggiati” in una comunità di accoglienza a Marghera

VERONA (19 settembre 2022). Ci sono voluti sei anni di sofferenze, lontani dalla famiglia, ma oggi finalmente tre fratelli veronesi potranno lasciare la comunità in cui erano ospitati dal 2016 e torneranno in famiglia: due fratelli sono stati affidati ai nonni, la piccola alla zia. Non sono stati affidati alla mamma, ma almeno torneranno ad un clima disteso e sereno: per tutto questo tempo erano vissuti con la madre, in quattro, dentro a un’unica stanza fatiscente, con i loro beni accatastati in un angolo per mancanza di spazio. Lontano dalla loro provincia, dagli amici, dalla scuola.

«È una vittoria – dichiara l’avvocato Miraglia, che ha seguito in tutti questi anni la vicenda – sebbene parziale perché sarebbe stato auspicabile che tornassero con la mamma; ma almeno dopo tutto questo tempo possono vivere nuovamente in famiglia. Ci sono voluti anni di lotte, di perseveranza, di denunce anche agli esponenti politici: ma alla fine anche i Servizi sociali hanno compreso il disagio vissuto da questi ragazzi e hanno collaborato attivamente affinché tornassero a casa».

La vicenda trae inizio da un fatto agghiacciante: la madre dei ragazzi, rincasando, aveva sorpreso il marito mentre abusava della figlia maggiore, nata da una precedente relazione. L’aveva immediatamente denunciato, ma invece di un aiuto e di un sostegno, aveva trovato solo sofferenze, precipitando in un vero e proprio incubo. Siccome all’epoca la signora non lavorava, i Servizi sociali presero carico lei e i quattro figli, ospitandoli temporaneamente in una comunità di Verona. Poi a sorpresa e senza un vero motivo, la figlia maggiore era stata trasferita in una comunità, mentre la donna con i tre più piccoli era finita in un’altra struttura, per di più fatiscente, a Marghera, in provincia di Venezia.

Dove sono rimasti sei anni, senza che i Servizi sociali veronesi si prendessero in carico il loro caso, attivassero un progetto di sostegno e di rientro a casa. Nulla: parcheggiati a spese dei contribuenti, lontani da tutto e tutti. Anzi, più volte i Servizi sociali avevano tentato di togliere i bambini alla madre per affidarli ad alcune famiglie.

Esasperata, la donna, sempre sostenuta dall’avvocato Miraglia, nel 2019 aveva denunciato il dirigente dei Servizi sociali, due psicologhe, un’assistente sociale e la responsabile della comunità. E con loro anche l’assessore al Sociale del Comune di Verona.

Da ieri, grazie al pronunciamento del Tribunale per i minorenni di Venezia, i due ragazzi, che ormai hanno 15 e 14 anni, sono andati a vivere con i nonni materni, mentre la piccola, che nei suoi 6 anni di vita ha conosciuto solo comunità, è stata affidata alla zia.

 

Ferrara: bambino di 7 anni diventato invisibile, rimballo tra servizi sociali.

Avvocato Miraglia: «Nessuno ci dà notizie»

FERRARA (20 Luglio 2022). Nessuno sa dove sia finito un bimbo di 7 anni, che da tutta la vita viene rimbalzato da una comunità a una famiglia affidataria. Tra il Comune di Ferrara, cui è stato affidato dal Tribunale dei Minorenni di Bologna, e il suo Comune di residenza (sempre nel Ferrarese), nessuno vuole assumersi la responsabilità di gestire il suo caso. E oltre a non vedere la mamma, perché nessuno dei due Servizi sociali ritiene sia compito suo dover organizzare gli incontri, al momento non si sa nemmeno dove sia finito. Stava in una famiglia affidataria, che però non lo vuole più. Dove sarà adesso?

«È una storia talmente incredibile che si fatica persino a raccontarla – sottolinea l’avvocato Miraglia, cui la madre si è rivolta e che segue questa vicenda da anni – A volte le istituzioni si accaniscono in maniera crudele contro le persone e questo bambino, che ha solo 7 anni, ne è la prova: nella sua brevissima vita ha vissuto lunghi periodi lontano dalla mamma, è stato collocato presso famiglie affidatarie, parcheggiato in una comunità fatiscente. Un calvario iniziato quando era piccolissimo e venne allontanato in quanto una psicologa e un’assistente sociale avevano intravvisto un mancato attaccamento del bambino nei confronti della mamma».

Situazione che, con il passare del tempo, gli ha creato notevoli stati d’ansia e di stress. «A lasciare sgomenti ancora di più è sapere che questo bambino piange, soffre di insonnia, supplica di tornare a casa dalla sua mamma – prosegue l’avvocato Miraglia – e scoprire che distrugge montagne di giornali per sfogare la propria rabbia. Pare sia un metodo applicato dalla sua psicologa per superare gli stati di frustrazione. Ma è mai possibile che un bambino di soli 7 anni abbia bisogno di trovare metodi per sfogare l’ansia e la rabbia? In due anni i Servizi sociali non hanno avviato alcun progetto di riavvicinamento tra madre e figlio né incontri tra loro, limitandosi a parcheggiare il bimbo in una famiglia affidataria, che tra l’altro deve essere pure cambiata. Un immobilismo e un’incompetenza da parte dei Servizi del Comune in cui risulta residente questo bambino, tale da essere sfociato in un provvedimento disciplinare nei confronti dell’assistente sociale: alle richieste della madre di avere notizie del bambino, rispondeva sempre con la medesima mail, “copincollando” lo stesso testo. Madre e figlio hanno potuto vedersi solo quattro volte e soltanto perché il bambino si è impuntato». Ebbene, in questa vicenda orribile al peggio non c’è proprio fine: il 12 maggio il Tribunale dei Minorenni di Bologna ha decretato l’affidamento del bimbo dai Servizi sociali del suo inerte Comune a quelli di Ferrara, che incredibilmente hanno risposto rimpallando la responsabilità, non assumendosene la competenza in quanto il piccolo non è lì residente. Neanche fosse un pacco postale. E in questa situazione di stallo alla madre non sono più arrivate notizie del figlio. Allo stato attuale non sa dove sia né come stia.

«Abbiamo pertanto scritto a entrambi i sindaci dei comuni interessanti  – conclude l’avvocato Miraglia – e presentato reclamo alla Corte d’Appello di Bologna. Già è incredibile che un bambino venga allontanato senza motivo e che nessuno si degni di seguire la sua vicenda (tutto per nascondere le evidenti negligenze del Servizio sociale del suo Comune). Ma è inaccettabile che per incompetenza di un’assistente sociale e per mancanza di volontà delle istituzioni, a farne le spese sia un bambino!».