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Francesco Miraglia relatore al convegno sui diritti dei minori del Senegal

 

I bambini senegalesi in Italia sono tra i minori stranieri maggiormente allontanati dalle loro famiglie

L’avvocato Francesco Miraglia del foro di Madrid incontrerà la comunità senegalese lunedì 23 maggio a Pisa, per illustrare le modalità in cui funzionano i servizi sociali, gli affidi e la genitorialità in Italia. Miraglia, esperto in Diritto di famiglia e Diritto minorili, è autore di diversi libri, l’ultimo dei quali si intitola “L’avvocato dei bambini. Troppo potere senza controllo: ecco come si costruiscono i falsi abusi familiari e gli affidi illeciti”. Relazioneranno insieme a lui alcuni rappresentanti di associazioni senegalesi in Italia e l’avvocato Carmen Pino del foro di Barcellona Pozzo di Gotto con decennale esperienza in materia minorile . Un convegno che sarà introdotto da Moustapha Wagne, segretario generale del coordinamento migranti di Verona e consulente in materia di immigrazione. Conosce bene la realtà dei minori senegalesi, che troppo spesso i giudici allontanano dai loro nuclei familiari per inserirli in comunità di accoglienza, quando magari in moltissimi casi si tratta di un problema di natura culturale o di mancanza di conoscenza delle leggi italiane: sarebbe pertanto importante, se non addirittura indispensabile, formare ed informare i cittadini senegalesi, attraverso iniziative come il convegno organizzato a Pisa.

Quella degli allontanamenti di bambini senegalesi dalle loro famiglie, ad opera dei servizi sociali italiani, è una vera e propria emergenza, che merita un’attenzione particolare da parte delle istituzioni italiane così come dei rappresentanti del Senegal in territorio italiano quali possono essere ambasciata e consolato.

Solo lo studio Miraglia di Modena sta seguendo una quindicina di casi di allontanamento di minori di origine senegalese: grazie all’intervento dello studio legale, a Genova e a Roma dei bambini sono riusciti a tornare tra le braccia dei propri genitori. Ma quanti ancora soffrono lontani da casa?

Ecco perché nel corso del convegno  verrà presentato  l’opuscolo «Servizi sociali, affidi e genitorialità: qualcosa da chiarire», realizzato in collaborazione con l’associazione Peribimbi.it, con lo scopo di aiutare e informare i genitori dell’attuale ordinamento giuridico italiano in materia di affidi, al fine di renderli maggiormente responsabili ed efficaci nella difesa del loro ruolo e nella protezione dei propri figli da potenziali abusi d’ufficio. Un opuscolo appositamente tradotto in francese per essere meglio compreso dalla comunità senegalese.

Negli anni scorsi l’avvocato Miraglia del foro di Madrid aveva prestato la propria opera di consulenza legale in un progetto integrato di tutela per i minori ecuadoriani, siglato con lo Stato dell’Ecuador attraverso la propria ambasciata in Italia, al fine di fornire assistenza legale e psicologica gratuita a tutte le famiglie alle prese con allontanamenti dei minori da casa. Anche in questo caso, complice anche la scarsa comprensione della lingua e delle leggi italiane, decine di bambini e ragazzi dell’Ecuador erano stati allontanati dalle loro case a affidati a comunità di accoglienza: diversamente da altri stati europei, nei quali si predilige l’affidamento ai parenti.

Pertanto, visti i numerosi minori allontanati dalle famiglie senegalesi, sarebbe auspicabile che anche il Senegal attivasse un progetto simile attraverso la propria ambasciata. E che sia di esempio ad altri Paesi, per dar voce ai bambini stranieri in Italia, che altrimenti voce non hanno.

Bimbo sequestrato in comunità blitz dell’Assessore Caucino e della Garante C.: vuole tornare a casa dalla sua mamma

Torino  20 Maggio 2022, C. è un bambino del Torinese che vive “sequestrato” in una comunità terapeutica nella quale è stato confinato due anni fa.

Tutto nasce dalle lamentele della madre del bimbo disabile, che evidenziava l’incapacità di gestire l’iperattività del figlio, da parte della scuola che frequentava.

Invece di fornire un supporto alla famiglia, il Tribunale Per i Minorenni del Piemonte e Valle d’Aosta da più di 2 anni, ha confinato il bimbo dentro la comunità terapeutica, da cui non esce nemmeno per andare a scuola.

Da anni il bimbo non vede nessuno, nemmeno la mamma, inoltre viene regolarmente sedato con i farmaci.

“È un manicomio per bambini mascherato???” dichiarava l’Avvocato Miraglia, legale della madre di C. in un articolo pubblicato dopo averlo intervistato lo scorso Dicembre 2020.

Una madre disperata che per essersi recata in questa comunità con l’intento di poter vedere il suo bambino, o anche solo per poter sentirne la voce, è stata denunciata dagli stessi operatori della comunità, manco fosse una criminale.

Proprio per il legame della struttura con la Diocesi in questione, l’Avvocato Miraglia, l’anno scorso scrisse e pubblicò, una lettera destinata a Papa Francesco, di cui riportiamo uno stralcio :

«Sua Santità – prosegue l’avvocato Miraglia nella sua lettera – non è possibile trattare una mamma alla stessa stregua di un criminale, solo perché rivendica l’amore per il proprio figlio”.

“Ancor più grave è questo atteggiamento arrogante e prepotente, assunto dagli operatori che lavorano ed operano in una struttura di proprietà della Diocesi”.

“Ben sappiamo dei suoi tanti impegni, tanti sono i suoi pensieri, ma con tutto l’amore di Dio le chiediamo di dedicare un secondo della sua giornata a questo piccolo, che non vuole altro che riabbracciare la sua mamma”.

“Sua Santità, il mio studio legale da anni combatte contro il sistema degli affidamenti illeciti, contro l’alienamento dei minori dai propri genitori e contro questo mercato fatto sulla pelle dei bambini”.

“Mai avrei pensato di combattere contro chi opera in nome della Famiglia, dell’Amore e della Misericordia dei bambini”.

Ieri l’Assessore Regionale alla Famiglia Chiara Caucino, insieme al Garante per l’Infanzia, si è recata presso la struttura Paolo VI, dove da anni è rinchiuso C.

Un blitz istituzionale, dal quale sono emerse delle verità che da molto tempo sia l’Avvocato Miraglia, nella sua difesa, che l’Associazione Graziani Adelina, portano avanti.

In primis l’Avvocato Miraglia, l’Associazione Graziani Adelina, nella persone del Presidente Riccardo Ruà e la Vice Presidente Rachele Sacco, (e noi della testata che ci siamo occupati di alcuni articoli in merito alla situazione del bambino) vogliamo ringraziare, l’Assessore Caucino, per essersi prodigata in tal senso.

Anche l’Assessore Caucino insieme alla Garante per l’Infanzia Ylenia Serra, hanno appurato che il bambino chiede espressamente di poter ritornare a casa dalla sua mamma.

Una frase quella pronunciata da C. che noi conosciamo molto bene, una volontà che il povero bambino non ha mai smesso di esternare, pur vivendo in una realtà costrittiva, e di sedazione continua.

Ciò che chiede C. non è mai stato preso in considerazione, questo ci turba molto, e ci addolora apprendere che da molti anni il bambino soffre per questa ingiustificata reclusione, seppur né lui né la sua mamma si siano mai macchiati di alcun crimine.

Il bambino da anni non va più a scuola, non può parlare, e nemmeno ricevere l’affetto dalla sua famiglia, a lui è stato precluso tutto.

Dal blitz, che fece l’Associazione Graziani Adelina, che si occupa anche di Malasanità, emersero dei fatti a dir poco sconvolgenti.

Un medico della struttura, non solo non volle riceverli, ma asserì in presenza anche di testimoni, che il bambino non voleva vedere la sua mamma, in quanto ne aveva paura.

Un’affermazione questa che non corrisponde al vero, in quanto C. non ha mai smesso di amare la sua mamma, che tanto lo ama a sua volta.

Una madre amorevole, grande lavoratrice, che meritava un trattamento diverso, piuttosto che la privazione del figlio.

Una donna senza precedenti penali, una brava persona con una famiglia altrettanto integerrima, che si è vista strappare il suo bambino.

Era un normalissimo giorno di scuola per C. e non fosse che quando la sua mamma lo va a riprendere a scuola, e scopre che il bambino non c’era più, lo avevano portato via, per segregarlo in questa comunità.

Pensate a come possa essersi sentita questa madre, nell’apprendere tale abominio.

  1. aveva raccontato alla sua mamma che a scuola veniva addirittura bullizzato, e che i genitori degli altri alunni si erano uniti per fare in modo che il bambino non frequentasse più quella scuola.

Questo bimbo non è un mostro ve lo assicuriamo, è un bambino che oggi ha solo 9 anni, affetto da una disabilità, ma che può essere aiutato, non di certo ghettizzandolo, e togliendogli la famiglia.

 

Dopo anni in affidamento ragazzina presenta gravi turbe psichiche

I genitori querelano i Servizi sociali per maltrattamenti e circonvenzione d’incapace

MILANO (10 Dicembre 2021). Accusa il padre di ogni nefandezza possibile, scappa dalla comunità e dice di voler andare a stare con un rapper americano che asserisce di conoscere: una ragazzina di 12 e 9 mesi anni ospite di una comunità milanese è chiaramente in stato di profonda crisi e disagio. Prima di entrare in comunità un paio di anni fà era una ragazzina normalissima, che adorava i genitori, specialmente il padre. Che adesso non vuol nemmeno vedere. Cosa è successo in quella comunità da farla cambiare così tanto? «È stata sporta una denuncia per circonvenzione d’incapace – racconta l’avvocato Miraglia, legale dei genitori – e ne sarà presentata una anche per maltrattamenti: se la ragazzina da tre anni e 6 mesi si trova in comunità e da un anno le viene impedito di vedere i genitori, è chiaro che non può certamente essere incolpata la famiglia e che sono i Servizi sociali i responsabili di questo cambiamento, grave e pericoloso».

Tutto comunica quando la madre si confida con un’assistente sociale, asserendo che il marito la maltratta. I Servizi sociali, dopo la denuncia chiedono ed ottengono l’allontanamento  delle ragazzine e vengono collocate in una comunità. Nel frattempo il padre viene scagionato in Cassazione da ogni accusa, risultata priva di fondamento, e mentre una figlia rientra a casa, l’altra resta in comunità. «Comprovata l’innocenza del padre – prosegue l’avvocato Miraglia – abbiamo informato i Servizi sociali: eravamo alla vigilia di un incontro tra la ragazzina e i genitori, che fino a qualche giorno prima era entusiasta di rivederli dopo tanto tempo. Ma è stata enorme la sorpresa nell’apprendere che la bambina si rifiutava improvvisamente di vedere il papà, insultandolo, raccontando di avere paura di lui, di ricordare episodi orribili. Poche ore sono bastate per cambiare così l’atteggiamento di una persona?». Verrebbe quasi da pensare che i Servizi sociali, per giustificare il loro errato operato, l’abbiano plagiata mettendola contro la famiglia?

L’influenza del Servizio sociale sulla ragazzina ha portato ad un inesorabile e costante allontanamento della minore dai genitori: il servizio, anziché agevolare i rapporti tra la ragazzina e la famiglia di origine, ha tentato in ogni modo possibile di allontanare e spaventare la minore, che ha sviluppato atteggiamenti oppositivi nei confronti dei genitori, che in tanto mesi di lontananza nulla possono averle fatto. «E se fin qui è plausibile la circonvenzione d’incapace – conclude l’avvocato Miraglia – si profila il maltrattamento per quanto questa ragazzina ha manifestato recentemente: una bambina tranquilla si è trasformata in una persona ingestibile, per stessa ammissione dei Servizi sociali. Quando parla ormai delira ed è arrivata a fuggire  più dalla comunità affermando di voler andare a vivere con un rapper americano che dice di conoscere. È chiaro che la bambina sia malata e a farla ammalare sono stati i Servizi sociali, la comunità e soprattutto la lontananza della sua famiglia. In altre parole i miei assistiti avevano una figlia sana per ritrovarsi una figlia gravemente ammalata. Chi pagherà per tutto questo?».

Penso che sia giunto il momento di dire basta a queste situazioni di sofferenza e strumentalizzazioni in nome di una presunta tutela dei minori. Ci auguriamo di un immediato intervento del Tribunale per i minori prontamente informato sullo stato precario di questa bambina e dell’operato del servizio sociale.

Il Tribunale per i Minorenni di Milano avrà il coraggio di mettere in discussione l’operatore del servizio sociale magari trasmettendo gli atti alla Procura della Repubblica o come temiamo addosserà la colpa ai genitori che non vedono la figlia da quasi un anno?

Ai posterei ardua sentenza!!!

 

Reggio Emilia: dopo nove anni genitori riabbracciano il figlio a casa propria

Avvocato Miraglia: “Ennesima prova che a Bibbiano era stato orchestrato un vero sistema illecito per allontanare i bambini”

Reggio Emilia (9 Novembre 2021). Sono quasi nove anni che una famiglia, originaria della Val d’Enza, vive lontana dal proprio figlio, strappatole dai Servizi sociali quando non aveva nemmeno due anni. Un periodo lunghissimo durante il quale i Servizi sociali non hanno mai provveduto a rivalutare il caso e si sono ben guardati dall’avviare un percorso di sostegno genitoriale per il progressivo rientro del bambino in seno alla propria famiglia di origine, come prescrive la legge. L’affidamento etero-familiare, infatti, deve avere carattere temporaneo finché la famiglia di origine non si dimostra in grado di poter assolvere al proprio ruolo genitoriale. Quando i genitori di questo bimbo, dagli articoli sui media, hanno scoperto che una delle assistenti sociali che li aveva seguiti è coinvolta nell’indagine “Angeli e demoni”, hanno capito di essere vittime del medesimo, perverso sistema. Si sono affidati pertanto all’avvocato Miraglia e tre giorni fa hanno ottenuto dal Tribunale per i minorenni di Bologna di riavere con sé, per il momento nei fine settimana, il loro bambino e di avviare un percorso di osservazione al fine di farlo rientrare in famiglia. «Ennesima dimostrazione che a Bibbiano era stato orchestrato un sistema sulla pelle dei bambini per allontanarli dalle famiglie di origine» rivela l’avvocato Miraglia,

Come in decine di altri casi i Servizi sociali erano intervenuti quando la coppia aveva avuto dei problemi economici con conseguente sfratto dalla loro abitazione. Sulla base di un’unica relazione dei Servizi sociali il Tribunale per i minorenni di Bologna aveva stabilito l’affidamento del piccolo, che all’epoca non aveva nemmeno due anni, al Comune di Bibbiano e il suo collocamento presso un’altra famiglia, dove è rimasto tutti questi anni perché del suo caso non si è occupato più nessuno: nessuno infatti ha rivalutato i genitori, né ha avviato un percorso di riavvicinamento al figlio. Per tutto questo tempo genitori e figlio si sono potuti incontrare soltanto ogni due mesi nel corso di incontri protetti: di fatto questa coppia si è persa molte tappe fondamentali della vita e della crescita del loro bambino e tutto questo senza motivo, poiché è stato ora chiaramente stabilito che sono genitori amorevoli e economicamente indipendenti.

«E guarda caso le tre operatrici dei Servizi sociali che si sono occupate di questo caso sono coinvolte nell’inchiesta “Angeli e demoni”» prosegue l’avvocato Miraglia «e risultano imputate dinnanzi al Tribunale di Reggio Emilia per vari reati  È l’ennesima riprova che Bibbiano non è un semplice “raffreddore”, come qualcuno ha avuto modo di dire, ma una un’intera pandemia! È chiaro che sia stato orchestrato un vero e proprio sistema, che coinvolge molto più dei nove casi inseriti nell’inchiesta “Angeli e demoni”, come noi abbiamo sempre sostenuto, e sui quali continuiamo a ritenere sia necessario far luce. Questa decisione smentisce totalmente chi, per conto del Tribunale per i minorenni, ha affermato che tutti i casi giacenti fossero stati esaminati e non fossero emerse irregolarità: forse è stato troppo frettoloso nell’esprimersi oppure non sapeva di cosa stesse parlando, perché continuano ad emergere casi sempre nuovi. Noi continueremo la nostra battaglia a tutela dei bambini  e dei loro genitori senza alcun timore  e ringraziamo il Comitato “Angeli & Demoni  #unitiperibambini”, che ha sostenuto i genitori  di questo bimbo e tanti altri genitori finiti loro malgrado nella rete di questo sistema».

 

Tribunale per i minorenni di Venezia giustifica l’inefficienza dei servizi allontanando due bambini dai genitori

(VERONA, 7 Luglio 2021). Il Tribunale dei Minorenni di Venezia deve aver letto le carte al contrario o aver preso un abbaglio: non si spiegherebbe, altrimenti, perché abbia allontanato due bambini veronesi dai loro genitori, impedendone persino gli incontri protetti e confinandoli per l’ennesima volta in una comunità, alla vigilia del loro rientro a casa. A motivare il provvedimento sarebbe un presunto atteggiamento oppositivo dei genitori, che invece si sono sempre dimostrati collaborativi con i Servizi sociali del Comune di Verona, dove abitano, e amorevoli con i figli. «Se c’è qualcuno che ha delle mancanze, questi sono il Servizio di Neuropsichiatria infantile e i Servizi sociali di Verona» dichiara l’avvocato Miraglia, legale dei genitori, «perché non hanno mai ottemperato alle originarie prescrizioni del Tribunale stesso. Non hanno mai avviato un percorso di sostengo ai genitori, per essendo loro più che collaborativi, né hanno iniziato una progettualità con i bambini». I genitori, tramite l’avvocato Miraglia, hanno presentato reclamo alla Corte d’Appello di Venezia, chiedendo che i bambini siano finalmente collocati a casa propria, dove praticamente non vivono stabilmente più dal 11 novembre 2019.

Sono infatti quasi tre anni   che questi bambini, che hanno 11, 7 e 4 anni non vivono con i genitori.

Da un anno la sorellina è potuta tornare a casa da mamma e papà per motivi di salute, mentre i due fratellini sono rimasti nella struttura.

I genitori nel frattempo hanno ripreso una vita regolare e hanno un ottimo rapporto con i figli, pertanto ad agosto dello scorso anno il Tribunale per i Minorenni aveva disposto il “rientro graduale dei minori presso i genitori”; che è avvenuto regolarmente tutti i fine settimana da agosto l’anno scorso fino al 20 giugno u.s.. A fine giugno, a sorpresa, i Servizi sociali hanno comunicato alla coppia che la comunità che ospitava i bimbi li avrebbe messi alla porta, non avendo più nulla da fare con loro ma soprattutto perché non era stato mai presentato un progetto da parte dei servizi sociali. Incredibilmente il Tribunale per i minorenni, invece di prendere atto dell’inefficienza dei servizi sociali ha ricollocato  i bambini a una comunità, l’ennesima, sospendendo pure gli incontri con i genitori perché questi non sarebbero collaborativi. Ma se hanno fatto tutto ciò che è stato chiesto loro! Sono le istituzioni che hanno mancato in tutto! E il Tribunale dei Minorenni ha travisato le risultanze fattuali, cadendo forse nel clamoroso errore di imputare la mancata ottemperanza delle sue indicazioni ad un atteggiamento oppositivo o non collaborativo dei genitori. Sono le istituzioni ad avere colpe e mancanze. È la comunità familiare che ospitava i bambini ad avere, in via autonoma, “deciso le dimissioni dei bambini”; mentre il Servizio di Neuropsichiatria infantile e i Servizi sociali del Comune di Verona non hanno mai ottemperato alle disposizioni del tribunale stesso, non avviando mai un percorso di sostegno ai bimbi e i genitori. I quali adesso, insieme ai loro figli, sono vittime di un sistema dalle grandissime falle e dalle palesi inadempienze e inadeguatezze».

Questa ennesima situazione dimostra che a pagare le conseguenze sono sempre i più deboli ma soprattutto mi chiedo e chiedo come è possibile che un Tribunale invece di condannare la superficialità, le inefficienze, il pressapochismo di chi con i soldi pubblici dovrebbe tutelare e salvaguardare i diritti dei minori, li ignora  o meglio ancora li giustifica sulla pelle dei bambini?

Violentata una minorenne in un centro di recupero: confermata in appello a 5 anni di reclusione per un altro ospite all’epoca 43enne

ANCONA (4 Giugno 2021). Confermata anche dalla Corte d’Appello di Ancona la condanna di un uomo per lo stupro di una minorenne, avvenuto tre anni fa all’interno della comunità di recupero dalle dipendenze in cui entrambi erano alloggiati. L’uomo, che nel dicembre 2018 aveva 43 anni ed era ricoverato nella struttura per la sua dipendenza da alcol, ha usato violenza nei confronti della ragazzina, all’epoca diciassettenne, approfittando della sua condizione di inferiorità dovuta alla giovanissima età. Oltre al fatto che, nel momento in cui ha fatto irruzione nella sua stanza, la ragazzina stava dormendo. Una violenza che si è consumata senza che nessuno degli operatori addetti alla sorveglianza, pur presenti nel reparto in quel momento, si fosse accorto di nulla e fosse pertanto intervenuto in suo aiuto. La ragazzina aveva avuto il coraggio di denunciare tutto a un’operatrice sociosanitaria della comunità, che aveva notato in lei un atteggiamento strano e che le aveva quindi chiesto cosa le fosse capitato. Tra l’altro l’uomo, consumata la violenza, si era pure presentato per alcune notti successive nella stanza della giovane, che però in quelle occasioni era riuscita ad allontanarlo. Ne era seguita quindi un’inchiesta, con la relativa condanna dell’uomo in primo grado a cinque anni di reclusione. Condanna confermata da una recente sentenza emessa questa settimana dalla Corte d’Appello di Ancona.

«Soddisfatti della conferma della sentenza» commenta l’avvocato Miraglia, che difende il padre della ragazzina costituitosi parte civile, «procederemo ora con la richiesta di risarcimento dei danni morali e materiali sia al colpevole della violenza che al responsabile della struttura di recupero, che non ha saputo sorvegliare e prendersi cura adeguatamente della minore. C’è anche da sottolineare – e quindi mi rivolgo al ministro della Salute Roberto Speranza – come siano pochissime  i luoghi che possono aiutare i minori senza contattare che potrebbero essere aiutati a casa loro.

i. Purtroppo la stragrande maggioranza delle volte i minori vengono inseriti in strutture riabilitative nelle quali sono alloggiati anche gli adulti che, come si evince dal caso in questione, possono dimostrarsi assai pericolosi. Sarebbe pertanto opportuno cominciare a pensare di realizzare strutture dedicate esclusivamente all’accoglienza di minori affetti da dipendenze, soggetti particolarmente fragili e vulnerabili».

 

Cassino, la segretaria comunale incontra la zia delle bambine

Photo Credits by Piotr Gurgul License by Creative Commons

La dirigente mette in discussione l’operato dei Servizi sociali

Cassino (25 Aprile 2021). A sorpresa la zia delle bimbe, che il 6 aprile scorso i Servizi sociali di Cassino le hanno strappato e portato in comunità, ha incontrato la segretaria comunale del Comune, la quale, nel corso del colloquio, si è mostrata molto contrariata rispetto all’operato dei Servizi sociali in merito all’allontanamento illegittimo delle bambine, ritenendo assolutamente inspiegabile quanto accaduto. Nei confronti della zia ha avuto parole positive, ritenendola una persona perbene e con un elevato livello socio-culturale e, a suo parere, le bambine dovrebbero tornare immediatamente a casa con lei.

«Non possiamo che elogiare la segretaria comunale, dirigente ad interim dell’area Servizi» dichiara l’avvocato Miraglia, che difende la zia delle bambine, «perché ha fatto quello che ci attendevamo da venti giorni da parte del sindaco: ha parlato con la zia, l’ha conosciuta di persona, ha studiato i fatti. Sono intervenuti una serie di politici a difesa del sindaco, molti nemmeno sapevano cosa fosse accaduto in realtà: semplicemente si sono lanciati in una difesa d’ufficio del primo cittadino. Invece avrebbero dovuto fare tutti, sindaco in primis, quello che ha fatto la dirigente: parlare con la zia. Bisogna parlare con le persone, anziché agire sulla base di pregiudizi. Auspichiamo che il sindaco prenda le distanze da questi operatori e che il Tribunale tenga ora in considerazione queste dichiarazioni della dirigente comunale».

Nel frattempo la zia ha presentato un’integrazione di querela per abuso d’ufficio e violenza privata nei confronti degli assistenti sociali: le bambine furono portate via d’imperio, con l’inganno, un pomeriggio nel quale la zia le aveva accompagnate in municipio per un colloquio protetto con il loro papà. Appena saputo che avrebbero dovuto essere condotte in comunità le bimbe, piangendo, avevano tentato di fuggire disperate: una di loro, afferrata al volo da uno degli operatori, cadde a terra ferendosi alla mano e al ginocchio.

«L’articolo 403 del Codice civile, applicato in questo caso» conclude l’avvocato Miraglia «consente ai Servizi sociali di intervenire in situazioni di emergenza e grave pericolo in cui dovessero trovarsi dei minori. Ma auspichiamo un intervento del legislatore affinché lo abolisca, per l’abuso che ne fanno alcuni Servizi sociali, che lo utilizzano spesso a proprio piacimento e senza che vi sia un pericolo imminente da cui mettere al riparo i bambini».

Cassino: squalificante mettere sul piano politico la vicenda delle due bambine strappate alla zia

Cassino  (20 Aprile 2021).  Nella giornata di ieri, è stato pubblicato, su un quotidiano locale un articolo dal titolo “Le bimbe tolte alla zia e quel fallo da cartellino rosso di una “certa destra”, a firma del già vice sindaco di Cassino.

Visto che si ritorna ad intervenire sulla vicenda delle bambine che i Servizi sociali hanno strappato due settimane fa alla zia e che attraverso alcuni mass media si stia operando una difesa d’ufficio del sindaco stesso e degli assistenti sociali, non possiamo esimerci dall’intervenire, anche noi, in quanto legali della zia, per chiarire ulteriormente alcuni passaggi e rispedire al mittente alcune, gratuite, accuse.

 

Corre l’obbligo innanzitutto di precisare che il Tribunale per i minorenni di Roma non ha confermato l’operato dei Servizi sociali di Cassino e non è vero che non abbia rilevato elementi per sconfessare l’operato delle assistenti sociali, dal momento che l’udienza è fissata per il prossimo 5 Maggio.

Pertanto chi si sente in dovere di intervenire, almeno abbia la compiacenza di informarsi sulle cose, altrimenti farebbe bene a tacere.

 

Accusare poi lo Studio Miraglia di strumentalizzare la vicenda di queste due bambine per questione politica, non trova riscontro alcuno e la trasparenza e trasversalità con il quale operiamo è sotto gli occhi di tutti. Da anni interveniamo a tutela di minori, indipendentemente dal colore politico delle amministrazioni che emanano dei provvedimenti di allontanamento ingiustificati. E quando ci si riferisce al “caso Bibbiano” è per indicare il metodo adottato da più e più Comuni, purtroppo, di allontanare i bambini per affidarli a case famiglia che magari hanno rapporti poco trasparenti con le amministrazioni stesse oppure con gli assistenti sociali che vi operano. E a questo proposito il sindaco di Cassino ci spieghi che rapporti ha con gli assistenti sociali che hanno deciso di allontanare queste due bambine, i quali pare vengano forniti da un consorzio e non sono nemmeno alle dirette dipendenze del municipio.

 

Costoro hanno applicato in questa vicenda l’articolo 403 del Codice civile, il quale recita: “Quando il minore si trova in una condizione di grave pericolo per la propria integrità fisica e psichica la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione”. Ci debbono dire, questi signori, che grave pericolo correvano queste due bambine, dal momento che la motivazione che i Servizi sociali hanno addotto nella relazione presentata al Tribunale per i minorenni di Roma è l’eccesso di possesso e un atteggiamento della zia ritenuto troppo critico verso l’operato degli assistenti sociali.

Tra l’altro fu il sindaco per primo ad intervenire dicendo di non conoscere la vicenda e, come cittadini, siamo sdegnati dal fatto che il tutore delle bambine non sappia cosa si decida dei minori a lui affidati, né conosca i motivi di un allontanamento così brutale. Ma quando firma un provvedimento, lo fa senza chiedere, senza controllare?

 

La vicenda sicuramente la ben conosce chi, come noi, ci è addentro pertanto, chi si è lanciato in una accorata difesa del sindaco, sarebbe stato opportuno che avesse un minimo di conoscenza dei fatti. Porre la vicenda, poi, sul piano politico è squalificante e non centra l’obiettivo della questione: il sindaco non ha certo bisogno di una difesa d’ufficio. Chi agisce con le sue responsabilità deve essere forte solo della propria decisione, del proprio buon operato.

 

Quanto a noi, legali dello Studio Miraglia, dire che agiamo per interessi o posizioni meramente politiche è oltremodo ingiusto e offensivo. Gli avvocati non si schierano: gli avvocati rispondono al mandato ricevuto dai loro assistiti e agiscono in loro difesa. Respingiamo pertanto ogni infondata accusa di partigianeria politica: soprattutto quando si parla di bambini, non ci sono colori o schieramenti o interessi politici. Ci sono solo i diritti delle persone, persone fragili e indifese.

Cassino, bimbe strappate alla zia. Il motivo è l’eccesso di possesso

FROSINONE, BIMBE STRAPPATE ALLA ZIA: IL MOTIVO È  L’ECCESSO DI POSSESSO
Avvocato Miraglia: «La ministra per la Famiglia intervenga immediatamente».
Cassino (15 Aprile 2021). Finalmente si è venuti a conoscenza dei “gravi” motivi che hanno portato all’allontanamento, martedì 6 Aprile a Cassino, di due bambine dalla loro zia cui erano affidate:  sarebbero in pericolo di “eccesso di possesso”. Stando almeno alla relazione che i Servizi sociali di Cassino hanno presentato al Tribunale per i minorenni di Roma. «Niente maltrattamenti, quindi» dichiara l’avvocato Miraglia, che tutela la zia e le due bambine, «nessuna violenza, né segni di abbandono o di incuria. Niente di tutto questo. La “colpa” della zia sarebbe quella di aver messo le nipotine in pericolo di “eccesso di possesso” e di assumere “atteggiamenti denigratori nei confronti del personale” dei Servizi sociali. Tutto ciò non può che farci indignare: ma è mai possibile che un provvedimento di urgenza, che la legge sancisce appositamente per mettere al riparo i minori da pericoli imminenti per la loro incolumità, quindi per la loro salute e la loro vita, vengano assunti perché  la zia si dimostra troppo premurosa con le nipotine e critica verso l’operato dei Servizi sociali? Adesso se critichi gli assistenti sociali questi ti portano via i bambini? Il provvedimento d’urgenza, adottato per allontanare le bambine dalla zia, sancito dall’articolo 403 del Codice civile, si applica in caso di estrema urgenza e per tutelare i minori, non per salvaguardare il buon nome degli operatori sociali. A questo punto non possiamo che chiedere che questi assistenti sociali smettano di occuparsi di minori e soprattutto chiediamo un intervento urgente dal parte della ministra della Famiglia, Elena Bonetti. Purtroppo, come siamo soliti ormai dire, “Bibbiano è solo la punta di un iceberg”, ben radicato e profondo nel sistema degli affidi e dei collocamenti dei minori nelle comunità e nelle case fam

Cassino. bimbe sottratte alla zia. Il Sindaco tace i motivi

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FROSINONE (14 Aprile 2021). «Abbiamo letto la replica del Sindaco di Cassino, Enzo Salera, al caso delle due bambine sottratte alla zia che abbiamo sollevato nei giorni scorsi: riteniamo che abbia perso un’occasione per stare zitto» dichiara l’avvocato Miraglia, che tutela la zia delle due bambine, le quali, affidate a lei dal tribunale, all’improvviso e senza motivo apparente sono state condotte in una casa famiglia. «Colpisce la cifra dei minori, un centinaio, che si vanta di far seguire ai suoi Servizi sociali» prosegue l’avvocato Miraglia. «Un po’ altina visto che Cassino è un Comune di medie dimensioni, annoverando suppergiù 36 mila abitanti. Il suo comunicato, comunque, tutto diceva tranne i motivi per i quali i Servizi sociali hanno sottratto alla zia le due bambine, che con lei vivevano serene. A parte che anziché una nota stampa, poteva convocare la zia in Municipio per parlare direttamente con lei, ci deve spiegare e illustrare quali sarebbero le sue mancanze, tali da non consentire che le bambine avessero una “crescita educativa, fisica e psicologica normale”».

Quello che pare evidente, ancora una volta, è che il Sindaco nulla sappia di tutta questa vicenda e che soprattutto si sia di fronte ad un abuso di potere. «Ricordiamo al Sindaco» prosegue ancora l’avvocato Miraglia, «al quale diciamo che, grazie, ma non ci servono lezioni su come sono organizzati i  Servizi sociali, ebbene ricordiamo che l’unica possibilità per la Pubblica Amministrazione di sostituirsi all’Autorità Giudiziaria, che le consenta di allontanare di impeto dei minori dalla casa e dalla famiglia in cui vivono, è che sussistano dei gravi e imminenti pericoli per la loro incolumità.

 

Ma quale pericolo ci poteva essere se queste bambine sono brave a scuola, serene e che quel giorno la zia le aveva accompagnante in municipio a un incontro i genitori, oltretutto per pura iniziativa arbitraria degli operatori sociali, pulite e ben vestite? Invece di lanciarsi in una difesa d’ufficio nei confronti dei suoi assistenti sociali, ci spieghi i motivi che hanno portato a questo allontanamento coatto.

 

E soprattutto, visto l’elevato numero di casi di minori che il Comune dice di seguire, ci illustri quante e quali convenzioni siano in essere con le case famiglia  e le comunità di accoglienza; quanto spende, in denaro pubblico, il Comune di Cassino per alloggiare i minori allontanatati da casa e nello specifico quanto costano queste due bambine alla collettività. Soldi che potevano essere tranquillante risparmiati. Ci si conceda poi un’ultima affermazione: siamo stati contattati da diversi cittadini di Cassino, che ci hanno raccontato come episodi di allontanamento in tutto simili a quello di queste bambine sarebbero già avvenuti, e non un paio di volte soltanto, e come parrebbe esserci pure un procedimento penale in corso per gli ambigui rapporti che gli operatori sociali avrebbero intrattenuto con strutture di accoglienza. Diciamo che se il  Sindaco vuole parlare, ha diversi argomenti da illustrare a questa zia e ai suoi concittadini».