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Assisi: ospizio lager, condannati gli operatori.

ASSISI: OSPIZIO LAGER, CONDANNATI GLI OPERATORI 

Avvocato Miraglia: «Finalmente giustizia per le vittime» 

 

Assisi (11 Ottobre 2022). Si è concluso con una serie di condanne pesantissime il primo grado del processo contro i responsabili e gli operatori della comunità terapeutica L’Alveare di Torchiagina (Assisi). Undici gli imputati condannati a un totale di quasi 46 anni di carcere, per i maltrattamenti fisici e psicologici perpetrati tra il 2014 e il 2016 nei confronti degli ospiti, tutte persone con disabilità e problemi psichici.

«Anche se siamo al primo grado di giudizio – commenta l’avvocato Miraglia, cui si è rivolta la famiglia di uno degli ospiti questa sentenza rende giustizia alle vittime. Esprimiamo quindi grande soddisfazione per l’esito del procedimento, ma l’interesse per realtà come queste, che purtroppo non sono rare in Italia, non deve concludersi passato il clamore mediatico. Affinché situazioni simili non abbiamo più ad accadere, è necessario che si attivino finalmente dei controlli. Innanzitutto vanno verificate in maniera precisa le credenziali di chi le avvia e successivamente vanno programmati controlli costanti e continui, perché i pazienti e gli ospiti una volta ricoverati, nonostante siano soggetti fragili, alla fine vengono abbandonati a loro stessi»

Fanno rabbrividire i racconti delle vittime: offese, percosse, umiliazioni e punizioni erano all’ordine del giorno, tanto che la struttura è stata ribattezzata “l’ospizio lager”. Se si sporcavano o si assopivano a pranzo erano botte con pugni e persino con bastoni. E poi insulti e offese di ogni genere. Addirittura a una paziente hanno torto il braccio fino a spezzarglielo. Per tenerle ferme le persone venivano legate alle sedie con il nastro adesivo o chiuse a chiave dentro ai bagni. E spesso venivano lasciate senza pranzo o cena.

«Nel caso del mio assistito, un uomo di 39anni –  prosegue l’avvocato Miraglia uno degli operatori, con l’intento di fargli riprendere l’attività lavorativa nei campi, prima lo ha strattonato vigorosamente e lo ha spinto con forza in direzione del terreno, poi, quando ha provato a scappare, lo ha inseguito e percosso con dei pugni, per poi trattenerlo torcendogli il braccio dietro la schiena»

In sede dibattimentale è emersa chiaramente la responsabilità degli imputati in ordine ai fatti contestati: da qui le condanne severe. Uno degli operatori, un vero e proprio aguzzino, ha ricevuto la pena maggiore a 7 anni e sei mesi, mentre il legale rappresentante e gestore della struttura è stato condannato a 6 anni.

All’assistito dello studio Miraglia è stato riconosciuto un risarcimento di 20 mila euro, oltre al pagamento delle spese legali: un risarcimento è stato corrisposto anche alla sorella, in forza del principio che ai prossimi congiunti della vittima di un reato (in questa fattispecie si trattava di lesioni personali) spetta il risarcimento del danno, in rapporto affettivo che li lega.

Milano: il coraggio e la determinazione di una mamma

Nel 2013, il Tribunale per i Minorenni di Milano, disponeva l’apertura dell’adottabilità.

In data ,13 gennaio 2020, veniva deciso non luogo a procedere per l’adottabilità, dallo stesso Tribunale

Nel febbraio 2022, veniva denunciato l’assistente sociale che faceva le videochiamate alla mamma seduto sul wc.

in data 3 ottobre 2022, il Giudice Tutelare di Milano, disponeva il progetto di rientro definitivo del bambino  dalla mamma

Grande felicità per questa mamma e per  il suo giovanotto!!!

Verona: Francesco Miraglia incontra la comunità senegalese

 

VERONA (5 Ottobre 2022). L’avvocato Francesco Miraglia del Foro di Madrid, esperto in Diritto di famiglia e Diritto minorile, domenica 9 ottobre alle 15 incontrerà a San Martino Buon Albergo (via Roma 15) la comunità senegalese di Verona. Sarà l’occasione per illustrare le modalità in cui funzionano i servizi sociali, gli affidi e la genitorialità in Italia anche attraverso la consegna dell’opuscolo «Servizi sociali, affidi e genitorialità: qualcosa da chiarire», realizzato dallo stesso Miraglia in collaborazione con l’associazione Peribimbi.it, con lo scopo di aiutare e informare i genitori dell’attuale ordinamento giuridico italiano in materia di affidi, al fine di renderli maggiormente responsabili ed efficaci nella difesa del loro ruolo e nella protezione dei propri figli da potenziali abusi d’ufficio. Un opuscolo appositamente tradotto in francese per essere meglio compreso dalla comunità senegalese.

Autore di diversi libri, l’ultimo dei quali si intitola “L’avvocato dei bambini. Troppo potere senza controllo: ecco come si costruiscono i falsi abusi familiari e gli affidi illeciti”, Francesco Miraglia, grazie alla collaborazione con Moustapha Wagne, segretario generale del coordinamento migranti di Verona e consulente in materia di immigrazione, ha avviato un’attività di consulenza con la comunità senegalese, così come qualche anno fa aveva fatto con la comunità dell’Ecuador. I minori di origine straniera molto spesso e troppo frettolosamente vengono allontanati dai loro nuclei familiari e inseriti in comunità di accoglienza per presunti maltrattamenti o episodi di abbandono, quando magari nella maggior parte dei casi si tratta di differenti abitudini culturali o di mancanza di conoscenza delle leggi italiane.

 

 

Verona: dopo sei annitre fratelli tornano in famiglia

Dal 2016 erano “parcheggiati” in una comunità di accoglienza a Marghera

VERONA (19 settembre 2022). Ci sono voluti sei anni di sofferenze, lontani dalla famiglia, ma oggi finalmente tre fratelli veronesi potranno lasciare la comunità in cui erano ospitati dal 2016 e torneranno in famiglia: due fratelli sono stati affidati ai nonni, la piccola alla zia. Non sono stati affidati alla mamma, ma almeno torneranno ad un clima disteso e sereno: per tutto questo tempo erano vissuti con la madre, in quattro, dentro a un’unica stanza fatiscente, con i loro beni accatastati in un angolo per mancanza di spazio. Lontano dalla loro provincia, dagli amici, dalla scuola.

«È una vittoria – dichiara l’avvocato Miraglia, che ha seguito in tutti questi anni la vicenda – sebbene parziale perché sarebbe stato auspicabile che tornassero con la mamma; ma almeno dopo tutto questo tempo possono vivere nuovamente in famiglia. Ci sono voluti anni di lotte, di perseveranza, di denunce anche agli esponenti politici: ma alla fine anche i Servizi sociali hanno compreso il disagio vissuto da questi ragazzi e hanno collaborato attivamente affinché tornassero a casa».

La vicenda trae inizio da un fatto agghiacciante: la madre dei ragazzi, rincasando, aveva sorpreso il marito mentre abusava della figlia maggiore, nata da una precedente relazione. L’aveva immediatamente denunciato, ma invece di un aiuto e di un sostegno, aveva trovato solo sofferenze, precipitando in un vero e proprio incubo. Siccome all’epoca la signora non lavorava, i Servizi sociali presero carico lei e i quattro figli, ospitandoli temporaneamente in una comunità di Verona. Poi a sorpresa e senza un vero motivo, la figlia maggiore era stata trasferita in una comunità, mentre la donna con i tre più piccoli era finita in un’altra struttura, per di più fatiscente, a Marghera, in provincia di Venezia.

Dove sono rimasti sei anni, senza che i Servizi sociali veronesi si prendessero in carico il loro caso, attivassero un progetto di sostegno e di rientro a casa. Nulla: parcheggiati a spese dei contribuenti, lontani da tutto e tutti. Anzi, più volte i Servizi sociali avevano tentato di togliere i bambini alla madre per affidarli ad alcune famiglie.

Esasperata, la donna, sempre sostenuta dall’avvocato Miraglia, nel 2019 aveva denunciato il dirigente dei Servizi sociali, due psicologhe, un’assistente sociale e la responsabile della comunità. E con loro anche l’assessore al Sociale del Comune di Verona.

Da ieri, grazie al pronunciamento del Tribunale per i minorenni di Venezia, i due ragazzi, che ormai hanno 15 e 14 anni, sono andati a vivere con i nonni materni, mentre la piccola, che nei suoi 6 anni di vita ha conosciuto solo comunità, è stata affidata alla zia.

 

Ferrara: bambino di 7 anni diventato invisibile, rimballo tra servizi sociali.

Avvocato Miraglia: «Nessuno ci dà notizie»

FERRARA (20 Luglio 2022). Nessuno sa dove sia finito un bimbo di 7 anni, che da tutta la vita viene rimbalzato da una comunità a una famiglia affidataria. Tra il Comune di Ferrara, cui è stato affidato dal Tribunale dei Minorenni di Bologna, e il suo Comune di residenza (sempre nel Ferrarese), nessuno vuole assumersi la responsabilità di gestire il suo caso. E oltre a non vedere la mamma, perché nessuno dei due Servizi sociali ritiene sia compito suo dover organizzare gli incontri, al momento non si sa nemmeno dove sia finito. Stava in una famiglia affidataria, che però non lo vuole più. Dove sarà adesso?

«È una storia talmente incredibile che si fatica persino a raccontarla – sottolinea l’avvocato Miraglia, cui la madre si è rivolta e che segue questa vicenda da anni – A volte le istituzioni si accaniscono in maniera crudele contro le persone e questo bambino, che ha solo 7 anni, ne è la prova: nella sua brevissima vita ha vissuto lunghi periodi lontano dalla mamma, è stato collocato presso famiglie affidatarie, parcheggiato in una comunità fatiscente. Un calvario iniziato quando era piccolissimo e venne allontanato in quanto una psicologa e un’assistente sociale avevano intravvisto un mancato attaccamento del bambino nei confronti della mamma».

Situazione che, con il passare del tempo, gli ha creato notevoli stati d’ansia e di stress. «A lasciare sgomenti ancora di più è sapere che questo bambino piange, soffre di insonnia, supplica di tornare a casa dalla sua mamma – prosegue l’avvocato Miraglia – e scoprire che distrugge montagne di giornali per sfogare la propria rabbia. Pare sia un metodo applicato dalla sua psicologa per superare gli stati di frustrazione. Ma è mai possibile che un bambino di soli 7 anni abbia bisogno di trovare metodi per sfogare l’ansia e la rabbia? In due anni i Servizi sociali non hanno avviato alcun progetto di riavvicinamento tra madre e figlio né incontri tra loro, limitandosi a parcheggiare il bimbo in una famiglia affidataria, che tra l’altro deve essere pure cambiata. Un immobilismo e un’incompetenza da parte dei Servizi del Comune in cui risulta residente questo bambino, tale da essere sfociato in un provvedimento disciplinare nei confronti dell’assistente sociale: alle richieste della madre di avere notizie del bambino, rispondeva sempre con la medesima mail, “copincollando” lo stesso testo. Madre e figlio hanno potuto vedersi solo quattro volte e soltanto perché il bambino si è impuntato». Ebbene, in questa vicenda orribile al peggio non c’è proprio fine: il 12 maggio il Tribunale dei Minorenni di Bologna ha decretato l’affidamento del bimbo dai Servizi sociali del suo inerte Comune a quelli di Ferrara, che incredibilmente hanno risposto rimpallando la responsabilità, non assumendosene la competenza in quanto il piccolo non è lì residente. Neanche fosse un pacco postale. E in questa situazione di stallo alla madre non sono più arrivate notizie del figlio. Allo stato attuale non sa dove sia né come stia.

«Abbiamo pertanto scritto a entrambi i sindaci dei comuni interessanti  – conclude l’avvocato Miraglia – e presentato reclamo alla Corte d’Appello di Bologna. Già è incredibile che un bambino venga allontanato senza motivo e che nessuno si degni di seguire la sua vicenda (tutto per nascondere le evidenti negligenze del Servizio sociale del suo Comune). Ma è inaccettabile che per incompetenza di un’assistente sociale e per mancanza di volontà delle istituzioni, a farne le spese sia un bambino!».

 

Francesco Miraglia relatore al convegno sui diritti dei minori del Senegal

 

I bambini senegalesi in Italia sono tra i minori stranieri maggiormente allontanati dalle loro famiglie

L’avvocato Francesco Miraglia del foro di Madrid incontrerà la comunità senegalese lunedì 23 maggio a Pisa, per illustrare le modalità in cui funzionano i servizi sociali, gli affidi e la genitorialità in Italia. Miraglia, esperto in Diritto di famiglia e Diritto minorili, è autore di diversi libri, l’ultimo dei quali si intitola “L’avvocato dei bambini. Troppo potere senza controllo: ecco come si costruiscono i falsi abusi familiari e gli affidi illeciti”. Relazioneranno insieme a lui alcuni rappresentanti di associazioni senegalesi in Italia e l’avvocato Carmen Pino del foro di Barcellona Pozzo di Gotto con decennale esperienza in materia minorile . Un convegno che sarà introdotto da Moustapha Wagne, segretario generale del coordinamento migranti di Verona e consulente in materia di immigrazione. Conosce bene la realtà dei minori senegalesi, che troppo spesso i giudici allontanano dai loro nuclei familiari per inserirli in comunità di accoglienza, quando magari in moltissimi casi si tratta di un problema di natura culturale o di mancanza di conoscenza delle leggi italiane: sarebbe pertanto importante, se non addirittura indispensabile, formare ed informare i cittadini senegalesi, attraverso iniziative come il convegno organizzato a Pisa.

Quella degli allontanamenti di bambini senegalesi dalle loro famiglie, ad opera dei servizi sociali italiani, è una vera e propria emergenza, che merita un’attenzione particolare da parte delle istituzioni italiane così come dei rappresentanti del Senegal in territorio italiano quali possono essere ambasciata e consolato.

Solo lo studio Miraglia di Modena sta seguendo una quindicina di casi di allontanamento di minori di origine senegalese: grazie all’intervento dello studio legale, a Genova e a Roma dei bambini sono riusciti a tornare tra le braccia dei propri genitori. Ma quanti ancora soffrono lontani da casa?

Ecco perché nel corso del convegno  verrà presentato  l’opuscolo «Servizi sociali, affidi e genitorialità: qualcosa da chiarire», realizzato in collaborazione con l’associazione Peribimbi.it, con lo scopo di aiutare e informare i genitori dell’attuale ordinamento giuridico italiano in materia di affidi, al fine di renderli maggiormente responsabili ed efficaci nella difesa del loro ruolo e nella protezione dei propri figli da potenziali abusi d’ufficio. Un opuscolo appositamente tradotto in francese per essere meglio compreso dalla comunità senegalese.

Negli anni scorsi l’avvocato Miraglia del foro di Madrid aveva prestato la propria opera di consulenza legale in un progetto integrato di tutela per i minori ecuadoriani, siglato con lo Stato dell’Ecuador attraverso la propria ambasciata in Italia, al fine di fornire assistenza legale e psicologica gratuita a tutte le famiglie alle prese con allontanamenti dei minori da casa. Anche in questo caso, complice anche la scarsa comprensione della lingua e delle leggi italiane, decine di bambini e ragazzi dell’Ecuador erano stati allontanati dalle loro case a affidati a comunità di accoglienza: diversamente da altri stati europei, nei quali si predilige l’affidamento ai parenti.

Pertanto, visti i numerosi minori allontanati dalle famiglie senegalesi, sarebbe auspicabile che anche il Senegal attivasse un progetto simile attraverso la propria ambasciata. E che sia di esempio ad altri Paesi, per dar voce ai bambini stranieri in Italia, che altrimenti voce non hanno.

Bimbo sequestrato in comunità blitz dell’Assessore Caucino e della Garante C.: vuole tornare a casa dalla sua mamma

Torino  20 Maggio 2022, C. è un bambino del Torinese che vive “sequestrato” in una comunità terapeutica nella quale è stato confinato due anni fa.

Tutto nasce dalle lamentele della madre del bimbo disabile, che evidenziava l’incapacità di gestire l’iperattività del figlio, da parte della scuola che frequentava.

Invece di fornire un supporto alla famiglia, il Tribunale Per i Minorenni del Piemonte e Valle d’Aosta da più di 2 anni, ha confinato il bimbo dentro la comunità terapeutica, da cui non esce nemmeno per andare a scuola.

Da anni il bimbo non vede nessuno, nemmeno la mamma, inoltre viene regolarmente sedato con i farmaci.

“È un manicomio per bambini mascherato???” dichiarava l’Avvocato Miraglia, legale della madre di C. in un articolo pubblicato dopo averlo intervistato lo scorso Dicembre 2020.

Una madre disperata che per essersi recata in questa comunità con l’intento di poter vedere il suo bambino, o anche solo per poter sentirne la voce, è stata denunciata dagli stessi operatori della comunità, manco fosse una criminale.

Proprio per il legame della struttura con la Diocesi in questione, l’Avvocato Miraglia, l’anno scorso scrisse e pubblicò, una lettera destinata a Papa Francesco, di cui riportiamo uno stralcio :

«Sua Santità – prosegue l’avvocato Miraglia nella sua lettera – non è possibile trattare una mamma alla stessa stregua di un criminale, solo perché rivendica l’amore per il proprio figlio”.

“Ancor più grave è questo atteggiamento arrogante e prepotente, assunto dagli operatori che lavorano ed operano in una struttura di proprietà della Diocesi”.

“Ben sappiamo dei suoi tanti impegni, tanti sono i suoi pensieri, ma con tutto l’amore di Dio le chiediamo di dedicare un secondo della sua giornata a questo piccolo, che non vuole altro che riabbracciare la sua mamma”.

“Sua Santità, il mio studio legale da anni combatte contro il sistema degli affidamenti illeciti, contro l’alienamento dei minori dai propri genitori e contro questo mercato fatto sulla pelle dei bambini”.

“Mai avrei pensato di combattere contro chi opera in nome della Famiglia, dell’Amore e della Misericordia dei bambini”.

Ieri l’Assessore Regionale alla Famiglia Chiara Caucino, insieme al Garante per l’Infanzia, si è recata presso la struttura Paolo VI, dove da anni è rinchiuso C.

Un blitz istituzionale, dal quale sono emerse delle verità che da molto tempo sia l’Avvocato Miraglia, nella sua difesa, che l’Associazione Graziani Adelina, portano avanti.

In primis l’Avvocato Miraglia, l’Associazione Graziani Adelina, nella persone del Presidente Riccardo Ruà e la Vice Presidente Rachele Sacco, (e noi della testata che ci siamo occupati di alcuni articoli in merito alla situazione del bambino) vogliamo ringraziare, l’Assessore Caucino, per essersi prodigata in tal senso.

Anche l’Assessore Caucino insieme alla Garante per l’Infanzia Ylenia Serra, hanno appurato che il bambino chiede espressamente di poter ritornare a casa dalla sua mamma.

Una frase quella pronunciata da C. che noi conosciamo molto bene, una volontà che il povero bambino non ha mai smesso di esternare, pur vivendo in una realtà costrittiva, e di sedazione continua.

Ciò che chiede C. non è mai stato preso in considerazione, questo ci turba molto, e ci addolora apprendere che da molti anni il bambino soffre per questa ingiustificata reclusione, seppur né lui né la sua mamma si siano mai macchiati di alcun crimine.

Il bambino da anni non va più a scuola, non può parlare, e nemmeno ricevere l’affetto dalla sua famiglia, a lui è stato precluso tutto.

Dal blitz, che fece l’Associazione Graziani Adelina, che si occupa anche di Malasanità, emersero dei fatti a dir poco sconvolgenti.

Un medico della struttura, non solo non volle riceverli, ma asserì in presenza anche di testimoni, che il bambino non voleva vedere la sua mamma, in quanto ne aveva paura.

Un’affermazione questa che non corrisponde al vero, in quanto C. non ha mai smesso di amare la sua mamma, che tanto lo ama a sua volta.

Una madre amorevole, grande lavoratrice, che meritava un trattamento diverso, piuttosto che la privazione del figlio.

Una donna senza precedenti penali, una brava persona con una famiglia altrettanto integerrima, che si è vista strappare il suo bambino.

Era un normalissimo giorno di scuola per C. e non fosse che quando la sua mamma lo va a riprendere a scuola, e scopre che il bambino non c’era più, lo avevano portato via, per segregarlo in questa comunità.

Pensate a come possa essersi sentita questa madre, nell’apprendere tale abominio.

  1. aveva raccontato alla sua mamma che a scuola veniva addirittura bullizzato, e che i genitori degli altri alunni si erano uniti per fare in modo che il bambino non frequentasse più quella scuola.

Questo bimbo non è un mostro ve lo assicuriamo, è un bambino che oggi ha solo 9 anni, affetto da una disabilità, ma che può essere aiutato, non di certo ghettizzandolo, e togliendogli la famiglia.

 

Dopo anni in affidamento ragazzina presenta gravi turbe psichiche

I genitori querelano i Servizi sociali per maltrattamenti e circonvenzione d’incapace

MILANO (10 Dicembre 2021). Accusa il padre di ogni nefandezza possibile, scappa dalla comunità e dice di voler andare a stare con un rapper americano che asserisce di conoscere: una ragazzina di 12 e 9 mesi anni ospite di una comunità milanese è chiaramente in stato di profonda crisi e disagio. Prima di entrare in comunità un paio di anni fà era una ragazzina normalissima, che adorava i genitori, specialmente il padre. Che adesso non vuol nemmeno vedere. Cosa è successo in quella comunità da farla cambiare così tanto? «È stata sporta una denuncia per circonvenzione d’incapace – racconta l’avvocato Miraglia, legale dei genitori – e ne sarà presentata una anche per maltrattamenti: se la ragazzina da tre anni e 6 mesi si trova in comunità e da un anno le viene impedito di vedere i genitori, è chiaro che non può certamente essere incolpata la famiglia e che sono i Servizi sociali i responsabili di questo cambiamento, grave e pericoloso».

Tutto comunica quando la madre si confida con un’assistente sociale, asserendo che il marito la maltratta. I Servizi sociali, dopo la denuncia chiedono ed ottengono l’allontanamento  delle ragazzine e vengono collocate in una comunità. Nel frattempo il padre viene scagionato in Cassazione da ogni accusa, risultata priva di fondamento, e mentre una figlia rientra a casa, l’altra resta in comunità. «Comprovata l’innocenza del padre – prosegue l’avvocato Miraglia – abbiamo informato i Servizi sociali: eravamo alla vigilia di un incontro tra la ragazzina e i genitori, che fino a qualche giorno prima era entusiasta di rivederli dopo tanto tempo. Ma è stata enorme la sorpresa nell’apprendere che la bambina si rifiutava improvvisamente di vedere il papà, insultandolo, raccontando di avere paura di lui, di ricordare episodi orribili. Poche ore sono bastate per cambiare così l’atteggiamento di una persona?». Verrebbe quasi da pensare che i Servizi sociali, per giustificare il loro errato operato, l’abbiano plagiata mettendola contro la famiglia?

L’influenza del Servizio sociale sulla ragazzina ha portato ad un inesorabile e costante allontanamento della minore dai genitori: il servizio, anziché agevolare i rapporti tra la ragazzina e la famiglia di origine, ha tentato in ogni modo possibile di allontanare e spaventare la minore, che ha sviluppato atteggiamenti oppositivi nei confronti dei genitori, che in tanto mesi di lontananza nulla possono averle fatto. «E se fin qui è plausibile la circonvenzione d’incapace – conclude l’avvocato Miraglia – si profila il maltrattamento per quanto questa ragazzina ha manifestato recentemente: una bambina tranquilla si è trasformata in una persona ingestibile, per stessa ammissione dei Servizi sociali. Quando parla ormai delira ed è arrivata a fuggire  più dalla comunità affermando di voler andare a vivere con un rapper americano che dice di conoscere. È chiaro che la bambina sia malata e a farla ammalare sono stati i Servizi sociali, la comunità e soprattutto la lontananza della sua famiglia. In altre parole i miei assistiti avevano una figlia sana per ritrovarsi una figlia gravemente ammalata. Chi pagherà per tutto questo?».

Penso che sia giunto il momento di dire basta a queste situazioni di sofferenza e strumentalizzazioni in nome di una presunta tutela dei minori. Ci auguriamo di un immediato intervento del Tribunale per i minori prontamente informato sullo stato precario di questa bambina e dell’operato del servizio sociale.

Il Tribunale per i Minorenni di Milano avrà il coraggio di mettere in discussione l’operatore del servizio sociale magari trasmettendo gli atti alla Procura della Repubblica o come temiamo addosserà la colpa ai genitori che non vedono la figlia da quasi un anno?

Ai posterei ardua sentenza!!!

 

Reggio Emilia: dopo nove anni genitori riabbracciano il figlio a casa propria

Avvocato Miraglia: “Ennesima prova che a Bibbiano era stato orchestrato un vero sistema illecito per allontanare i bambini”

Reggio Emilia (9 Novembre 2021). Sono quasi nove anni che una famiglia, originaria della Val d’Enza, vive lontana dal proprio figlio, strappatole dai Servizi sociali quando non aveva nemmeno due anni. Un periodo lunghissimo durante il quale i Servizi sociali non hanno mai provveduto a rivalutare il caso e si sono ben guardati dall’avviare un percorso di sostegno genitoriale per il progressivo rientro del bambino in seno alla propria famiglia di origine, come prescrive la legge. L’affidamento etero-familiare, infatti, deve avere carattere temporaneo finché la famiglia di origine non si dimostra in grado di poter assolvere al proprio ruolo genitoriale. Quando i genitori di questo bimbo, dagli articoli sui media, hanno scoperto che una delle assistenti sociali che li aveva seguiti è coinvolta nell’indagine “Angeli e demoni”, hanno capito di essere vittime del medesimo, perverso sistema. Si sono affidati pertanto all’avvocato Miraglia e tre giorni fa hanno ottenuto dal Tribunale per i minorenni di Bologna di riavere con sé, per il momento nei fine settimana, il loro bambino e di avviare un percorso di osservazione al fine di farlo rientrare in famiglia. «Ennesima dimostrazione che a Bibbiano era stato orchestrato un sistema sulla pelle dei bambini per allontanarli dalle famiglie di origine» rivela l’avvocato Miraglia,

Come in decine di altri casi i Servizi sociali erano intervenuti quando la coppia aveva avuto dei problemi economici con conseguente sfratto dalla loro abitazione. Sulla base di un’unica relazione dei Servizi sociali il Tribunale per i minorenni di Bologna aveva stabilito l’affidamento del piccolo, che all’epoca non aveva nemmeno due anni, al Comune di Bibbiano e il suo collocamento presso un’altra famiglia, dove è rimasto tutti questi anni perché del suo caso non si è occupato più nessuno: nessuno infatti ha rivalutato i genitori, né ha avviato un percorso di riavvicinamento al figlio. Per tutto questo tempo genitori e figlio si sono potuti incontrare soltanto ogni due mesi nel corso di incontri protetti: di fatto questa coppia si è persa molte tappe fondamentali della vita e della crescita del loro bambino e tutto questo senza motivo, poiché è stato ora chiaramente stabilito che sono genitori amorevoli e economicamente indipendenti.

«E guarda caso le tre operatrici dei Servizi sociali che si sono occupate di questo caso sono coinvolte nell’inchiesta “Angeli e demoni”» prosegue l’avvocato Miraglia «e risultano imputate dinnanzi al Tribunale di Reggio Emilia per vari reati  È l’ennesima riprova che Bibbiano non è un semplice “raffreddore”, come qualcuno ha avuto modo di dire, ma una un’intera pandemia! È chiaro che sia stato orchestrato un vero e proprio sistema, che coinvolge molto più dei nove casi inseriti nell’inchiesta “Angeli e demoni”, come noi abbiamo sempre sostenuto, e sui quali continuiamo a ritenere sia necessario far luce. Questa decisione smentisce totalmente chi, per conto del Tribunale per i minorenni, ha affermato che tutti i casi giacenti fossero stati esaminati e non fossero emerse irregolarità: forse è stato troppo frettoloso nell’esprimersi oppure non sapeva di cosa stesse parlando, perché continuano ad emergere casi sempre nuovi. Noi continueremo la nostra battaglia a tutela dei bambini  e dei loro genitori senza alcun timore  e ringraziamo il Comitato “Angeli & Demoni  #unitiperibambini”, che ha sostenuto i genitori  di questo bimbo e tanti altri genitori finiti loro malgrado nella rete di questo sistema».

 

Tribunale per i minorenni di Venezia giustifica l’inefficienza dei servizi allontanando due bambini dai genitori

(VERONA, 7 Luglio 2021). Il Tribunale dei Minorenni di Venezia deve aver letto le carte al contrario o aver preso un abbaglio: non si spiegherebbe, altrimenti, perché abbia allontanato due bambini veronesi dai loro genitori, impedendone persino gli incontri protetti e confinandoli per l’ennesima volta in una comunità, alla vigilia del loro rientro a casa. A motivare il provvedimento sarebbe un presunto atteggiamento oppositivo dei genitori, che invece si sono sempre dimostrati collaborativi con i Servizi sociali del Comune di Verona, dove abitano, e amorevoli con i figli. «Se c’è qualcuno che ha delle mancanze, questi sono il Servizio di Neuropsichiatria infantile e i Servizi sociali di Verona» dichiara l’avvocato Miraglia, legale dei genitori, «perché non hanno mai ottemperato alle originarie prescrizioni del Tribunale stesso. Non hanno mai avviato un percorso di sostengo ai genitori, per essendo loro più che collaborativi, né hanno iniziato una progettualità con i bambini». I genitori, tramite l’avvocato Miraglia, hanno presentato reclamo alla Corte d’Appello di Venezia, chiedendo che i bambini siano finalmente collocati a casa propria, dove praticamente non vivono stabilmente più dal 11 novembre 2019.

Sono infatti quasi tre anni   che questi bambini, che hanno 11, 7 e 4 anni non vivono con i genitori.

Da un anno la sorellina è potuta tornare a casa da mamma e papà per motivi di salute, mentre i due fratellini sono rimasti nella struttura.

I genitori nel frattempo hanno ripreso una vita regolare e hanno un ottimo rapporto con i figli, pertanto ad agosto dello scorso anno il Tribunale per i Minorenni aveva disposto il “rientro graduale dei minori presso i genitori”; che è avvenuto regolarmente tutti i fine settimana da agosto l’anno scorso fino al 20 giugno u.s.. A fine giugno, a sorpresa, i Servizi sociali hanno comunicato alla coppia che la comunità che ospitava i bimbi li avrebbe messi alla porta, non avendo più nulla da fare con loro ma soprattutto perché non era stato mai presentato un progetto da parte dei servizi sociali. Incredibilmente il Tribunale per i minorenni, invece di prendere atto dell’inefficienza dei servizi sociali ha ricollocato  i bambini a una comunità, l’ennesima, sospendendo pure gli incontri con i genitori perché questi non sarebbero collaborativi. Ma se hanno fatto tutto ciò che è stato chiesto loro! Sono le istituzioni che hanno mancato in tutto! E il Tribunale dei Minorenni ha travisato le risultanze fattuali, cadendo forse nel clamoroso errore di imputare la mancata ottemperanza delle sue indicazioni ad un atteggiamento oppositivo o non collaborativo dei genitori. Sono le istituzioni ad avere colpe e mancanze. È la comunità familiare che ospitava i bambini ad avere, in via autonoma, “deciso le dimissioni dei bambini”; mentre il Servizio di Neuropsichiatria infantile e i Servizi sociali del Comune di Verona non hanno mai ottemperato alle disposizioni del tribunale stesso, non avviando mai un percorso di sostegno ai bimbi e i genitori. I quali adesso, insieme ai loro figli, sono vittime di un sistema dalle grandissime falle e dalle palesi inadempienze e inadeguatezze».

Questa ennesima situazione dimostra che a pagare le conseguenze sono sempre i più deboli ma soprattutto mi chiedo e chiedo come è possibile che un Tribunale invece di condannare la superficialità, le inefficienze, il pressapochismo di chi con i soldi pubblici dovrebbe tutelare e salvaguardare i diritti dei minori, li ignora  o meglio ancora li giustifica sulla pelle dei bambini?