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Tribunale per i minorenni di Ancona: ancora troppe irregolarità e immobilismo

Avvocato Miraglia: «Auspichiamo che il nuovo ministro di Giustizia, Marta Cartabia, faccia ciò che non è stato fatto finora e intervenga prontamente con delle ispezioni»

ANCONA (11 Marzo 2021). Cinquecento giorni senza un provvedimento: da tanto sta attendendo la madre di una bambina marchigiana, che il Tribunale dei minorenni di Ancona ha affidato, senza motivo, a una coppia amica del Giudice relatore della causa. Un anno e mezzo senza che otto istanze urgenti e decine di missive abbiano sortito alcun effetto: è evidente, ormai, che al Tribunale di Ancona qualcosa non funzioni e si tenti inequivocabilmente di “insabbiare” il procedimento, facendo calare un velo sulla vicenda e permettendo così alla famiglia affidataria di adottare di fatto la figlia della donna. Un affido, tra l’altro, ad una famiglia con enormi problematiche comprovate.

«La vicenda sta andando di male in peggio» dichiara l’avvocato Miraglia «e a questo punto, oltre a un intervento del Consiglio superiore della magistratura, chiediamo che il Ministero di Giustizia invii subito degli ispettori. Nel frattempo abbiamo presentato un esposto per il reato di rifiuto di atti di ufficio contro il presidente del Tribunale dei minorenni di Ancona e il Giudice relatore. L’esposto è stato inviato al Presidente del Tribunale e al Consiglio giudiziario, pertanto ne sono perfettamente a conoscenza, cosi come il Presidente della Corte d’appello, che già dal 30 settembre scorso è stato informato su ciò che accade al Tribunale dei minorenni di Ancona e che auspichiamo possa essere convocato e sentito sul caso».

Che sta succedendo quindi al Tribunale per i minorenni di Ancona?

Nel caso di questa bambina, il giudice relatore del Tribunale per i minorenni delle Marche di Ancona è stato querelato dalla madre, per aver affidato appunto la figlia a una coppia di suoi amici che non possono avere figli. Il caso è reso ancora più oscuro da fatto che un ex collega del Giudice è stato incaricato di supervisionare gli incontri tra la minore e la madre biologica, mentre un altro suo storico collega assiste come consulente di parte la famiglia affidataria. Una vicenda che si è cercato di insabbiare e nascondere attraverso una serie di intrecci, pressioni, sparizioni di documenti, che meritano un intervento da parte del Csm, non fosse altro per comprendere cosa sia accaduto nella gestione di questo caso, ma soprattutto come funzioni questo Tribunale.

Non è comunque l’unico caso “irregolare”: un altro bambino è oggetto, incredibilmente, di due procedimenti aperti in contemporanea, uno di affidamento e uno di adozione. Quantomeno curioso. Intanto il piccolo vive come fosse stato già adottato dalla famiglia affidataria e non vede la sua mamma da circa tre anni. L’affidamento dovrebbe essere invece una condizione temporanea, in attesa di ricomporre, con l’aiuto delle istituzioni, la serenità all’interno della famiglia di origine, dove ogni bambino ha il diritto, sancito per legge, di rientrare.

 

Minori trattati come carne da “Macello”

Il giudice dispone per loro la comunità: a prelevarle con la forza arrivano i carabinieri, che le minacciano con arroganza come fossero criminali

Torino (24 febbraio 2021). Nemmeno fossero delle criminali: in venti, tra assistenti sociali e carabinieri, qualche giorno fa hanno tentato di prelevare con la forza due ragazzine di 14 e 11 anni di Ivrea e portarle in una comunità, togliendole alla madre con cui vogliono stare, e al padre, cui sono affidate ma dal quale sono fuggite perché maltrattate. Le ragazze, al momento del blitz, si trovavano in auto con i nonni e si sono dovute asserragliare dentro la vettura per un’ora prima che le forze dell’ordine e le assistenti sociali demordessero dal loro intento. Ma è stata una tregua temporanea: i carabinieri hanno successivamente fatto irruzione nell’abitazione della mamma per ben due giorni di seguito, piazzandosi dentro casa per ore nel tentativo di convincerle ad andare in comunità. Strazianti le urla e le suppliche della più piccola, mentre implorava i carabinieri di lasciarla con la mamma. Irrefrenabile e inconsolabile il suo pianto. Per il momento hanno desistito: ma quanto durerà?

Le ragazze non vanno più a scuola, hanno paura ad uscire di casa, temendo di venire prelevate con la forza e portate in comunità. Urge quindi che il tribunale dei minorenni di Torino annulli il suo provvedimento, emanato senza tenere in minima considerazione il racconto delle due ragazzine, che parlano di maltrattamenti da parte del padre, al quale appunto sono state affidate. E perché poi? Quale sarebbe la colpa della loro mamma? Nessuna.

In realtà i fratelli sono tre: oltre alle due ragazzine di 14 e 11 anni, c’è anche un fratellino che di anni ne ha 10. I loro genitori si sono separati, magari con una certa frizione tra loro. Ma quello che è capitato alla donna ha dell’incredibile: tre anni fa inizia ad essere perseguitata dalla nuova compagna dell’ex marito, con azioni talmente pesanti che costei sarà giudicata colpevole e condannata a 2 anni e mezzo per stalking.

E qui accade l’inverosimile: il tribunale affida i tre ragazzi al padre, consentendo alla donna di vederli periodicamente. Come se venire perseguitati fosse una colpa e facesse di questa donna una pessima madre. Ma i bambini dal padre non si trovano bene e lo dicono alla mamma, lo ripetono alle assistenti sociali e lo ribadiscono anche davanti al giudice del Tribunale per i minorenni di Torino, che li convoca per ascoltarli. Parlano di maltrattamenti fisici e psicologici e chiedono di poter stare con la madre. Ed ecco che la giustizia balzana, messa in atto spesso dai tribunali dei minori, che tutti ascoltano tranne che i bambini, assume un provvedimento ai limiti dell’incredibile: il maschietto dovrà stare con il padre, le sorelle in una comunità. E per portare i ragazzi a destinazione, sono intervenuti i carabinieri in forze, trattando le due ragazzine come le peggiori dei criminali, solo perché si rifiutavano di seguirli per restare con la mamma.

«Chiediamo di revocare questo ingiusto provvedimento emanato del Tribunale dei minorenni» dichiara l’avv. Miraglia, al quale la madre si è rivolta. «Si fa un gran parlare dell’importanza di ascoltare i minori, di tenere in considerazione i loro desideri, ma in questo caso si è scelto di ignorare le parole dei ragazzi e di sbatterli in comunità, allontanandoli da quanto conoscono e amano. Ma ancora più incredibile è l’atteggiamento tenuto dagli operatori delle forze dell’ordine, parcheggiati in casa dei nostri assistiti per due giorni a spaventare i ragazzi, minacciando la madre, senza un briciolo di sensibilità ma con tanta arroganza. Sono in nostro possesso dei video eloquenti, che comprovano il comportamento dei carabinieri intervenuti e che sarà nostra cura inoltrare al Comando provinciale dell’Arma per le opportune valutazioni in merito. Da parte sua il Tribunale per i minorenni ancora una volta dimostra d’essere inadeguato e non pensa a come risolvere il problema né ascolta i minori, ma si limita a passare un colpo di spugna su tutto, allontanandoli dalle famiglie per rinchiuderli in una comunità: è come mandare degli agnelli in un macello».

Studio Legale Miraglia

 

 

Ferrara: intervento alla commissione d’inchiesta affidi.

Buongiorno,
prima di iniziare il tema che ci occupa, ringrazio prima di tutto il Presidente e i vari componenti della commissione che mi hanno dato l’opportunità di intervenire oggi.

Purtroppo, in generale tanti, troppi sono i temi che riguardano i minori e nello specifico l’operato dei servizi sociali, gli allentamenti, gli affidamenti sine die, la gestione delle strutture dirette all’accoglienza dei stessi minori e per ultimo, non per importanza il problema della giustizia minorile.

Uno dei temi che merita sicuramente un’attenta e profonda riflessione è l’applicazione dell’art. 403 cc  da parte dei servizi sociali.

L’articolo 403 cc. Dispone  che 2quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato  o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all’educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione2..

Il ricorso a tale articolo deve avvenire solo quando sia esclusa la possibilità di altre soluzioni e sia accertata la condizione di assoluta urgenza e di grave rischio per il minore, che richieda un intervento immediato di protezione; dell’allontanamento deve darsi tempestiva comunicazione alla competente Procura minorile per le iniziative del caso.

Primo problema: bisogna chiedersi se queste decisioni vengono prese nella piena consapevolezza della Tutela dei diritti dei minori e della salute dei stessi, tenendo o conto dei probabili futuri gravi danni conseguenti all’allentamento della famiglia di origine.

 

Infatti, una errata applicazione di tale procedura comporta delle situazioni disastrose e dannose  per il minore, per i genitori o/e ancor peggio per l’intera famiglia.

Tempo fa mi sono occupato di un caso nel ferrarese ove è bastata una semplice telefonata di un ex fidanzato che dopo essere stato lasciato dalla compagna ha telefonato ai carabinieri sostenendo che la stessa volesse suicidarsi con il figlio per fa scattare questa tremenda procedura.

Ebbene, doposoli due giorni si sono presentati 4 assistenti sociali, ed una pattuglia dei Carabinieri, l’ambulanza per all’montanare il bambino di appena 4 anni.

Solo dopo cinque o sei mesi sono iniziati gli incontri protetti tra la madre e il figlio e solo dopo 4 mesi, a seguito di continue istanze,  è stata fissata l’udienza.

Si comprende che un potere così, non può e non deve essere esercitato con superficialità, pressapochismo e spesso con incompetenza.

Ad ogni modo, un potere così autoritativo non può essere lasciato a libero arbitrio della pubblica amministrazione, ma deve essere riconosciuto esclusivamente al potere Giurisdizionale.

Purtroppo i problemi non riguardano solo il servizio sociale e le sue iniziative.

Occorre sottolineare anche l’inefficienza della Procura Minorile che spesso omette qualsiasi accertamento concreto sulle motivazioni degli allontanamenti ex art. 403 cc, che tra l’altro pochissime  volte vengono  argomentate da parte del servizio sociale.

Non voglio assolutamente in questa sede soffermarmi sul problema della giustizia minorile,  ma non si può fare a meno di sottolineare  che spesso manca una vera e propria istruttoria e che i ricorsi della Procura sono spesso dei meri dei copia incolla con le segnalazioni; nel  procedimento minorile  viene completamente dimenticato il diritto di difesa e le regole del giusto processo che dovrebbero caratterizzare ogni processo

Purtroppo, nell’affrontare queste tematiche si corre il rischio di essere addirittura banali.

E’ mai possibile che al peggior delinquente colto in flagranza di reato debbano essere garantiti, come giusto che sia, tutti i diritti previsti dal nostro ordinamento, e mi riferisco a titolo esemplificativo, alla notifica della notizia di reato, alla convalida del fermo entro dei termini stabiliti, il diritto di rispondere alle domande o di avvalersi della possibilità di non rispondere ed altro, mentre , diversamente ad un bambino viene negato ogni diritto?

Nel caso a cui ho fatto riferimento il bambino era stato portato via senza nessun concreto, di pericolo o di urgenza.

Tutto sommato ,sarebbe quanto meno normale, se accertata l’infondatezza delle motivazioni, il bambino potesse ritornare nella propria famiglia …e invece no questo non accade!!

Occorrono sempre valutazioni, percorsi (con le conseguenti lungaggini), che spesso vengono demandati agli stessi operatori che hanno attuato l’allentamento attraverso il  403 c.c..

Vi chiederete, “ammetteranno mai di aver sbagliato??? “…

La risposta è no, ed anzi l’eventuale contestazione dei genitori all’operato degli assistenti sociali verrà considerato come incapacità genitoriale.

E’ possibile ciò?

Ma è capitato ancora peggio: ad una dottoressa di Bologna è stata portata via la bambina con un 403 cc addirittura prima che nascesse.

Il problema era perché la mamma medico regolarmente sposata, il nonno materno chirurgo e la nonna materna insegnate, risultava in carico al Centro di Salute Mentale per una pregressa e datata depressione.

Incredibilmente, almeno dalle date degli atti risulta che la bambina è nata il 25 luglio, la segnalazione dell’assistente sociale avveniva in data 4 luglio, ed il decreto del TM che disponeva l’allentamento datato 10 luglio, mentre il ricorso del PM risulta del 2 agosto.

La cosa più incredibile è che tutto ciò è passato sotto il completo silenzio di tutti, ma ancora più incredibile è che la bambina è stata dichiara adottabile.

Tutto questo è normale?

Tutto questo può essere accettato?

Questi due casi sono l’esempio di un sistema malato.

Dovrebbe essere pacifico ,per quanto riguarda l’esecuzione (alquanto delicata ed invasiva) dell’art.403c.c., che lo stesso non possa essere eseguito, ogni qual volta manchino i presupposti dello stato di abbandono morale o materiale del minore, che deve essere accertato o ben evidente; quando manca l’esposizione del minore a grave pericolo per il suo benessere fisico e psichico a causa delle condizioni in cui è allevato, non può e non deve essere eseguito un all’adontamento ai sensi dell’art. 403 cc .

Il Tribunale ha l’obbligo di motivare il ratifica della richiesta del 403 cc e non appiattirsi sul ricorso del MPM o peggio accora consideralo un semplice atto amministrativo.

Ad ogni modo, in caso di allontanamento del minore, deve essere data priorità al collocamento presso parenti entro il quarto grado, piuttosto che presso estranei o istituti. Ai parenti entro il quarto grado la legge sulle adozioni riconosce un ruolo nell’ambito del procedimento che conduce alla dichiarazione di adottabilità, dovendo essere avvertiti dell’apertura del procedimento (art. 10) e potendo, con la loro presenza, escludere che il minore sia dichiarato definitivamente in stato di abbandono (artt. 11 e 12).

Altro tema che merita attenzione è la gestione delle strutture di accoglienza e delle case famiglie.

Appare surreale ma ad oggi non sappiamo con certezza nè quanti minori sono affidati ai servizi sociali, nè quanti siano collocati nelle strutture e ancora peggio quante case famiglie ci siano nel nostro territorio.

Tuttavia, la cosa grave è la quasi totale mancanza di sorveglianza, di ispezione e controllo sia sulla gestione che sullo stato dei minori collocati.

Mi sembra inverosimile che con semplici auto-certificazioni si possano aprire strutture così particolari e delicate che inevitabilmente incidono sulla vita delle persone.

Pertanto, non possiamo meravigliarci, se qualche struttura nella nostra regione, come anni fa ho denunciato pubblicamente, era gestita da un esponente delle BR che a suo tempo si era dichiarato prigioniero politico, o peggio ancora da soggetti magari imputati per maltrattamenti o addossatura per abusi sessuali.

Io ho sentito vari interventi dove molti hanno sostenuto la necessità di nuove leggi, di riforme epocali. Ebbene, io non sono tanto d’accordo su questo, viste anche le migliaia di leggi che ci sono nel nostro ordinamento.

Semplicemente, bisogna far rispettare le leggi che ci sono e soprattutto far valere il principio secondo il quale “chi sbaglia va a casa”.

E’ incredibile, che queste strutture spesso siano abbandonate a sè stesse come fossero la terra di nessuno.

La Procura dei Minori, gli assistenti sociali, il garante dell’infanzia (figura anonima a mio parere), i politici, i componenti della commissione infanzia, possono e dovrebbero fare le ispezioni, controllare la gestione, come vivono i minori.

Ebbene, per capire come anche questa situazione non funzioni per nulla, basta chiedere in primis alla Procura ed agli altri soggetti sopra indicati quante ispezioni hanno fatto in un anno, quante volte sono andati a controllare gli ambienti e la quotidianità vissuta dai minori.

Anche per quanto riguarda questo tema, mi sembra opportuno fare riferimento ad un caso concreto accaduto nella provincia di Ferrara.

Poco tempo ho depositato un esposto alla Procura di Ferrara, circostanziata e soprattutto corredata da fotografie dove si dimostrava, come si dice in Tribunale, “oltre ogni ragionevole dubbio”, la presenza di: soppalco pericolante, scarafaggi, ruggine dappertutto, muffa, docce rotte, cibi scaduti.

Se fossimo in paese normale questa struttura sarebbe stata chiusa  immediatamente ed il responsabile denunciato.

Siccome nel nostro paese il vero scandalo è paradossalmente che “nulla fa scandalo”, questa casa famiglia è aperta regolarmente e gestita sempre dalla stessa persona.

Il lato positivo è che, grazie alla mia denuncia sono stati fatti tutti i lavori di ripristino.

La cosa incredibile è che non solo a nome della mia assistita ma anche a nome di tutti gli altri ospiti ho depositato un’istanza con le foto anche presso il tribunale per i Minorenni, chiedendo che il fascicolo fosse trasmesso alla Procura per gli opportuni accertamenti, ma un giudice onorario (che fortunatamente è poi stato allontanato dal suo incarico per conflitti d’interessi),  riferiva nell’occasione che “con la questione processuale queste circostanze nulla avevano a che vedere”.

Ma ancora peggio è che i controlli da parte dei Nas, a cui mi ero rivolto, sono “casualmente” avvenuti quando i lavori di ristrutturazione erano conclusi.

Quindi tutto è passato come normale amministrazione.

Voglio precisare, che a distanza di due anni, la Procura della Repubblica di Ferrara nulla ha comunicato, quando addirittura, oltre alle foto, ho altresì depositato il preventivo lasciato in giro dai muratori che stavano effettuando i lavori dei lavori.

Sapete cosa mi hanno risposto i NAS di Bologna alle mie sollecitazioni: “noi quando siamo andati era tutto in regola…” forse bastava andarci prima, anzi bastava andarci mentre facevano i lavori, considerato che io stesso avevo provveduto a comunicarlo  agli stessi Nas.

Vado a concludere, auspicando che il tema dei minori e degli affidamenti venga affrontato seriamente da tutti senza farne una battaglia di colori odi fazioni; questo tema condizionato da conflitti di interessi, potere e tanti tanti soldi,  deve diventare per tutti una battaglia di giustizia e di vera civiltà.

Grazie a tutti.

” Armando Editori presenta: “Bambini Prigionieri”

“10, 100, 1000 Bibbiano. Il nuovo libro di Vincenza Palmieri e Francesco Miraglia. Il volume arriva in libreria proprio quando un altro possibile “caso Bibbiano” si affaccia alle cronache: nell’indagine coordinata dalla Procura di Massa la Filiera Psichiatrica sembra manifestarsi, ancora una volta, in tutta la sua ferocia

«Se fin dal principio non avessimo utilizzato ciò che abbiamo di più caro – il Diritto, la Ricerca, la Scienza senza scheletri nell’armadio, la Libertà di Comunicazione – e non ne avessimo fatto un metodo, molte cause sarebbero state perse: molti bambini sarebbero stati persi. E noi preferiamo essere scomodi che perpetrare l’ingiustizia».

È uno dei passaggi di Bambini Prigionieri, il nuovo libro di Vincenza Palmieri (Presidente Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare e Consulente Tecnico Forense) e di Francesco Miraglia (Avvocato Cassazionista Esperto in Diritto Minorile e Mediazione Penale) da oggi in libreria con Armando Editore.

Con una Prefazione di Mario Giordano e la Postfazione di Francesco Morcavallo, il testo racconta – partendo dal “caso Bibbiano” – le storie di madri e padri che si sono visti sottrarre i propri figli a causa di una presunta inidoneità genitoriale. Storie di allontanamenti illegittimi e di perizie “copia & incolla”, di bambini strappati alle loro famiglie solo per essere segregati nelle strutture, sedati e a volte persino legati ai letti; nonché di cooperative create e mantenute in vita al solo scopo di lucrare, spesso con la compiacenza della politica, sulla pelle dei più deboli.

 

Bambini Prigionieri arriva sugli scaffali nello stesso giorno in cui un altro possibile “caso Bibbiano” s’impone all’attenzione mediatica. Si tratta di un’indagine anticorruzione coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Massa, che vede coinvolti funzionari pubblici, rappresentanti di enti locali e gestori di una cooperativa rispetto ai servizi di “Accoglienza” dei minori:

Una filiera declinata in tutto il suo torbido invischiamento, sostiene Vincenza Palmieri per fare sempre più affari con i bambini prigionieri. Questo volume è il nostro contributo affinchè  “10, 100, 1000 Bibbiano” possano  mettere a nudo ancora una volta il Sistema di collusione politica che, attraverso clientelismo e bacini di voti lavora notte e giorno per alimentare se stesso, a discapito dei Minori e delle Famiglie”.                     

I fatti di Massa Carrara» afferma Francesco Miraglia «come tante altre inchieste di questi anni, dimostrano l’esistenza di un sistema che merita attenzione da parte dell’opinione pubblica ma soprattutto della politica, di ogni colore. Storie portate alla luce in questo libro, che raccontiamo attraverso casi concreti vissuti in prima persona come professionisti.“

Se “10, 100, 1000 Vietnam”, 50 anni fa, rappresentava l’entusiasmo dei giovani che auspicavano un’epocale rivoluzione sociale, oggi – con identico entusiasmo – “10, 100, 1000 Bibbiano” vuole essere il grido di chi si dà la missione di liberare i BAMBINI PRIGIONIERI e smascherare una Filiera Psichiatrica e Politica che anche quest’anno, a Natale, lascerà oltre 50 mila bambini lontani dalle proprie case.

 

Servizi sociali, affidi e genitorialità: qualcosa da chiarire» Un vademecum scritto dall’avvocato Francesco Miraglia, con l’associazione Peribimbi.it

Un opuscolo che si prefigge lo scopo di aiutare le famiglie e in particolare i genitori  a conoscere l’attuale, seppur imperfetto, ordinamento giuridico in materia di affidi, per  renderli maggiormente responsabili ed efficaci nella difesa del loro ruolo e nella protezione dei propri figli da potenziali abusi d’ufficio. Nasce con questo intento l’opuscolo «Servizi sociali, affidi e genitorialità: qualcosa da chiarire», scritto dall’avvocato Francesco Miraglia, con il contributo dell’avv. Katia Cristofori,  dell’Avv. Carmen Pino e dell’Avv. Marina Poppi e in collaborazione con la onlus Peribimbi.it, associazione di volontariato nata a Vignola (Modena) nel 2010, da allora impegnata nella difesa dei diritti dei bambini.

«I bambini sono in una posizione di svantaggio anagrafico rispetto all’adulto» spiega l’avvocato Miraglia «con apparente e minore abilità di tutelare il proprio campo d’azione e le proprie libertà. Ho imparato, a mie spese, che essere liberi, indipendenti e senza compromessi ha un prezzo da pagare, ma ne vale la pena. Non dobbiamo avere paura di essere liberi».

L’opuscolo illustra una panoramica degli articoli del Codice civile e del Codice penale che si occupano della tutela dei minori, insieme alle modalità e alle situazioni nei quali i Servizi sociali e il Tribunale intervengono in favore dei bambini.

Per rendere maggiormente comprensibile la materia giuridica, l’opuscolo è corredato da un glossario e dall’illustrazione di alcuni casi emblematici, di cui si è occupato lo stesso avvocato Miraglia.

« Ringrazio l’associazione Peribimbi.it, per aver collaborato alla stesura di questo opuscolo: esiste un solo bene, la conoscenza, e solo un male, l’ignoranza. Conoscere i propri diritti consente ad ognuno di sapersi difendere dalle ingiustizie: il diritto alla difesa è inviolabile, costituendo il fulcro di ogni sistema democratico».

 

Pavia: bimbo allontanato da casa con la forza

Portato via allo zio da otto carabinieri armati, un’assistente sociale, con fuori ad attendere un mezzo dei vigili del fuoco e un’ambulanza.  L’avvocato Miraglia: «Un dispiegamento di forze così non si usa neanche con i criminali più pericolosi». (PAVIA, 16 Ottobre 2020). Che colpa potrà mai avere un bimbo di appena sei anni per venire prelevato a forza da casa dello zio, dove viveva dopo la morte della madre, da una “task force” composta da otto carabinieri armati, un’assistente sociale, con fuori ad attendere un mezzo dei vigili del fuoco e un’ambulanza. Quanto bisogna essere crudeli per spaventare e traumatizzare così un bambino, che ha già sofferto la perdita più grande, prelevato da un dispiegamento di forze che non si usa neanche con i criminali più pericolosi, allontanato da tutto ciò che conosce e che ama, senza nemmeno uno dei suoi peluche con cui fare la nanna. È questa la giustizia? È questa la tutela dei minori? «Se così fosse, ci sarebbe qualcosa da rivedere e molto su cui fare chiarezza» commenta l’avvocato Francesco Miraglia, al quale lo zio di “Lorenzo” si è rivolto, per riavere con sé il nipotino. Dal 29 luglio, da quando con la forza glielo hanno strappato letteralmente dalle braccia, non sa nemmeno che fine abbia fatto, dove lo abbiano portato, come stia. Quanto dovrà essere spaventato questo piccino? Era davvero necessario tutto questo?

Lorenzo ha sei anni e da un anno non ha più la mamma, morta a causa di una malattia. Il padre è sempre stato assente, pertanto viene affidato ai Servizi sociali, ma intanto abita con lo zio materno. È sereno, pulito ed educato, frequenta la scuola materna senza problemi. Ma un giorno i Servizi sociali decidono che lo zio non va bene, poco collaborativo lo definiscono. E si presentano alla porta di casa staccando innanzitutto la luce. Lorenzo sta guardando la televisione e trovandosi improvvisamente al buio si spaventa. La paura diventa terrore poco dopo, quando gli piombano in casa, oltre all’assistente sociale, pure otto carabinieri, armati e con addosso i giubbotti antiproiettile. Le sue urla disperate sono strazianti, li implora di non toccare lo zio, chiede loro per favore di non portarlo via. Invece gli fanno mettere due mutandine e un paio di pantaloni in un sacchetto di plastica e lo portano via da tutto il suo mondo, da tutti i suoi affetti. «Un episodio terribile» prosegue l’avvocato Miraglia, «che si profila come abuso di potere e violenza privata e di questo dovranno rispondere le assistenti sociali e il sindaco. Ma ci sono altri risvolti poco chiari in questa vicenda e di cui chiediamo conto. Uno dei giudici onorari che si occupano della vicenda pare faccia parte di un’associazione che forma i genitori: chiediamo se per caso non abbia formato la coppia che vorrebbe adottare Lorenzo. Un altro giudice onorario lavorerebbe, invece, in alcune cooperative che si occupano di bambini: ha mai avuto a che fare con la casa famiglia dove si trova il bambino?». Che partita si sta giocando sulla pelle di questo bambino? Serve urgentemente chiarezza e la verifica che non via sia alcun conflitto di interesse tra coloro che sono chiamati ad occuparsi al meglio di Lorenzo, ma che finora tutto hanno fatto tranne che il suo bene, traumatizzando inutilmente un bambino di appena sei anni, che solo pochi mesi fa ha subito la perdita della sua mamma

Morte di Michele Dinoi: la madre si oppone all’archiviazione

 Se fosse vittima di una delle sfide mortali che girano tra i giovani sui social?

TARANTO (16 Ottobre 2020). La morte di Michele Dinoi non può rimanere senza un colpevole: il quale sicuramente c’è, come risulta dalla stessa autopsia. Pertanto la madre del giovane, trovato con la testa infilata tra le sbarre della ringhiera di casa e morto nel 2018, dopo sei mesi di coma, si oppone all’archiviazione e chiede di proseguire le indagini. Qualcuno sa, anzi, forse persino molto più di qualcuno, ma nessuno di questi è mai stato sentito dagli inquirenti. Perché? Eppure stando a messaggi e intercettazioni pare che Michele avesse un debito con un tale, che dopo il ritrovamento del ragazzo si sarebbe allontanato dalla città. «Dove si trovava quel giorno? E nei giorni successivi? Perché nessuno lo ha mai sentito?» si interroga l’avvocato Francesco Miraglia, al quale la madre di Michele si è rivolta per ottenere giustizia per il proprio figlio. «Le indagini non sono state condotte in maniera approfondita eppure, guardando i referti, noi qualcosa che merita di essere approfondita l’abbiamo trovata, prima tra tutte la recente iscrizione di Michele ad un gioco su un canale social. Apparentemente innocuo, ma chi può dirlo se nessuno si è mai preso la briga di verificare? Sarebbe possibile che Michele sia stato vittima di una di quelle sfide mortali, purtroppo assai in voga tra i giovani, che circolano tramite social media. Se quella dell’asfissia fosse stata la prova di ingresso di un subdolo e violento gioco? Queste sono le domande che poniamo al Pubblico ministero richiedendo, su autorizzazione del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, l’integrazione delle indagini rivolte ad esaminare questi messaggi audio, i file, il gioco e i soggetti coinvolti».

Fermo restando che potrebbe trattarsi di omicidio: un nome spunta da più parti, per un debito che Michele avrebbe avuto con lui. È venuto il tempo di interrogare costui: Michele è morto a soli 18 anni, con tutta la vita davanti, e merita di avere giustizia

Mamma Veronese denuncia il cibo scaduto nella casa famiglia in cui vivono i suoi figli

Mamma Veronese denuncia il cibo scaduto nella casa di famiglia in cui vivono i suoi figli, dopo quasi un anno potrà riaverli con sé.
Verona (13 Agosto 2020). Aveva denunciato la presenza di cibo marcio e scaduto nella casa famiglia veronese in cui era alloggiata insieme ai suoi tre figli. E da allora i bambini sono stati allontanati da lei, quasi per ripicca o per vendetta, dai Servizi sociali di Verona e da nove mesi oramai vivono soli in comunità senza di lei. La donna non si era data per vinta e aveva combattuto per riaverli con sé e finalmente dopo mesi arriva una buona notizia: il Tribunale dei minorenni di Venezia ha concesso ai bambini di tornare a casa, anche se in maniera graduale.

Con la supervisione dei Servizi sociali, la piccina di due anni tornerà subito da mamma e papà, mentre i suoi fratellini più grandi torneranno dapprima per i fine settimana, poi, se le cose andranno bene, torneranno definitivamente a casa. Purtroppo i mesi in comunità, lontani dai genitori e dagli amici, hanno lasciato il segno: il bimbo più grande mostra un certo disagio psicologico, il fratello ha problemi di linguaggio, la piccolina necessita di sedute di psicomotricità.

«Perché infliggere tanta sofferenza a dei bambini, se poi lo stesso Tribunale dei minorenni ha ammesso che stanno meglio con i propri genitori e ha permesso il loro rientro a casa?» domanda l’avvocato Francesco Miraglia, legale dei genitori. «Questo è il classico caso in cui i genitori non devono essere giudicati dai Servizi sociali, bensì sostenuti e aiutati.

E lo dimostra questa famiglia: nel momento in cui i genitori sono stati sostenuti, e si sono sentiti supportati e non giudicati le cose sono migliorare, addirittura con il rientro dei bambini a casa.

Gli assistenti sociali che stanno seguendo la famiglia in questo momento hanno dimostrato la volontà di volerla aiutare veramente, mentre chi si occupava di loro prima, ha voluto punire la madre, allontanandole i bambini, solo per aver denunciato la presenza di cibo marcio e scaduto nella casa famiglia in cui alloggiavano. Felici ora di veder tornare questa famiglia alla normalità, ci si interroga, però, se quegli assistenti sociali, che hanno determinato l’allontanamento dei tre bambini, pagheranno mai per l’ingiustizia che hanno commesso e le sofferenze che hanno inflitto loro. Continueranno ad occuparsi di bambini e di casi così delicati o saranno magari trasferiti in un ufficio a timbrare documenti?».
La vicenda è seguita, in qualità di Consulente Tecnico Forense, anche dalla Prof.ssa Vincenza Palmieri, presidente dell’Istituto nazionale di pedagogia familiare, che ha dichiarato: « Le famiglie possono attraversare momenti difficili ma la soluzione non è mai la disgregazione, che produce, come ho dimostrato in tantissimi casi, danni a volte irreversibili, catastroficamente maggiori rispetto ai “rischi psicoevolutivi IPOTETICI” che si vorrebbero evitare. Servono invece: analisi oggettiva, difesa coraggiosa adeguata progettazione pedagogico-familiare personalizzata. I bambini e gli stessi genitori sono stati sottoposti ad uno stato di tortura continuata quando avrebbero potuto ricevere un vero sostegno genitoriale fatto di azioni e programma e non di “infiniti racconti”. L’idea corretta, per questa famiglia, avrebbe potuto essere “AIUTIAMOLI A CASA LORO”. Lo faremo, a partire da ora, nella ricomposizione  di questo bellissimo nucleo »

E chi ha sbagliato, è il caso che incominci a saldare i conti.

Il Tribunale di Monza ritiene una madre inadeguata solo perché suo padre anni addietro si è suicidato

L’avvocato Miraglia: «Pregiudizio di gravità inaudita. Intervenga il ministero»
MILANO (24 Luglio 2020). Da un anno una mamma lombarda non vede i suoi figli: la decisione, sofferta, l’ha assunta nel tentativo di ridare serenità ai suoi bambini, manipolati a tal punto dal padre, suo ex marito, che rifiutano di vederla, considerandola causa di tutti i loro guai. Ma dopo più di un anno i ragazzi non hanno mutato i loro sentimenti, perché il padre, lungi dal collaborare a far tornare la serenità, perdura nel dipingere la donna come potenzialmente pericolosa per i bambini. Il continuo stato d’ansia li ha molto provati: necessiterebbe quindi un intervento mirato ad allontanare i ragazzi da questa situazione per far ritrovare loro la serenità e per riavvicinarli progressivamente alla mamma. Ma una decisione così importante e urgente per il  loro benessere non viene assunta  dal competente  tribunale ordinario di Monza, che anzi li affida proprio al padre e si affretta a etichettare la madre come inadeguata solo ed esclusivamente sulla base del fatto che il padre della donna si è suicidato alcuni anni fa e che lei potrebbe pertanto comportarsi nel medesimo modo e commettere il medesimo insano gesto.
«Si tratta di un pregiudizio gravissimo» dichiara l’avvocato Francesco Miraglia, «non supportato e persino smentito dalle Consulenze techiche d’ufficio, che valutano la mia assistita come una persona equilibrata e amorevole. Più che adatta, quindi, a svolgere il suo ruolo di genitrice. Non si capisce quindi perché il tribunale, ignorando totalmente le Ctu elaborate dagli esperti da lui stesso incaricati, non decida di salvare questi bambini dalla pessima influenza paterna, affidandoli alla mamma o per lo meno collocandoli temporaneamente in una struttura eterofamiliare. finché non si ristabilisca un clima sereno».
Tanto per comprendere quali condizionamenti psicologici subiscano i due bambini da parte del padre, che costantemente dipinge la madre come persona potenzialmente pericolosa per la loro incolumità, basti sapere che  in un’occasione si presentò a casa della ex consorte a riprendere i figli scortato da una guardia armata di pistola.
«Riterremo responsabile chi ha assunto questa decisione per quanto potrà capitare a questi due bambini» prosegue l’avvocato Miraglia «e mentre da parte nostra abbiamo presentato ricorso alla Corte d’Appello e depositato degli esposti in Procura, chiediamo un intervento urgente da parte degli ispettori del ministero: non si amministra la giustizia sulla base di immotivati, ingiustificati pregiudizi».

Palermo come Bibbiano? Bimbo di tre anni dichiarato adottabile invece di essere affidato ai nonni

La sentenza basata su pregiudizi culturali.
PALERMO (3 luglio 2020). Anche i nonni paterni e i genitori si sono uniti nella richiesta di appello presentata dai nonni materni, rappresentati dall’avvocato Francesco Miraglia, contro la sentenza emanata dal Tribunale dei minorenni di Palermo, che ha dichiarato adottabile un bambino di tre anni: il bimbo è stato allontanandolo dai genitori, ma anche dai nonni, che sarebbero invece perfettamente in grado di crescerlo amorevolmente.
Ai nonni materni, stimati professionisti, il Tribunale non ha voluto affidare il bambino perché avendo “fallito” come genitori adottivi, non sarebbero in grado di crescere il bambino. «La madre del bambino è stata adottata dalla coppia di medici palermitani quando aveva già 13 anni e proveniva da un paese dell’est europeo» racconta l’avvocato Miraglia. «Alla coppia erano stati taciuti i gravi traumi che la ragazzina aveva subito e a nulla sono valsi i loro sforzi, le visite, i ricoveri per ridarle equilibrio e serenità».
Invece i nonni paterni, in quanto stranieri e troppo “pregni della loro cultura” (come si legge nella relazione del consultorio territoriale) non sarebbero adatti a entrare in sintonia con lui. «Il Tribunale ha mancato di riconoscere il pregiudizio latente in questa relazione» dichiara l’avvocato Giuseppina Cicero, legale della madre, «così come pure nell’aver per lungo tempo ignorato la richiesta di nomina di un mediatore culturale, avanzata dal padre del bambino». Quando poi finalmente è stata assegnata una traduttrice, questa proveniva da un altro Paese rispetto al padre del bambino e per di più ha collaborato assai poco proficuamente. E questo ha pregiudicato la comprensione approfondita di tutti i risvolti della questione da parte dei nonni paterni. Per quanto riguarda i nonni materni, la consulenza tecnica d’ufficio richiesta dal tribunale aveva definito il contesto socio culturale del ramo materno come una buona risorsa per il minore. Tuttavia il Tribunale ha emesso alla fine dello scorso anno sentenza di adottabilità, pur essendo l’istruttoria basata su elementi scarsi e non fondati su solide indagini. È chiaro invece che questo bambino sia circondato da tanto affetto da entrambi i rami parentali, in grado pertanto di crescerlo adeguatamente.
Le due famiglie si sono quindi riunite nel presentare appello, per ottenere la revoca dello stato di adottabilità, chiedendo nel frattempo di far ricominciare gli incontri tra il piccolo e i suoi famigliari.
«Ma dove sia il bambino non lo sa nessuno» aggiunge l’avvocato Francesco Miraglia, «non sappiamo dove sia né come stia. Se dovesse capitargli qualcosa di grave e di irreparabile, non sappiamo nemmeno se lo direbbero ai genitori e ai nonni. A chi ha messo al mondo questo bambino non è dato nemmeno sapere se sia vivo o morto! Insisterò finché avrò fiato nel chiedere una revisione del funzionamento dei Tribunali dei minorenni italiani, che troppo spesso basano le proprie sentenze su istruttorie lacunose e relazioni di psicologi, servizi sociali o i consultori che, come in questo caso, sono evidentemente viziate da pregiudizi culturali». Sarebbe opportuno che non si parlasse di discriminazione o razzismo solo per qualche intervista in più o qualche comparsata in più qua e là.
E’ incredibile che nei nostri tribunali le capacità genitoriali vengano valutati attraverso la cultura di provenienza o attraverso lo stigmata: se eventualmente hai sbagliato con il figlio non ti puoi occupare di tuo nipote.
E’ inaccettabile una giustizia basata sul pregiudizio.