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Palermo come Bibbiano? Bimbo di tre anni dichiarato adottabile invece di essere affidato ai nonni

La sentenza basata su pregiudizi culturali.
PALERMO (3 luglio 2020). Anche i nonni paterni e i genitori si sono uniti nella richiesta di appello presentata dai nonni materni, rappresentati dall’avvocato Francesco Miraglia, contro la sentenza emanata dal Tribunale dei minorenni di Palermo, che ha dichiarato adottabile un bambino di tre anni: il bimbo è stato allontanandolo dai genitori, ma anche dai nonni, che sarebbero invece perfettamente in grado di crescerlo amorevolmente.
Ai nonni materni, stimati professionisti, il Tribunale non ha voluto affidare il bambino perché avendo “fallito” come genitori adottivi, non sarebbero in grado di crescere il bambino. «La madre del bambino è stata adottata dalla coppia di medici palermitani quando aveva già 13 anni e proveniva da un paese dell’est europeo» racconta l’avvocato Miraglia. «Alla coppia erano stati taciuti i gravi traumi che la ragazzina aveva subito e a nulla sono valsi i loro sforzi, le visite, i ricoveri per ridarle equilibrio e serenità».
Invece i nonni paterni, in quanto stranieri e troppo “pregni della loro cultura” (come si legge nella relazione del consultorio territoriale) non sarebbero adatti a entrare in sintonia con lui. «Il Tribunale ha mancato di riconoscere il pregiudizio latente in questa relazione» dichiara l’avvocato Giuseppina Cicero, legale della madre, «così come pure nell’aver per lungo tempo ignorato la richiesta di nomina di un mediatore culturale, avanzata dal padre del bambino». Quando poi finalmente è stata assegnata una traduttrice, questa proveniva da un altro Paese rispetto al padre del bambino e per di più ha collaborato assai poco proficuamente. E questo ha pregiudicato la comprensione approfondita di tutti i risvolti della questione da parte dei nonni paterni. Per quanto riguarda i nonni materni, la consulenza tecnica d’ufficio richiesta dal tribunale aveva definito il contesto socio culturale del ramo materno come una buona risorsa per il minore. Tuttavia il Tribunale ha emesso alla fine dello scorso anno sentenza di adottabilità, pur essendo l’istruttoria basata su elementi scarsi e non fondati su solide indagini. È chiaro invece che questo bambino sia circondato da tanto affetto da entrambi i rami parentali, in grado pertanto di crescerlo adeguatamente.
Le due famiglie si sono quindi riunite nel presentare appello, per ottenere la revoca dello stato di adottabilità, chiedendo nel frattempo di far ricominciare gli incontri tra il piccolo e i suoi famigliari.
«Ma dove sia il bambino non lo sa nessuno» aggiunge l’avvocato Francesco Miraglia, «non sappiamo dove sia né come stia. Se dovesse capitargli qualcosa di grave e di irreparabile, non sappiamo nemmeno se lo direbbero ai genitori e ai nonni. A chi ha messo al mondo questo bambino non è dato nemmeno sapere se sia vivo o morto! Insisterò finché avrò fiato nel chiedere una revisione del funzionamento dei Tribunali dei minorenni italiani, che troppo spesso basano le proprie sentenze su istruttorie lacunose e relazioni di psicologi, servizi sociali o i consultori che, come in questo caso, sono evidentemente viziate da pregiudizi culturali». Sarebbe opportuno che non si parlasse di discriminazione o razzismo solo per qualche intervista in più o qualche comparsata in più qua e là.
E’ incredibile che nei nostri tribunali le capacità genitoriali vengano valutati attraverso la cultura di provenienza o attraverso lo stigmata: se eventualmente hai sbagliato con il figlio non ti puoi occupare di tuo nipote.
E’ inaccettabile una giustizia basata sul pregiudizio.