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Francesco Miraglia riceve il premio Solidarietà Italiana 2023

Roma (15 aprile 2023). Nel corso della cerimonia del “Premio Solidarietà Italiana 2023”, organizzato da C.I.C.S. – Comitato Internazionale Cooperazione Sviluppo, il 15 aprile presso la Sala Alessandrina del museo monumentale della Storia dell’arte sanitaria a Roma, l’avvocato del Foro di Madrid Francesco Miraglia è stato premiato per il suo impegno quale “avvocato dei bambini”. Il prestigioso riconoscimento, infatti, è stato assegnato a personalità dello sport, musica, medicina, politica e imprenditoria che si sono impegnate, e lo sono ancora, in attività sociali e di solidarietà.

Francesco Miraglia, da anni si batte contro il sistema degli affidamenti illeciti e gli allontanamenti “facili” dei minori dalle proprie famiglie, che molto spesso coinvolgono persone fragili o straniere e mascherano delle vere e proprie adozioni. Miraglia è sempre e comunque dalla parte dei bambini, in difesa dei loro diritti e del loro benessere. Autore di numerose pubblicazioni, alcune delle quali riportano casi di ampia rilevanza mediatica di cui si è occupato personalmente in qualità di legale, il suo grande impegno nei confronti della tutela dei minori è stato riconosciuto a livello internazionale e ha portato alla stretta collaborazione con l’ambasciata dell’Ecuador e con il consolato del Senegal per la messa in atto di progetti di tutela dei minori stranieri in Italia.

Numerosi, poi, i riconoscimenti pubblici ricevuti fino ad oggi: premio del Comitato Cittadini umani per l’impegno proficuo nella tutela dei diritti degli svantaggiati e, in particolare, nella sorveglianza dei diritti fondamentali delle persone (Milano, 2008); Alto riconoscimento “Ogni bambino è una stella” (Verona, 2011); Medaglia d’oro premio internazionale “Maison des artistes” per l’impegno sociale (università La Sapienza, Roma, 2012); Riconoscimento “Life Gates 2015” per l’impegno in difesa dei minori e del diritto alla vita (2015); Premio Le Fonti legal awards Diritto penale (Milano, 4 aprile 2019); Premio nazionale “Pedagogia familiare” (V edizione) “Per le battaglie vinte, per la dignità restituita alle famiglie, perché la prima linea è l’unica che garantisce il futuro”.

Cassino: sorelline strappate alla zia dai servizi sociali

Il Tribunale per i minori di Roma  decide non luogo a provvedere per la dichiarazione  di adottabilità….. dispone l’affidamento alla zia..

Inoltre il Tribunale ha riconosciuto l’illegittimità dell’allentamento….pronta la richiesta di risarcimento danni

Roma: sei bimbi senegalesi tolti alla famiglia tornano a casa

Quella dei genitori non era incuria, ma solo diversità culturale

ROMA (6 Ottobre 2022). Il Tribunale per i minorenni di Roma ha riconosciuto la buona fede di tre genitori di origine senegalese: quello che per lo Stato italiano è considerata incuria dei minori, come lasciare i figli soli in casa seppure piccoli, per loro è culturalmente una cosa del tutto normale. Dopo un periodo di affiancamento, in cui hanno appreso la lingua e le leggi italiane, hanno collaborato attivamente con Servizi sociali e hanno potuto riabbracciare i loro figli, che progressivamente devono tornare a casa così come ha deciso il Tribunale per i Minorenni di Roma il 30 settembre.

«Giudici e assistenti sociali hanno capito la buona fede di questi genitori – commenta l’avvocato Miraglia, al quale questa famiglia si è rivolta – e ci hanno consentito di affiancare un nostro referente privato, la dott.ssa Marzia Pantanella.  E ha dato ai genitori il tempo di capire e imparare le leggi italiane e di adattarsi ad esse. Con la mediazione anche della comunità senegalese questi genitori hanno compreso che certi comportamenti in Italia sono considerati inadeguarti. La collaborazione tra istituzioni, che in questo caso ha portato a un risultato positivo, dovrebbe essere la prassi, per evitare ingiusti e dolorosi allontanamenti che durano anni, con inevitabili ripercussioni negative sui minori, incapaci di comprendere perché devono vivere improvvisamente lontani da mamma e papà. Ma purtroppo ancora non è così e spesso i tribunali decidono troppo frettolosamente per l’allontanamento dei bambini».

La vicenda trae inizio dalla denuncia presentata nel 2018 nei confronti del padre, un uomo senegalese che vive in un Comune della città metropolitana di Roma, che aveva lasciato in auto da solo uno dei suoi figli minori. I Servizi sociali avevano quindi avviato, insieme al Tribunale, un’indagine sulla situazione abitativa e famigliare: l’uomo ha due figli piccoli dall’attuale moglie e quattro da una compagna precedente, tutti minori.

Lo standard di pulizia della casa non era stato ritenuto idoneo e grave era stata considerata l’abitudine di lasciare i figli a casa da soli. Un comportamento del tutto usuale in Senegal, che però in Italia è considerato abbandono di minore. Tutti e sei i bambini erano stati quindi allontanati dalle mamme e dal padre e ospitati in strutture di accoglienza, mentre i tre genitori avevano perso la potestà genitoriale: ad occuparsi delle decisioni riguardanti i bambini erano stati nominati un tutore e un curatore.

«Dopo anni vissuti fuori casa – prosegue l’avvocato Miraglia – adesso progressivamente bambini e ragazzi, di età compresa oggi tra i 16 e i 4 anni, potranno tornare in seno alle loro famiglie. Una volta affiancati, infatti, i genitori hanno dimostrato sincero affetto per i figli e si sono impegnati a seguire quelle che sono le regole italiane, imparando anche bene l’italiano».

Questo è un caso emblematico, purtroppo non isolato, nel quale troppo sbrigativamente i Tribunali adottano provvedimenti severi e drastici, senza prima considerare le differenze culturali e affiancare in genitori in un percorso di informazione.

Si parla tato di integrazione ma puntualmente le diversità culturali vengono giudicate invece di essere considerate. Proprio per prevenire queste situazioni Francesco Miraglia del Foro di Madrid Miraglia, in collaborazione   con Moustapha Wagne, segretario generale del coordinamento migranti di Verona e consulente in materia di immigrazione, hanno avviato degli incontri dislocati nel territorio nazionale con le varie comunità senegalesi in una campagna d’informazione sul compito dei servizi sociali e sulle norme vigenti in materia minorile

 

2° Congresso Internazionale di Pedagogia Familiare: diritto internazionale e pedagogia familiare

di Francesco Miraglia

Una delle priorità di sempre è quella di proteggere bambini e ragazzi. I loro diritti sono tutelati dalla Convenzione Internazionale dei Diritti all’Infanzia e all’Adolescenza entrata in vigore nel 1989. Questo documento è tutt’ora il più completo per la protezione dei più giovani e si basa essenzialmente su due principi: l’ascolto delle loro opinioni da parte dello Stato (perché i ragazzi hanno voce in capitolo in ciò che li riguarda) e la non discriminazione, perché tutti i minori, senza che vi siano differenze per razza, sesso ed età, devono poter godere dei diritti contemplati dalla Convenzione. Si sostiene, poi, che l’attenzione per i bambini debba essere anteposta a qualsiasi altro affare dei governi e che i minori debbano vivere nelle condizioni necessarie per garantire loro uno sviluppo integrale, fisico, emotivo, culturale e sociale. Il compito di controllare se e come questi diritti vengano rispettati è stato affidato all’UNICEF, un organo dell’ONU, costituito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Nonostante ciò, ci sono ancora paesi in cui i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza vengono sistematicamente violati, soprattutto nelle parti del mondo in via di sviluppo, dove è tutt’ora molto diffuso lo sfruttamento del lavoro minorile. Ciò accade perché i titolari di fabbriche e industrie beneficiano di un maggior guadagno dando un salario minimo ai bambini, ma precludendoli, così, non solo dall’istruzione ma anche dalla possibilità di un’infanzia libera e spensierata con la loro famiglia.

Il ruolo dei genitori nella crescita e nella formazione dei figli è (non ci sarebbe bisogno di dirlo) fondamentale. A questo proposito, l’articolo 5 è particolarmente pregnante: “Gli Stati rispettano la responsabilità, il diritto ed il dovere dei genitori o, all’occorrenza, dei membri della famiglia allargata o della comunità secondo quanto previsto dalle usanze locali di tutori o delle altre persone legalmente responsabili del fanciullo di impartire a quest’ultimo, in modo consono alle sue capacità evolutive, l’orientamento ed i consigli necessari all’esercizio dei diritti che gli riconosce la presente Convenzione”. È importante, infatti, che chi si occupa dei minori li educhi alla cultura dei diritti, affinché non sviluppino un atteggiamento negativo sia per loro stessi che per gli altri. Conoscere i propri diritti significa essere consapevoli delle proprie libertà e, allo stesso tempo, dei propri limiti e dei rispettivi doveri. Affinché questo sia possibile serve l’autorità dei genitori, nel senso latino del termine: auctoritas viene da augeo, letteralmente “far crescere”. Non si tratta, quindi, dell’esercizio di un potere, piuttosto di “orientare” e, dunque, mostrare i punti cardinali della vita. I genitori devono, quindi, educare e non lasciare che i loro figli si abituino pian piano, poiché, in quanto “autori”, rendono il processo educativo non un adattamento passivo, ma un’interazione attiva. In questa prospettiva, non bisogna rimproverare, bensì correggere nel senso di mostrare indicazioni, affinché i ragazzi sviluppino un pensiero critico. Papà e mamma sono “consiglieri” di vita, ancora una volta nel significato originario del termine: “riflettere” e “decidere insieme”, ma anche “prendersi cura”, “venire in aiuto”. Di conseguenza, le regole che si insegnano ai figli non si inventano né si impongono, ma si condividono e si costruiscono prima tra i genitori e poi con i bambini. A questo proposito, l’articolo 29 della Convenzione recita: “L’educazione deve tendere a: promuovere lo sviluppo della personalità del fanciullo, dei suoi talenti, delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutto l’arco delle sue potenzialità”. L’educazione è un processo di continua tensione in cui tutti i soggetti educativi si mettono in discussione e in collaborazione verso la stessa direzione, che porta alla valorizzazione dei bambini e non alla loro cieca obbedienza ad ordini. Per farlo ci vuole rispetto, sia da parte dei genitori che dei figli, che devono essere educati a questo. “Rispetto”, etimologicamente, significa “guardare di nuovo, guardare dietro”: volgendo lo sguardo all’altro ci si rispecchia, si ritorna alle origini, ai nodi irrisolti. È la chiave fondamentale per affrontare tutte le questioni della vita, in quanto un soggetto rispettato in quel che è e per quel che è sarà più portato a rispettare gli altri. Un altro concetto interessante menzionato nel medesimo articolo è quello di “potenzialità”. Quando si parla di educazione dei minori non bisognerebbe riferirsi alle loro capacità (che propriamente significa “ciò che si contiene”), ma piuttosto alle loro potenzialità, ovvero “ciò che si può”: questo termine è dinamico, allude alla possibilità di evoluzione, alla realizzazione futura di semi che già si possiedono e che potranno germogliare con una buona educazione. Quest’ultima, infatti, insegna come portare a frutto i propri talenti, le proprie aspirazioni, i propri desideri. A questo punto, l’autorità non è potere, è riconoscimento nella relazione: vuol dire mostrare le direzioni, ma poi procedere insieme e dare fiducia. L’educazione è ciò che caratterizza l’essere umano, pertanto genitori e educatori hanno una grossa responsabilità: una responsabilità di vita, per tutta la vita.

 

 

Roma : Francesco Miraglia relatore al secondo congresso internazionale  Pedagogia  Familiare  

Parlerà di Diritto internazionale e Pedagogia Familiare

ROMA (25 Maggio 2022). L’avvocato Francesco Miraglia del Foro di Madrid sarà tra i relatori al secondo congresso internazionale di Pedagogia familiare, in programma al Circolo ufficiali dell’aeronautica militare di Roma il 27 e 28 maggio 2022. L’evento è promosso dall’Associazione Nazionale dei Pedagogisti Familiari e dall’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare fondato dalla professoressa Vincenza Palmieri con lo scopo di realizzazione di progetti umanitari a carattere nazionale ed internazionale, in particolare nel campo dei diritti umani dell’infanzia e dell’adolescenza.

Argomento delle due giornate di convegno saranno “I grandi temi” della pedagogia familiare: le nuove politiche per la famiglia, i diritti dei bambini, gli strumenti del pedagogista familiare, la didattica efficace, l’anatomia dei bisogni, il sostegno genitoriale e familiare nonché, soprattutto, le politiche attive necessarie per aiutare le famiglie a casa loro, evitando così gli allontanamenti dei minori e il loro affidamento alle comunità.

Grande tema, quest’ultimo, per il quale da anni si batte il legale Miraglia, ben esplicitato nell’ultimo libro di cui è autore, L’avvocato dei bambini. Troppo potere senza controllo: ecco come si costruiscono i falsi abusi familiari e gli affidi illeciti”.

Tra gli argomenti oggetti di illustrazione ci sarà il progetto di pedagogia familiare avviato con lo stato africano dell’Angola (sarà presente l’ambasciatrice: quello dei bambini stranieri in Italia allontanati dalle famiglie è diventata un’emergenza di cui le istituzioni devono prendere coscienza e intervenire. Complice anche la scarsa comprensione della lingua e delle leggi italiane, decine di bambini e ragazzi di origine straniera vengono ogni anno strappati alle loro famiglie.

Negli anni scorsi lo stesso  Miraglia – che al congresso tratterà di Diritto internazionale e Pedagogia Familiare – aveva prestato la propria opera di consulenza legale in un progetto integrato di tutela per i minori ecuadoriani, siglato con lo Stato dell’Ecuador attraverso la propria ambasciata in Italia, al fine di fornire assistenza legale e psicologica gratuita a tutte le famiglie alle prese con allontanamenti dei minori da casa. Il 23 maggio scorso, a Pisa, è stato relatore in un convegno sui diritti dei minori del Senegal

Roma, riabbracciano i genitori, dopo un trascorso di violenze presso una casa famiglia

Roma 223Dicembre 2021 , era il 15 Settembre, quando apprendevamo la notizia di una bambina 12enne rinchiusa in casa famiglia, vittima di abuso sessuale da parte di un altro ospite della stessa struttura, e delle discutibili dichiarazioni della Tutrice che  aveva sostenuto che tale violenza fosse piaciuta alla minore, un fatto gravissimo che fa emergere l’inadeguatezza di certe figure professionali, che invece di tutelare i bambini sono spesso causa di ulteriore violenza.

“Oggi per questa bambina e per il fratellino, anch’esso allontanato dalla famiglia, è finito il calvario – dichiara l’Avvocato Miraglia – finalmente potranno riabbracciare la loro mamma, trascorrendo a settimane alterne, il loro tempo presso la dimora dei genitori”.

L’aspetto più grave della vicenda non è solo ciò che la ragazzina ha subito in comunità, ma di pari gravità sono le dichiarazioni fatte dalla Tutrice in udienza, secondo la quale non poteva sussistere abuso sessuale ai danni della ragazzina, usando parole come consenziente, e addirittura che le sarebbe anche piaciuto.

Pericolosissime le affermazioni di questa tutrice, che calpestano la dignità di una bambina abusata, riferite davanti ai Giudici, che facendo finta di niente, sono andati addirittura oltre.

La stessa Tutrice, oltre a pronunciare tali abomini, si è resa pure protagonista  di iniziative arbitrarie e pregiudizievoli a danno dei due bambini, attuando malsane strategie, per compromettere il rapporto madre/figli.

Conclude l’Avvocato Miraglia :”ho già ricevuto mandato per agire giudizialmente, in merito agli immani danni e le laceranti sofferenze, causate dal comportamento della Tutrice stessa”.

Nel frattempo il Tribunale di Roma, ha provveduto finalmente anche alla revoca della Tutrice, che risulta avere a carico altre denunce, per i reati di abuso d’ufficio e maltrattamenti.

“Non possiamo infatti non sottolineare” aggiunge la Prof.ssa Vincenza Palmieri, Consulente Tecnico della mamma “come in questa filiera si siano avvicendati ed intrecciati fra loro, una serie di figure che hanno pensato più alla propria tutela, che al bene dei bambini, che avevano invece richiesto, in tutti i modi di ritornare con la propria mamma, dopo un vissuto di violenze e di distacco forzato da lei, che aveva avuto il coraggio di denunciare le violenze subite”.

Conclude la Prof.ssa Vincenza Palmieri : “Andrebbe attentamente valutata la formazione, le competenze e le qualità morali ed etiche, di queste figure, se i bambini vengono tenuti lontani da un genitore, ritenuto non idoneo, allo stesso modo, dovrebbe essere dimostrata l’IDONEITA’ di (certe) Tutrici ed Operatori vari. Questa è una storia emblematica per sordità, abusi, ed inidoneità istituzionale”.

Rimane il rammarico nell’apprendere che esistano Tutrici, designate dai Tribunali che minimizzano una vicenda come questa, affermando addirittura che una bambina di 12 anni, dopo aver confidato l’abuso sessuale subito, venga etichettata come “consenziente”, un comportamento che ci desta molte preoccupazioni e come cittadini e come genitori, augurandoci che l’incompetenza altrui, e la sessualizzazione dei minori sia un caso isolato, e che non abbia più a ripetersi.

Siamo felici di apprendere che questi due bambini, possano finalmente vivere dignitosamente, accanto alla loro famiglia, senza che questo diritto, gli venga tolto.

E sì perché all’epoca dei fatti, alla madre, dopo aver appreso la notizia dell’abuso subito dalla figlia, sono stati sospesi gli incontri, e noi possiamo solo immaginare che ennesimo trauma possa aver subito questa minore, accerchiata addirittura dal resto degli ospiti della struttura che l’additavano come “infame” o “spia”, perché aveva rivelato l’abuso subito.

Questo ci fa capire che tipo di mentalità anomala e pericolosa, si viene a sviluppare in certi contesti, come le case famiglia, e che i bambini insieme alla loro famiglia, dovrebbero essere aiutati concretamente nel loro ambiente naturale, LA FAMIGLIA APPUNTO.

Ci auguriamo inoltre che tutrici come quella resasi protagonista di questo scempio, vengano dirottate verso altri ruoli, che non prevedano la tutela dei minori, vista la scarsissima propensione ed attitudine dimostrata.

Terremo i riflettori puntati su questa faccenda, per assicurarci che gli opportuni provvedimenti a carico di questa individua siano attuati, al fine di tutelare altri minori, e le loro famiglie, che non meritano tale inadeguatezza.

PRECEDENTE ARTICOLO DEL 15 SETTEMBRE 2021 IN MERITO AL CASO

Il business degli amministratori di sostegno non si arresta

Dopo sette anni in comunità una giovane continua ad autolesionarsi e a mangiare le proprie feci, ma non le consentono di tornare a casa

Perugia-Roma (16 Dicembre 2021). Un nuovo business vede coinvolti gli amministratori di sostegno, nominati per difendere i diritti di persone fragili e incapaci di intendere e volere: ma emergono sempre nuovi casi nei quali queste persone vengono confinate all’interno di strutture e comunità, senza che qualcuno si occupi realmente di loro.

«Un caso era emerso l’anno scorso in provincia di Lecco, grazie a un programma televisivo, mentre più recentemente si è rivolto al mio studio il figlio di un’anziana di Ancona – racconta l’avvocato Miraglia. – E ora il padre di una giovane donna di Roma si è ritrovato a vivere il medesimo incubo: dopo sette anni trascorsi in una struttura di Perugia la figlia sta sempre male, senza contare che per per tutti gli anni nei quali la giovane, oggi 25enne, è stata ricoverata all’interno della struttura, la Regione Lazio ha speso quasi un milione di euro di soldi pubblici. A chi fa bene una situazione simile?».

La ragazza ha seri problemi psichiatrici e nel 2014 è stata inserita in una comunità terapeutica di Perugia: nel 2015 il giudice tutelare del Tribunale ha nominato per lei un amministratore di sostegno. Negli anni la ragazza ha rifiutato spesso di vedere il padre e i nonni paterni, senza che la struttura terapeutica abbia mai cercato di intervenire ad agevolare gli incontri, motivando il diniego come volontà della ragazza. Abbastanza inspiegabilmente se da un lato per lei è stato nominato un amministratore di sostegno perché incapace di provvedere per sé, dall’altro invece è lasciata libera di decidere se incontrare o meno i familiari.

Oltre a questo è certo che la permanenza in comunità non le stia portando alcun giovamento: continua a procurarsi delle lesioni ed è stata vista ingurgitare le proprie feci. «Se la finalità del trattamento è quella di un reinserimento all’interno della famiglia di origine – prosegue l’avvocato Miraglia – non si comprende come in oltre sette anni di ricovero questa giovane non sia ancora pronta, con le dovute precauzioni del caso, a tornare presso la dimora del padre, che sarebbe assolutamente capace di prendersi cura della figlia. Continua, poi, a rimanere ricoverata in provincia di Perugia, molto lontana dalla casa dei familiari, che faticano quindi ad andarla a trovare. Sul territorio romano esistono, invece, numerosi centri diurni che potrebbero occuparsi della ragazza di giorno, con rientro presso il domicilio alla sera e l’eventuale assistenza di operatori specializzati».

E guarda caso, dopo un lungo periodo in cui dichiarava di non voler sentire il padre, la giovane ha accettato di riprendere i contatti telefonici: emblematico che tale apertura si sia verificata subito dopo che il padre ha depositato richiesta di collocarla presso di sé. È comprensibile quindi che i familiari nutrano dei sospetti in ordine all’effettiva volontà della ragazza di non voler avere contatti con loro.

Ancora più incredibile è quanto hanno sostenuto gli operatori della struttura in cui si trova la ragazza. Gli stessi sottolineano di agire in trasparenza e di rispettare la volontà della paziente, ma vari sono stati gli episodi di autolesionismo da parte della giovane, che è arrivata a mangiare i propri esprimenti: a loro dire per dimostrare il suo disagio.

Alla luce di tutto questo risulta quindi incomprensibile la decisione del Tribunale di rigettare la richiesta di rientro a Roma, motivandola con il rifiuto della ragazza ad andare dal padre e dai nonni e perché, a detta dell’amministratore di sostegno, non sarebbe tutelante un trasferimento nella sua città d’origine. «Mi domando se a Roma non esistano strutture idonee e se solo gli operatori di Perugia sono più capaci di quelli romani» prosegue l’avvocato Miraglia. «Non vorrei che ancora una volta il dio danaro la facesse da padrone. Ancora più discutibile è il comportamento del Presidente della Regione Lazio, al quale il padre, attraverso il sottoscritto, si è rivolto per avere spiegazioni sul perché la figlia non potesse essere eventualmente collocata in una struttura a Roma, vicina alla famiglia, oppure direttamente a casa del padre: circostanza che farebbe risparmiare il pagamento della retta mensile. A questo punto, oltre ad auspicare un riscontro con il Presidente Nicola Zingaretti, ci chiediamo a chi giova tutto questo?».

Roma: lettera aperta al Garante dell’infamia a tutela di una bambina abusata in comunità

Illustrissimo Garante per l’Infanzia
dott.ssa Carla Garlatti
segreteria@garanteinfanzia.org
Ill.mo Presidente della Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza
Sen. Ronzulli Licia
licia.ronzulli@senato.it
Ill.mo Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere
Sen. Valente Valeria
valeria.valente@senato.it
Ill.mo Presidente della Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori
On. Cavandoli Laura
com.affidominori@camera.it
Ill.mo Sindaco del Comune di Roma
dott. Roberto Gualtieri
ld.gabinetto@comune.roma.it

Oggetto: Lettera aperta al Garante per l’Infanzia a tutela di una bambina

“Non si è trattato di violenza, la bambina è stata consenziente
e le è anche piaciuto!”
Questa sarebbe la scandalosa dichiarazione che ci è stato riferito sarebbe stata pronunciata dalla Tutrice di una bambina di soli 12 anni davanti ad un Giudice di un Tribunale della Repubblica Italiana.
La Tutrice era stata nominata dal Tribunale per una bambina collocata in una comunità per minori di Roma.
Recentemente la bambina aveva subito violenza da un ragazzino ospitato nella comunità che aveva approfittato di lei.
Di fronte alle contestazioni dell’avvocato, la Tutrice avrebbe pronunziato queste scandalose parole suscitando l’indignazione della mamma e dell’avvocato.
Non ci risulta che questa Tutrice sia stata sollevata dall’incarico, né ci risultano provvedimenti disciplinari a suo carico.
L’avv. Miraglia che rappresenta e difende la mamma non può che sottolineare la gravità di quanto affermato dalla Tutrice in udienza: “Ma ancora più grave è la mancata indignazione dei giudici presenti in udienza. Nel caso specifico non è la prima volta che questa Tutrice si è resa protagonista di iniziative arbitrarie e pregiudizievoli a danno dei minori e del loro rapporto con la madre, sotto la totale indifferenza dell’Autorità Giudiziaria prontamente informata. Qualcuno dovrebbe spiegare come avvengono queste nomine e soprattutto in nome di chi e per conto di chi nel caso specifico questa Tutrice si senta autorizzata addirittura a sostituirsi al Giudice?” conclude l’avv. Miraglia. “Sarà anche questo un «mercato» e come dice un vecchio detto: a pensar male si fa peccato ma tanta volte ci si becca!!!”
L’avvocato Francesco Morcavallo, già Giudice del Tribunale per i Minorenni, che ha difeso la parte in udienza e ha assistito la mamma, ha dichiarato con indignazione: “Si è trattato di un ingiustificabile sfregio alla dignità di una ragazzina e di una madre e, più in generale, di un’irrisione tracotante verso i valori di sacralità della persona e della donna.”
Secondo il Consulente Tecnico della mamma, la Presidente dell’Istituto Nazionale di Pedagogia Familiare Prof.ssa Vincenza Palmieri: “Certamente è vergognoso che una siffatta persona continui a svolgere funzioni di Tutrice nei confronti di questa e di altri minori. Ma è altrettanto incredibile che la ragazzina sia ancora collocata in Comunità, senza che le sia permesso di ricongiungersi alla madre e poter superare, insieme a lei e con i giusti aiuti, questo ulteriore trauma; restando invece collocata, ormai da 3 anni, in un ambiente istituzionalizzato nel quale, proprio come in un contesto carcerario / manicomiale, esistono regole rigide (sia fra operatori e minori, sia fra i minori stessi) e lei è costretta, come altri, ad adeguarsi per sopravvivere. Lungi dall’essere un caso isolato, è un fatto ricorrente che i minori vengano tolti ai genitori per essere «messi in sicurezza» (questa sicurezza?): in qualità di Consulente tecnico di tanti bambini  e anche come cittadina  mi chiedo, allora: oltre ai casi già noti, di quanti altri bambini e bambine, in quante altre strutture, si dirà che fossero «consenzienti… e le è anche piaciuto»?”
Come Associazione Nazionale Famiglie Insieme per i Diritti Umani ci chiediamo quali siano le procedure di nomina e di verifica dei tutori e curatori dei minori, e come vengano tutelati i bambini nel caso in cui il loro comportamento dovesse essere contrario o non dovesse soddisfare l’interesse primario del minore.
Chiediamo altresì un intervento immediato a tutela di questa bambina che, oltre ai possibili pericoli evidenziati in precedenza, ci risulta avrebbe dovuto iniziare mesi fa un percorso di rientro graduale in famiglia che non è ancora stato attuato.
La situazione di questa famiglia e di questi bambini è già stata segnalata dalla nostra Associazione.
Data la gravità della vicenda e l’urgenza di una sua risoluzione, abbiamo ritenuto necessario informare anche la stampa e l’opinione pubblica come azione dovuta a tutela di questa bambina.

Associazione Nazionale Famiglie Insieme per i Diritti Umani

Roma, 3 dicembre 2021